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Da Ca’ Balbano al Fosso del Silenzio (Itinerari – ESCURS)


DA CA’ BALBANO AL FOSSO DEL SILENZIO (sentieri CAI) (Comune di Cantiano)

Tempo di percorrenza: h 4 (percorso a palloncino)
Lunghezza: 9 km

Dislivello: 350 m
Difficoltà: E
Ultima verifica dell'itinerario: 2024

Il Bosco di Tecchie, divenuto Riserva Naturale da pochi anni, è protetto in realtà dal 1986, quando con una colletta popolare gli enti pubblici locali riuscirono ad acquistarlo sottraendolo ai progetti di taglio dei precedenti proprietari. Da allora si evolve naturalmente ed è ormai il bosco più bello che si può trovare nel nord delle Marche.

Il sentiero parte da Cà Balbano, raggiungibile da Cantiano passando per la frazione di Pian di Balbano. Occorre circa mezz’ora per arrivare a piedi ai confini dell’area protetta, dopo di che la grandezza degli alberi è la più chiara testimonianza della raggiunta maturità di questo bosco.

Oltre la sbarra il sentiero parte con una breve salita e si addentra in un bosco ceduo con uno stradello sterrato che supera un primo fosso e poi si attesta a mezza costa senza deviazioni. Quasi subito incontriamo il bivio per Monte Serrone, ma lo ignoriamo, e più tardi, ormai dentro i confini, prendiamo la secondo deviazione a sinistra. Incontriamo ancora un po’ di salite e numerosi grossi cerri, dopo di che si scende improvvisamente verso il fosso, con tratti piuttosto ripidi. Risalito il versante opposto ci troviamo catapultati nella faggeta. Andiamo a destra e arriviamo al cospetto di una bacheca nel mezzo del bosco. Si prosegue andando dietro al pannello, dove il sentiero passa a lato del torrente, poi lo supera e resta basso, ai margini della faggeta, innestandosi in un vecchio viottolo che ben presto ci riporta sotto le piante più grandi e vecchie. Occhio ai segnavia, perché ora il sentiero, per evitare una zona di crollo di numerosi alberi, resta un po’ più alto sulla sinistra, consegnandoci alla zone del Bosco Vecchio, dove molti faggi e cerri sono vetusti. Un breve tratto semi-pianeggiante anticipa una impegnativa rampa che porta al piano superiore passando a monte di un altro gigante rovinato a terra di recente. Al piano di sopra c’è la Faggeta Alta, con alberi che svettano a trenta metri e tantissima rinnovazione al suolo. Giunti all’estremità di questo pianoro, in coincidenza con lo spigolo che segna il confine tra nord e sud, ai faggi subentrano i cerri, il sentiero si stringe e riprende a stare a mezzacosta finché non ci troviamo davanti allo spettacolo del Fosso del Silenzio: un anfiteatro di faggi, rocce, muschi, felci e il suono del torrente. La sponda è ripida e spesso un po’ scivolosa: fatto il guado ci prepariamo alla discesa e ad una roccia di traverso da scavalcare. Poi la pendenza quasi sparisce e c’è uno slargo creato da alberi caduti: giovani faggi e piante di belladonna hanno colonizzato questa “chiarìa” che vediamo da vicino dribblando i tronchi caduti per poi infine ritrovare il sentiero vero. Ancora in piano, ancora a mezza costa, finché questo tratto si conclude su una sottile cresta con rocce affioranti all’altezza della quale svoltiamo a sinistra, verso il basso, per iniziare una discesa insidiosa, soprattutto se il terreno è bagnato. Zigzagando si arriva ad un’ampia piazza dei carbonai. Una tregua che ci permette di riposare le gambe e riempire gli occhi del bosco che qua sotto, protetto dai venti, è tornato a dare il massimo. Ci sono faggi di dimensioni imponenti e dalle forme strane. Si rivedono alcuni cerri perché abbiamo perso quota e il fosso dei Cerreti è sempre più vicino. Ancora discesa fino ad una nuova spianata in cui troviamo stavolta dei massi ricoperti di muschio: siamo infatti a Poggio Muschioso e questi elementi rendono l’atmosfera ancora più magica e vale la pena godersi il luogo prima di riprendere il cammino e completare la discesa. L’approdo finale è nella Faggeta Bassa, anche se i protagonisti a prima vista sono due lunghi cerri stesi a terra e coperti anch’essi di muschio. Per noi da qui inizia la strada del ritorno che va nel senso opposto, cioè il fondovalle. Quindi dalla bacheca scendiamo verso il basso, piegando a destra, e prendiamo il sentiero che inizialmente resta sul bordo dell’impluvio che ora compie un balzo improvviso mentre noi, dopo aver ignorato la prima deviazione, procediamo diritti entrando su un viottolo pianeggiante che penetra la folta vegetazione e poi lievemente degrada fino a Pian d’Ingola. Quando a destra, in alto, ci appare un altro pezzo di faggeta ad alto fusto, per il nostro itinerario è tempo di saluti ai faggi e allo straordinario ecosistema che questi nobili alberi di montagna sono in grado di formare. Il nostro itinerario prosegue svoltando decisamente a sinistra in direzione del fosso. La pendenza rimane irrilevante ma si accentua poco prima del guado, quando la marcia viene ostacolata da del pietrisco sempre piuttosto scivoloso. L’attraversamento del torrente potrebbe non essere agevole se siamo all’inizio della primavera, ma poco male se ci bagnamo un po’ perché siamo ormai sulla strada del ritorno. Il sentiero in principio è stretto e compie un paio di rampe, poi si adagia e si addentra nella cerreta fino a riportarci sul sentiero principale, dove andiamo a destra per tornare al punto di partenza.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 19.10.2024
    Ultima modifica: 19.10.2024

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