Carnevale, feste, tradizioni e lavoro
Carnevale di Fano - Documenti storici - 1765
Canzonetta del 1765
IL CARNEVALE
NELL'INVITARE LA CITTA' DI FANO A SEGUIRLO NELL'ANNO 1765.
LE PARLA COSI' IN
CANZONETTA.
Dal cieco Albergo è Giano,
Come de' Tempi è l'uso
Ecco a Te riedo o Fano.
Levati, e il mio ritorno
Città diletta onora;
sì avventurato giorno
Tu non vedesti ancora.
Pien di felici augurj
Dall'Olimpo a te movo:
Più fausti, e più sicuri
Tempi a goder non trovo.
E già divulga, e dice
L'arrivo mio gradito
Con Tromba banditrice,
Il messaggiero invito.
Taccian di cure carchi
L'austere lor ragioni
I cigliuti Aristarchi,
I rigidi Catoni.
Son soli miei pensieri,
Son mie delizie, e vanti
Bei scherzi lusinghieri
Dolci trastulli, e canti.
Sempre letizia meco
E libertate io guido:
Me siegue il Genio, e il cieco
Saettator Cupido.
Tu esulti ai nuovi accenti,
Onde oggi a te ragiono:
Il mio poter già senti,
E ancor non sai chi sono!
Benchè alla Gioja, e al Riso
Mia cara schiera eletta
E a questa, che hò sul Viso
Cerata Mascheretta
E a quel ch'ò al piede avvolto
Aureo Coturno, e a questi
Ornamenti da stolto
Me ravvisar dovresti.
Ma già mio Nome or svelo,
Il Baccanal son io,
Fra quanti sono in Cielo
il più giocondo Dio.
Per Me levan ridenti
I pallidi Sembianti
Le belle impazienti,
I smaniosi Amanti.
Per me ogni dì novelle
Foggie ritrova, e mode
L'Arte ingegnosa, e quelle
Orna di scaltra lode.
Per me panciuto e tronfo
Passando infra la Plebe
Bacco gode il Trionfo
Rinovellar di Tebe.
De Strani Volti apparsi
Per me ciascun festeggia,
E de Confetti sparsi
Per me la Via biancheggia.
Per me van Cocchj in corso
Ricchi d'Oro, e Cristalli.
E Amor governa il Morso
Ai fervidi Cavalli.
Per me trà motti allegro
Splende il Convito, e fuma,
E il Vin focoso, e negro,
Trema nel Vetro, e spuma.
Per me in aurata stanza
Lieto il festin risuona,
Ivi ogni Bella danza,
E al suo Pastor si dona.
Suona per me non meno
Di plauso fragoroso
Pe' folti Palchi il pieno
Teatro luminoso.
Quanto pensar Tu puoi
Di Gioja, e di Diletto,
Tutto ai desiri tuoi
In questi dì prometto.
Ma guarda, che l'Usanza
Non guasti i Doni miei,
C'ella sarìa baldanza
Da provocar gli Dei.
Vuò dir, che cauto attenda,
Che la licenza stolta
Tua gloria non offenda,
Però mie leggi ascolta.
Giacchè il vietarlo è vano,
Trovi in Te Amor suo loco.
Ma poi da Te lontano
Sia di lascivia il foco.
Sian pure a Te concessi
Caffè, Veglie, e ridotti:
Non spender poscia in Essi
Tutte in giocar le notti.
Godi se il Caso t'offra
Festino onesto, e culto,
Ma poi da Te non soffra
Niun Colomba insulto.
Siedi in Teatro a sera,
Ivi tripudia, e scherza,
Ma non usar severa
Censuratrice sferza.
Magnificenza fuori
Tragga Equipaggio, e Cocchj,
E Tutti i tuoi Tesori
Ponga del Mondo agli Occhj.
Scialacquamento audace
Però da Te sia lunge,
E il lusso empio, e vorace,
Che borse, e scrigni, emunge.
Giusto Contegno venga
Teco, e civil Decenza,
E a lui dovuto ottenga
Rispetto, e riverenza.
Lungi però l'impegno,
Che sol Discordie desta,
Lungi il puntiglio indegno,
Turbator d'ogni festa.
Mà chi è Colei, che viene
Con furibondo aspetto,
Avvolta di Catene
Le braccia intorno, e il petto?
Volangli per le Chiome
Da spaventati Lumi,
Come Vapori, o come
Rote di fuoco, e fumi.
Forse del cieco Averno
Mostro tu il credi infesto,
Ma io ben chi sia discerno,
E a te la manifesto.
Questa è la capricciosa
Fortunata Pazzìa,
Quella, che mai non posa
Fida Compagna mia.
Per Costumanza antica,
Ella ama i Tempi lieti,
E' degli Amanti amica,
Amica è dei Poeti.
Quantunque abbia a Noi sopra
Sempre un Dominio vero,
In questi giorni adopra
Maggior però l'impero.
Eccola assisa in Trono
Ond'io m'arresto, e taccio,
E a quella t'abbandono,
Liberamente in braccio.
IN FANO DALLE STAMPE DI ANDREA DONATI STAMPATORE VESCOVILE. CON APPROVAZIONE DE' SUPERIORI.
Da: Biblioteca Federiciana di Fano, Archivio teatrale (Coll. C/3)
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 12.08.2005
Ultima modifica: 26.03.2006
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