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Immagini del Furlo

F. Metauro alla Cascata del Sasso (emergenze naturali)

Viandanti, aquile e birdwatchers al Furlo


La Gola del Furlo, di Pierluigi Montecchini (1879) (1)

(....) Al dissopra della strada, si ergono superbe le balze di Pietralata per l'altezza di ben dugento metri, alle quali fanno riscontro quelle ancora più alte, sulla destra del Candigliano. In molti tratti la rupe si alza a picco, e in qualche luogo, è più sporgente in alto che in basso, sicché pare stia per staccarsi e precipitare; in altri punti osservansi cavità ronchiose e profonde, grandi prominenze, e fori naturali a guisa di gallerie. Il fiume Candigliano, già di sì largo letto prima di entrare in queste foci, scorre a stento ristretto nel fondo di quel baratro tutto ingombro di enormi macigni precipitati dall'alto, fra i quali le sue acque si rompono e si perdono, per ricomparire spumanti più lontano.
Ad ogni tratto si presenta agli occhi del viandante una scena tutta nuova e sempre meravigliosa, "ed or con senso di paura (dice il P. Serpieri) (2) v'arrestate a guardare sporgenti macigni e inclinate balze che vi pendono sul capo; or ammirate le profonde erosioni fatte dalle acque, e cavernosi recessi, e stagliati picchi e dirupate scogliere, poste l'una dopo l'altra come avanzi di colossali trincee, e dietro e più alte sempre minacciose e torreggianti, quasi una linea di giganteschi baluardi, le verticali muraglie che guardano per tutta la lunghezza il pauroso cammino. L'aere melanconico e tetro, il cupo mormorare del fiume, le altezze stragrandi di que' dirupi, l'alta solitudine del luogo, la scena sempre diversa ed orrida sempre, tutto vi mette nell'animo un'alta meraviglia, mista a più segreto ineffabile senso che esalta lo spirito. E' il senso del sublime che a noi si manifesta nella grandezza della natura, nella tremenda dinamica che dalle viscere del globo lanciò le montagne all'altezza delle nubi".
In ogni tempo, in ogni stagione, in ogni ora è sorprendente stupendo il passo del Furlo, e niuno può resistere ad un certo qual senso di terrore che lo assale al trovarsi nel fondo di quelle balze, d'onde sembra chiusa la via ad ogni uscita. Bello è il vederlo colla neve che imbianca tutte le prominenze, e coi ghiacci che come enormi stalattiti pendono dall'alto, e fanno apparire il luogo tutto diverso da quello veduto in altra stagione. Bello nel suo genere, vederlo ne' giorni piovosi, in cui quel sito profondo diventa ancor più tetro e melanconico: bello dopo la pioggia, quando precipitano dall'alto fra le insenature della rupe lunghe strisce d'argento che rotte sugli scogli, si convertono in fitta nebbia iridescente. Quando fa vento, e talora vi è molto impetuoso, si rompe in quelle caverne e que' scheggioni, traendone sibili, urli e gemiti che sembrano partire da animali feroci. se vi capiti in uno di que' giorni d'autunno, in cui la densa caligine apparendo e scomparendo con subita vicenda, lascia vedere o nasconde quelle rupi talora indorate da qualche sprazzo fugace di sole, tutto il luogo sembra animato da spaventosi fantasmi, che ora ti stringano addosso sibilando, ora s'allontanino cupamente con prolungato muggito: e tutto par che si muova intorno; ed ogni oggetto, cambiando forma ed apparenza ad ogni istante nel modo il più fantastico, aumenta la meraviglia ed il terrore.
Al mattino e sulla sera anche d'estate fa sempre un freddo rigido in quella fonda; ma sul pomeriggio de' caldi mesi, il sole dardeggiando la nuda balza di Pietralata la infuoca in guisa da sprigionarne cocentissimi riflessi. Allora l'afa vi è soffocante e non trovi un filo d'acqua da inumidir le labbra. Allora sbuca la serpe dalle sotterranee caverne, e ratta fuggendo per la strada in cerca di un antro dove appiattarsi, lascia nella polvere l'orma sua e non di rado la variopinta spoglia.
Quivi l'aquila impera tiranna, né il tenero augelletto vi spiegherebbe impunemente l'ali e il dolce canto: il corvo solamente vi è risparmiato forse perché si nutre di ciò che l'aquila rifiuta: e in quella solitudine è l'unico animale, che di tratto in tratto rompa il silenzio col rauco grido.
L'attraversare quella gola non è sempre senza qualche pericolo, anzi è prudenza non soffermarsi troppo, come facilmente accade di fronte all'incantevole scena che offre il luogo; imperrocché non di rado avviene, e specialmente dopo i geli o le impetuose piogge, che precipiti dall'alto qualche masso, quantunque si abbia cura di togliere possibilmente quelli che minacciano di ruinare; e sovente si trova il piano stradale ingombro da frantumi dei blocchi caduti, o si veggono guasti o squarciati i muri di parapetto e di controriva.
Contuttociò non vi ha colta persona che potendo, non si rechi a visitare il passo del Furlo, e molti ancora tornano volentieri più volte a rivederlo. Il geologo e il botanico vi trovano abbondante materia alle loro ricerche: ed il poeta ed il pittore, non si saziano mai di contemplare quel luogo dove trovano soggetti di studio e di sublime ispirazione in ogni ora del giorno e della notte: niuno infine che l'abbia mirato un sol fiata, può dimenticare l'impressione profonda che ne ha ricevuta nell'animo. (......)
NOTE
(1) Da: MONTECCHINI P., 1879 - La strada Flaminia detta del Furlo e i luoghi da essa attraversati nel tratto da Ponte Voragine alla città di Fano. Notizie storico-artistiche.
(2) (da: www.uniurb.it/meteo) Il Padre Scolopio Alessandro Serpieri (1823 - 1885) fu nobile figura di educatore, di docente e di studioso e per quasi un quarantennio (dal 1848 al 1884) docente di Fisica all'Università di Urbino. Ha preso il suo nome l'Osservatorio Meteorologico "Alessandro Serpieri" dell'Università degli Studi di Urbino, fondato il 1° maggio 1850.

Dalla cronaca: L'Aquila del Furlo sulla strada, di Mauro Ciccarelli (2004)

La maestosa, ammiratissima aquila del Furlo dopo vent'anni è finita sulla strada. L'hanno trovata ieri verso le 16 lungo la vecchia Flaminia, all'interno della gola. Dritta sulle zampe, ma impossibilitata a volare. Ferita, ma non si sa da cosa. Comunque fiera e ancora vitale, al punto da scagliarsi addosso al primo soccorritore e spedirlo all'ospedale. Umberto Marini, impiegato del Centro del Furlo, dopo averla giustamente avvolta in una coperta, l'ha incautamente presa in braccio ed ha avuto la sventura di ritrovarsi tutti gli artigli conficcati nelle due cosce, compresi i terribili "arpioni" posteriori lunghi 8 centimetri. E' svenuto dal dolore, anche perché non c'era verso di estrarli. Angelo Giuliani è riuscito a far mollare la presa al rapace. Marini éfinito all'ospedale di Cagli, se l'é cavata con un punto e le medicazioni del caso.
L'aquila reale - informa Bruno Gori, tra i primi ad intervenire - è stata rinvenuta per prima da Stefania Meschini, residente al Furlo, che l'ha vista sul ciglio della strada e ha subito avvisato la Giusy e la Francesca del Bar del Furlo, le quali hanno mobilitato gli esperti. E' scattata la macchina del Cras (Centro recupero animali selvatici) e alle 18 il rapace era già a Pesaro, nell'ambulatorio di Riccardo Famà, esperto veterinario convenzionato con l'Osservatorio epidemiologico per la fauna selvatica della Provincia. C'erano Maurizio Saltarelli, "fidanzato" ufficiale dell'aquila del Furlo (la studia da anni, da quando ha raccolto l'eredità dello scomparso Giulio Costantini), l'ufficiale di polizia provinciale Rino Clementi e la guardia della riserva del Furlo Roberto Cecchini.
I primi esami hanno escluso la presenza di ferite sul corpo. Solo grumi di sangue dalle narici. Si ipotizza un avvelenamento: il rapace (una femmina adulta) potrebbe essersi nutrito di un animale (un cane, un gatto...) ucciso da un topicida o comunque un'esca avvelenata. L'aquila èstata sottoposta a terapia specifica. Si presenta dimagrita ma abbastanza reattiva. L'ultima volta era stata osservata in volo da Saltarelli venerdì scorso, bassa tra le nebbie della gola.
E' probabile - dice Angelo Giuliani - che, già debilitata, abbia avuto un collasso improvviso e sia così planata sulla strada. Un classico nelle patologie animali.
La femmina del Furlo, 2 metri e 20 di apertura alare, ha circa 20 anni di età ed è tra le più studiate d'Italia. Nidifica infatti regolarmente nella gola dal 1989 e vanta uno dei successi riproduttivi più alti in assoluto. In 16 anni ha messo al mondo e involato (dapprima con un maschio, poi con un altro) una quindicina di aquilotti. Ha deposto anche 3 uova in una volta ed allevato i tre pulli (nel 1997), evento molto raro nella bibliografia ufficiale. Solo due volte la nidificazione non è andata a buon fine, una volta per lo sprofondamento della coppa del nido e un'altra per il disturbo di scalatori.
Questo stupendo animale, che per vent'anni ha accarezzato i prati del Paganuccio e del Pietralata, alleviato le depressioni degli uomini, stupito adulti e bambini che la vedevano volteggiare sopra la gola, adesso rischia di morire - dice Giuliani - speriamo di riuscire ad ammirarla ancora.
Per ora l'aquila è in prognosi riservata. Se riuscirà a superare i prossimi due giorni, forse ce la farà.
(Da Il Resto del Carlino del 7 - 12 - 2004)
NOTA: l'aquila è stata curata e dopo poco liberata di nuovo al Furlo.

Una giornata di ottobre al Furlo, di Roberto Ceccucci (2011)

Salve a tutti, oggi giornata trascorsa al Furlo in compagnia degli amici "romagnoli" Renzo Bizzocchi e Cristian Montevecchi.
Tempo nuvoloso ma senza pioggia, con un discreto vento almeno in alto.
Subito appena scesi dalla macchina, notiamo nel crinale del bosco davanti a noi un movimento "rapacesco", infatti 4-5 Sparvieri stanno mobbando o comunque allontanando dalla zona, un altro rapace. Le dimensioni sono molto piu' grandi e osservandolo bene con il cannocchiale, vediamo che si tratta di un Astore, probabilmente una femmina.
Ci incamminiamo poi verso la "terrazza" naturale che da' sulla gola. Noi ci troviamo sul versante del monte Pietralata, e di fronte si staglia la parete che comprende il sito storico di nidificazione dell'Aquila reale sul monte Paganuccio. Dopo poco (purtroppo in forte controluce e lontane) appaiono due Aquile, una in risalita del monte, l'altra in senso opposto. Ad una successiva osservazione una risultera' essere un juv. dell'anno. Poi piuttosto vicini ci passano due Rondoni, notiamo chiaramente il bianco sul ventre, Rondoni maggiori!! Ma cosa ci fanno ancora da queste parti? A qualcuno risultano osservazioni così tardive?
Ci spostiamo sui prati sommitali dove gruppetti di Fringuelli si spostano sul limitare del bosco assieme a dei Verdoni. Mentre Allodole e Pispole si involano dall'erba, Cristian individua due Tordele e Renzo trova per terra una bella ed enorme penna primaria di Aquila. Su un Ginepro fa capolino una Cincia mora.
Poi la fame prende la precedenza e scendiamo a valle. Fatti i panini (prosciutto e pecorino annaffiati da del buon Sangiovese!), siamo di nuovo in osservazione.
Dentro la gola una coppia di Pellegrini ci sorvola piu' volte, mentre passano alcuni Colombacci e sentiamo anche i Picchi verdi, almeno 3. In movimento anche le Rondini montane, e piccole formazioni di Cormorani che trovano lungo il fiume Candigliano i loro dormitori.
Poi gli impegni personali ci chiamano e circa alle 14.30 abbandoniamo il campo. Condividere la stessa passione e visione delle cose, è sempre bello, e anche se le occasioni per vederci non sono tante, rinsaldano (se mai ce ne fosse bisogno) la nostra amicizia.
19 ottobre 2011

Gola del Furlo, di Virgilio Dionisi (2012)

Sto sfogliando la pubblicazione "Parchi da leggere" sulle aree protette marchigiane. Le poesie di Umberto Piersanti dedicate alla Gola del Furlo, riescono a dimostrare come sia possibile raccontare gli aspetti naturali (e non solo) di un territorio attraverso il linguaggio poetico. In quelle poesie c'è tutto: ci sono gli ambienti naturali presenti nei Monti del Furlo: il fiume, la gola, la faggeta, gli alti prati, il bosco ("folta è la macchia scende sul costone giù fino al fosso cupo"); c'è la flora: lo scotano ("e quel rosso arancione forte fiammeggia"), la quercia, il ginepro, la rosa canina, i crochi, il ciclamino ("venuto sulla terra / al vento lieve / di fine marzo / o nel verde d'aprile, / tu sei l'unico fiore, ciclamino, / che spunti nell'autunno / di guazzi e geli, / tra rami e sassi / lieve t'accendi / e con le rosse foglie / ti misuri"); c'è la la fauna: l'aquila, la donnola, il capriolo, il lupo, le allodole, la poiana ("si è alzata la poiana / alta sui rami, / tremano nella terra ghiri e topi ,/ tremano le lucertole, i ragani..."); ci sono i cambiamenti stagionali: "diventa giallo l'acero/ il sorbo rosso / ogni foglia d'autunno / si colora", "quando il vento del nord / ti gela il viso / il freddo stringe l'erbe / e spacca i sassi...".
Tante mie esperienze naturalistiche - soprattutto da giovane - sono legate a quei monti. Proprio su una parete di calcare massiccio di quella gola, un quarto di secolo fa, ho visto il "mio" primo Picchio muraiolo. Lo avevo osservato dallo stradino sulla riva destra del Candigliano che conduce all'impianto idroelettrico; si muoveva rasente alla parete rocciosa liscia, aiutandosi con le ali e mostrando il colore nero e grigio del dorso. Solo quando si era levato in volo avevo potuto notare il rosso delle ali.
Torno alla lettura di quelle poesie; una di esse mi fa tornare alla mente una mia recente visita a quella gola.
20 settembre 2009. Sto percorrendo a piedi la gola. Cerco con il binocolo la presenza di avifauna. Una Ballerina gialla si muove alla base dell'impianto idroelettrico. Numerose Rondini montane volano radenti all'ampia parete che scende strapiombante dal Pietralata. I "cugini" di questa specie - Rondini e Balestrucci - già da un paio di settimane hanno abbandonato i luoghi di nidificazione.
Sopra l'orlo di quella parete, per pochi secondi, la sagoma di un falcone (Falco pellegrino o Lanario?). I miei occhi cadono su alcuni visitatori: un auto che rallenta ed un finestrino che si abbassa per scattare una foto al volo senza scendere dall'abitacolo, un gruppo di motociclisti fermo in una piazzola: i centauri non sembrano minimamente interessati alla bellezza del posto, si stanno vantando del poco tempo impiegato per raggiungere il Furlo.
Decido di percorrere il sentiero che risalendo una ripida parete conduce ad un'ampia caverna alla base di un pinnacolo; l'avevo visitata oltre un quarto di secolo fa. Il piccolo sentiero c'è ancora. Non ho le calzature adatte, ma scarpe da ginnastica "cittadine". In certi punti devo aggrapparmi ai rami di Scotano ed ai giovani tronchi di Orniello. Proprio quando sono vicino alla base della caverna, scorgo il volo di un'Aquila reale, poi sparita dietro al ciglio della parete verticale. L'ultimo tratto per entrare nella caverna è una parete pressoché verticale; mentre la risalgo aggrappandomi alle piccole sporgenze delle rocce vedo il Candigliano praticamente sotto ai miei piedi.
Dall'interno della caverna ho di fronte la parete - rivestita da uno fitto bosco - del Monte del Ferro e in basso, l'acqua, altrettanto verde del Candigliano.
Scatto qualche foto, poi la discesa ancora più pericolosa. Mentre i miei piedi e le mie mani cercano le sporgenze su cui aggrapparmi, valutandone la solidità prima di lasciare la "presa" precedente, mi frullano in testa strani pensieri su cosa succederebbe se precipitassi: il sostegno economico che verrebbe a mancare alla mia famiglia, le ultime foto scattate utili agli inquirenti per capire da dove diavolo è venuto giù quel corpo spiaccicato alla base della Gola. Per fortuna perdo l'equilibrio e scivolo a terra solo più tardi, sul tratto di sentiero che attraversa un innocuo sfasciume di pietre.
Proprio nel punto in cui il sentiero sbuca sulla Flaminia, una coppia sta raccogliendo i fichi da una pianta ai lati della strada. "Sono buoni?" chiedo mentre mi metto anch'io a raccoglierne uno. "Caspita se sono buoni!" mi risponde l'uomo. Dopo la tensione per il pericolo corso pochi minuti prima, trovo un certo piacere a ritrovarmi a fare domande banali ed a ricevere risposte scontate.

Il fico (da "Il Furlo: frammenti di poema" di Umberto Piersanti) :
scendono dallo stradino e dalle rocce
corrono sotto il fico
e s'impiastricciano la bocca
col viola morbido del fico.
Com'è bello stare qui sotto le foglie,
tra queste rocce cupe, i fichi così dolci,
niente è più bello che succhiare i fichi
con davanti gli alberi e le rocce
.
(dalla rivista online "Filobus66", il 10 marzo 2012).


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 18.11.2011
    Ultima modifica: 30.04.2012

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