Opere specialistiche
TIPOLOGIA E DINAMICA DELLE SPIAGGE FANESI, di Umberto Guzzi
Versione digitale del lavoro: GUZZI U., 1998 - L'arretramento delle spiagge (pagg. 13-16). In: TOSI E.: La situazione ambientale del Comune di Fano. Ed. Ass. Naturalistica Argonauta, Fano (1)
Introduzione
Da decenni assistiamo ad un costante tentativo del mare di avanzare verso terra a scapito della duna costiera e delle opere che su di essa insistono. Da decenni si discute di cause e di rimedi, ma le evidenze vengono ignorate, e somme ingenti vengono impiegate per difese effimere e controproducenti, che peggiorano la situazione anziché risolverla.
L'Argonauta fin dagli anni settanta, col conforto di esperti del settore e di cittadini attenti e sensibili al problema, ha segnalato reiteratamente quali sarebbero dovuti essere i rimedi efficaci per porre fine alla distruzione delle coste.
Agli inizi degli anni ottanta uno studio commissionato dalle Regione Marche aveva finalmente fatto il punto della situazione, confermando con misure ed osservazioni scientifiche quanto noi, ed altri con noi, affermavamo sulle cause del dissesto in corso e sui provvedimenti indispensabili per ostacolarlo.
Purtroppo la Regione stessa disattese le raccomandazioni contenute nello studio citato e in altri successivi continuò, accelerò anzi, la corsa alle "scogliere", ottenendo i risultati che sono sotto gli occhi di tutti.
Le cause
Il mare può avanzare verso terra per cause naturali: costipamento del suolo, movimenti eustatici (abbassamento della terra emersa e sollevamento del livello del mare), variazioni climatiche, variazione della copertura vegetale dei bacini imbriferi, regime dei venti e delle correnti marine, ecc.).
Alcune delle cause naturali (come l'innalzamento del livello marino) possono essere attive ancor oggi, come lo furono nei millenni passati; tuttavia essendo tali fenomeni di entità così lieve da essere difficilmente quantificabili per intervalli dell'ordine del decennio, a maggior ragione gli effetti che ne risultano sono difficilmente percettibili nel breve periodo.
Meno delicate sono state invece le manipolazioni operate dall'uomo sul territorio. In particolare negli anni '6O e ''7O ingenti quantitativi di ghiaia sono stati asportati dal letto dei fiumi marchigiani, mentre gli alvei naturali sono stati "regolarizzati" con argini rettilinei ravvicinati e protezioni rigide di sponda.
Da un lato l'abbassamento del profilo longitudinale dei corsi d'acqua che ne è conseguito ha provocato e continua a provocare gravi dissesti nell'ambito dei rispettivi bacini (danneggiamento e crollo di ponti ed opere idrauliche, abbassamento di falde idriche, innesco di fenomeni erosivi e di frane); dall'altro la necessità di ricostituire il profilo di equilibrio ha costretto i fiumi a depositare lungo il percorso i ciottoli e le ghiaie che in condizioni normali venivano trascinati per rotolamento e saltazione fino alla foce.
E' noto che lungo le coste i sedimenti soggetti all'azione del moto ondoso sono tenuti in costante movimento dal flusso e riflusso. Nel caso delle coste marchigiane i moti ondosi più efficaci per la mobilizzazione delle ghiaie e sabbie litoranee sono quelli legati ai venti da Est-Sud-Est e da Est. Da ciò consegue uno spostamento di materiale lungo costa in direzione Nord-Ovest.
Una riprova di quanto affermato è offerta dall'accumulo di ghiaie e sabbie a Sud-Est dei moli dei porti di Fano e Pesaro, che interrompono il movimento di deriva, e dal forte arretramento della costa a Nord-Ovest degli stessi, accompagnato da brusca diminuzione della granulometria dei sedimenti.
E' intuibile che per mantenere in efficienza il "nastro trasportatore" litoraneo occorre una continua alimentazione dello stesso. Nei decenni passati vi provvedevano i fiumi, che protendevano in mare gli apparati di foce, da cui il mare stesso prelevava l'occorrente per il trasporto lungo costa. Attualmente i fiumi non sono più in grado di rimpiazzare i materiali che il mare ha via via asportato, come dimostrato confrontando la morfologia della linea di costa riportata sulle carte topografiche risalenti all'immediato dopoguerra con quella delle carte attuali.
In mancanza di nuovo apporto di materiale, 1'energia delle onde aggredisce a poco a poco l'apparato costiero per tutta la sua lunghezza, assottigliando le spiagge, scalzando ]a duna, mettendo in crisi i manufatti improvvidamente realizzati troppo vicino alla linea di battigia.
Si può osservare come il territorio nel suo complesso non sia un oggetto statico definito una volta per tutte, ma un complesso la cui conformazione morfologica è il risultato di un equilibrio dinamico fra un gran numero di agenti.
Fiume e spiaggia sono strettamente collegati ed ogni azione effettuata sull'entroterra produce effetti, positivi o negativi, sull'assetto costiero: ciò non può essere ignorato, a costo di danni e dissesti sempre più gravi.
Alcuni interventi, pur necessari, messi in atto per riparare ai danni causati nei rispettivi bacini dalla sovraescavazione di ghiaia in alveo, non contribuiscono certo ad attenuare l'erosione costiera in atto. Infatti le traverse, che proteggono i ponti dalla erosione risalente, rallentano ulteriormente la discesa verso il mare delle ghiaie necessarie per il ripascimento della spiaggia. Ancor più deleterio per la conservazione della spiaggia è l'effetto dei bacini artificiali, realizzati su alcuni dei fiumi principali, per uso idroelettrico, irriguo od idropotabile: le sabbie e le ghiaie vi trovano usualmente una barriera insormontabile.
Anche opere apparentemente ininfluenti quali le captazioni d'acqua delle sorgenti dei massicci carbonatici dell'Appennino, diminuendo la portata di fiumi e torrenti, contribuiscono a ridurne il trasporto solido.
I rimedi
A causa del deficit di materiali sopra accennato, l'energia del moto ondoso lungo costa, in condizioni indisturbate, avrebbe assottigliato gradualmente le spiagge della regione, senza dar luogo ad arretramenti vistosi e localizzati, salvo lo smantellamento degli apparati di foce del fiumi.
Per porre un freno al fenomeno, in questi ultimi 20 anni sono state posate parallelamente alla costa centinaia di scogliere foranee. Esse, ormai divenute elemento onnipresente del paesaggio, proteggono per qualche tempo il tratto di costa cui sono prospicienti, favorendo l'intrappolamento di materiale fine nel braccio di mare che viene a crearsi a fianco della spiaggia, ma interrompono localmente il trasporto lungo costa cui avevo prima accennato ed accelerano pertanto l'erosione del tratto di spiaggia non protetta immediatamente adiacente verso Nord.
Non è il caso che mi dilunghi sul peggioramento delle condizioni igieniche per la balneazione a causa dello scarso ricambio di acqua provocato dalle scogliere, nè su altri problemi ad esse connessi.
E' bene invece accennare al fatto che le scogliere non durano in eterno: esse sprofondano a poco a poco e per mantenerle efficienti è necessario l'apporto periodico di nuovi massi poichè il moto ondoso scalza le sabbie e ghiaie dei fondali su cui poggiano.
Infatti i flutti si spingono sulla spiaggia, e, nell'occasione delle mareggiate, anche fin sopra la duna costiera, trascinando con sé anche sabbia e ghiaia; esaurita la spinta, l'acqua regredisce per gravità, abbandonando talvolta su spiaggia e duna parte del materiale mobilizzato. Quando invece il flusso in andata incontra un ostacolo prima d'avere esaurito la spinta ricevuta (come avviene in presenza di una scogliera e, con effetti ancora più vistosi, nel caso di protezioni rigide costruite sulla riva), nel riflusso si esercitano sia la forza di gravità sia la residua energia di andata riflessa dall'ostacolo, sicché parte del materiale della spiaggia o del fondale prospiciente la barriera viene trasportata verso fondali più profondi.
Come anticipato all'inizio di questa nota, esiste la possibilità di proteggere il litorale marchigiano, ma la risoluzione, se vuole essere efficace e duratura, richiede determinazione e tempi lunghi. Si tratta infatti di ripristinare l'equilibrio manomesso dei bacini imbriferi ed in particolare degli alvei dei fiumi marchigiani. A tal proposito sarà necessario:
- eliminare ogni tipo di prelievo di materiali nell'alveo del fiume;
- favorire il by-pass delle dighe costruite lungo il percorso dei fiumi principali da parte del materiale solido trasportato dagli stessi;
- ripristinare nella loro ampiezza originaria gli alvei di piena dei fiumi aumentando la distanza fra gli argini;
- consentire ai fiumi di divagare, di esondare nell'occasione delle piene in aree idonee, di erodere liberamente le sponde ove non vengano compromessi manufatti di pubblico interesse.
Lungo la costa occorrerà:
- desistere dalla realizzazione di ulteriori scogliere foranee (non è necessario smantellarle, il mare vi sta provvedendo da solo) o radenti;
- bocciare progetti di nuovi moli o nuovi porti turistici, o il prolungamento di moli esistenti;
- solo per la difesa di opere di indubbio interesse pubblico, quale la ferrovia, può essere consentito, pur con la consapevolezza delle conseguenze che ne possono derivare, il rinforzo delle opere esistenti: meglio comunque sarebbe procedere a ripascimenti mirati direttamente lungo costa;
- un ultimo ed efficace provvedimento sarebbe quello di sacrificare all'erosione quei tratti di spiaggia che possano arretrare senza eccessivo danno per la collettività, meglio se scelti in corrispondenza con tratti di costa a falesia o rocciosa come fra Pesaro e Gabicce ed alla base del promontorio del Conero;
- altrettanto positivo sarebbe il divieto di realizzare qualsiasi nuovo insediamento, permanente o temporaneo, sopra il cordone dunare attuale, e la rimozione delle opere ivi realizzate negli anni passati, vuoi da privati in violazione dei piani regolatori e delle leggi esistenti (legge "Galasso" e precedenti) vuoi dalle pubbliche amministrazioni (strade, ecc.).
Prescindere da queste indicazioni, e da altre considerazioni e suggerimenti che lo spazio disponibile per questa nota mi costringe ad omettere, equivale a rendere più onerosi gli interventi di risanamento, ed infine sempre più gravi i danni per tutta la collettività quando diverrà economicamente e tecnicamente impossibile contrastare le leggi fisiche naturali.
NOTE
(1) Le immagini riportate (a parte una foto del 1928) si riferiscono a tratti di spiaggia in Comune di Fano esaminati periodicamente dal 1975 al 2010 in rapporto ai problemi sopra citati.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 01.03.2011
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