Itinerari
Da Scheggia a Fano in bicicletta lungo l'antica Via Flaminia - Seconda parte
Scheggia – Fano in bicicletta lungo l’antica via Flaminia
Seconda parte
La Gola del Furlo
Da quando una trentina di anni fa è stato realizzato il moderno traforo (circa 3,4 km di lunghezza) che ospita la superstrada, il traffico motorizzato è drasticamente diminuito lungo la Gola del Furlo. I luoghi sono ridiventati silenziosi, perfetti per attività culturali, ricreative e sportive. E l'istituzione di una Riserva naturale statale rappresenta un giusto premio per un ambiente decisamente straordinario, che non si dimentica più, soprattutto se si è normalmente immersi in realtà quotidiane fatte di rumore, confusione e stress.
E’ come un ritorno al passato, da quello più antico a quello più recente, quando il passo del Furlo era un passaggio obbligato nell'Italia centrale nella direzione Nord – Sud; come ben sapevano i briganti che infestavano questi luoghi fino a pochi secoli addietro.
La Gola del Furlo è una profonda e stretta spaccatura che separa il M. Paganuccio (m 976) dal M. Pietralata (m 888), caratterizzata da pareti quasi verticali incise nel calcare massiccio, sul fondo del quale scorre il Candigliano, affluente del Metauro; essa determina il confine amministrativo fra quattro Comuni della Provincia di Pesaro, ricalcando ciò che avveniva in antico, quando la gola era spartita tra i municipi di Forum Sempronii, Pitinum Mergens, Suasa, Urvinum Mataurense. Il Candigliano si incunea vorticoso nella gola e nel punto più angusto della strettoia esso supera con una cascata un brusco dislivello di circa 10 m (dove poi è stata costruita la diga). Queste particolari caratteristiche della morfologia del luogo hanno reso la gola difficilmente praticabile e costituiscono un elemento di divisione in un punto di passaggio obbligato tra la vallata del Metauro e quella più interna del Burano, che introduce verso il favorevole passo della Scheggia e la vallata del Tevere. L'importanza eccezionale della Gola del Furlo è in definitiva attestata dalla concentrazione di resti archeologici che vanno ininterrottamente dalla preistoria fino al Medioevo. Lungo l'intera gola la via Flaminia descrive un percorso ondulato e serpeggiante, sempre sopraelevato di una media di circa 30 m rispetto al letto del fiume. Questa quota di sicurezza sul pendio della montagna è acquisita talvolta mediante poderosi tagli del costone di roccia, in altri casi con la costruzione di lunghi muri di terrazzamento, sia infine con l'impegnativo scavo di due gallerie.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.7 La Via Flaminia nella Gola del Furlo)
Ora gli ospiti privilegiati sono i turisti, gli escursionisti, gli studiosi di geologia, flora e fauna. Non mancano i curiosi attratti dalle testimonianze materiali e immateriali del Ventennio fascista e dalla figura di Mussolini, che spesso qui si fermava nei suoi viaggi verso la nativa Romagna; per pochi anni, dal 1936 al 1943, da lontano si vedeva molto bene il "Profilo del Duce" scolpito in alto nella roccia del M. Pietralata; ora è poco riconoscibile per la folta vegetazione ma soprattutto per l'azione dei Partigiani che hanno distrutto buona parte del profilo lungo ben 180 m.
Dopo aver percorso quasi tutta la Gola, si incontra un semaforo che regola il traffico a senso unico alternato per l'attraversamento della galleria la cui realizzazione è attribuita all'imperatore Vespasiano (69 - 79 d. C.).
Un percorso pedonale ricavato lungo la carreggiata consente di percorrere tutta la galleria ed apprezzare particolari come le tracce di scalpello per lo scavo a mano, iscrizioni, nicchie, ecc. La galleria è accessibile e transitabile da entrambe le direzioni, con traffico alternato; la morfologia dell’area non permette di usufruire di ampi spazi per la sosta dei veicoli, mentre più agevole è il percorso pedonale che, per un breve tratto, può usufruire di una corsia riservata ricavata nella sede stradale.
Coordinate Geografiche: 43.653198 12.730389
La Galleria di Vespasiano è stata costruita nel 76-77 d.C. (come ricorda l'iscrizione presente sopra l'imboccatura orientale, attualmente quasi illeggibile), probabilmente in seguito ad un ulteriore cedimento dello sperone di roccia che aveva reso di nuovo precario, dopo lo scavo della Galleria minore, il transito in quel punto della gola. Essa è stata ricavata in gran parte in tunnel e per un tratto di una quindicina di metri in trincea: il risultato dell'intervento è frutto di una poderosa opera di scavo accuratamente progettata mediante la valutazione di tutte le componenti costitutive del costone roccioso e del tipo di tracciato che si intendeva realizzare. La lunghezza della galleria, calcolata da storici locali prima che il manufatto subisse alcune moderne modificazioni, doveva essere di circa 38 m (130 piedi), la larghezza doveva oscillare da m 5,47 al centro a m 5,35 sul lato verso Cagli, a m 5,23 sull'imboccatura verso Fossombrone (in media 18 piedi), mentre l'altezza doveva giungere a poco meno di 6 m (20 piedi).
I due ingressi del traforo non sono costituiti da semplici cavità ricavate nella rupe, ma, al fine di legare le monumentalità dell'opera al valore estetico di essa, sono stati caratterizzati da montanti laterali con semplice cornice al di sopra risparmiata nel masso, dalla quale spicca la volta. Le lesene sono larghe m 1,18 (4 piedi), ed avevano in origine un'altezza di circa m 3,60 (12 piedi), mentre l'arco al di sopra è di m 2,40 (8 piedi). Una sola delle quattro cornici inizialmente presenti è ancora conservata per intero ed è visibile sull'ingresso orientale. Sopra l'arco e per tutta la larghezza della facciata orientale della parete rocciosa è presente una risega orizzontale di circa 30 cm, in simmetria con la quale e in asse con la porta è ricavata la tabella rettangolare con l'iscrizione che ricorda l'opera voluta da Vespasiano. Va ricordato che il monumentale manufatto per le sue peculiarità ha soddisfatto per più di 1900 anni ogni necessità di transito nel punto di più difficile attraversamento della gola del Furlo, compreso l'attuale traffico pesante.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.8 La Galleria di Vespasiano)
La galleria minore, realizzata in epoca precedente, è chiusa; l’accesso è consentito previa richiesta da effettuarsi all’Enel.
Coordinate Geografiche: 43.653198 12.730389
La cosiddetta "Galleria minore" è un traforo di modeste dimensioni (lungo m 8, largo m 3,30 ed alto m 4,45 circa), che permetteva alla via Flaminia di aggirare la scoscesa parete di roccia in questo tratto della Gola del Furlo. Esso presenta in connessione con i due ingressi sbrecciature irregolari procurate a scalpello sulle alte pareti tagliate accuratamente in verticale e ben lisciate; l'ingresso ad Est presenta un'imboccatura maggiore rispetto a quello occidentale. Sul piano di roccia sono ancora visibili i solchi paralleli formati dalle ruote dei carri. Non esistono elementi caratterizzanti per formulare un'ipotesi di datazione della piccola galleria: la sua costruzione va comunque collocata cronologicamente nella prima età imperiale, tra Augusto e Vespasiano.
Coordinate Geografiche: 43.653198 12.730389
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.9 La Galleria minore del Furlo)
Essendo questo il punto più stretto della Gola, spesso la strada non era percorribile per eventi naturali come frane ed alluvioni. Fu pertanto necessario realizzare opere artificiali molto impegnative, quali le poderose sostruzioni che ancora oggi contengono il piano stradale e rafforzano la stabilità del costone roccioso. Esse sono ben conservate e visibili in più punti al di sotto della strada, tuttavia non sono accessibili per motivi di sicurezza. Le sostruzioni si sviluppavano per una lunghezza di circa 20 m, raggiungendo un'altezza massima di circa 30 m, sono formate da una muratura compatta, larga circa 2 m; la muratura è costituita nella facciata da blocchi di corniola locale, lavorati in parallelepipedi e disposti a secco in bassi filari orizzontali, mentre nella parte non a vista è formata da uno spesso strato di malta e scaglie di pietra, cementata saldamente con il retro dei blocchi di facciata lasciati allo stato grezzo: questo duplice muro, ulteriormente rafforzato da due contrafforti rastremati, era in grado di sostenere il riempimento di pietra e breccia che formava il piano stradale.
Coordinate geografiche: 43.653198 12.730389
Appena attraversata la galleria, sulla destra si vede un’antica chiesa (S. Maria delle Grazie) ricavata nella roccia e poco più avanti una imponente opera moderna, la diga realizzata per sfruttare il salto del fiume Candigliano, un affluente del Metauro, e produrre energia elettrica.
La diga, realizzata tra il 1919 e il 1922, ha un'altezza di 47 m; è ad arco-gravità, con raggio di 21 m. La sua base ha uno spessore di ben 16 m, il ciglio di 3 m. Ha creato un lago artificiale sul Candigliano per una lunghezza di circa 3 km. Al momento della costruzione il bacino aveva un volume di 2 milioni di metri cubi che, con il progressivo accumulo di materiale alluvionale, si è notevolmente ridotto. Nel 1981, liberando lo scarico di fondo, il lago è stato svuotato completamente per la manutenzione della diga che ospita un impianto per la produzione di energia idroelettrica realizzato nel 1951; il salto utile è di oltre 50 m.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 17.2.2.15 - Fossombrone e Fermignano: Impianto idroelettrico del Furlo)
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Furlo - Fossombrone
Si riparte in direzione Calmazzo. La strada è abbastanza larga, sempre in piano o lieve discesa fino al punto in cui si trova un cartello che indica una deviazione a sinistra per riprendere l’antica via Flaminia; la strada asfaltata ha qualche tratto in salita e dopo due km consente di raggiungere un sepolcreto.
Uno scavo eseguito a Calmazzo (Fossombrone) nel 1989 dall'Università di Urbino ha messo in luce per intero l'importante recinto sepolcrale della famiglia Cissonia, individuato grazie ai saggi effettuati in occasione della costruzione della chiesa parrocchiale. Si tratta di un'area rettangolare di circa 136 mq, delimitata da un cordolo di pietra accuratamente lavorato che formava la base per la recinzione vera e propria, costituita da lastre in pietra rette da cippetti a sommità arrotondata, decorati da bugne…
La parte monumentale del sepolcreto era costituita da due are marmoree iscritte, poste in origine su di un basamento a due gradini, di cui oggi poco rimane. Le due are, attualmente prive della cimasa, risultano dedicate rispettivamente a C. Cisso Festus e ai coniugi C. Cisso Zosymus e Cissonia Festa. La prima reca scolpiti nelle facce laterali del dado i simboli sacrali dell'urceus e della patera …
Nello spazio fra le are ed il lato Nord del recinto erano collocate tre tombe, una a cremazione e due ad inumazione …
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 22.9.6 Il recinto sepolcrale di Calmazzo )
Dopo la sosta nella frazione di Calmazzo, di cui si può approfittare per rifornirsi d’acqua in una fontanella pubblica, in una dozzina di minuti si arriva a Fossombrone avendo per alcuni tratti, sulla destra, i binari della dismessa ferrovia Fano Urbino e, poco più in là, il fiume Metauro. Per l’ex ferrovia è prevista la trasformazione in pista ciclabile, sulla base di un progetto approntato dall’Amministrazione provinciale e condiviso da quasi tutti i Comuni attraversati. È quindi possibile che nel giro di pochi anni il tragitto terminale (circa 25 km) della Scheggia – Fano possa essere compiuto su una strada dedicata specificamente alle biciclette.
Volendo visitare la città di Fossombrone si deve imboccare sulla sinistra la strada che, dopo un semaforo, porta al centro storico ed è caratterizzata da lunghi portici in entrambi i lati; in alternativa si segue la strada provinciale in direzione Fano; dopo poche centinaia di metri, nella periferia della città, oltrepassata una grande rotatoria, si incontra la località S. Martino del Piano, l’antica Forum Sempronii. Per capire perché la città antica non coincida con quella moderna bisogna tornare indietro nel tempo.
La caduta dell’impero romano (V sec. dopo Cristo) provocò profondi cambiamenti in tutti i campi; venuta meno la sicurezza garantita per secoli da una complessa organizzazione civile e militare, le varie comunità locali dovettero provvedere autonomamente a tutte le loro esigenze, in particolare quella della difesa. Furono abbandonati i luoghi troppo esposti alle frequenti invasioni barbariche e ci si rifugiò verso l’alto, dove era più facile controllare il territorio circostante e meglio resistere ad eventuali attacchi. E’ in questo senso emblematica proprio la sorte dell’antica Forum Sempronii, posta in pianura e attraversata da una via lungo la quale facilmente potevano arrivare anche gli invasori; gli scavi archeologici hanno portato alla luce quello che all’epoca, vista anche la sua superficie di circa 20 ettari, era il centro più importante della media valle del Metauro; il suo asse principale doveva coincidere con la via Flaminia, anche in questo tratto lastricata con pietra cavata dal Furlo.
Il nome della città contiene indicazioni relative alla sua nascita e alle funzioni principali ricoperte nel territorio: era infatti un luogo di mercato (forum), importante anche prima dell'epoca romana; sembra inoltre sicuro che nell'origine, o nella risistemazione urbanistica della città, abbia avuto un ruolo importante C. Sempronio Gracco, il famoso tribuno della plebe che con la sua riforma agraria (fine secondo secolo avanti Cristo) voleva distribuire ai cittadini romani nullatenenti le terre pubbliche detenute indebitamente dall’aristocrazia agraria.
Il sito archeologico si trova all’uscita della città, circa 700 m dopo una grande rotatoria; sulla destra si nota una piccola traversa indicata da un cartello giallo, ad di sopra del quale c’è un'edicola sacra dedicata alla Madonna. Imboccando questa stradina, che dopo qualche decina di metri curva a sinistra, si costeggia l’area di scavo che comprende anche, sulla destra, un’altra area recintata all’interno della quale si vedono i resti di un edificio termale, protetti da una copertura provvisoria. In alternativa, senza imboccare la stradina suddetta, a una ventina di metri più avanti lungo la strada principale e sempre sulla destra si trova l’imbocco ad un confortevole parcheggio ombreggiato da un paio di maestose querce. Durante la sosta si possono leggere i cartelli che riportano le principali informazioni su Forum Sempronii e si può osservare da una posizione più elevata quanto emerso dalle recenti campagne di scavo.
Fossombrone - Fano
Per l’antica via Flaminia Tavernelle ebbe una notevole importanza come luogo di sosta per i viaggiatori. La piccola zona archeologica si incontra sulla sinistra, all’altezza di una chiesa moderna a forma circolare che sorge proprio nell’area dell’antica taberna, come dimostrano anche i reperti visibili attraverso lastre di vetro posate sul pavimento dell’edificio religioso. In questo luogo gli antichi viandanti che percorrevano la via Flaminia sostarono per secoli, almeno fino a quando le mutate condizioni politiche, per la decadenza dell’impero romano, non convinsero gli abitanti a rifugiarsi sulle vicine colline per sfuggire alle frequenti incursioni barbariche.
Si superano in successione le frazioni di Calcinelli (Saltara), Lucrezia (Cartoceto), Cuccurano e Rosciano (Fano). Da notare che questo ultimo tratto del percorso è nella parte più antropizzata della vallata del Metauro, quindi il traffico a motore è abbastanza consistente nonostante la superstrada che corre parallela a qualche centinaia di metri in linea d'aria. Il nostro percorso termina nella città di Fano dove, giunta in vista dell’Adriatico, l'antica Flaminia continuava per una cinquantina di km fino a Rimini; in epoca antica la strada si manteneva in quota sulle colline costiere, in modo da evitare la pianura lungo il mare che era insicura e spesso paludosa. Il cosiddetto "Arco di Augusto", la grandiosa porta di accesso all'antica Fanum Fortunae, può benissimo rappresentare il traguardo da tagliare per degli escursionisti in bicicletta. Una sosta ristoratrice è il giusto premio per chi ha percorso con un mezzo moderno ed ecologico, in poche ore, lo stesso tragitto che in tempi lontani si poteva coprire in due o tre giorni, in maniera molto meno confortevole e non sempre in piena sicurezza.
Notizie storiche sulla città di Fano
La presenza umana nel territorio fanese risale all'epoca preistorica: il ritrovamento di selci e fondi di capanna sul colle di S. Biagio testimonia il popolamento della campagna fanese a partire dall'epoca neolitica. Nei pressi della foce del Fiume Metauro, lungo la via Flaminia e in posizione dominante sul mare, in epoca romana nacque un centro abitato. Il primitivo villaggio sviluppatosi intorno al "Fanum Fortunae", di cui resta traccia solo nel nome odierno della città, si trasformò progressivamente in una città. C.Giulio Cesare nel "De bello civili" ci informa che nel 49 a.C. fece presidiare da una coorte, tra le altre, anche "Fanum". Tra il 31 e il 28 a. C. l'imperatore Cesare Ottaviano Augusto dedusse sul posto la "Colonia Giulia Fanestris". La realtà archeologica è oggi testimone dello splendore della città almeno fino al VI secolo d.C.
La sorte che toccò a tutte le città dell'Impero con le invasioni barbariche non risparmiò neppure Fano che venne sottoposta agli incendi e alle distruzioni durante la guerra greco-gotica (535-553 d.C.). Abbracciata la nuova religione cristiana, che ebbe a Fano punti di riferimento nei Vescovi e Santi Paterniano (vescovo dal 302), Eusebio (vescovo dal 502), Fortunato (vescovo dal 597) e Orso (vescovo dal 625), la città si risollevò dalle distruzioni barbariche e godette di nuovo di pace e prosperità quando entrò a far parte della Pentapoli Marittima insieme con le città di Ancona, Senigallia, Pesaro e Rimini.
Alla fine del X secolo i Fanesi si resero finalmente indipendenti, giungendo ad avere il parlamento e i consoli. Con l'inizio del libero comune presero l'avvio le guerre municipali e le discordie tra le famiglie più in vista della città. Il matrimonio diplomatico di Guido II del Cassero e Orianna da Carignano nel 1291 non servì a calmare le lotte. Due cruenti episodi che interessarono le due famiglie fanesi vennero raccontati da Dante: nel 1298 il Marchese Azzo d'Este fece uccidere nel territorio padovano Jacopo Del Cassero (V canto del Purgatorio); i sicari di Malatestino Malatesta nel 1304 uccisero al largo di Cattolica Guido del Cassero e Angiolello da Carignano (XXVIII canto dell'Inferno).
Nel 1357 Galeotto Malatesta divenne vicario pontificio ottenendo così il governo di Fano: iniziò allora una nuova fase di vita della città che per centosette anni prosperò, si abbellì e si fortificò. Signori incontrastati del litorale adriatico, i Malatesta, nelle persone di Galeotto, Pandolfo III e Sigismondo, ampliarono l'impianto urbano della città, la arricchirono di fortificazioni e di edifici. L'assedio del 1463, operato dal Duca di Urbino Federico da Montefeltro, segnò la fine della dinastia malatestiana a Fano: fu l'avvento della cosiddetta "Libertas Ecclesiastica"che la città fu fermamente decisa a mantenere.
Le lotte intestine finirono per mettere la città nelle mani della oligarchia nobiliare, cosa che ebbe come aspetto positivo quello di favorire in città la fioritura delle lettere e delle arti. Nel corso del Seicento fu attiva l'Accademia degli Scomposti, l'Università Nolfi e si tennero molti spettacoli nel nuovo Teatro della Fortuna. Per più di due secoli Fano partecipò di momenti drammatici della storia italiana ed europea per risollevarsi poi al termine dell'ultimo conflitto bellico che le costò, tra le altre cose, la vandalica distruzione di torri e campanili ad opera delle truppe tedesche in ritirata.
(Cfr. www.lavalledelmetauro.org 18.8.2 Cenni storici su Fano)
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 16.08.2012
Ultima modifica: 25.05.2013
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