Itinerari
Da Scheggia a Fano in bicicletta lungo l'antica Via Flaminia - Prima parte
Scheggia – Fano in bicicletta lungo l’antica via Flaminia
Prima parte
Notizie storiche sulla via Flaminia antica
La via consolare Flaminia, inaugurata dal censore Gaio Flaminio intorno al 220 a.C., era una delle strade più importanti di tutto il sistema stradale romano. Impiantatasi su un percorso esistente già in epoca preistorica e notevolmente ristrutturata in età augustea, era la principale via di collegamento tra il versante tirrenico (Roma) e quello adriatico dell'Italia. Superato il passo della Scheggia (passaggio più favorevole dall'alta valle del Tevere all' Appennino centrale) la Flaminia raggiungeva la costa adriatica a "Fanum Fortunae" per poi piegare fino ad "Ariminum" (Rimini), dove terminava. … Percorrendo questo tratto della strada consolare, … è ancor oggi possibile vedere ampi resti di strada lastricata, ponti, sostruzioni, viadotti e tracce di "statio" per la sosta ed il ristoro dei viandanti e dei cavalli. Resti che una accurata indagine ed anni di scavo archeologico a cura della Soprintendenza Archeologica delle Marche e dell'Università di Urbino hanno riportato all'antico splendore.(Cfr www.lavalledelmetauro.org 22.9 LA VIA FLAMINIA DA FANO A PONTERICCIOLI)
Scheggia – Fiume
Partendo dal centro storico di Scheggia in circa 10 minuti si sale al valico, da cui inizia il tragitto costantemente in leggera discesa o in piano, salvo poche eccezioni, verso il mare. Siamo ancora in Umbria, in provincia di Perugia; in linea d’aria il Tirreno è a 150 km e l’Adriatico a 55. Attraversiamo il lembo più settentrionale dei 10.480 kmq del Parco Regionale del Monte Cucco, ricco di acque e di boschi di alto fusto.
Dopo circa 5 minuti dal valico, sulla sinistra, prima di attraversare il ponte sul quale prosegue la strada verso Cantiano (a 10 km), si incontra l’indicazione "Monte Fiume", una frazione di Scheggia; una stradina abbastanza ripida di poche centinaia di metri porta sul fondo del vallone e quindi al piccolo nucleo di case, abitate solo in periodo estivo; prima di giungere al fondo, nascosta tra la vegetazione, si trova traccia del sedime originario della Flaminia; sul fondo del vallone, probabilmente precipitati dall'alto, si trovano numerosi blocchi di pietra squadrata riferibili alle opere stradali della via romana. Dal basso, è possibile ammirare l'originale forma del Ponte a Botte sul quale passa la strada provinciale. Ricostruito nel 1946 dopo la distruzione ad opera dei Tedeschi, riproduce quello originario del 1806.
Fiume - Pontericciòli
Risaliti sulla strada, appena superato il suddetto Ponte a Botte da cui si vede dall’alto l’abitato di Fiume, si prende sulla sinistra una stradina bianca in discesa: è la Flaminia originaria, che va a intercettare la Provinciale dopo poco più di 1 km; poco prima dell’innesto, sulla sinistra, si trova una fonte d’acqua potabile. Si procede sulla strada asfaltata fino ad arrivare in vista del cartello della frazione Buotano; sulla sinistra una tabella indica il percorso sterrato ciclabile che ricalca la Flaminia antica; dopo una leggera salita, la pendenza in discesa è abbastanza accentuata per cui è consigliabile scendere a piedi per raggiungere i resti del Ponte Grosso.
Il Ponte Grosso supera il Fosso della Scheggia con due archi semicircolari di 3,40 m di luce, costituiti da bassi lastroni di pietra corniola ben squadrati. Essi sono sostenuti su un basso filare d'imposta che determina una leggera risega. La pila centrale (larga 2,60 m) è fornita di frangiacque di poco sporgente. Le spalle laterali si uniscono ai muri d'ala che sostengono la strada e che convogliano la corrente. Il tratto di Flaminia che utilizzava il ponte è stato abbandonato nel secolo scorso ed il percorso è oggi utilizzato come strada agricola fuori mano. A poca distanza sono visibili imponenti muri di sostruzione realizzati con la stessa tecnica. Continuando il viottolo di campagna che attraversa il Ponte Grosso, si giunge alle poderose strutture, ancora in fase di scavo e restauro da parte della Soprintendenza Archeologica delle Marche, di un ulteriore ponte a tre arcate, il Ponte Tre Archi. Le strutture basse sono in opera quadrata, mentre la maggior parte dell'elevato è di restauro. Procedendo ancora più a sud, fino al confine della provincia di Pesaro, sono ancora in parte visibili tra una fitta vegetazione le strutture del Ponte Voragine: nella struttura, eretta sopra l'omonimo fosso, oggi attraversata da un viottolo di campagna, coesistono una fase costruttiva relativamente recente ed una antica di età romana (verificare localizzazione Ponte Voragine). Quest'ultima, che sopravvive nella spalla sinistra del ponte, è caratterizzata da un'opera muraria in grosse pietre rettangolari messe in opera a secco.(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.17 Ponte Grosso, Ponte Tre Archi e Ponte Voragine presso Pontericciòli)
La citata stradina sterrata è lunga complessivamente un paio di km ed attraversa il confine tra Umbria e Marche; alla fine si riprende la strada asfaltata che prima di giungere a Pontericciòli ci offre sul margine sinistro altri reperti archeologici. All’interno del nucleo abitato di Pontericciòli di notevole c’è una passerella metallica, realizzata probabilmente nella prima metà del secolo scorso. E’ lunga 35 m, sostenuta da due pilastri in pietra per ogni parte; si trova in corrispondenza della chiesa di S. Giuseppe, dove scavalca il Burano per collegare il centro abitato con la località Poggetto e la strada Contessa.
(Cfr www.lavalledelmetauro.org 17.2.5.16 Cantiano (Pontericciòli): passerella sul T. Burano)
Pontericciòli - Cantiano
Da Pontericciòli si riparte sulla strada provinciale che in meno di 10 minuti conduce a Cantiano (cfr. in questo stesso sito la scheda 18.6 e seguenti). Ad un bivio, imboccare sulla destra la strada interna meno trafficata che attraversa le frazioni di Palazzo e S. Rocco. Presenti in loco alcuni agriturismi. Giunti a Cantiano, un po’ di tempo può essere dedicato alla visita della cittadina che si presenta molto curata e gradevole. Il suo centro storico conserva un severo aspetto medievale, soprattutto nel prospetto della via Fiorucci, con il duecentesco palazzo Corsi; caratteristiche sono pure le vie Della Torre e Allegrini, dove a prospettive duecentesche si mischiano elementi rinascimentali.
… alcuni studiosi (Miller, Herzig, Radke, Luni) propongono di riconoscere in Cantiano il sito dell'antica città (di Luceoli, n.d.r.) sulla scorta di una solida tradizione locale e di una indicazione della Tabula Peutingeriana che pone un'anonima statio a metà strada fra quelle ad Ensem (Scheggia) e ad Calem (Cagli), luogo che corrisponde appunto all'ubicazione dell'odierna Cantiano. Occorre dire che questa ipotesi, allo stato attuale della ricerca, sebbene trovi scarso supporto nella documentazione archeologica, è avvalorata dalla ubicazione del sito in un luogo strategico, che ha continuato ad essere un punto significativo e fortificato nel Medioevo.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.16 La Via Flaminia e il territorio di Cantiano nell'antichità)
Cantiano - Cagli
Ripartiti da Cantiano si segue la direzione Pontedazzo, su strada molto meno trafficata della nuova Flaminia che corre sulla nostra sinistra. Lungo il tragitto, sulla destra, si incontra una fonte di acqua potabile. Sulla sinistra, scorre il fiume Burano scavalcato dall’imponente Ponte Grosso.
NOTIZIE STORICHE - Si legge in MONTECCHINI 1879:
Questo ponte, così denominato per le grosse pietre colle quali è formato, e per le sue robuste proporzioni, è a due archi semicircolari con muri d'ala all'entrare ed al sortire dell'acqua. Ogni arco, ha la luce di m. 7,00, e la pila di mezzo, è di larghezza all'entrare di m. 5,60, ed al sortire di m. 7,45, di modo che i due archi sono divergenti. Le pietre di cui è composto il ponte, sono di calcare compatto del luogo, ed in forma di lastroni collocati a secco combaciantisi perfettamente: il paramento è lavorato a rustico. La fronte superiore del ponte, è in gran parte rovinata anche per l'azione dei geli, e così gli archi in corrispondenza alla fronte medesima; sicché oggidì non serve al passo che una parte del ponte stesso: la strada vi scorre direttamente sull'estradosso, il quale di più, è stato con barbaro consiglio sensibilmente intaccato, per diminuire la breve e non faticosa salita.
Questo ponte come già se n' è accorto il lettore, è d'antichissima costruzione, e non esito a giudicarlo, come l'altro dello stesso nome attraverso il fosso della Scheggia, opera etrusca, o fatta dagli etruschi nei primordi del dominio romano in queste parti. Dalla risega delle spalle e della pila sopra le fondamenta (la qual risega si trova allo stesso livello dell'alveo), ed eziandio dalla forma complessiva del ponte, si deduce chiaramente che, dopo due mila e più anni da che fu costrutta quell'opera, l'alveo del torrente è tuttora inalterato: il che distrugge l'opinione di coloro che pensano i fiumi alzarsi continuamente; opinione che può appena ammettersi ed in strettissimi limiti, laddove si tratti di fiumi scorrenti lentamente, e con insensibile pendio attraverso una vasta pianura.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.15 Ponte Grosso nella Gola del Burano)
In questo tratto lungo il Burano si incontrano gradevoli punti di ristoro e splendidi panorami; in periodo estivo il fiume consente la balneazione. Si procede in direzione Cagli (cfr. in questo stesso sito la scheda 18.5 e seguenti). Prima di giungere in città, In località Foci, a distanza di pochi metri l’uno dall’altro, sono due chiavicotti per il drenaggio delle acque formati solo da massi di pietra grigna, lunghi ambedue 10 m e con una luce di 0.6 per 0.9 m. Un rilievo grafico del Settecento restituisce la struttura di uno dei due chiavicotti: esso risulta avere una muratura in opera quadrata costituita da sei filari di grossi blocchi; la sua imboccatura è alta circa 3 m, mentre la larghezza si dimezza in corrispondenza del quarto filare da terra, dove due blocchi aggettanti costituiscono il piano di appoggio della copertura, formata da grosse lastre di calcare ben squadrate e disposte con cura a combaciare tra loro.
Giunti a Cagli, all’interno di un antico palazzo, è attualmente (maggio 2013) in fase si allestimento un importante museo archeologico dedicato all’antica via Flaminia.
Nelle fonti itinerarie antiche la località "Ad Calem" è ricordata, sia come statio lungo la Via Flaminia che come vicus, e il nome antico sopravvive nel toponimo medioevale e moderno di Cagli. L'abitato romano, sorto nel punto d'incontro tra due torrenti, nel punto di più favorevole attraversamento, è erede di un centro frequentato sin dalla preistoria in relazione alla pratica della transumanza verso L'Appennino, e alla direttrice di traffici che dalla costa adriatica si dirigeva verso il bacino idrografico del Tevere, sfruttando le strettoie del Furlo, del Burano e il passo della Scheggia. In quest'ottica assumono particolare interesse la scoperta di stipi votive con bronzetti di Marte e di Ercole a Isola di Fano e presso Cagli. La Via Flaminia, con un tracciato ripercorso quasi interamente dalla attuale strada nazionale, attraversava la stretta gola del Burano sopraelevata di alcuni metri sul ciglio del torrente, munita da poderose opere in muratura, poi, giunta a Cagli, passava sulla sponda sinistra del torrente attraverso il ponte Taverna, che presenta oggi strutture medioevali che ricalcano resti più antichi. Poco a Nord di Cagli, poi, la via consolare attraversava il torrente Bosso con il ponte Manlio. Da Cagli si distaccava un diverticolo che si dirigeva verso la vallata del fiume Cesano collegandosi con i municipia di Suasa e Sena Gallica.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.12 La Via Flaminia e il Vicus ad Calem)
Il Ponte Mallio è facilmente raggiungibile dalla statale che corre parallela all’antico tracciato della Flaminia; l’accesso è su via Fontetta, ben visibile sulla sinistra, dove è possibile trovare posto per il parcheggio dei mezzi.
Coordinate geografiche: 43.551025 12.651191
Il Ponte Mallio (o Manlio) attraversa il torrente Bosso, che ha ora mutato corso, vicino alla confluenza col Burano, poco a Nord di Cagli. Si tratta di una colossale opera di ingegneria stradale giuntaci in buono stato di conservazione: attualmente il ponte, in disuso, si presenta pressoché nella sua monumentalità originaria, dopo l'asportazione della terra che nascondeva gran parte delle strutture. Pare che il nome derivi dall'errata lettura di un'iscrizione falsa in passato presente sul parapetto, contenente all'inizio il nome di M. Allius Tirannus. Il ponte è costituito da un arco di 11,6 m di diametro, formato da 21 cunei di poderose dimensioni disposti a secco. Immediatamente al di sopra è presente una cordonatura aggettante (0,25 m), su cui è disposto il pesante parapetto, largo 1,50 m. La strada poggiava direttamente sull'estradosso. A breve distanza si apre un arco minore, del diametro di 3,40 m, costruito con lo stesso materiale e con la stessa tecnica, unito al primo arco da due muri di sostegno paralleli che sostengono la strada che, in tal modo, correndo in elevato sul viadotto, supera una depressione paludosa. Il complesso di queste strutture è in genere datato all'età repubblicana. All'età augustea risale invece l'intervento di restauro condotto su ambedue le fiancate del ponte e ciascun lato dell'arco maggiore, rinforzate con muri in pietra corniola che si addossano alle strutture più antiche, con la funzione di struttura d'argine e di sostruzione stradale.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.14 Ponte Mallio)
Lasciato il ponte Manlio e percorrendo circa 850 m sulla strada provinciale 424 (vecchia Flaminia) in direzione Fano, si giunge ad un aggregato di case in località Peperia dove si conserva l'omonimo ponte. Esso non è immediatamente visibile, trovandosi al di sotto dell'attuale piano stradale ed essendo in parte obliterato dalla vegetazione; l'accesso è consentito solo previa autorizzazione e a piedi, essendo la struttura all'interno di un'area privata adibita ad orto. Non sono presenti aree di sosta pubbliche nelle immediate vicinanze, per cui occorre fare molta attenzione ai veicoli in transito se si decidesse di lasciare la bicicletta lungo la provinciale.
Del ponte, documentato con disegni dei primi del Settecento, è visibile solo l’arco del prospetto a valle. Grazie ad alcuni disegni del Settecento e alla descrizione lasciataci dal Montecchini, sappiamo che i robusti muri ai lati erano costituiti da almeno tredici filari sovrapposti in opera quadrata con buona tecnica. I blocchi che lo compongono sono in pietra corniola e consentono, unitamente alla tecnica costruttiva, di datare l’opera all’età augustea.
Si legge in MONTECCHINI 1879:
“Il primo manufatto di qualche rimarco che si trova sulla via, è il ponticello detto della Peperia, di costruzione identica a quello prossimo a ponte Manlio colla corda di metri 3,60 e la saetta di metri 1,80. La grossezza dell’arco è di metri 0,90, e i cunei che lo formano sono in numero di nove. E’ formato pur esso di grossi blocchi di breccia, e presenta un sistema lodevolissimo e degno d’essere imitato per garantire maggiormente la stabilità di siffatte opere: il quale consiste in questo, che l’arco nasce più in dentro delle spalle, lasciando una risega di 25 centimetri; per cui la luce del ponte che fra le spalle è di metri 3,10, al nascimento dell’arco semicircolare è di metri 3,60: così con grande accorgimento, si è anche provveduto che al crescere della piena aumenti la luce.”
Coordinate geografiche: 43.558785,12.654083
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Cagli - Furlo
Sempre sulla provinciale vecchia Flaminia, si segue la direzione Smirra, alle cui porte è situato un chiavicotto, sicuramente quello meglio conservato del tratto marchigiano della Flaminia. Esso consentiva lo scarico dell’acqua proveniente dal fianco della collina. Realizzato in opera quadrata costituita da dieci filari di grossi blocchi disposti a secco è stato recentemente restaurato. La tecnica edilizia utilizzata trova corrispondenza in numerose altre strutture analoghe lungo la Flaminia e per questo databile in piena età augustea, quando la consolare è stata interessata da una generale opera di riorganizzazione. E’ accessibile sia dalla SP3 che dalla vecchia Flaminia.
Coordinate geografiche: 43.589862 12.674599
Si giunge ad Acqualagna (cfr. in questo stesso sito la scheda 18.1 e seguenti), nota per la sua produzione di tartufi e aver dato i natali ad un illustre marchigiano, Enrico Mattei, che qui trascorse i primi anni di vita. Merita attenzione un piccolo antiquarium che porta il nome di Pitinum Mergens, la città romana che sorgeva 4 km ad ovest nei pressi del fiume Candigliano, distrutta e abbandonata tra il V e il VI secolo. Usciti dalla cittadina si segue il cartello Furlo, evitando ovviamente la superstrada che corre parallela. A poco più di due chilometri ad ovest della gola del Furlo, in località Colombara di Acqualagna, è stata individuata e scavata una villa rustica, edificata agli inizi del II secolo a.C. e utilizzata fin verso la fine del I secolo a.C., con una piccola parte ricostruita in epoca imperiale. Il sito archeologico, individuato grazie ad una trincea effettuata per realizzare la fognatura di una casa, si trova a circa 400 m a nord della via Flaminia, in corrispondenza di un luogo leggermente rialzato ove è ancora presente una sorgente perenne. La villa, a pianta rettangolare, è costituita da ambienti disposti attorno ad un cortile centrale. Le strutture murarie sono costituite da filari di blocchetti di pietra locale, messi in opera con una certa regolarità. Al suo interno sono stati rinvenuti, ancora intatti, oggetti d’uso e vasellame a vernice nera, derrate agricole carbonizzate, nonché attrezzi agricoli e finimenti, attualmente conservati nel suddetto Museo Archeologico Pitinum Mergens di Acqualagna che espone anche il plastico ricostruttivo della villa romana. La copertura a protezione delle emergenze archeologiche è crollata sulle medesime in seguito alle abbondanti precipitazioni nevose del febbraio 2012; di conseguenza, l’accesso alla villa non è consentito. L’area è comunque accessibile da via Alcide De Gasperi, percorrendo un brevissimo tratto di strada sterrata sulla destra.
Coordinate geografiche: 43.628162 12.675734
Bibliografia: M. LUNI, Archeologia nelle Marche. Dalla preistoria all’Età tardoantica, 2003
Partendo da Acqualagna, in una ventina di minuti si raggiunge un'ampia zona verde attrezzata per la sosta di gruppi anche numerosi, all'interno della quale si trovano un’altra interessante emergenza archeologica, il Viadotto di S. Vincenzo, e la Chiesa o Abbazia di S. Vincenzo.
Il complesso archeologico è facilmente raggiungibile sia dalla strada seguendo l'indicazione “area archeologica”, sia dall’ampio parcheggio dell’abbazia di San Vincenzo al Furlo percorrendo a piedi un breve tratto sterrato che porta direttamente al viadotto.”
Coordinate geografiche: 43.636007 12.695456
Ben evidente e normalmente aperta al pubblico è la Chiesa o Abbazia di S. Vincenzo.
La Chiesa abbaziale di S. Vincenzo sorge in prossimità della Gola del Furlo, poco prima dell'imbocco verso Sud-Ovest. Il nome dell'antico cenobio viene riportato già in un documento del 970, anche se la costruzione è di molto anteriore. In questo importante complesso abitarono S. Romualdo (1011), uno dei grandi riformatori del monachesimo, e S. Pier Damiani (1042). Nel secolo XIII l'Abbazia incontrò un'ostinata opposizione da parte del Comune di Cagli nel controllo di alcuni castelli, tra cui quello di Drogo. Un'iscrizione posta sull'architrave della porta principale ricorda un restauro del cenobio, del 1271, dopo una rappresaglia ad opera dei cagliesi. Nel 1439 con una bolla di Eugenio IV viene decretata l'annessione del complesso monastico al Capitolo di Urbino. Dell'originaria struttura oggi si conserva solo una delle due navate: alla navata di destra corrisponde una piccola abside che fiancheggia quella principale assai convessa. Dallo spazio lastricato, riservato ai fedeli, si può accedere, tramite una stretta scala, al presbiterio rialzato. L'altare (IX e X sec.) è costituito da un enorme blocco di pietra adagiato su un'ara pagana scolpita, che riporta simboli cristiani. Sotto il presbiterio è presente un'ampia cripta a tre navate sostenuta da sei colonne con capitelli con bassorilievi d'influenza ravennate. Nell'abside del presbiterio si può osservare un S. Rocco datato 1525, affresco superstite di un ciclo più complesso.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 16.1.1 Acqualagna: Chiesa di S. Vincenzo al Furlo)
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 16.08.2012
Ultima modifica: 04.06.2013
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