Opere specialistiche
LA TORRE DI CARIGNANO, di Paolo Volpini e Luciano Poggiani
Di questo lavoro esiste solo la presente stesura digitale.
Citazione bibliografica: VOLPINI P. e POGGIANI L., 2005 - La Torre di Carignano. In: "La Valle del Metauro - Banca dati sugli aspetti naturali e antropici del bacino del Metauro", http//www.lavalledelmetauro.it. Ed. Associazione Naturalistica Argonauta e Comune di Fano, Fano (PU).
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I ruderi della Torre di Carignano sono ubicati circa 7 chilometri a Ovest di Fano, alla sommità della collina su cui sorge l'abitato omonimo, a 180 m di quota. Di qui si può spaziare sull'intera zona circostante, a cavallo delle valli dell'Arzilla e del Metauro. Attualmente (2005) è ridotta a qualche rudere di muro inglobato in due abitazioni civili.
L'aspetto originario della torre della rocca di Carignano si può desumere da uno schizzo del 1456 (1) e da un'altro dell'inizio del 1700 (2). La rocca faceva parte di un complesso di fortificazioni che al tempo dei Malatesti erano dislocate in tutto il territorio di Fano, che si estendeva nella zona tra il Metauro e il Cesano, sino a S. Lorenzo in Campo e Isola di Fano, nella zona collinare in riva sinistra del Metauro, sino a Montefelcino, e nel bacino dell'Arzilla a Carignano, Sant'Andrea e Roncosambaccio.
I Malatesti, a partire da Galeotto I, provvidero a più riprese alle fortificazioni. La Rocca di Carignano in particolare venne restaurata e migliorata da Galeotto I, da Galeotto Roberto il Beato e da Sigismondo Pandolfo. I cosidetti castellani, nominati per lo più semestralmente, erano a capo delle rocche; venivano scelti tra i rappresentanti della nobiltà autoctona, romagnola e lombarda di consolidata esperienza militare e politica. Nel caso di Carignano vengono citati nei Codici Malatestiani Arcangelo Celli di Pietrarubbia (1454) e Adriano di Rossio di Macerata (FALCIONI, 2003).
Riportiamo una serie di documenti a partire dal 1348.
1348
… onde Theresino Conte di Carignano per vendetta di suo Padre Angiolello ucciso a tradimento e per liberar la patria della tirannide entrato in Fano e con i suoi partigiani assalito il Palazzo mentre si faceva Consiglio, oltre a morti, e feriti furono da lui precipitati dalle finestre sessanta cittadini di contraria fattione et adherenti de Malatesti, i quali ritiratisi in Rocca, ed ivi adunate genti dello Stato loro, uscendo fuori, uccisero Theresino con tutti i suoi, spianarono Carignano et vi fabricarono la Torre, e hoggi ancor si vede, restandogli (3) libero il dominio della città et ricevendone poi l’investitura da Clemente VI (4).
(S.A.S.Fa., A.S.C., Minutario 4, c.297: Compendio all'Historie di Fano, tratto dagli scritti dell'Ecc.mo Adriano Nigusanti e da altre memorie degne di fede nuovamente da Pietro Nigusanti rivisto e ampliato (Sec.XVII)).
1348
Fu in quest'anno ancora, che il Castello, cui, come abbiamo veduto, la famiglia di Carignano dato aveva il nome, volendo Galeotto (Malatesta) di Teresino (Conte di Carignano), e di Giacomo, ultimo suo Signore, estirpare ogni memoria, d’ordine del medesimo si demolì, salva la Rocca, che per sé ritenne.
(Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, 1751, Vol. I, pag. 272).
1454-1458
Sigismondo Pandolfo Malatesta ... lasciò ordine per la fabbrica della Torre di Carignano quella medesima che oggi si vede in piedi. Erano quei contorni continuamente infestati dalle genti del Conte di Urbino, onde doppio fu il motivo di fabbricarla, il primo perchè quei villaroli, che quivi vicino habitavano, havessero un ricovero da salvarsi dalle scorrerie dei nemici, l'altro perchè da questa si dessero i segni soliti di fumo il giorno e di fuoco la notte, come ancor si continua ed a questo effetto furono imposti due gradi: la onde sebbene resta stabilito col denaro de Cittadini con tutto ciò Sigismondo sopra la Porta vi pose l' infrascritta Iscrizione che ancora oggi si vede e mezza corrosa dal tempo con difficoltà si legge:
Sigismundus Pandolphus Malatesta - filius Pandulphi fieri fecit - MCCCCLV
(Biblioteca Federiciana di Fano, Manoscritti Amiani b.18: Nolfi Vincenzo, Delle notizie istoriche della città di Fano, cc.367-368, 1594 ca-1665 (Sec.XVII)).
1456
Si rende necessaria la "reparatione et fabrica de Carignano".
(S.A.S.Fa., A.S.C., Collette, 139).
1468
Fu spedito un’Architetto alla Torre di Carignano, perchè a spese del Publico fosse coperta per comodo del presidio, che doveva collocarvisi.
(Pietro Maria Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, 1751, Vol. II).
1533
13 marzo 1533 - Atto di vendita della Rocca di Carignano tra la Comunità di Fano e Pietro Paolo Rinalducci.
(S.A.S.Fa., A.S.C., Registri, vol.21, n.24).
1872
Fano, 18 settembre 1872 - Mencarelli Giovanni vende a Muzio e Luigi Rinalducci un coppo di terra senza casa colonica ma con torre ivi esistente in parte diroccata e con tre case d’affitto esistente in mappa di Carignano, Vocabolo Contrada di Sopra e Carignano coi numeri 271 (Torre), 272 (Pascolo), 846, 847, 849, 854 che in origine spettava ai Signori Fortunato e Luigi Rinalducci, da questi ultimi ceduto il 7-11-1826 a Domenico Mencarelli, padre dell’ attuale venditore.
(S.A.S.Fa., Notarile, Atti civili pubblici, vol. XIII c.409).
1886
Lettera dell'Ing. Comunale Enrico De Poveda indirizzata al Sindaco di Fano avente per oggetto la Torre di Carignano.
16 marzo 1886 n. 99 - A pronta esecuzione all'ordine ricevuto dalla S.V., mi recai ieri a visitare la Torre di Carignano, e avendo impegnati in altre occupazioni non dilazionabili gli Assistenti ordinari, condussi meco l'Assistente straordinario Sig. Ciro Adanti per coadiuvarmi nei rilievi e nella pratiche occorrenti.
Prima di riferire il risultato della visita e delle dette pratiche, credo utile riassumere i precedenti.
Nel Febbraio 1877 il proprietario Sig. Conte Muzio Rinalducci avendo espresso l'intenzione di atterrare la Torre per venderne i materiali, la Regia Prefettura si interpose pregando il Municipio a voler impedire la rovina di quella memoria paesana. Non si conoscono dall'Ufficio i passi fatti allo scopo dal Municipio; ma è un fatto che la Torre non fu demolita.
Nell'ottobre 1880 mi recai ad ispezionare la Torre insieme al Sig. Luigi Masetti e al Delegato di Pubblica Sicurezza, in seguito voci corse di danni cagionati da persone incognite col preteste di cercare un supposto tesoro; voci che furono riscontrate false.
In quella occasione però, nel rapporto che ebbi a farne, fu da me denunciato che le degradazioni già in precedenza notate si erano fatte più gravi, e tali da costituire un pericolo per le case prossime alla Torre, a rimuovere il quale, proposi come urgenti alcune riprese di muri, il che fu eseguito con modica spesa.
Nell'ottobre 1885 lo stesso Sig. Conte Rinalducci avendo fatto sapere che le condizioni della Torre si facevano sempre peggiori, l'Ufficio vi praticò un'altra visita speciale, e col sua rapporto n. 269 del 14 detto mese ne riferì alla S.V. descrivendole come tali da costituire un effettivo e grave pericolo specialmente per le case sottostanti sulle quali potrebbe rovinare, e indicò come unici rimedi a rimuoverlo o la demolizione, o la ripresa dei muri in giro con una spesa di circa L. 600.
Il 10 corrente poi lo scrivente richiamò verbalmente l'attenzione della S.V. su questa urgenza di un provvedimento qualsiasi; il qual richiamo combinato con ulteriori insistenze del Rev. Parroco di Carignano promossero l'ultima visita di ieri, della quale ecco il risultato.
Lo scalzamento dei muri è aumentato in modo allarmante, specialmente all'angolo Nord-Ovest che è rimasto pressoché in aria, la fenditura del lato Ovest si è allargata piegando verso Sud, il muro da questa parte si è gonfiato, e la caduta di piccoli pezzi che si staccano danno indizio di pericoloso movimento già dichiaratosi, e moderato soltanto dalla forte coesione del cemento, e da alcune travi di collegamento.
Non ho quindi esistato a riconoscere la indeclinabile necessità di far sgombrare le due case sottostanti alla Torre, e abitate da quattro famiglie (Melchiorri, Esposti, Giuliani e Brunori) composte insieme di 14 persone, e valendomi delle facoltà accordatemi dalla S.V. ho dato incarico al Rev.do Parroco, e al Sig. Conte Rinalducci di provvedere per l'immediato sgombro, e per l'alloggio temporaneo di quelle famiglie. Al che essi si sono premurosamente prestati, e stamane si son recati qui per riferire che hanno già provveduto al trasloco in altre tre abitazioni coll'assenso dei proprietari di queste (Gagliardini Antonio, Mencarelli Giuseppe e Marangoni Eugenio) riserbandosi di far conoscere al più presto i modici patti convenuti.
Vi è anche un'altra casa ad Est alquanto più distante e in terreno più basso, abitata da due famiglie (Venturelli e Carnaroli) con nove persone, la quale potrebbe anch'essa, in caso di rovina, trovarsi esposta a qualche pericolo; anche di queste famiglie io avrei suggerito lo sgombro per ogni buon fine di sicurezza, ma stando al riferto del Parroco e del Sig. Rinalducci non vi è altra casa disponibile fuorché una spettante al Sig. Pietro Cirilli, il quale officiato dai suddetti Signori si rifiutò, adducendo i guasti che produrrebbero i nuovi inquilini e i loro bestiami. E' mio parere però che la S.V. debba insistere perché anche la casa in discorso sia sgombrata, e messi al sicuro i suoi abitanti, promettendo al Sig. Cirilli, se occorre, che il Comune riparerà i danni da lui temuti.
Finalmente debbo far noto che uno degli inquilini della prima casa, il Giuliani salvo errore, mentre ammisce (forse ambisce) a porre in salvo la moglie, persiste a voler dormire nella sua abitazione. Declino quindi ogni responsabilità, e mi rimetto a quanto ordinerà in oggetto la S.V.
Passando ora alla seconda parte, cioè al provvedimento da prendere per eliminare radicalmente il pericolo, non potrei che ripetere l'alternativa già fatta, cioè o la pronta demolizione, o un radicale restauro; e non esito a dichiararmi per la prima. Le ragioni sono:
I°. Le condizioni di deperimento a cui è giunta la Torre, ridotta oggi a soli quattro muri esterni, senza volte, senza copertura, e per di più scalzati e rovinosi, ed esposti a tutti i danni delle intemperie, e a quelli anche più gravi dei ladri di materiali, cui specialmente son dovuti i guasti e il pericolo attuale, non evitabili che con incomoda e dispendiosa sorveglianza.
2°. L'esser giunto il deperimento a grado tale che la Torre non è altro più che un rudere informe, senza nessun pregio di costruzione, e nient'altro che un segno del luogo dove sorgeva; memoria questa che può conservarsi senza bisogno della prova materiale.
3°. La spesa non lieve che occorrerebbe, e la difficoltà oggi del pari non lieve per ripararla.
Quanto poi alla effettiva demolizione, ho aperte trattative col proprietario Sig. Rinalducci, il quale si mostrò disposto a imprenderla e condurla per suo conto, coll'appoggio del Municipio, alle seguenti condizioni:
a) II Municipio somministrerà al Sig. Rinalducci anticipazioni fino a L. 300. da rimborsarsi sul prezzo dei materiali di mano in mano che potranno vendersi.
b) In caso che questa vendita fosse impossibile, o andasse soverchiamente in lungo, il Municipio potrà appropriarsi detti materiali al loro giusto valore fino alla concorrenza della somma anticipata.
c) II Municipio penserà del proprio alla costruzione dei temporanei pilastri di sostegno nei punti più scalzati, per prevenire possibilmente un ulteriore movimento, prima di cominciare la demolizione.
Per quest' ultima misura di precauzione ho già ordinata la provvista di alcuni metri cubi di pietra nonchè della calce; e appena pronte si faranno costruire detti pilastri.
Riflettendo alla spesa di L. 600 prevista nel mio ultimo rapporto, e che oggi andrebbe ad aumentarsi notevolmente, ritengo che la S.V. troverà vantaggiose le proposte condizioni, e che la Onorevole Giunta vorrà sanzionarle.
L'Ingegnere Comunale
Enrico De Poveda
(S.A.S.Fa., A.S.C., 1886 Titolo XIII, rubrica 11, n.3).
1886
Regnando Sua Maestà Umberto I° per grazia di Dio per volontà della nazione Re d’ Italia
L’Anno 1886 addì 9 del mese di giugno in Fano.
Riconosciuta la necessità di demolire l’antica Torre di Carignano, era resasi di gravissimo pericolo ai vicini abitanti in causa del pessimo stato in cui trovasi ridotta, fu dato ordine al sottoscritto proprietario di detta Torre di procedere a suo atterramento.
Siccome però questo lavoro importava una spesa abbastanza rilevante fu stabilito che il Municipio improntasse la somma necessaria.
In conformità quindi dei presi accordi il sottoscritto dichiara di aver ricevuto dal Municipio di Fano la somma di Lire Seicento (L. 600), che si obbliga di restituire col ricavo della vendita del materiale proveniente dalla demolita Torre, di sopperire anche del proprio coi suoi capitali qualora il prodotto di questa vendita fosse insufficiente per rimborsare il Municipio della somma come sopra antistata.
Promette inoltre di compiere per suo conto la intera demolizione della Torre di cui trattasi colla suddetta somma di L. 600 senza chiedere alcun altra antistazione.
E per la piena ed esatta osservanza di quanto sopra il sottoscritto obbliga personalmente se stesso e i suoi eredi, beni, ragioni ed azioni nella più ampia e valida forma di ragione e di legge.
Muzio Rinalducci
Diomede Carnaroli testimonio
Ruggero Uguccioni testimonio
(S.A.S.Fa., A.S.C., 1866, titolo XIII, rub. 11, n. 3).
NOTE
(1) Lo schizzo compare nella copertina del "Libro de mezzo grado imposto per lo consiglio del comune de Fano a dì 15 de febraro 1456 per reparatione et fabrica de Carignano..." (S.A.S.Fa., A.S.C., Collette, 139).
(2) Turris Caregnani, schizzo dell'inizio del 1700 (Fano, Biblioteca Federiciana, Mss. Bertozzi).
(3) a Galeotto Malatesta, chiamato anche Galeotto I o Galeotto il Vecchio.
(4) Galeotto Malatesta si impadronì di Fano nel 1339 e nel 1355 ottenne il governo della città col titolo di vicario pontificio. Gli successero Pandolfo III, Carlo, Galeotto Roberto il Beato e nel 1433 Sigismondo Pandolfo. Nel 1463 Federico da Montefeltro conquistò Fano e pose fine alla signoria dei Malatesti.
ABBREVIAZIONI USATE:
S.A.S.Fa. = Sezione Archivio Storico di Fano
A.S.C. = Archivio Storico Comunale.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 09.04.2005
Ultima modifica: 01.03.2011
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