Geologia e climaGeologia e clima

Piena del F. Metauro nel febbraio 1991

Fenomeni di siccità in Provincia di Pesaro e Urbino dal...

Piena e alluvione del Metauro nel novembre 2005


Il 24 novembre 2005 si è verificata una forte nevicata in tutta la zona montana e in parte collinare della Provincia, analogamente alla zona appenninica limitrofa: 80 cm sulla strada provinciale 52 Avellana e “alcuni metri” sulla 54 Monte Petrano (“Il Resto del Carlino” del 25-11-2005).
Tale situazione si è protratta sino al 26 novembre, giorno in cui le temperature sono salite e forti piogge si sono aggiunte al rapido scioglimento della neve caduta. Il Metauro, che a valle di Tavernelle ha fatto registrare punte di piena di oltre 1.000 mc al secondo, ha allagato la zona di Cerbara e procurato danni a Urbania vicino al vecchio Mulino, a Fermignano sotto la Torre e a Cà Lagostina, dove è crollato un ponte, e a Fossombrone in via delle Tinte. Subito a monte del Furlo il Candigliano, 5 metri e mezzo oltre il livello normale, è esondato allagando il Ristorante “La Ginestra” e la zona da qui a S. Vincenzo al Furlo. Il Biscubio, il Bosso e il Burano sono esondati a Piobbico e Cagli, dove il Ponte Mallio è stato quasi coperto dalle acque dopo oltre un secolo di “asciutta” (“Il Resto del Carlino” del 27-11-2005).

 

Metauro, 1.300 metri cubi come nel 1991. Ma con più danni

 

PESARO - Tutti a vedere lo spettacolo della forza della natura. Il Metauro che rompe gli argini nei pressi della foce, il Foglia che trasforma la Torraccia in un Pantanal, il Candigliano in versione Iguazù al Furlo. E poi le strade sbarrate, le case e i capannoni sommersi, l'enorme massa di detriti, tronchi e rifiuti che scivola lungo la corrente verso il mare.
Stavolta la fiumana è stata eccezionale. E dovevamo aspettarcelo, dopo averla sfangata per puro caso negli ultimi anni, quando i disastri erano toccati ad altre regioni. Stavolta è risultato micidiale il mix neve-scirocco-pioggia, che ha provocato la sommatoria di due copiose (ma non memorabili) precipitazioni avvenute in giorni diversi.
In termini statistici, una piena così non si registrava dal 1991: è stata di 1.300 metri cubi al secondo la portata massima del Metauro, registrata poco dopo la mezzanotte di ieri a valle di Tavernelle. Roba da riempirci in poche ore un invaso come Ridracoli. Con tanta acqua, il fiume s'è preso tutto lo spazio disponibile, esondando in tutte le aree golenali e di lì a poco provocando gravi danni alla foce. Questa piena ci ha detto che rispetto al passato abbiamo due fattori di vulnerabilità in più: le bizzarrie del clima e l'invadenza dell'uomo lungo le aste fluviali (antropizzazione). E ha mostrato, una volta di più, quanto siano velleitarie certe regimazioni idrauliche. Il Candigliano a monte del Furlo (Birra al Pozzo) è tracimato dove le ruspe avevano appena rifatto l'argine (ammucchiando ghiaia). Idem per il Foglia a Pesaro, dove l'acqua, secondo le testimonianze, è defluita verso la zona industriale attraverso un varco lasciato proprio dai lavori di sistemazione dell'alveo. Ma sono solo due dei tanti esempi. (....)
Spiace dirlo, ma un'alluvione vera può essere l'unico deterrente contro le alluvioni di cemento. La piena è anche servita a spazzare via tutto quel che di abusivo c'era lungo gli argini, anche se a prezzo di trascinare in mare l'immonda discarica. La piena servirà anche a riportare a galla la questione delle casse di espansione del Foglia, Ma se ne riparlerà solo per un po'. Perché non è il tipo di espansione che interessa.

Mauro Ciccarelli
Da: “Il Resto del Carlino” del 28-11-2005

CEDONO GLI ARGINI, PAURA E RABBIA A FANO

Quarantotto ore con il fiato sospeso: un week-end di intensa paura per il comprensorio di Fano dove, in seguito allo straripamento del Metauro, soprattutto nelle zone di Tombaccia e Metaurilia, sono rimaste allagate abitazioni, campi e strutture. La furia dell'acqua ha anche costretto all'evacuazione tre anziani, prontamente ospitati nella palestra della scuola "Decio Raggi" attrezzata dalla Protezione civile per rispondere al meglio all'emergenza (allestita anche la palestra di Bellocchi). In un primo momento, infatti, la situazione assolutamente eccezionale di piena del Metauro aveva indotto le forze dell'ordine impegnate (Vigili del fuoco, Carabinieri, Vigili urbani, protezione civile con il Cb Club Mattei) a mettere in preallarme per l'evacuazione un centinaio di famiglie residenti fra le zone della Tombaccia, di Madonna Ponte e Metaurilia, invitandole nel frattempo a salire nei piani superiori delle abitazioni.
La situazione resta preoccupante a causa del rapido scioglimento della neve che si è accumulata in alta valle nei giorni scorsi. L'argine del Metauro nei pressi della Tombaccia ha ceduto per 25 metri. L'acqua ha prodotto una palude di 40 centimetri e si è riversata prima sull'Orcianese poi sulla statale finendo a ridosso dei binari ferroviari, sfociando poi nei tombini fino al mare. Nel pomeriggio la statale è stata riaperta a senso unico alternato, mentre un tratto dell'Orcianese è stato chiuso. Intasata anche via della Pineta. I vigili del fuoco erano in attesa di ulteriori "torri-faro", impegnati con idrovore a liberare l'area della cava Vicini. L'assessore con delega alla protezione civile Marco Paolini loda la macchina delle emergenze che «si è mossa nel migliore dei modi ed é riuscita a limitare i danni» «Ma - aggiunge - preoccupa molto il fatto che parte dell'area allagata fra Tombaccia e Metaurilia non fosse compresa fra le aree a rischio esondazione individuate dal Pai (il piano di assetto idrogeologico da cui dipendono scelte nei settori dell'urbanistica e del governo del territorio). Stiamo lavorando per cercare di tenere la situazione il più possibile sotto controllo, per questo sono in continuo contatto con il centro regionale della protezione civile e con l'unità di crisi approntata in Prefettura».
In tilt anche il traffico stradale, soprattutto lungo la Statale 16, all'altezza di Metaurilia, dove fino a ieri mattina il manto era sommerso da trenta centimetri d'acqua e fango. Code dalla rotatoria di Ponte Metauro allo svincolo della "bretella". Un imprevisto non da poco che si è sommato alla chiusura per lavori del casello autostradale di Fano (in direzione sud) e che ha costretto gli automobilisti ad uscire a Pesaro o a Marotta-Mondolfo. Superlavoro per le forze dell'ordine, per i vigili del fuoco e per gli agenti della polizia municipale di Fano che hanno lavorato senza sosta per tutta la notte.
«L'esondazione ha danneggiato quasi tutte le abitazioni lungo l'argine del Metauro, per un fronte di quasi un chilometro – spiega il comandante dei vigili urbani Giorgio Fuligno - con allagamenti a cantine, garage e appartamenti a piano terra, rischi di corto circuito e cedimenti di strutture».

Marco Giovenco
Da: “Il Messaggero” del 28-11-2005

 

ALLUVIONI E COLPE DELL’UOMO

Il fiume non è soltanto un canale o un qualcosa che porta acqua, ma un ecosistema vivo e vitale che richiede (e si prende) i suoi spazi.
Le colpe dell’uomo, che in concomitanza di eventi meteorologici eccezionali possono causare le esondazioni dei nostri fiumi, hanno spesso origini lontane.
Prendiamo ad esempio la situazione nei pressi della foce del Metauro: nella “Carta dimostrativa della superficie di terreno allagata dal basso Metauro negli anni 1896 e 1897” risultano coinvolti praticamente gli stessi terreni andati sott’acqua il 26-27 novembre 2005. Tali terreni erano, in riva destra, quelli tra il fiume e la strada per Caminate, quelli tra il bivio di Caminate e la chiesetta di S. Egidio (non lontano dall’attuale “Centro Scarpa”) e la fascia tra la Statale Adriatica e il mare per un tratto di circa 1,5 km a partire dalla foce. In riva sinistra si allagarono i terreni attualmente occupati dal vivaio Uguccioni, dal Lago Pascucci e dalle vasche dello Zuccherificio e l’acqua si fermò sotto la ripa alta, ancora esistente, che fiancheggia la zona industriale. In tutta quest’area sulle due sponde non erano praticamente presenti abitazioni, il che dimostra la saggezza popolare di allora.
Quando nei primi decenni del ‘900 sono state costruite le arginature tuttora presenti, il Metauro è stato qui privato di quelle che al giorno d’oggi vengono definite “casse di espansione”, con l’allagamento delle quali si possono evitare danni alle abitazioni costruite a quote superiori.
Nella Carta topografica dell’IGM risultano molte più case nella zona della Tombaccia e di Metaurilia, per lo più costruite nel ventennio fascista. Altre strutture si sono aggiunte man mano sino ai giorni nostri. Da allora lo Stato e le amministrazioni locali si sono assunte la grossa responsabilità di garantire la sicurezza di persone e cose che lì proprio non sarebbero dovute stare, in quanto già da fine ‘800 si sapeva che tutta la zona era esondabile. Il Genio Civile, ora passato alla Amministrazione Provinciale, ha il compito di mantenere efficienti sia le sezioni di deflusso, sia l’integrità degli argini.
Il 26 e 27 novembre scorso, a seguito del rapido scioglimento delle nevi cadute nei giorni precedenti e di una pioggia intensa, il Metauro, così come altri fiumi dell’Italia centrale, è stato interessato da una piena di tipo eccezionale (i giornali riportano 1300 metri cubi e più al secondo registrati a valle di Tavernelle). Il fiume nel tratto terminale è uscito dagli argini non per averli superati ma per averli rotti nella zona della Tombaccia. Nell’altra sponda invece pare che l’acqua sia uscita da una conduttura posta nei pressi della chiesa di Madonna Ponte. Non si è verificata alcuna ostruzione in corrispondenza dei ponti provocata da alberature trascinate dalla corrente.
I commenti che finora si sono sentiti sulle cause dell’alluvione hanno prevalentemente dato la colpa a ciò che appare più visibile: cioè alla presenza di boschi cresciuti sulle rive. In realtà queste alberature, se non restringono la sezione di deflusso, sono utili per frenare lungo tutto il corso la violenza della corrente. Anche la presenza di anse, spesso “raddrizzate” nelle regimazioni idrauliche, riduce la velocità dell’acqua. La vegetazione erbacea ed arbustiva, piegandosi, non costituisce invece alcun ostacolo per il deflusso della piena.
Nell’ultimo decennio a più riprese sono stati eseguiti lavori di diradamento delle alberature e altri interventi idraulici proprio nel tratto di Metauro interessato dalla tracimazione.
Dare la colpa alla mancata asportazione della vegetazione lungo il fiume è fuorviante e distoglie dall’additare le vere cause:
- l’avere consentito le costruzioni in zone che in base ai dati storici dovevano essere considerate inedificabili,
- l’aver sottovalutato il controllo assiduo della funzionalità degli argini,
- non aver costruito adeguate casse di espansione,
- l’avere impermeabilizzato parti rilevanti dei terreni con innumerevoli manufatti, enormi piazzali industriali, nuove strade, ecc., facendo sì che l’acqua piovana giunga troppo rapidamente al reticolo idrografico principale, causando rapidi fenomeni di piena e conseguenti esondazioni.
Che fare? Non siamo affatto contrari, come qualcuno sostiene, alle opere di manutenzione idraulica effettuate all’interno dei fiumi, purché eseguite nel rispetto delle disposizioni contenute nelle leggi vigenti a tutela dell’ambiente. In più auspichiamo capillari controlli periodici delle arginature per individuare i punti critici dove potrebbero verificarsi dei cedimenti. Senza ciò, e senza una cura puntuale dell’intero bacino idrografico, tutti gli altri interventi sono destinati a non essere risolutivi.

Da: "Il Resto del Carlino" dell' 6-12-2005 e "Lisippo - il Mensile di Fano" n. 125, dicembre 2005


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.12.2005
    Ultima modifica: 01.12.2005

Nessun documento correlato.


Piena del F. Metauro nel febbraio 1991

Fenomeni di siccità in Provincia di Pesaro e Urbino dal...