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Raffaele Piccinini

Paesaggi del bacino del Metauro - premessa e sommario

Aldo J.B. Brilli-Cattarini


Le notizie sulla vita di Brilli-Cattarini sono scarne anche per la naturale ritrosia del personaggio a parlare delle sue vicende personali. Riteniamo pertanto opportuno riportare integralmente quanto scritto da amici e collaboratori in un opuscolo pubblicato nel febbraio 2007, a pochi mesi dalla scomparsa dello studioso: se ne potranno ricavare poche ma significative testimonianze di una vita tutta dedicata allo studio della Natura.

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Ci siamo conosciuti a Pesaro nel 1939, iscritti al 1° anno della Scuola Agraria “A.Cecchi" di Caprile e per tutto il periodo scolastico abbiamo sempre occupato lo stesso banco. Era iniziata una amicizia che è durata fino alla morte. Frequentavo la sua casa, ben accetto dai suoi famigliari. Fin da ragazzo era fortemente portato agli studi scientifici ed in particolare alla Botanica e mi aveva coinvolto nelle sue ricerche. Poco più che sedicenne corrispondeva con la rivista “Il Giardino Fiorito", a cui inviava resoconti su piante selvatiche trovate sui nostri monti, articoli che talvolta venivano corredati da bellissimi disegni in bianco e nero eseguiti dalla sorella Silvia.

La guerra lo coinvolse nel periodo dell’occupazione tedesca, facendo il collegamento con gli inglesi e riportando nelle loro linee alcuni piloti che si erano salvati con il paracadute, dopo l’abbattimento del loro aereo.
Per la conoscenza che aveva delle nostre montagne era stato promosso ufficiale di collegamento dalle forze alleate, tanto da condurre le prime pattuglie Polacche alle porte di Pesaro attraverso le stradine dell’Ardizio.
Dati gli ottimi rapporti con la professoressa d’italiano Signora Petti, si diede da fare per avere notizie del giovanissimo figlio di questa, sedicenne, disperso con altri in Alta Italia, aggregato alla Repubblica di Salò.
La sua ricerca minuziosa lo aveva assistito facendogli ritrovare il corpo sepolto sull’argine destro di un affluente del Po che stava per attraversare, colpito da schegge di bomba di un aereo alleato, e quindi poté tristemente riconsegnare alla madre i resti del figlio.

Dopo un periodo vissuto nella sua tenuta a Marotta, ritornò a Pesaro facendo la spola tra l’Istituto di Botanica Svizzero e quello per le ricerche in Val di Fassa classificando e radunando in numerose cartelle le piante selvatiche che continuamente andava ad erborizzare.
In varie occasioni lo accompagnavo nelle escursioni, specialmente sul Carpegna, sul San Vicino e sul Catria, anche perché ero allora molto interessato alla ricerca dei funghi, di cui avevamo costituito a Pesaro una sezione del Gruppo Micologico "Bresaola" di cui Brilli fu il primo Presidente.
Aveva una penna sciolta, scriveva con facilità e sempre nel Suo campo troviamo delle corrispondenze frequenti sul giornale "Lo Scambio " e sul "Quotidiano”.
Appassionato di motociclette volle partecipare alla “Milano-Taranto" spalleggiato dall’amico Riccardo Brusi di cui apprezzava gli insegnamenti ed i consigli.
Frequentava con assiduità la libreria Semprucci in Corso XI Settembre, a Pesaro, dove fece conoscenza con il Prof. Mari.
Questa conoscenza si concretizza quando questi divenne Presidente della Provincia di Pesaro e Urbino e si formalizzò l’idea di costituire il “Centro di Ricerche Floristiche delle Marche” nel quale far confluire l’immenso erbario che andava preparando.
Con l’edificazione del fabbricato, in Via Barsanti, avvenne il trasferimento e ne venne nominato Direttore.

La sua fama aveva valicato le Alpi e la corrispondenza con Botanici di tutta Europa divenne una cosa usuale. Viveva parcamente e tutto il Suo mondo era racchiuso fra quelle mura in cui non si risparmiava giorno e notte.
La profonda stima ed amicizia che ci legava mi permetteva di vederlo spesso poiché potevo andare a trovarlo in qualsiasi momento. Nei nostri incontri si informava sempre dei compagni di scuola di Caprile e fino all’ultimo ricordava con precisione caratteri e momenti vissuti insieme; quando poteva andava a trovarli o telefonava.

Sempre molto sobrio si lasciava andare una volta all’anno al pranzo che si faceva fra i compagni di scuola. Con il passare degli anni la solitudine gli aveva provocato una forte depressione che lo portava a nutrirsi sempre meno. Negli ultimi anni dovetti assisterlo sempre più spesso perché il corpo si indeboliva e dovetti più volte ricoverarlo in ospedale per diagnosi ed accertamenti.
Infine sopraggiunse una grave menomazione che quasi lo paralizzò ed io fui nominato dal Centro Sociale assistente di sostegno. Dovemmo purtroppo ricoverarlo nella struttura di Galantara di Trebbio Antico.
Nelle frequenti visite che gli facevo, tempo permettendo voleva uscire con la carrozzella all’aperto per soffermarsi davanti ad ogni piantina selvatica che chiamava con gli esatti nomi latini. Così però non voleva più vivere ed infine la morte giunse inesorabilmente. Fra i suoi ultimi pensieri c’era il Centro Floristico sapendo che l’aveva lasciato in buone mani al nuovo Direttore Dott. Gubellini.

Nel giorno dell’addio, ai suoi funerali, erano presenti moltissimi amici ed estimatori, fra cui, nonostante gli anni trascorsi, diversi compagni di scuola. Avrei voluto ringraziarli ad uno ad uno e lo faccio ora commosso con questa attestazione. Fra gli altri erano presenti l’attuale Presidente dell’Amministrazione Provinciale di Pesaro - Urbino, senatore Palmiro Ucchielli ed il suo predecessore ed amico carissimo Prof. Umberto Bernardini.


Edgardo Pantanelli

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Ricordo di un maestro
Una moto si inerpica lenta, ma sicura, per un pendio; è una Guzzi Lodola Regolarità 250. Si ferma; l’uomo scende, si toglie il casco, osserva l’Appennino, il suo Appennino, si accende una sigaretta e, zaino sulle spalle, si avvia su per il pendio con uno zappetto e un sacchetto di plastica. Ogni tanto si china e raccoglie delle piante che ripone con cura, con amore entro il sacchetto; è Aldo Joseph Bernard Brilli-Cattarini, botanico. Quest’uomo, questo grande uomo, si spegne il 31 luglio del 2006, nell’ospedale di Pesaro. Era nato il 6 febbraio 1924 ad Albiate (MI), ma lui ci teneva a dire che in realtà era nato un giorno diverso, in una diversa località.

Quando lo conobbi, alla fine degli anni ’70, non usava più la moto per le sue ricerche floristiche, ma è con la moto che lo immagino percorrere in lungo e in largo le montagne dell’Appennino e le valli della Val di Fassa. Una moto, la sua, che non mordeva rabbiosamente la terra, nè rombava fastidiosa, ma scivolava rispettosa sui prati, scendeva silenziosa ripide chine, saliva discreta le mulattiere.
D’altra parte Brilli-Cattarini ha sempre nutrito una grande passione per la moto, passione che lo ha portato a gareggiare più volte nella mitica Milano-Taranto. Al contrario non si era mai deciso a prendere la patente per guidare l’automobile. Amava tanto la Natura, da dedicarle quasi ogni suo pensiero, ogni sua energia.
Era "il naturalista per eccel1enza"; le migliaia di ore passate a osservare un minerale, ammirare il volo di un uccello, carpire i segreti della pianta umile, ne hanno fatto uno dei floristi più abili e completi vissuti a cavallo degli ultimi due secoli.
La base della sua conoscenza si fondava, infatti, su una poderosa, sistematica, ricerca di campagna sostenuta dallo studio accurato della letteratura specialistica. Durante le escursioni organizzate da società naturalistiche, la sua autorevolezza era indiscussa e si trovava a proprio agio: lo studio appassionato della letteratura botanica gli permetteva di dire la sua anche in regioni a lui sconosciute.

Era una persona originale, schiva, riservata, ma di grande sensibilità e altruismo. Poteva sembrare burbero, in realtà ciò era dovuto soprattutto alla sua schiettezza e mancanza di ipocrisia. Nelle sue conversazioni era sempre diretto, non temeva di esprimere le proprie idee anche se poco popolari. Non amava parlare diffusamente in pubblico e durante le riunioni scientifiche coi colleghi botanici, non prendeva a lungo la parola, ma con le sue battute pungenti e sagaci, spesso scherzose, sintetizzava efficacemente le sue opinioni.

Quando voleva sostenere le proprie idee con fermezza, era assai difficile per chiunque contrastarlo efficacemente. Tuttavia era estremamente socievole e si intratteneva volentieri a parlare anche con persone umili che incontrava durante le sue esplorazioni, offrendo immancabilmente all’interlocutore una sigaretta e informandosi su luoghi, persone e abitudini locali. Andava molto fiero delle sue origini elvetiche e spesso scherzava sui "difetti" di noi Italiani. In realtà amava profondamente questo paese e le Marche, la terra in cui aveva vissuto più a lungo. Amava anche la Val di Fassa che aveva ampiamente esplorata e di cui ben conosceva sia la flora che la geologia. Disdegnava il lusso, l’agiatezza, l’apparenza, la facile ricerca della notorietà. Era severo con gli altri e prima ancora con se stesso. Al lavoro dedicava ogni minuto della giornata, senza conoscere giorni di festa o ferie, lontano dai clamori e dai facili onori.

Non dava importanza al denaro che per lui era solo un mezzo necessario per alimentare le sue possibilità di conoscenza e ricerca scientifica ed era estremamente generoso con gli altri, sia materialmente sia offrendo tempo e collaborazione a chi, luminare della scienza o modesto appassionato, a lui si rivolgeva per un aiuto. Nonostante la profonda cultura e la grande esperienza non conosceva l’alterigia e la superbia; era disponibile al confronto scientifico e dialettico anche con interlocutori assai meno esperti.

Nonostante che negli ultimi anni sia sempre stato circondato da collaboratori, non disdegnava di preparare e spillare lui stesso i campioni raccolti. Anzi, finchè è stato in buona salute, ha preferito preparare personalmente le piante con una cura estrema. I campioni preparati da Brilli-Cattarini sono notoriamente di grande qualità e le sue etichette fra le più complete fra quelle che si possono osservare negli erbari italiani.

A quanti chiedevano una collaborazione nella stesura o nella revisione di un lavoro, offriva una disponibilità completa senza lesinare energie e dati personali inediti. La sua memoria è rimasta integra fino all’ultimo giorno della sua vita; una memoria prodigiosa: ricordava perfettamente migliaia di binomi con relativi autori, ambienti e luoghi frequentati anni prima, persone, date e quando sfogliava il pacco di una vecchia erborizzazione, riusciva a ricostruire con estrema facilità l’ordine col quale aveva raccolti i vari campioni. La passione per le piante gli nacque da ragazzo; inizia prestissimo a raccogliere e determinare piante. Nell’erbario del Centro Ricerche Floristiche Marche sono conservati campioni da lui raccolti fin dagli anni ‘30. Ha dedicato praticamente ogni attimo della sua vita, allo studio della flora. Tuttavia si è occupato (spesso ad alto livello) di micologia, agronomia, geologia, mineralogia, geografia, climatologia e zoologia. Fra gli animali era particolarmente esperto nel riconoscimento di uccelli, anfibi e rettili. Ma la sua innata curiosità e sete di conoscenza l’anno portato a interessarsi anche di storia, filologia e teologia. Un animo avventuroso e curioso come il suo lo portò ad accostarsi con impegno all’alpinismo: attività che si coniugava perfettamente con la ricerca e lo studio delle piante rupicole, tipiche degli ambienti rocciosi più impervi.

Per gran parte della sua vita è stato, inoltre, un convinto e tenace assertore della necessità di conservare e proteggere gli ambienti naturali, prodigandosi in numerose iniziative scientifiche e divu1gative volte a promuovere l’educazione e la sensibilità degli insegnanti, degli studenti e della cittadinanza in generale. Tuttavia negli anni si era allontanato da queste attività, molto probabilmente deluso dal proliferare di personaggi cavalcanti il "filone" del conservazionismo per opportunismo, rendiconto personale e con approccio puramente emozionale e non scientifico.

Era anche un ottimo conoscitore della flora alpina, infatti ha condotto, per numerosi anni, sistematiche campagne di ricerca sulla flora della Val di Fassa. Nel 1967 la pubblicazione de "Il regno di Laurino, uno sguardo alla geologia della Valle di Fassa, con qualche riferimento alla flora e alla vegetazione", sintetizza l’ampiezza dei suoi interessi e il suo amore per la Natura, le rocce, i minerali, le montagne e soprattutto per la flora delle sue montagne. Ma è nello studio della flora marchigiana che si sviluppa la sua principa1e attività scientifica. I suoi contributi più significativi iniziano con le serie dei "Rinvenimenti floristici Marchigiani" (1952, 1956, 1957, 1958, 1960), per proseguire con numerose segna1azioni floristiche fra cui le "Segnalazione di piante nuove, inedite, o notevoli per la regione marchigiana" (1969 – 1971 – 1973 - l979). In seguito ha descritto due nuove specie per la Scienza: Cardamine monteluccii (1986) e Cirsium alpis-lunae (1991). Era in contatto con strutture e ricercatori di tutto il mondo e ha collaborato attivamente con Pietro Zangheri alla realizzazione della "Flora italica". Responsabile per lungo tempo del controllo e revisione delle segnalazioni floristiche italiane era anche membro del Comitato per la mappatura della flora d’Europa per la realizzazione di Atlas Florae Europeae.

Ma il suo più grande merito rimane legato alla sua creatura più amata: il Centro Ricerche Floristiche Marche. Fondato nel 1949 e gestito per vari anni con le sue risorse personali, il Centro fu donato alla Provincia di Pesaro e Urbino nel 1975. In seguito la passione, la tenacia nonché il carisma e l’ammirazione che Brilli-Cattarini suscitava nei suoi concittadini e negli amministratori locali, gli permisero di ottenere da parte della Provincia di Pesaro e Urbino la costruzione di un edificio appositamente progettato per la ricerca floristica. Infatti, lo stabile, che ha una superficie di circa 650 mq, è circondato da un Giardino Botanico di 4.500 mq e ospita al primo piano un ampio locale, con ridottissima superficie vetrata, finalizzato a conservare nel modo più razionale e sicuro un grande erbario (attualmente il più grande erbario delle Marche, costituito da varie collezioni fra cui la principale è l’Herbarium Brilli-Cattarini De Planta-Salis costituito da oltre 200.000 inserti).

La sua produzione scientifica è notevole, ma non tanto quanto la sua lunga e grande preparazione farebbe ritenere, ma per Brilli-Cattarini era prioritario esplorare, studiare; la pubblicazione dei contributi alla conoscenza della flora servivano unicamente a mettere a disposizione di tutti la sua esperienza e le sue osservazioni. Inoltre lui, che riteneva prioritario lo studio del patrimonio vegetale della sua regione e la stesura di flora delle Marche fisiche, era contrario alla compilazione di flore locali (che avrebbe potuto preparare con estrema facilità!).
Infatti fino ai suoi ultimi giorni ha continuato ad osservare, a progettare lo studio di gruppi critici, a sperare di riprendere a erborizzare. Purtroppo la modestia, il rigore scientifico, il desiderio di approfondire ancora le sue conoscenze, gli hanno impedito di pubblicare quell’opera che è stata sempre il progetto scientifico della sua vita. Il ragazzo dai capelli biondi ha smesso di esplorare le sue montagne, ha inforcato la Guzzi e ci ha lasciato; spetta a noi proseguire per il sentiero da lui faticosamente tracciato.


Leonardo Gubellini

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Un grande del 900
PESARO - Con il prof. Brilli-Cattarini ci ha lasciato una delle personalità più ricche della scienza e del lavoro nella nostra provincia, un grande del novecento.
La sua formazione trae spunto da un orizzonte culturale irripetibile. Aveva conseguite 4 lauree (botanica, geologia, filosofia orientale e giurisprudenza). In uno dei nostri incontri gli chiesi le motivazioni di questi suoi studi ed egli mi disse che gli studi di filosofia orientale erano dovuti al desiderio di combattere il dogmatismo del pensiero occidentale, al bisogno di tolleranza.

A questi dottorati generali si aggiungono 14 specializzazioni e ben 5 lauree “honoris causa". Per 35 anni detenne la cattedra di botanica all’Università di Berna e per 14 anni (fino al suo pensionamento nel 1989) fu direttore generale dell’Istituto Federale della Ricerca Scientifica Svizzera. Sterminato l’elenco delle sue pubblicazioni, soprattutto frutto di indagini di fitogeografia compiute in tutto il mondo, risultato delle quali è stato l’allestimento di un erbario eccezionale. Quando nel 1989 lasciò la cattedra, i reperti raccolti all’estero furono raccolti nell’erbario internazionale di Berna, quelli del territorio nazionale non marchigiano donati all’erbario di Firenze ed il ricchissimo erbario marchigiano su sua proposta e grazie all’intelligente lungimiranza del Prof. G. Mari per la Provincia costituì il nucleo del futuro centro floristico Marche.

Quest’ultimo è oggi forse il più grande erbario regionale in Europa con annesso giardino sperimentale che è un vero gioiello. Da allora (1989) il Prof. Brilli-Cattarini avrà l’incarico dalla Provincia di direttore del centro e vivrà nel centro stesso.

Il prof. era di estrema modestia, pochi gli amici, dava quasi l’impressione di schivare i contatti non strettamente necessari, ma intensissimi erano i rapporti di lavoro a livello internazionale e con gli istituti di ricerca italiani. La sua non fu una vita privata allegra avendo perduto a causa di un bombardamento moglie e figlia d’un colpo e più tardi un figlio adottivo a causa di una malattia allora incurabile. Un giorno mi disse che la morte gli stava sempre accanto.

Chi lo conobbe sa quante parco fosse nel parlare di sé e le notizie più dettagliate le ho tratte da una scarna pubblicazione a cura dell’Istituto Federale delle Ricerche Svizzero ma, sollecitato, descriveva le sue spedizioni scientifiche (dalle Ande all’Hoggar, il Pamir) con una ricchezza di dettagli ed un’efficacia che rendevano l’ascolto assai piacevole. Non volle mai scrivere memorie. E’ dalla pubblicazione svizzera che appresi il suo nome completo: Aldo Joseph Bernhard Markgraf (marchese) di Planta-Salis Brilli-Cattarini che egli mi regalò quando non ero più presidente della Provincia. Ricordo che tradusse in dialetto pesarese il motto “Laborare silentio" dell’istituto svizzero con la felice espressione “lavora e sta’ sitt". Questa è stata la bussola della sua virtù ed il modo in cui onorò il titolo nobiliare, una nobiltà pudica, sconosciuta anche ai più dei suoi amici. Una grande coerenza la sua, praticata silenziosamente, che lo portò a donare all’istituto svizzero la sua pensione di docente nel 1989 e tutti i suoi risparmi di una vita quanto mai parca ad amici in difficoltà, talchè negli ultimi mesi di vita fu richiesto all’Inps un assegno di pensione sociale rimasto senza esito.

La figura di Aldo merita di essere conosciuta e valorizzata; penso che andrebbe promossa una pubblicazione antologica dei suoi scritti scientifici, che il centro floristico gli sia dedicato e che siano sviluppate forme di divulgazione dell’enorme patrimonio del centro stesso, che si ricordino infine i risultati della sua intensa attività di archeologo.


Umberto Bernardini


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Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 22.08.2010
    Ultima modifica: 20.10.2010

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