Carnevale, feste, tradizioni e lavoro
Naufragio di marinai fanesi nell'8-9 febbraio 1911
Ma la sventura maggiore che tante famiglie doveva al tempo stesso
gettare nel lutto più profondo e nella più grande disperazione, avvenne la
notte dall' 8 al 9 febbraio dell'anno corrente. Due nostre paranze da pesca,
Iride e Sante, furono colte poco oltre Senigallia da una terribile bufera che
violentemente le separò; e mentre la seconda riusciva ad approdare, miracolosamente
salva, ad Ancona, spintavi dalla violenza delle onde, l'Iride invece
naufragava.
Nessuno può in modo preciso stabilire come
la disgrazia avvenisse per essere l'intero equipaggio rimasto preda delle onde;
ma l'opinione che prevale fra i marinai è che il veliero abbia avuto di
traverso un tal colpo di mare da sconficcare i cassapanchi della zavorra,
facendo passar questa dalla parte opposta verso prua, e da ridurlo così
all'impossibilità d'essere manovrato. Altri terribili colpi di mare si seguivano
intanto e, montando sul ponte furiosi, facevano entrare dai boccaporti molta
acqua nella barca; la quale finalmente se ne riempiva, e tra il sibilo del
vento e il boato del mare affondava, con sé recando nell'orrendo baratro i nove
infelici dell'equipaggio. Ma chi mai potrà immaginare la tragica loro
disperazione quando, visto ogni tentativo di salvezza ormai vano, si
abbandonarono, affratellati nella sorte comune, alle onde gorgoglianti e
implacabili che li inghiottivano?
Avvisata intanto la Capitaneria di Ancona
dall'equipaggio del Sante, non si poterono immediatamente avere i mezzi
necessari per correre al salvataggio. Si telegrafò a Rimini, da cui Fano
dipende, ed anche a Rimini erano sprovvisti di qualunque mezzo adatto a portar
soccorso ai naufraghi.
Così perirono il Capitano e gli otto suoi
marinai. Il Capitano era Attilio Valentini di 41 anni, padre di ben cinque
figli, il quale col frutto del suo faticoso lavoro era riuscito a mettere
insieme tanto da poter avere una parte di proprietà sul veliero naufragato e a
farsi una discreta posizione. Era un bravo capitano e tanto pratico del mare,
da aver saputo più volte col sangue freddo e la valentia, che gli erano propri,
vincerne le furie; ed era non meno bravo ed attivo pescatore. La sua perdita, che
è così luttuosa per la famiglia, è stata pur dolorosamente sentita da tutta la
marineria.
Il Valentini aveva con sé un suo nipote
Alfredo Luzietti di 26 anni, cui arrideva la gioia della nuova famiglia che si
era formata da appena dieci mesi; gioia conturbata solo dalla perdita da lui
tanto lagrimata del suo primo nato. La sposa, giovine e bella campagnuola, cui
erano ignoti i pericoli del mare, non sapeva né voleva prestar fede alle prime
ferali notizie, presa come da un doloroso stupore; non poteva credere che il
suo Alfredo fosse perito e più non dovesse ritornare al suo affetto. Piangeva
all'altrui pianto, ma nell'ansia della vana attesa di continuo ripeteva:
"Stava tanto tempo in mare e poi sempre ritornava; tornerà, tornerà,
poverino!" Ma più egli non ritornò; e quando dopo vari giorni pietosamente
le fu messo uno scialle nero, comprendendo allora soltanto tutta la verità e
l'immensità della sua disgrazia, cadde a terra svenuta.
Ed ecco la lunga lista degli altri
infelici: Augusto Frausini di 35 anni, padre di tre figli, era da poco tornato
dalla lontana America, dove era stato più anni; qui la sua mala ventura gli
fece incontrare sul mare la morte. Bravissimo marinaio, prima di lasciar
l'Italia aveva comandato le barche da pesca di secondo rango.
Adriano Battistoni di 29 anni, padre di
cinque figli, il cui petto era fregiato di ben due medaglie al valor civile per
aver salvato due naufraghi; e pur troppo egli stesso doveva ben presto esser
vittima di quel mare, che era divenuto per lui come una seconda esistenza.
Gaetano Talevi di 33 anni, padre di cinque
figli, bravo marinaio pescatore che lascia la famiglia nella più squallida
miseria.
I fratelli Romolo e Galliano Bontempi, il
primo di 19 anni, il secondo di 14, ambedue laboriosi e bravi figliuoli.
Salvatore Alessandrini di 18 anni,
anch'egli buono e tutto dedito al suo mestiere.
Chiude la macabra nota il nome del piccolo
mozzo Gino Mancurti di 14 anni.
E la sorte, la cieca sorte soltanto,
impedì che qui si dovesse registrare anche una decima vittima; giacchè il
giovinetto Flavio Pezzoli di 16 anni, che apparteneva a questo equipaggio e con
questo doveva naturalmente imbarcarsi, fu costretto a passare all'altra paranza
Sante, ove per malattia mancava il sotto-parone, solo dopo aver fatto, come
suol dirsi, al tocco, non volendo egli in alcun modo lasciare la barca del
parone.
Ecco brevemente nella sua tragica verità
la narrazione dei fatti che ci commuovono fino al pianto, se si ricorra col
pensiero alla strage di tante giovani e rigogliose esistenze e allo strazio dei
superstiti, colpiti non solamente nei più sacri affetti, ma gettati ancora d'un
tratto nelle più misere condizioni.
I tentativi fatti per ricuperare l'Iride e
i cadaveri delle vittime riuscirono, dopo lungo e faticoso lavoro, a buon fine.
Il 22 Febbraio, a dieci miglia dalla costa di Senigallia, il rimorchiatore
Ubaldo Gatti della Cooperativa dei facchini d'Ancona, coadiuvato dai due
palombari Umberto Bevilacqua fanese ed Ernesto Tagliavento e dietro indicazioni
delle nostre barche Gaetano e Santiago, trovò la paranza naufragata con le vele
diritte, il timone armato e la prua diretta verso Ancona.
La mattina del 23 l'Iride, rimorchiata dal
Gatti, fu trascinata a sei miglia dalla costa; il palombaro Bevilacqua,
calatosi in mare ben sette volte, riuscì ad affacciarsi al boccaporto maggiore
e potè scorgere nella stiva vari cadaveri. Il mare cattivo interruppe il
viaggio; ma furono intanto estratti i due cadaveri di Salvatore Alessandrini e
Galliano Bontempi. Trasportati a Senigallia, furono poi deposti in un carro di
prima classe coperto di fiori e accompagnati con una solennità piena di
profonda mestizia da una gran folla di popolo, preceduta dalle autorità locali,
sino a Villa Aosta per oltre un chilometro dalla città, dove attendeva il carro
funebre, inviato dal Municipio di Fano. Verso le 18 del 26 il triste convoglio
giunse a Fano, dove le due vittime ebbero tributo di solenne onoranze; si formò
infatti un immenso corteo costituito dalle rappresentanze dei Municipi di Fano,
Senigallia ed Ancona e da più di trenta associazioni cittadine e dei vicini
luoghi coi loro gonfaloni, il quale sfilò imponente, mentre la cittadina intera
assisteva profondamente commossa. Al Cimitero parlarono il Sindaco di Fano e
quello di Ancona.
Nel pomeriggio dell'8 marzo, grazie ai
potenti mezzi del pontone della R. Marina, che era giunto da Venezia il giorno
innanzi, e della cacciatorpediniera Dardo, l'Iride potè essere sollevata sino
alla coperta a fior d'acqua; e verso le ore 21 il R. Rimorchiatore Lido salpava
per Ancona trascinando il pontone, al quale era attaccata l'Iride piegata su di
un fianco, mentre la Dardo, avanzandosi a destra, illuminava col riflettore
elettrico per largo raggio il mare. Le imbarcazioni entrarono nel porto di
Ancona soltanto all'una dopo la mezzanotte; e l'Iride fu lasciata col pontone
in rada a circa 500 metri dal molo di S. Maria. Il 9 di buon mattino si
cominciarono le operazioni di estrazione dell'acqua mediante una potente pompa
del rimorchiatore Gatti; durante le quali sopraggiunsero la suocera e la
sorella del povero Adriano Battistoni, accompagnate da Raffaele Mancurti, padre
del piccolo Gino, e tutti e tre furono fatti salire sul pontone.
Intanto l'Iride, alleggerita dell'acqua
che conteneva, si sollevava gradatamente sino a riprendere la posizione normale
e si riscontrava essere in buone condizioni; allora, aperti i due boccaporti,
il maggiore e il minore, si procedette alla ricerca dei cadaveri. Orrendo
spettacolo! Tra un aggroviglio di corde, vele, casse, remi e fango giacevano tre
cadaveri con le mani e i volti lividi, le teste penzolanti e corrose fra le
gomene, i piedi nudi e stecchiti. Dal rimorchiatore Gatti fu subito issata la
bandiera a mezz'asta, e si attesero le autorità per iniziare l'estrazione e il
riconoscimento dei cadaveri. Alle 11,30, alla presenza di tutte le autorità
marittime e giudiziarie convenute, si cominciò la pietosa esumazione.
Il primo ad essere estratto fu un cadavere
completamente vestito del costume di tela cerata cenerognola usato dai
pescatori; aveva il cappuccio appiccicato alla nuca ed al viso, le mani livide
e rattrappite; era quasi ripiegato su sé stesso. Fu disteso sul tavolato e due
guardie sanitarie, irrorandolo di getti d'acido fenico, gli tolsero il
cappuccio; apparve un viso orrendamente sfigurato, con gli occhi fuori
dall'orbita, le labbra tumide, nerastre. - E' mio zio, Gaetano Talevi - esclamò
allora un giovine pescatore che era sul Gatti. - Lo riconosco, è lui, povero
zio! - Era il nipote Marino Cafiero, in quel frattempo sopraggiunto.
Il secondo cadavere, che fu estratto, era
vestito di maglia nera; e, per essere tutto raggomitolato su sé stesso, si potè
a stento distendere sul tavolato. Il viso contratto, come in uno spasimo
supremo, rivelava la lotta atroce da lui sostenuta negli ultimi terribili
momenti dell'agonia. - E' lui, è Adriano! Adriano mio, fratello mio! -
gridarono ad un tempo le due donne precipitandosi verso la coperta dell'Iride;
e desiderando esse di vedere se su le mutande fossero le due iniziali A. B., un
marinaio con un temperino aprì al cadavere la maglia alla cintola e su le
mutande di lana bianca si videro in rosso quelle due iniziali. Un nuovo e più
acuto grido eruppe dai petti delle due donne che chiamarono coi più dolci nomi
il povero naufrago, inviandogli baci e salutandolo a nome de' suoi miseri
orfanelli; disfatte dal dolore, caddero poi in deliquio. Tutti alla scena
straziante tacevano, stretti alla gola da un nodo di pianto; e su molte ciglia
spuntavano le lacrime.
Il terzo cadavere era pure avvolto nel
vestito di tela cerata; un corpo di adolescente, col viso scoperto e bianco,
senza nessuna contrazione, come quello di un dormente. Raffaele Mancurti lo
riconobbe subito per suo figlio Gino; lo baciò in fronte, trattenendo a stento
un singhiozzo e poi, quasi a fuggire la macabra visione, salì di corsa col
volto pallido sul pontone per confermare fra le lacrime al pretore come quel
ragazzo fosse suo figlio.
I tre cadaveri, collocati l'uno presso
all'altro, furono coperti con un lembo della vela rossa e gialla, che li
condusse alla morte; e il giorno appresso furono posti nella Camera mortuaria
dell'Ospedale in attesa dei funerali, stabiliti per le ore 17 dell'11. E queste
estreme onoranze, che Ancona tributò alle povere vittime, riuscirono veramente
imponenti; vi parteciparono tutte le autorità e una moltitudine di
rappresentanze e società con una settantina di bandiere. In piazza delle Muse
parlarono il Capitano di Porto Cav. Moretti, il Sindaco di Ancona e l'Avv.
Ripari. Ancona volle così rinsaldare i vincoli di solidarietà e di affetto che
la stringono alle città sorelle della regione ed in ispecie alla nostra Fano,
dimostrandosi non solo ammirevole nello slancio di carità, ma nella pietà
sublime.
Alle tre salme fu aggiunta la quarta di
Romolo Bontempi, ripescato pochi giorni addietro a circa quattro miglia dalla
costa da due barche pescherecce, nello stesso luogo ove era affondata l'Iride;
lo stato del cadavere era spaventoso, e soltanto i capelli ricciuti e nerissimi
ne permisero l'identificazione.
Il 12 marzo alle ore 16 giunsero a Fano le
quattro lagrimate salme dei suoi figli così miseramente perduti. Immenso,
imponente, ordinatissimo fu anche questo corteo, cui presero parte, insieme
alle varie rappresentanze municipali, più di quaranta associazioni con le loro
multicolori bandiere e con settantatrè magnifiche corone; d'intorno in una
gloria di sole, nel bel pomeriggio, una ressa di popolo che sempre più
aumentava, visibilmente dimostrando la propria immensa commozione; una scena
indimenticabile di vero e sentito dolore di una intera città in lutto. Al
Cimitero dissero belle parole il Sindaco di Fano, il Capitano di Porto ed il
Sindaco di Pesaro.
L'unanime commiserazione dia ora le ali al
soccorso pronto ed efficace e tutti si adoperino come più possono a lenire
l'immane sciagura.
(.......)
Da: IN MEMORIA DELLE VITTIME DEL MARE FANO - XVIII-XX OTTOBRE 1910 - IX FEBBRAIO 1911. Società Tipografica Cooperativa - Fano, 1911. (Biblioteca Federiciana Fano)
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ARTICOLI COMPARSI SULLA STAMPA
Grande sventura.
L'ultima bufera ha pur troppo costata la vita a nove poveri marinai, ha gettato nel lutto (e quale lutto!) altrettante famiglie.
Due delle nostre paranze Iride e Sante avevano il 9 ripresa dopo qualche giorno di riposo la via del mare. Poco oltre Senigallia la tempesta le separò, e sbattuta violentemente dalle onde una di esse riuscì ad approdare in Ancona: dell'altra, l'Iride, non si ebbero più notizie.
Avvisata la Capitaneria di Ancona dall'equipaggio del Sante, miracolosamente salvatosi, non si poterono immediatamente avere i mezzi necessari per correre al salvataggio. Si telegrafò a Rimini, da cui Fano dipende, ed anche a Rimini erano sprovvisti di qualunque mezzo adatto a portar soccorso ai naufraghi.
Tornate in Ancona le cacciatorpediniere Dardo e Strale furono subito mandate la mattina del 12 per una perlustrazione lungo il litorale. Le loro ricerche furono inutili, e così pure inutili riuscirono le ricerche lungo le coste al sud di Ancona, ove si riteneva dai competenti che la barca spinta verso gli scogli di monte Conero potesse essersi infranta.
Ecco i nomi delle vittime: Valentini Attilio parone e comproprietario della barca, Battistoni Adriano, Bontempi Romolo e Galliano, Alessandrini Salvatore, Frausini Augusto, Luzietti Alfredo, Mancurti Gino, Tallevi Gaetano. Lasciano tutti insieme oltre venti figliuoli.
Chi potrebbe descrivere le ansie della nostra popolazione marinaresca durante le vane ricerche, il dolore terribile delle sventurate famiglie, quando ogni speranza fu perduta? Solo il nostro Giulio Grimaldi avrebbe saputo dipingere con sicuri tocchi la disperazione di tante creature, aspettanti invano i figliuoli e gli sposi, lui che scrisse quell'aureo bozzetto Maria Risorta, ispirandosi alla vita dei nostri marinai, ed ignorando che pur troppo anch'esso sarebbe stato assai presto vittima del mare!
Il nostro Sindaco pubblicò un nobilissimo manifesto, facendo appello alla carità pubblica.
La Società di mutuo soccorso dei marinai ha promosso la formazione di un comitato composto di due delegati di ogni associazione cittadina.
Per le famiglie dei naufraghi.
Cassa di Risparmio L. 500 - A. Baccarini 50 - U. Ripari 20 - O. Vici 20 - Col. R. Castellani 20 - Pasquali A. 10 - Serafini E. 10 - Francolini L. 10 - Ossi G. 10 - Giuliani M. 10 - Innocenti G. 10 - Pagnoni G. 5 - Sora R. 5 - Battistoni G. 5 - Flori P. 5 - Baldrati A. 5 - Biagiotti E. 5 - Moscatelli F. 5 - Giammattei R. 5 - Bergami A. 5 - Padalino G. 5 - Marcucci R. 5 - Biancalana C. 5 - Spadoni S. 5 - Manna R. 5 - Armanni G. 5 - Totale della prima nota L. 775.
Da: "Il Gazzettino", 19 febbraio 1911
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Per i poveri naufraghi.
Gli sforzi incessanti compiuti per recuperare l'Iride e con essa i cadaveri delle vittime riuscirono a buon fine dopo molti giorni di esplorazioni e di faticoso lavoro. Vi ebbe parte principalissima il rimorchiatore Ubaldo Gatti della Cooperativa facchini di Ancona, che alle 14 di lunedì scorso salpava da Senigallia con il seguente equipaggio:
Lorenzini Vitaliano capitano, Fogaroli Edoardo macchinista, Cecili Raniero, Teia Lorenzo, Teia Italo, Mercanti Armando, Mercanti Emiliano, Lorenzini Eugenio, Lorenzini Italo, Felicioli Massimiliano, Romagnoli Quinto, Bevilacqua Pietro, Ciani Getulio, Bragusi Settimio, pescatori, coi palombari Bevilacqua Umberto e Tagliavento Ernesto.
A dieci miglia dalla costa di Senigallia il rimorchiatore, incontratosi con la nostra barca Santiago, ebbe da essa indicazione del punto preciso dove la mattina erasi creduto di avvertire la presenza dello scafo dell'Iride. Ed infatti i due palombari calatisi alla profondità di 21 metri trovarono la barca naufragata con le vele diritte, il timone armato e la prua diretta verso Ancona.
Lo stato del mare impedì pel momento ulteriori esplorazioni.
Nel mattino appresso però il rimorchiatore Gatti partì di nuovo per la stessa destinazione. Il mare aveva spezzato nella notte le gomene dell'ancora della Santiago, sospingendola alla deriva. Il bravo palombaro Bevilacqua scese in acqua ben cinque volte ma non fu possibile trovare il punto ove l'Iride giaceva sommersa e solo la mattina del 23 i tentativi si rinnovarono perchè i marinai fanesi avevano potuto mediante le reti, riprendere con essa contatto. Ed infatti verso le 13 la Cooperativa facchini riceveva avviso, che l'Iride rimorchiata dal Gatti con l'aiuto di due altre imbarcazioni era stata trascinata a sei miglia dalla costa.
Il palombaro Bevilacqua calatosi in mare sette volte con una forza di resistenza veramente ammirabile, e dando prova di un coraggio esemplare, era riuscito ad affacciarsi al boccaporto maggiore e vi aveva scorto tre cadaveri. Verso sera si annunziava pure, che rimorchiata sempre dal Gatti e dalle altre imbarcazioni l'Iride abbandonava le acque di Senigallia dirigendosi verso Fano. In seguito a nuove esplorazioni il numero dei cadaveri rinvenuti era salito a sei.
Ma per ulteriori notizie poi si apprendeva, che si era dovuto interrompere il viaggio, e che per lo stato del mare il rimorchiatore tornava in Ancona.
Nel pomeriggio di ieri si assicurava che erano stati trasportati in deposito al Cimitero di Senigallia i cadaveri dei marinai Alessandrini e Bontempi Galliano. D'ora in ora si attendeva anche l'Iride con altri quattro cadaveri.
Saranno rese forse oggi solenni onoranze alle spoglie dei poveri naufraghi.
E' veramente consolante nella grande sventura lo spettacolo di fraterna solidarietà dato dalle città vicine, Pesaro, Senigallia, Falconara ed Ancona.
In Ancona un Comitato cittadino composto di persone appartenenti ad ogni classe e ad ogni partito promuoveva, sotto la Presidenza del Sindaco avv. Felici, un grande veglione da tenersi al Politeama Goldoni il 5 marzo p.v. a beneficio delle famiglie dei naufraghi.
Fu pubblicato il seguente manifesto:
Cittadini,
Un'immane sventura ha gettato nel lutto la consorella gentile, l'amica Fano.
La paranza Iride, composta di 9 persone, è stata inghiottita dai marosi, in una notte di procella; oggi delle famiglie composte di numerosi bambini, sono rimaste prive del padre, e con esso del pane, che un'aspra lotta continua con il vorace elemento, già loro tra mille stenti prodigava.
La nostra città che mai è rimasta seconda a nessun'altra, quando un dolore ha colpito in qualsiasi modo l'umanità, a mezzo di un Comitato, formato di ogni ordine di cittadini, poiché nella pietà non può esservi distinzione di classi o di partiti, si è prefissa di venire in aiuto dei poveri orfani.
Un'antica consuetudine vuole questi giorni dati a feste e divertimenti: nobilitateli con un'opera gentile di fratellanza umana!
Un grande veglione il 5 marzo avrà luogo nel Teatro Goldoni a favore delle famiglie delle vittime.(Seguono sessanta firme).
Il Comando Divisionale ha concesso la banda del 93° reggimento, e già al Comitato sono pervenuti ricchissimi doni per una grande lotteria.
Il nostro Sindaco avuta notizia della generosa iniziativa inviò un nobilissimo telegramma all'egregio Sindaco di Ancona così concepito:
Commosso nobile iniziativa a beneficio delle famiglie dei naufraghi, a nome dell'intera cittadinanza invio espressioni di profonda gratitudine per il vostro atto altamente generoso, che suscita unanime sentimento di ammirazione e rinsalda i vincoli di affetto fraterno.
Il Presidente del Comitato Fanese
Sindaco avv. A. Baccarini.
Gli operai del Cantiere Navale di Ancona deliberarono di rilasciare il salario di un'ora di lavoro ciascuno.
Il Comitato cittadino di soccorso costituitosi, come avevamo annunziato, coi rappresentanti di tutte le associazioni e dei giornali locali ha rivolto un appello alla cittadinanza e inviava intanto, in ogni casa una scheda di sottoscrizione.
Nessuno vorrà negare il suo obolo; noi ne siamo sicuri.
La seconda lista delle offerte comunicataci dalla Società dei Marinai sale a L. 3307,17. Ne pubblicheremo il dettaglio domenica prossima.
Da: "Il Gazzettino", 26 febbraio 1911
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 09.02.1911
Ultima modifica: 08.05.2005
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