Itinerari
M. Paganuccio, da Torricella alla vetta (sentiero CAI n. 452)
M. PAGANUCCIO, DA TORRICELLA ALLA VETTA (sentiero CAI n. 452) (Comune di Fossombrone)
Tempo di percorrenza: h 5,00 (percorso a otto)
Lunghezza: 15 km
Dislivello: 710 m
Difficoltà: E
Ultima verifica dell'itinerario: 2023
Il versante sud del Monte Paganuccio è quello che degrada dolcemente fino al torrente Tarugo, affluente di destra del Metauro. Dal bellissimo borgo di Torricella si attraversano ex zone rurali e un po’ alla volta si entra nei grandi pascoli: inizialmente quelli ormai abbandonati, poi quelli dove ancora pascolano liberi cavalli e mucche.
Torricella si raggiunge da Fossombrone o da Pian di Rose (Sant’Ippolito) seguendo inizialmente le indicazioni per Isola di Fano e poi quelle per Pergola.
Partendo dal piccolo parcheggio della chiesa si sale tra le case in pietra, si fa una piccola sosta ad ammirare l’antico lavatoio e finite le case si entra in una strada di breccia appena sotto la torre diroccata. Andiamo a destra, in leggera discesa per circa 300 metri, fino al tornante all’esterno del quale ha inizio il sentiero. C’è un piccolo torrente da superare e pochi metri dopo occorre deviare a destra e iniziare subito a salire. Il sentiero è piuttosto stretto, con fondo sconnesso e ciottoloso e pochissime tregue alla ripida salita che per fortuna dura solo una ventina di minuti. Poco prima del crinale e della strada bianca che lo percorre, la vegetazione diviene cespugliosa e il terreno più arido. Alla strada andiamo a sinistra; si continua a salire ma senza particolare sforzo. Camminare su una strada non è come su un sentiero, ma questo sterrato non ci dispiacerà, integrato com’è nel paesaggio. Mentre la strada curva, un sentiero a sinistra taglia il tornante e possiamo seguirlo. Ritrovata la via principale uno stradello va a destra ma è l’accesso ad un campo per cui restiamo sulla carreggiata. La pendenza della salita si acuisce, ma dura poco, e quando spiana stiamo per passare attraverso un rimboschimento di cipressi con qualche cedro e persino degli abeti di Spagna. La salita ora è lieve, ginepri e ginestre ci accerchiano. Un’altra strada arriva da sinistra, uno stradello va a destra ma lo ignoriamo. Si rivedono alcune latifoglie ma è un alternarsi con arbusti e conifere in un contesto generalmente brullo. Ecco i ruderi di Cà Paganuccio, dopo di che ci troviamo ad un bivio: dobbiamo restare sulla nostra strada andando diritti mentre in alto a destra si scorgono per la prima volta lembi di praterie sommitali. Un cartello di confine della Riserva ci avvisa che stiamo per accedere all’area protetta. Ora ci sono più ginepri che ginestre, la strada piega a destra e querce, ornielli e carpini neri coraggiosi sembrano riuscire ad imporsi. Il panorama si amplia sempre più. La strada curva a sinistra ma è giunto il momento di lasciarla e prendiamo il sentiero che va a destra e resta sul crinale. Non ci sono più i campi in uso quassù ma campi di un tempo, o più probabilmente pascoli, ma abbandonati da decenni, che sono in questo caso diventati ginepraie in cui si assiste al lento ritorno del bosco: attorno a noi è infatti facile notare che tra i ginepri spuntano di tanto in tanto piccoli alberi che quegli stessi arbusti spinosi stanno proteggendo. Una breve rampa e riecco la strada, ma ci teniamo all’esterno del tornante e possiamo continuare a camminare sul sentiero. In seguito giungiamo ad un doppio bivio in sequenza: nel secondo ci sono una bacheca, un tavolo e delle panche. Si va a destra per riprendere a salire, ma è preferibile stare sopra la strada in una traccia che attraversa la rada ginepraia e ci porta al cospetto di un avvallamento dove si incrociano diversi stradelli. Teniamo la destra e inforchiamo la traccia che sale. Siamo in fondo alle praterie sommitali: gli arbusti si sono ormai diradati e compaiono cumuli di sassi. Incrociamo un’altra strada, la oltrepassiamo e andiamo ancora diritti. Superiamo una gobba del terreno ed ecco Pian Piccolo. La traccia è diventata una serie di solchi paralleli, sale ancora un pò e ci ritroviamo nel grande anfiteatro di Pian delle Gorghe. Teniamo la sinistra e poco più avanti, di fianco a tre vasche, una traccia sottile ma piuttosto marcata prosegue e sale al piano superiore. Si approda su una strada carrabile imbrecciata dove svoltiamo a sinistra, camminando fino alla sbarra: siamo al Passo del Lupo. Possiamo salire a sinistra, passare vicino ad altri abbeveratoi e intraprendere il cammino fino alla vetta, con la sua vecchia antenna che campeggia. La via del ritorno si sviluppa lungo il medesimo asse del cammino dell’andata ma con alcune varianti che permettono di non ricalcare l’intero percorso: ciò rende più interessante il rientro e meno impattante la nostra presenza in questi spazi aperti così fondamentali per la sopravvivenza quotidiana degli uccelli rapaci. Per cui ripartiamo piegando a destra per scendere in diagonale nel prato fino ad intercettare uno stradello in cui curviamo a sinistra per camminarvi fino al Passo del Lupo. Lo stradello compie una larga curva nel mezzo di un rimboschimento a pino nero e coperto com’è di erba, pianeggiante e ampio, ci regala una sensazione diversa da tutti gli altri ecosistemi che fin qui abbiamo incontrato e attraversato. Dal Passo del Lupo andiamo a ritroso sulle nostre stesse tracce fino a Pian delle Gorghe, quindi lungo la strada scendiamo a destra puntando il primo pianoro in basso, dove ci sono gli abbeveratoi già visti. Una volta arrivati, prima di accedere al secondo pianoro, il Pian Piccolo, eseguiamo un altro diversivo percorrendo la traccia del viottolo erboso che va a destra e si tiene al margine del pascolo, a mezza costa.
Un recinto da superare, una sbarra da passarci affianco e ritroviamo la strada bianca sulla quale camminiamo fino all’incrocio con la bacheca, e oltre, fino al secondo incrocio, dove stavolta andiamo a destra e scendiamo in una zona di calanchi. Una curva ci direziona nuovamente verso sud e quando notiamo la nostra stessa strada poco più a valle significa che possiamo tagliare scendendo la scarpata arida e scagliosa.
Appena ritrovata la strada svoltiamo a sinistra facendo una curva a gomito. Questa nuova stradina va in piano, qualche volta con le ginestre ai lati, altre con i resti dei ginepri bruciati, finché si entra in un vasto rimboschimento.
Si interrompono terrazzamenti e cipressi e al bivio scendiamo a destra per ritrovarci poco dopo ai ruderi di Cà Paganuccio. Da lì andiamo a ritroso rispetto all’andata ricordando di tenere la sinistra al bivio successivo e più tardi di scendere a destra per riprendere il sentiero che era stato una ripida salita e che ora sarà una discesa insidiosa nella quale fare attenzione.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 11.03.2024
Ultima modifica: 18.09.2024
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