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IL SENTIERO FRASSATI (sentiero CAI n. SF 250) (Comuni di Cagli, Frontone e Serra S.Abbondio) (Itinerari - ESCURS)
IL SENTIERO FRASSATI (sentiero CAI n. SF 250) (Comuni di Cagli, Frontone e Serra S.Abbondio)
Tempo di percorrenza (solo andata): h 2,5
Lunghezza: 22 km
Difficoltà: EE Dislivello: 1.400 m
Ultima verifica dell'itinerario: 2020
Il sentiero che il CAI ha dedicato in ogni regione italiana al Beato Frassati, nelle Marche attraversa tutto il versante nord-orientale del Monte Catria, congiungendo la città di Cagli al Monastero di Fonte Avellana. Più che un sentiero un viaggio, lungo e faticoso, ma estremamente emozionante e di grandissima soddisfazione per chi riesce a completarlo.
La partenza del Frassati è alle porte occidentali di Cagli, dove la vecchia strada Flaminia passa per la località di San Geronzio. Provenendo dal centro della cittadina che sorge alla confluenza di Bosso e Burano, trecento metri prima dell’antica chiesa, sulla sinistra, dietro ad una fila di case in costruzione, troviamo l’ingresso del percorso.
Il triste stato di abbandono del caseggiato affianco l’inizio del sentiero scompare dalla nostra mente entrando subito nel bosco di latifoglie, prima con uno stradello, poi con una stretta mulattiera che sale all’improvviso. L’arrivo su un vasto prato non ferma l’ascesa: si tratta di due campi di solito coltivati ai quali passiamo di lato tenendo la sinistra, fino ad arrivare nel punto in cui giunge una strada di ghiaia e, poco sotto, sulla destra, troviamo il cartello che indica la prosecuzione del Sentiero Frassati, La salita non demorde ma ora è ben camminabile, almeno fino ad un secco tornante che manda a destra e costringe a salire una pendenza impegnativa. I lecci iniziano a dominare la scena e sotto a molti di essi si prosegue anche quando spiana e anche quando riprende l’acclivio e sbuchiamo in una radura. Il panorama è già bello ma presto sarà ancora più grandioso. Dalla radura ancora salita ripida, ancora lecci ed eccoci sulla cresta che porta ad un vasto prato affacciato sulla valle del Bosso. Davanti a noi il crinale che ci aspetta e che si interrompe solo una volta con una conca erbosa affacciata sulla Piana di Maiano: per il resto è una serie di rampe con la traccia del sentiero non sempre evidente che si conclude in un’altra radura da attraversare e piegare a destra con un passaggio diritto e piano in una bella lecceta che precede l’approdo sulla sella del Campifobio. Una breve discesa, qualche cespuglio di prugnolo e siamo nei pascoli del Campifobio dove prendiamo il solco più alto che viaggia a mezza costa. Girato l’angolo occorre scendere 50 metri e seguire la traccia del sentiero che ora passa vicino al margine basso ancora con poca pendenza, anche quando incontra i lecci, vi passa in mezzo e conduce sulla forcella de I Vai. Ancora un po’ di discesa anche dopo questo punto in cui l’itinerario incrocia una strada carrabile. Dobbiamo andare oltre l’asfalto e scendere fino ad un abbeveratoio dove a destra troviamo un nuovo ingresso nel bosco. Ampi tornanti permettono di riprendere quota e collegarsi alla seconda parte (delle quattro parti) del percorso: la Valcanala. Ora il sentiero scende ma ci saranno diversi cambi di pendenza, fondo ciottoloso a volte, sentiero spesso piuttosto stretto e due fossi superabili in cengia e che quindi richiedono attenzione. Ci sono anche i danni dell’alluvione del settembre 2022 a complicare questo che è sicuramente il tratto più impervio della lunga giornata. Attorno il bosco è maturo, misto, a volte interrotto da coni detritici, non di rado con un sottobosco ricco di vegetazione tra cui spiccano tantissime piante di bislingua. Anche se la quota cambia di poco, eppure ad un certo punto ci ritroviamo in una faggeta, che ci dice di essere sicuramente rivolti a nord. Poi alcune zone aperte con la traccia ridotta ai minimi termini dall’erba alta, una lieve discesa ed ecco che ricomincia la salita vera che porta alla Fonte di Pian di Troscia. Segue una parte comoda e una terrazza panoramica fin quando il sentiero ritorna impegnativo salendo una sponda rocciosa che termina sui prati di Valpiana, dove possiamo trovare una fonte per ricaricare acqua. La piccola valle incorniciata dalle faggete e dominata dalla mole dell’Acuto rappresenta la metà del percorso. Dobbiamo quindi ripartire presto: con alle spalle il nostro arrivo va presa la strada di ghiaia andando a destra e dopo pochi minuti utilizzare il viottolo che scende a sinistra e porta all’impluvio sottostante dove invece teniamo la destra e camminiamo in leggera salita nel bosco. Quando ritroviamo uno spazio aperto e sulla sinistra, in alto, la casetta del rifugio Bocca della Valle, quello è il riferimento per trovare la deviazione indispensabile per proseguire. Vicino al rifugio il sentiero si addentra di nuovo nel bosco, che presto cambierà struttura e composizione: non più faggi ad alto fusto ma alberi più giovani, più piccoli, ma di numerose specie diverse, tra le quali spicca il tasso. Il sentiero è molto gradevole e i cambi di pendenza sono pochi. Un passaggio a mezza costa, appena fuori dalle chiome, porta ad un piccolo fosso dopo il quale ricambia il versante e ritornano a dominare i faggi. Sopra a noi la mole di Genga Aguzza ma all’incrocio successivo dobbiamo tirare diritti e scendere, per passare sopra Genga Capraia, in fondo ad un ripido ranco, su uno stradello antico come il muro in pietra che lo sostiene a valle. Un po’ di bosco e siamo sulla sella del Monte Schioppettino. Il Frassati gira a destra, ancora in discesa ma con scarso dislivello. Il prato, alberi radi e poi di nuovo il bosco e tante rocce coperte di muschio e fioriture primaverili di doronico. D’un tratto la pendenza cambia decisamente, si incrocia la pista per bici di Down Hill e facendo attenzione alle bici e ai segnavia si continua a scendere fino alla strada di servizio della cabinovia del Rifugio Cupa delle Cotaline. Sulla stradina ci dobbiamo camminare andando ancora verso il basso, fino ad un tornante che gira a sinistra: all’esterno di quella curva, sotto i cavi, il nostro sentiero ritrova la sua naturalità. Pochi minuti di calma e di nuovo discesa ripida, fino alla splendida radura alle pendici delle selvagge Balze della Porta, al termine del quale il sentiero si allarga, passiamo dal bivio col sentiero Flo, dal fosso del Cinisco stravolto dall’alluvione e arriviamo all’ultima importante deviazione che segna l’inizio della quarta e ultima parte dell’itinerario. Comincia qui anche l’ultima salita con cui attraversiamo il bosco della Mocicchiosa: in principio macigni di conglomerati, più in alto una vecchia faggeta ad alto fusto, poi un fontanile naturalizzato dai muschi e dalle felci. Siamo stanchi ma la bellezza del luogo aiuta. Quando il sentiero spiana occorre ancora prestare attenzione perché la traccia è stretta e il versante è ripido, ma si potrebbero già sentire suonare le campane del Monastero. Nel crinale successivo incrociamo il sentiero che sale in direzione Rocca Baiarda e vetta del Catria, mentre noi scendiamo per arrivare poco sopra la forcella della Forchetta dove un segnale ci direziona a destra e dopo alcuni stretti tornanti ci ritroviamo sulla strada d’asfalto che porta al nostro traguardo: la strada non va seguita, il sentiero prosegue oltre la carreggiata e taglia nel bosco, in modo da arrivare direttamente al parcheggio di Fonte Avellana e al bar dove adesso abbiamo tutti i motivi per festeggiare.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 18.12.2024
Ultima modifica: 18.12.2024
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