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Parte II: I minerali - Capitolo 1: Minerali di ferro -...

Parte II - Capitolo 3: Zolfo (Il Bacino del Metauro, di...

Parte II - Capitolo 2: Minerali di rame (Il Bacino del Metauro, di R. SELLI)


Gli antichi autori ricordarono più volte nell'alto e medio bacino del Metauro carbonati di rame. Ad esempi DE BOSIS fin dal 1867 (77) citava questi minerali dell'Avellana (M. Catria), nei dintorni di Secchiano (Cagli), di Fossombrone e di Piobbico. Più tardi GIORGIO (93) aggiunse nuove località: versante NE del M. Paganuccio e sotto il ponte sul Metauro presso Fossombrone. Durante il secolo scorso furono fatte anche vere e proprie ricerche minerarie con lavori non indifferenti di scavo. Dati tutti questi precedenti e dato che anche nel corso delle mie ricerche ho avuto più volte l'occasione di imbattermi in minerali di rame, mi soffermerò brevemente sulla questione.

Il minerale più comune è costituito da malachite, presente in spalmature più o meno tenui lungo i giunti di stratificazione o sottili diaclasi; talora si presenta diffuso anche entro la roccia stessa. Nel fosso della Baiona (Acqualagna) ho rinvenuto alcuni noduletti di un centimetro o poco più di diametro incrostati esternamente da malachite e costituiti internamente di cuprite (a). Non ho rinvenuto, nè gli Autori hanno citato, almeno per quel che mi è noto, solfuri o solfosali di rame. La malachite e la cuprite si trovano entro la scaglia bianca e rossa (Cenomaniano-Eocene) in tracce minime ed estremamente localizzate ma non rare; sono noti anche due ritrovamenti entro il calcare rupestre (Titoniano-Neocomiano).

Uno dei due affioramenti entro il calcare rupestre è ricordato da GIORGI (93) in località Monticelli sul versante NE del M. Paganuccio; non essendomi stato possibile rintracciarlo mi rimetto alle notizie date da questo Autore. Qui il carbonato di rame si troverebbe in frequenti concrezioni e interstratificazioni; le prime non sorpasserebbero il mm3 e sarebbero accompagnate da "una materia calcarosa verdiccia" secondo questo A. poi il terreno non è roccia in posto ma terreno di riporto. Anche GIORGI avverte trattarsi di ritrovamenti puramente casuali ed eccezionali senza possibilità pratiche; ciò malgrado furono fatti lavori di ricerca, di cui esistevano tracce nel 1881. Può darsi che la ganga di calcare verdognolo sia la stessa di quella già ricordata per Gorgo a Cerbara (Parte II, Capitolo 1), dove contiene, come si è detto, oltre alla pirite anche tracce di carbonati di rame; sarebbe quest'ultimo l'altro affioramento noto connesso con la formazione del calcare rupestre.

Tutti gli altri ritrovamenti citati dagli AA. e quelli da me esaminati sono entro la scaglia. Accennerò qui a questi ultimi.

Nel fosso della Baiona, che scende al Candigliano presso Case Cangini 3 km a monte di Acqualagna, si trovano, entro la scaglia rossa, gallerie per ricerca di minerali di rame, aperte molti decenni fa e chiuse nel 1884. Lo scavo maggiore ha uno sviluppo di 35-40 metri ed è in traverso-banco; da questo si dipartono due brevi rami laterali, uno dei quali in direzione. Localmente la scaglia si presenta assai contorta e rotta. Tracce di carbonati di rame sono osservabili anche oggi presso l'imbocco della galleria principale entro le diaclasi e i giunti di stratificazione. Chiazze di malachite e noduletti di ciprite si trovano qua e là anche entro i frammenti di scaglia trascinati dal torrente.

Fra Isola e Piobbico al margine SW del Montiego, presso il Candigliano, vi è una galleria lunga forse 100 metri e alta un metro circa. Dato il tipo trattasi forse di uno scavo antico (localmente si afferma risalga addirittura al tempo della Signoria dei Brancaleoni). Per quante ricerche abbia fatto non ho rinvenuto entro la galleria tracce di carbonati di rame, che invece si incontrano qual è la a giorno in spalmature e piccole concrezioni nella scaglia rossa circostante.

Entro la scaglia bianca che affiora lungo la mulattiera che da Cupa dei Materozzi scende a Serravalle e precisamente presso q. 828 si trovano numerose chiazze e listerelle di malachite, che impregna tenuamente ma diffusamente la roccia. Analoghi affioramenti si trovano entro la scaglia bianca presso Secchiano. Non furono mai fatti lavori di ricerca.

Se assai rare sono le tracce di carbonati di rame entro il calcare rupestre e probabilmente solo alla base di esso, si possono invece considerare abbastanza frequenti e diffuse quelle entro la scaglia bianca e rossa. In ogni caso però questi affioramenti non rivestono importanza pratica e hanno il valore di semplice curiosità.

Vi è però un problema interessante ma naturalmente solo teorico: cioè l'origine di queste mineralizzazioni. Indubbiamente la diagenesi e le acque circolanti devono aver determinato le giaciture attuali ora concentrando il minerale in noduletti e concrezioni, ora depositando lungo le diaclasi e i giunti di stratificazione; però non è certo chiara la provenienza prima di questo rame. Il problema è aggravato da vari fatti: l'assenza di altri minerali paragenetici, l'assenza di solfuri e solfosali di rame, la grande localizzazione e nel contempo l'ampia distribuzione dei singoli affioramenti di questi carbonati e ossidi di rame, la loro indipendenza da motivi tettonici disgiuntivi di particolare entità, ecc.

Una genesi puramente sedimentaria appare assai poco probabile se non impossibile. Anzitutto, sebbene una tale origine sia stata sostenuta per alcuni giacimenti, le modalità dei processi di deposito e di concentrazione dei minerali cupriferi sedimentari non hanno avuto fino ad oggi una interpretazione soddisfacente (b). Si è pensato alla separazione del Cu da acque marine sotto forma di solfuri in ambiente riducente per opera di acido solfidrico, in maniera analoga a quanto avviene per il Fe. Nel nostro caso però si ebbero ambienti riducenti solo durante il deposito delle marne a Fucoidi e dell'orizzonte bituminoso del Cenomaniano; ma finora in questi due livelli non furono trovate tracce di Cu. Invece quando si sedimentò la scaglia rossa o bianca, nella quale come si è detto si trovano in grande prevalenza i nostri minerali di rame, si ebbe un netto ambiente ossidante, cioè condizioni che neppure teoricamente possono ritenersi adatte ad una separazione di Cu.

In tali condizioni l'unica ipotesi possibile sarebbe, come per la pirite di Gorgo a Cerbara (Parte II, Capitolo 1), che soluzioni idrotermali abbiano determinato in profondità il depositi di solfuri o solfosali di rame, dai quali per azione delle acque circolanti siano stati portati in superficie i minerali di alterazione (carbonati e ossidi) descritti. Credo inutile soffermarmi ulteriormente sull'argomento data la sua notevole incertezza, tanto più che un punto di vista pratico non riveste interesse.

NOTE

(a) In sezione lucida il minerale si presenta di color rosso-brunastro cupo, microcristallino ad aspetto concrezionato.

(b) Il problema dell'origine sedimentaria del rame si presenta soprattutto per i noti Kupferschiefer della Germania. Per dettagli sulla questione rimando a: DEANS T., The Kupferschiefer and the associated, ecc. Int. Geol. Congr., XVIII Sess. London, 1948, parte VII (1950), pag. 340.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1954
    Ultima modifica: 01.09.2004

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