Beni ambientali
Il Torrente Arzilla nei Comuni di Fano e di Mombaroccio
IL TORRENTE ARZILLA NEI COMUNI DI FANO E DI MOMBAROCCIO: aspetti naturali, degradazioni ambientali e protezione
Il Torrente Arzilla è un modesto corso d'acqua (dalla sorgente alla foce 20 km lineari) che nasce dalla zona alto-collinare nei pressi di Montegaudio (Comune di Monteciccardo) e si versa in Adriatico alla periferia N.O. di Fano. Il suo bacino idrografico ha un'estensione di 105 kmq. I rilievi da cui raccoglie acqua vanno dai 500 m circa verso le sorgenti ai 100-200 m delle colline litoranee. L'ultimo tratto della sua piana alluvionale si fonde con quella contigua assai più ampia del Fiume Metauro.
L'Arzilla scorre nei comuni di Monteciccardo, Mombaroccio, Pesaro e Fano.
Un tratto di circa 7 km, tra S. Maria dell'Arzilla (Pesaro) e Centinarola (Fano) è stato individuato come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) con codice IT5310008. La sua estensione è di 227 ettari.
Nella scheda del sito si descrive come un ambiente fluviale di notevole rilevanza paesaggistica, in un contesto di zone coltivate. con un bosco ripariale relativamente ben conservato. Vi sono presenti specie vegetali non comuni nel territorio (Sparganium erectum, Polygala pisaurensis) e l'area possiede notevole importanza quale zona umida fluviale di basso corso. Tra gli animali vengono citati Moscardino, Lodolaio, Picchio rosso minore, Averla piccola, Picchio muratore, Ortolano, Biacco, Natrice dal collare, Ramarro e Lucertola muraiola.
IL TORRENTE ARZILLA IN COMUNE DI FANO
Nel tratto in Comune di Fano scorre in una suggestiva valle attorniata da colline, confluente nell'ultimo tratto in quella più ampia formata dal Metauro, e sfocia presso l'abitato di Fano (Spiaggia Lido o di Ponente). Il suo regime è torrentizio: alle piene in concomitanza con le piogge del periodo dall'autunno alla primavera seguono magre estive che, in aggiunta ai prelievi di acqua per l'irrigazione, rendono spesso quasi nullo l'efflusso in mare.
L'aspetto del torrente è assai vario: dove non si è intervenuto alterando il corso originario si succedono tratti con alveo fangoso e sponde alte alcuni metri, tratti con acqua bassa con fondo ghiaioso e buche a ridosso di alte scarpate prodotte dall'erosione. Il percorso è sinuoso e in alcuni punti si formano accentuati meandri. Tra gli affluenti ricordo il Fosso Bevano e il Rio della Gazza, che con le loro pur modeste fasce di vegetazione arborea contribuiscono a rendere più vario il bel paesaggio di queste colline.
Nell'ambito pur ristretto delle rive la vegetazione è assai rigogliosa: l'albero più frequente è il Pioppo nero, accompagnato dal Salice bianco, dal Pioppo bianco, dall'Ontano nero, dalla Roverella nelle parti più asciutte e dall'invadente ed esotica Robinia. Un fitto intreccio di rampicanti, come la Vitalba, l'Edera, la Dulcamara e il Luppolo, e di cespugli, come il Ligustro, il Biancospino, il Sambuco, il Sanguinello e il Prugnolo, rende impenetrabili alcuni tratti. Lungo le rive crescono rigogliosi l'Equiseto gigante, il Farfaraccio, lo Sparganio, la Cannuccia, la Tifa e vari giunchi. Altre piante di luoghi umidi, tra le tante presenti, sono la Buccinaria, la Mestola d'acqua, la Sedanina d'acqua, la Salcerella, la Canapa acquatica e la Persicaria.
I rettili, gli uccelli e i mammiferi che frequentano le rive alberate sono quelli consueti nelle campagne fanesi: Ramarro, Orbettino (più raro), Biacco, Tortora, Verdone, Fringuello, Merlo, Pettirosso, Usignolo, Torcicollo, Luì piccolo, Capinera, Cinciallegra, Riccio, Volpe, Donnola, Tasso e Istrice, tanto per citarne alcuni.
Come fauna ittica sono presenti Anguilla, Cavedano, Barbo comune e Carpa. Tra la vegetazione acquatica sommersa e sul fondo, ora fangoso ora ghiaioso, si rinvengono il Tritone punteggiato, la Rana verde, Molluschi come Ancylus fluviatilis e Physa acuta, Crostacei come il Granchio di fiume (Potamon fluviatile), divenuto qui ormai raro, e il Gammaro (Gammarus sp.).
Le bellezze naturali del T. Arzilla in Comune di Fano sono protette sin dal 1975 dal vincolo paesaggistico (L.1497/39), pubblicato con DPR n. 668 del 3-2-1981; la loro distruzione è punibile in base all'art.734 del codice penale.
Le Norme Tecniche di Attuazione del PRG di Fano, derivate dall'adeguamento al PPAR delle Marche, hanno definito gli interventi ammessi e quelli vietati entro l'ambito di tutela lungo i due corsi d'acqua.
Ecco in sintesi le principali disposizioni.
- All'interno del corpo idrico è vietata qualunque trasformazione, manomissione, immissione dei reflui non depurati, salvo gli interventi volti al disinquinamento, al miglioramento della vegetazione riparia, al miglioramento del regime idraulico limitatamente alla pulizia del letto fluviale, alla manutenzione delle infrastrutture idrauliche e alla realizzazione delle opere di attraversamento sia viarie che impiantistiche. I lavori di pulizia fluviale (eliminazione di piante ed arbusti, di depositi fangosi e l'eventuale riprofilatura dell'alveo) possono essere eseguiti solo nei casi di documentata e grave ostruzione dell'alveo al deflusso delle acque e comunque senza alterare l'ambiente fluviale qualora vi siano insediate specie di animali e piante protette o di evidente valore paesaggistico.
- Nei tratti esterni alle aree urbanizzate è fissata una fascia di rispetto inedificabile di almeno 100 m a partire dall'argine, dove è ammesso solo il recupero degli edifici rurali esistenti, senza aumento di volumetria; nell'ambito della stessa fascia sono vietati: il transito con mezzi motorizzati fuori delle strade, l'apertura di nuove cave e l'ampliamento di quelle esistenti, la realizzazione di depositi e di stoccaggi di materiali non agricoli.
Le cause remote e recenti dei problemi attuali legati ad episodi di esondazioni rovinose vanno ricercate in gran parte negli interventi errati o incauti dell'uomo (espansione edilizia in alveo di piena, drastica regimazione idraulica, modifiche delle pendenze e della larghezza del torrente, distruzione del bosco ripariale che proteggeva le rive, tecniche di coltivazione del suolo nelle zone a monte, ecc.).
Rimane ancora valido quanto scrisse nel 1980 il geologo Umberto Guzzi nel libro "Ambiente oggi", pubblicato dalle Associazioni Argonauta, WWF, Lipu:
"L'asta principale del Torrente Arzilla possiede una lunghezza di circa 20 km ed il suo bacino è interessato da argille marnose del Pliocene Medio e da arenarie friabili e sabbie, con intercalaziani marnose, del Pliocene Superiore e del Miocene. Si tratta in genere di depositi impermeabili (argille e marne) o scarsamente permeabili (sabbie ed arenarie con intercalazioni argillose). Su tale bacino le piogge di una certa intensità vengono risentite dal corso d'acqua sotto forma di piene improvvise, poiché solo una piccola parte dell'acqua caduta riesce ad infiltrarsi nel sottosuolo per riapparire a distanza di mesi nei pozzi e nelle sorgenti.
In tale bacino è essenziale rallentare al massimo il ruscellamento dell'acqua di pioggia sui pendii (prima che giunga nell'asta principale), impiegando fasce boscate, filari di alberi, siepi, insieme con una rete di scolo delle acque capillare e ben tenuta. Le sponde del corso d'acqua e degli affluenti inoltre devono essere alberate in modo da rallentare la violenza erosiva delle acque in piena.
Pur con tutti questi accorgimenti, l'Arzilla è un torrente da ... starci alla larga; ne sono una prova le case costruite prima dell'ultima guerra: sono situate almeno a 8-10 m in quota sopra il letto del torrente.
Facciamo una passeggiata a piedi od in bicicletta fino all'Arzilla, cominciando dalla foce: villini, case, baracche, depositi costruiti in questi ultimi anni si trovano a ridosso del torrente appena a 2 o 3 metri in quota sopra il livello di magra; geomorfologicamente parlando, giacciono nel letto di piena del torrente e quest'ultimo ne ha logicamente invaso le cantine ed i primi piani nei novembre 1979. Circostanze analoghe si ritrovano più a monte, ad esempio presso il sottopasso dell'autostrada in fondo alla via Fanella.
Argini giganteschi sono stati costruiti nella primavera 1980 dal Genio Civile di Pesaro, dal ponte della ferrovia fino alla Paleotta. Si tratta di argini costosi ma sproporzionati rispetto al corso d'acqua, eretti nel mezzo dell'alveo di piena per difendere edifici costruiti in spregio al buon senso e per agevolare e rassicurare quegli incoscienti che, con il beneplacito o senza dell'autorita comunale, volessero ancora costruire case o palazzine in terreno golenale. Argini sono stati realizzati anche per difendere tratti di campagna (come quella che occupa il paleo-meandro in sponda destra, a valle della Paleotta) che sarebbero provvidenziali casse di espansione in caso di piena improvvisa e violenta. Tali opere sembrano ignorare fra l'altro il fatto che gli allagamenti del novembre 1979 presso la foce dell'Arzilla sono stati causati dalle acque di piena del torrente in concomitanza con un livello del mare particolarmente elevato (per effetto congiunto dell'alta marea con il moto ondoso) che ne impediva il regolare deflusso.
Nel corso delle medesime piogge sono rimasti allagati gli scantinati in gran parte della città: è questa una prova del fatto che non gli argini occorrono, ma un risanamento capillare del territorio, sia in città, sia nella campagna. Gli argini dell'Arzilla serviranno semmai ad impedire il deflusso verso il torrente delle acque di ruscellamento locale.
Nella città tutto il suolo è stato impermeabilizzato con asfalto: piazzali, viali, strade, persino le aiuole di parecchi giardini. La rete fognaria è sottoposta, ad ogni pioggia, ad uno sforzo assai superiore a quello per cui era stata costruita. Per fare evacuare le acque, nell'occasione delle piogge, l'unico provvedimento consiste nel sollevare la griglia di protezione dei tombini, in modo da far entrare nella rete di scolo, insieme con l'acqua, anche cartacce, foglie e detriti vari, con quali conseguenze per la rete fognaria è legittimo immaginare."
Per porre rimedio a questa situazione di pericolo e degrado occorrerebbe innanzitutto evitare che, con altri eventuali improvvidi interventi, le cose peggiorino ulteriormente.
In proposito può essere di monito quanto già realizzato lungo moltissimi fiumi italiani; è il caso per esempio del torrente Genica di Pesaro, che è diventato una cloaca a cielo aperto dopo la cementificazione del fondo.
Negli ultimi anni, proprio in base alle numerose e negative esperienze accumulate nella sistemazione dei corsi d'acqua, si stanno rivedendo le tecniche di regimazione idraulica normalmente adottate: sarebbe pertanto opportuno consultare gli specialisti più qualificati per sapere quali modalità di intervento possono garantire innanzitutto la sicurezza delle persone e delle cose ma anche la più complessiva riqualificazione del territorio.
Per l'Arzilla occorrerebbe anche studiare la possibilità di creare zone di esondazione controllata, dove l'acqua delle piene possa riversarsi senza gravi conseguenze: in tal senso si era espresso il Servizio Ambiente della Regione Marche in una lettera inviata al Genio Civile di Pesaro il 13 maggio 1980, richiedendo la redazione di un progetto (mai realizzato) che, "evitando l'allargamento dell'invaso del fiume, preveda bacini di espansione con demanializzazione delle aree interessate e la loro utilizzazione a parco fluviale".
IL TORRENTE ARZILLA IN COMUNE DI MOMBAROCCIO
Il T. Arzilla nel Comune di Mombaroccio presenta un andamento meadriforme e segna il confine di N.E. col Comune di Monteciccardo. Raccoglie in riva destra una serie di affluenti (da monte verso valle): il Rio dell'Amaro, tre modesti fossi sul versante di N.E. del Monte Marino, il Rio Combarbio, col subaffluente Fosso delle Cannelle, il Rio e il Fosso Bevano (esclusa la sua parte più prossima alla confluenza col T. Arzilla).
Il bosco ripariale del Torrente Arzilla è costituito da una fascia alberata larga alcuni metri, con fitto bordo di arbusti presso lo stretto alveo. Gli alberi predominanti sono il Pioppo nero (Populus nigra) e il Salice bianco (Salix alba), con una discreta presenza anche di Pioppo bianco (Populus alba), Pioppo ibrido (Populus x canadensis) e di Ontano nero (Alnus glutinosa). Specie non spiccatamente igrofile come le precedenti, ma egualmenti comuni in prossimità del corso d'acqua, sono l'esotica Robinia (Robinia pseudacacia), l'Olmo campestre (Ulmus minor), la Roverella (Quercus pubescens) e l'Acero campestre (Acer campestre). Gli arbusti più diffusi sono il Sambuco (Sambucus nigra), il Sanguinello (Cornus sanguinea), il Prugnolo (Prunus spinosa), la Berretta da prete (Euonymus europaeus), il Biancospino (Crataegus monogyna) e il Rovo (Rubus ulmifolius); i rampicanti legnosi presenti sono la Vitalba (Clematis vitalba) e l'Edera (Hedera helix), quest'ultima tappezzante anche le scarpate ombrose. Tra le piante erbacee si possono citare l'Equiseto gigante (Equisetum telmateia), la Cannuccia (Phragmites australis), il Farfaraccio (Petasites hybridus), la Podagraria (Aegopodium podagraria), il Gigaro (Arum italicum), l'Ortica (Urtica diodica), il Ranuncolo strisciante (Ranunculus repens) e il rampicante Luppolo (Humulus lupulus).
Rio dell'Amaro e altri fossi del versante di NE del Monte MarinoIl Rio dell'Amaro e gli altri fossi vicini sono dei modesti affluenti di destra, il primo dei quali segna il confine con il Comune di Monteciccardo; nascono dalle pendici ad Est e a Nord della zona di Monte Marino, a 300 m circa di quota e possiedono valli coperte da boschi ed arbusteti.
Rio CombarbioAffluente di destra interamente compreso nel Comune di Mombaroccio, che nasce dalla zona collinare tra M. S. Giovanni (m 448), M. della Mattera (m 479) e Mombaroccio; ha come affluente di destra il Fosso delle Cannelle, che si origina in prossimità del nucleo abitato di Mombaroccio. Nella sua parte alta il bacino è coperto da arbusteti più o meno igrofili, poco più a valle il Rio Combarbio scorre tra ripide pendici con boschi, boscaglie ed arbusteti, mentre vicino alla confluenza con il T. Arzilla le pendici si fanno più dolci e sono coltivate. Il suo bosco ripariale è costituito da Pioppo nero, Pioppo cipressino, Pioppo bianco, Salice bianco, Orniello, Ontano nero, Acero campestre, Roverella, Robinia, Olmo campestre, Carpino nero, Nocciolo, Sanguinello, Berretta da prete e Sambuco, ai quali si associano i rampicanti Vitalba, Vite, Edera e Rovo. Tra le piante erbacee sono comuni la Podagraria, l'Equiseto gigante, il Vilucchione, il Gigaro, la Robbia selvatica, la Felce aquilina, la Primula, la Canna del Reno e la Canapa acquatica.
Fosso Il RioAffluente di destra del T. Arzilla che scorre interamente nel territorio comunale; nasce dal rilievo di Monte della Mattera, a circa 450 m di quota. Nella sua parte alta, sino alla zona Cairo-Villagrande, scorre affiancato da pendici abbastanza ripide, con macchie e boscaglie, poi sino alla confluenza col T. Arzilla le pendici attorno si fanno più dolci e del tutto coltivate, quasi prive di vegetazione spontanea. Il suo bosco ripariale è costituito da Pioppo nero, Salice bianco, Ontano nero, Robinia, Roverella, e Acero campestre, con strato arbustivo formato da Salice dell'Appennino, Sambuco, Sanguinello, Ligustro e Berretta da prete. I rampicanti legnosi sono l'Edera, la Vite, il Rovo e la Vitalba; tra le piante erbacee sono frequenti il Farfaraccio, l'Equiseto gigante, la Canapa acquatica, il Gigaro, l'Ortica, la Podagraria e l'Angelica.
Fosso BevanoDopo il T. Arzilla, è il corso d'acqua di maggiore rilevanza presente nel Comune di Mombaroccio. Nasce dalle pendici di Nord-Est del rilievo del Beato Sante, a circa 350 m di quota. Nella parte alta possiede ripide scarpate boscate, che diventano in breve più dolci e coltivate in tutto il resto del territorio del comunale attraversato. Il tratto terminale del Fosso Bevano sino alla confluenza col T. Arzilla appartiene ai comuni di Pesaro e di Fano. I suoi affluenti di destra (Fosso Malatesta) e di sinistra (Rio della Valle e altri) raccolgono le acque da una zona collinare da 100 a 230 m di quota, del tutto coltivata. Il suo bosco ripariale è per buona parte ridotto ad una stretta fascia alberata, più rada o discontinua o quasi assente nelle parti alte dei fossi minori. Sono presenti tra gli alberi il Pioppo nero, il Pioppo cipressino, il Salice bianco, la Roverella, l'Olmo campestre, la Robinia, il Carpino nero (quest'ultimo nella parte alta del Bevano); tra gli arbusti e i rampicanti legnosi il Sambuco, il Sanguinello, l'Acero campestre, la Berretta da prete, il Biancospino, il Prugnolo, la Vitalba, il Rovo e l'Edera. Tra le numerose piante erbaceee sono comuni l'Equiseto gigante, il Farfaro, la Pulicaria, il Farfaraccio, l'Angelica, la Canapa acquatica, il Ranuncolo strisciante, la Podagraria e il Gigaro.
Dettaglio scheda
-
Data di redazione: 01.01.2000
Ultima modifica: 01.04.2025




Nessun documento correlato.