Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

I pescatori fanesi ai primi del 1900

Velieri fanesi nel 1917

Barche e marineria di Fano


Il barchetto

Il barchetto a vela adibito alla pesca (in dialetto fanese "barchét") appartiene al tipo di imbarcazione denominata trabaccolo. Quest'ultimo, sotto la denominazione di trabaccoletto, compare verso la metà del 1600.
I trabaccoli più grandi, sino a 100-200 tonnellate di stazza, erano adibiti a trasporto merci, mentre i barchetti, più piccoli, erano imbarcazioni da pesca, anche se venivano impiegati saltuariamente per trasportare frutta, ortaggi e ghiaia. Nell'ufficio di porto locale fanese venivano anche registrati come tartane, dal nome della rete con la quale pescavano.
Il trabaccolo era un tipo di veliero a fondo largo e di poco pescaggio, a prua panciuta, con due alberi e vele al terzo, diffuso specialmente in Adriatico. Il trabaccolo da pesca ("barchét") possedeva questa struttura generale ma aveva una stazza inferiore, da 5 a 30 tonnellate. Inoltre la stiva era meno ampia e a poppa il bordo (capodibanda) era basso per facilitare le operazioni con la rete.
Le vele erano appese agli alberi di prua e di poppa sulla sinistra, mediante il pennone ad un terzo della sua lunghezza (di qui il nome di "vele al terzo"). Erano di cotone Corgniè, tessute dalle donne e dipinte dai marinai con colori (polveri di terra) dai toni vivaci: prevalentemente rosso, arancio, giallo e nero. I disegni e i colori delle vele rappresentavano un segno di identificazione a distanza dell'imbarcazione. Il bompresso ("spuntiér") era un lungo palo posizionato a prua per alzare una terza vela: il fiocco ("puledrón"). Le vele possedevano tre ordini orizzontali di "matafión", cordicelle che servivano per ridurle, arrotolandole, a seconda dell'intensità del vento: "a una man" al primo ordine, "al cuncér" al secondo e "al pìcul" al terzo.
Sulla prua erano posizionati gli "occhi", con funzione ornamentale, e al di sotto le cubìe attraverso le quali passavano le cime di ormeggio (solo una oppure nessuna nei barchetti).
Il timone era del tipo a calumo, sollevabile con un paranco a seconda della necessità (ad esempio con bassi fondali). Era dotato di una lunga barra per manovrarlo, detta rigola. I barchetti si servivano anche di un lungo remo per "parare", ossia per far muovere la barca durante la bonaccia, configgendolo nel fondo e spingendo.
I barchetti a vela sono stati particolarmente numerosi lungo la costa romagnola e marchigiana dalla seconda metà del 1800 sino al 1940. Quelli piccoli praticavano la pesca sotto costa ("d'inbòn"), i più grandi la pesca al largo ("de foravìa") sino alle coste dalmate. Mentre il barchetto era impegnato nella pesca, anche per tutta la settimana, un'imbarcazione più piccola (detta "purtulâta" o "batlòt") condotta al traino, scaricava il pesce a terra e al ritorno trasportava provviste per l'equipaggio. I viaggi di questa imbarcazione avvenivano anche due volte al giorno.
Negli anni dal 1922 al 1940 i barchetti si sono progressivamente muniti di motore, diventando motopescherecci. A poppa venne posizionata una cabina ("tuga") per governare al riparo dalle intemperie e dalla calura del sole. La barra del timone di ferro sostituì quella di legno e sull'albero di poppa apparve la randa, vela più maneggevole di quella al terzo. I motopescherecci nel 1938 erano 68 unità.
Durante la seconda guerra mondiale (1939-1945) una parte dei barchetti e dei trabaccoli da trasporto venne impiegata in azioni belliche. La flotta peschereccia alla fine del conflitto risultò o affondata o posta in disarmo.
A partire dal 1950 si iniziarono a montare le prime ricetrasmittenti e ad usare reti in nailon. Nel 1958 comparve il primo radar e in tale periodo anche i primi ecoscandagli.
A partire dal 1970 circa ai pescherecci in legno, tuttora operanti, si aggiunsero quelli di ferro.

il battello e altre barche minori

Il battello ("batèl") aveva una stazza da 2,5 a 4 tonnellate ed era munito di uno o due alberi, con vela al terzo e bompresso col fiocco. La chiglia era piatta e il timone molto alto rispetto alla linea d'acqua per diminuire il pescaggio. Veniva usato per la pesca presso costa oppure ("batlòt" o "portulâta") per il trasporto a terra del pesce dei barchetti.

La lancia da pesca ("batèl", "batlutìn"), più piccola, era pure dotata di un albero e poteva essere manovrata anche a remi.

la "batâna" si distingue per il fondo piatto, in modo da poter essere trascinata a riva sulla spiaggia. In genere era manovrata a remi.

La flottiglia da pesca

Nel 1869 le barche da pesca fanesi con più uomini a bordo erano 38: 8 esercitavano la pesca con lo spontero o bragagna, 6 col parangale e tutte 38 quella a coccia. I battelli erano 9: 6 pescavano con la tratta, 2 col salterello e uno con reti ad imbrocco (1) (CECINI e PAGNONI, 1998).
Intorno al 1907 i trabaccoli, barche e galleggianti in genere inscritti all'Ufficio del Porto di Fano erano 170, di cui 100 barche da pesca e 47 battelli per il traffico del pesce ("batlòt") (2).
Intorno al 1910 la barche da pesca, tra barchetti e battelli, era di 145 unità. Di queste, 20 erano barchetti grandi (sino a circa 20 t) che praticavano in coppia la pesca con la tartana, 32 barchetti mezzani che pescavano con la tartana e con la sfogliara, e il resto barchetti piccoli, battelli e lance, che pescavano con la sfogliara, la sciabica, le vongole oppure erano adibiti al trasporto a terra del pescato (CECINI e PAGNONI, 1998).
Nel 1914 la flottiglia era complessivamente di 235 unità (DELI, 1993).
Nel 1931 su 340 imbarcazioni 80 erano barchetti grandi (più di 20 t) e 100 barchetti mezzani (10-20 t), entrambi per la pesca con la tartana, 80 barchetti piccoli (6-10 t) per la pesca con la sfogliara, 45 battelli (da 5 t) per la pesca con reti da posta per le sardelle e nasse per seppie e 35 battelli ("batlòt") per trasporto pesce a terra. Delle 340 barche, 24 erano provviste di motore e il resto navigava a vela (CORSI, 1931).
Nel 1967 su 129 imbarcazioni 25 motopescherecci, da 110 a 250 HP, praticavano la pesca d'altura ("de foravia") e 33, da 24 a 150 HP, la pesca a distanza ravvicinata, entrambi con tartane e sfogliare. Inoltre una motobarca pescava a strascico, 8 motobarche la pesca delle vongole e 62 imbarcazioni più piccole, con remi, vele e piccoli motori, la piccola pesca (SCACCINI e PICCINETTI, 1967).
Nel 1975, oltre al naviglio minore, operavano 70 motopescherecci (DELI, 1993).
Nel 1993 i natanti erano 160: 30 per la pesca pesca costiera ravvicinata, 30 per la pesca locale, 60 per la piccola pesca e 40 vongolare (DELI, 1993).
Nel 2005 tra i natanti con base nel Porto di Fano, 10 (con stazza sino a 100 t) praticano la pesca costiera ravvicinata con reti a strascico sino a 40 miglia dalla costa (pesca d'altura o "de foravìa"), 20 (di 15-50 t) sempre la pesca costiera ravvicinata con reti a strascico nella zona di 6-20 miglia ("imbòn"), 40 (sino a 10 t) la piccola pesca costiera con reti a strascico, da posta, nasse e cestelli sino a 6 miglia, 5 (15-25 t) la pesca dei tonni coi palangari nella zona sino a 20 miglia e 40 (sino a 10 t) la pesca delle vongole sino a un miglio dalla costa. Altri 6 pescherecci fanesi (di 80-100 t) praticano la pesca al pesce azzurro con la "volante", ma hanno base nel Porto di Ancona. Vi sono infine diverse piccole imbarcazioni ("batèi") tirate in secca nelle spiagge di Baia del Re, Gimarra, Foce Metauro e Metaurilia ed usate per la pesca con reti da posta, sciabica, nasse e cestelli (3).
Nel 2008 i natanti iscritti nel Compartimento Marittimo di Pesaro al 18 giugno 2008, escludendo le draghe idrauliche per la pesca delle vongole, risultano essere 136. Di questi 94 unità praticano la pesca costiera locale (52 di Fano, 15 di Gabicce Mare, 14 di Marotta-Mondolfo e 13 di Pesaro) e 42 unità la pesca costiera ravvicinata (23 di Fano, 14 di Gabicce Mare e 5 di Pesaro). Questi dati non rispecchiano comunque esattamente la situazione, in quanto non tutti i natanti sono al momento operativi (4).

NOTE
(1) Lo spontero o bragagna e la coccia erano tipi di rete a strascico usate in Adriatico, non più in uso a Fano. Il salterello (o saltarello), impiegato per la cattura dei cefali e pure esso in disuso, è una rete (da Wikipedia, consultata il 12-12-2012) simile al tramaglio, ma che porta sulla parte superiore, al di sopra dei sugheri, una pezza supplementare di rete disposta parallelamente al pelo dell'acqua.
(2) S.A.S.Fa., A.S.C., 1907, cat. X, cl.11, b.21.
(3) Si ringrazia Marco Pezzolesi per i dati forniti.
(4) Si ringraziano il Comandante della Capitaneria di Porto e la Sezione Pesca di Pesaro per i dati forniti.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 16.02.2005
    Ultima modifica: 12.12.2012

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