Carnevale, feste, tradizioni e lavoro
Malaria a Fano e a Isola di Fano (1800)
La malaria a Fano verso la metà del 1800
Scrive il Dott. Telesforo Tombari "Sulla mal'aria per alcuni stagni e paludi circostanti alla città di Fano" in un'articolo databile a circa metà '800:
"Per venire al concreto dirò, che tra Fano ed il fiume Metauro, alla direzione di sirocco, vicino alla spiaggia del mare, esistono da remotissimi tempi plaghe quasi continue di terreno con acque stagnanti di più o men basso fondo, che il nome di laghetti hanno sempre ritenuto. Quivi l'aria variando la sua temperatura e la sua igrometricità secondo una moltitudine di circostanze, e tenendo disciolti nel vapore acquoso diversi prodotti gazosi, ed eterogenee particelle, predispone a svariate malattie gli uomini, che sono astretti di respirarla. Ed invero quegli abitanti del ponte Metauro, e quelli del contado poco più o meno appresso alla marina, giammai si liberarono dalle febbri intermittenti, siccome avveniva in maggior copia al di là del fiume ridetto per terreni paludosi di proprietà della nobile casa Ferri e dell'ex appanaggio, i quali, in veggendo lo strazio, che per dette febbri si faceva dei miseri contadini, ne operarono in tempi trascorsi il disseccamento, e ne migliorarono assai la topica condizione di guisa, che oggi ad evidenza si provano i benefici effetti.
Altro fomite non lieve di fermento infezioso trovasi in un fosso vicino alle mura cittadine, dalla parte del mare, alla posizione di greco, il quale destinato essendo a ricevere le acque di spurgo della Città, condurle doveva nel canale del porto, per quindi sperderle nel mare. Confinando però questo fosso agli orti, la cupidigia degli ortolani volle trarre profitto dalle materie di deposito di quelle acque, ed essi disselciarono in massima parte il fondo, e di tal guisa, impedendo il libero corso, hanno creato delle pozzanghere, la cui fetida esalazione impedisce di passeggiare anche nelle vicinanze.
E qui giova l'avvertire, che mai da alcuno sin qui si è tolta cura d'impedire il disselciamento di questo fosso, e di restaurare il già guasto, perciocchè la mal'aria non solo è di nocumento ai circostanti abitatori, ma ancora ad un zona ben estesa della città, e precisamente a quella dalla parte del fosso ridetto, nella quale da pochi anni in qua le febbri di periodo sonosi a dismisura aumentate, mentre prima godeva della stessa proprietà dell'altra parte che guarda il monte in cui le dette febbri sono rare, anzi rarissime. Che i cittadini poi abbiano a risentire gli effetti sinistri del colpevole altrui operato, è vera crudeltà, e sarebbe molto desiderabile, per non dire doveroso, che l'autorità competente si desse pensiero a rimuovere la cagione infeziosa e promuovitrice degli accennati malori, onde ovviare ai lamenti pubblici e privati, pei quali null'altro si addimanda, che di volere mantenuto quanto dalla benefica natura per l'essenza della vita medesima ci venne concesso: cioè un'aria pura, la quale per opera insana degli uomini nella maggior parte ci è stata alterata, e resa insalubre.
Né mi si vorrà contrastare, che l'aria sia un elemento di prima necessità per tutti i viventi; e perché bene soddisfaccia ai propri usi, è d'uopo che sia pura, non mista a particelle ad essa eterogenee, che giungono a corromperla, ed a guastarla. L'influenza adunque delle diverse condizioni di quest'aria atmosferica è sommamente da valutarsi per la pubblica e privata sanità, perché esercitando un'azione diretta sul sangue, mediante l'atto della respirazione, lo manterrà nello stato sano se pura, lo vizierà se alterata. Nei luoghi paludosi impertanto, come sarebbero i citati laghetti, e per le acque stagnanti del ridetto fosso degli orti, non può non respirarsi, che un'aria eminentemente insalubre, ed introdurre quindi nell'organismo il fermento infezioso di cui si è impregnata, mediante che verrà impressa un'azione lenta e profonda nei solidi organici, sulla innervazione, sulle secrezione e sulla nutrizione.
A conferma di ciò, eccone le prove. Ben si conosce, che nelle paludi o grandi o piccole che siano, numerosissime piante hanno la loro vegetazione, ed in queste, come negli stagni, un gran numero d'insetti, d'infusori, di molluschi, e di rettili hanno vita e vi muoiono. Or dalla macerazione di queste piante, e dalla putrefazione delle materie animali risulta uno strato più o meno spesso assieme al fango, che forma il fondo della palude e dello stagno. Nel prosciugamento di questi, durante i calori, il fermento infezioso, o gli agenti patogenici della fermentazione putrida vegeto-animale si separano, e s'innalzano assieme al vapore dell'acqua, e sovratutto l'esalazione insalubre ha origine più perniciosa dalle numerose e profonde crepaccie, che si formano nell'estiva stagione dal disseccamento del suolo limaccioso.
E' fuor di dubbio adunque, che l'aria atmosferica contenga in sospensione queste emanazioni della materia organica in istato di putrefazione; che introdotta nell'organismo, viene assorbita dal sangue, e distribuita rapidamente per l'apparecchio circolatorio in tutte le di lui parti. Ma siccome dicemmo, che il prodotto risultante della fermentazione vegeto-animale delle paludi e degli stagni sia eminentemente putrescibile, così è pur forza di ammettere, che questo agente in contatto col sangue, liquido composto di organici principii facilmente putrescibili, siccome l'albumina e la fibrina, dovrà in fatto essere per primo alterato dal fermento paludoso, che con esso va circolando. Moltissimi medici scrittori hanno già provato all'evidenza, che le affezioni risultanti da questo miasma siano le febbri intermittenti semplici e perniciose nell'uomo, per cui credo, che sia superfluo parlarne più oltre, essendo ormai cosa notissima anche al volgo il più vile.
Conosciuta la cagione efficiente dell'alterato igienico pubblico andamento, facil cosa riesce porvi un fondamentale rimedio. Né io starò qui a progettare i lavori di prosciugamento dei laghetti, e la ristaurazione del fosso degli orti, onde libero corso abbiano le acque di spurgo; solo rammenterò quegli antichi proprietari della ridetta casa Ferri e dell'ex-appannaggio che con apposite lavorazioni devennero al disseccamento di quel fomite della mal'aria a solo beneficio dell'umanità, perché siano imitati da chi è in dovere di tutelare la pubblica igiene, ossia il mantenimento della salute".
Biblioteca Federiciana di Fano, Miscellanea Fanese, 5-u-II-23/9
La malaria a Isola di Fano (1810)
Memoria del Parroco di Isola di Fano Don Evangelista Sassi scritta nel 1810 e rivolta al Vice Prefetto di Pesaro:
"Il Sacerdote don Evangelista Sassi Parroco del Comune dell'Isola riunito di Sorbolongo Cantone di Fano per provedere alla salvezza di questa sua Popolazione espone e manifesta in questa memoria a Lei Sig. Viceprefetto che da parecchi anni questa Parocchia va soggetta alla fastidiosa epidemia delle febbri terzane quale annualmente reca gravissimo danno a quest'abitanti. Questo malore per sentimento e del medico locale e degli altri circonvicini viene prodotto e causato dall'infezione dell'aria proveniente dalla piantagione dei risi atteso che essendo questo un piccolo territorio situato in luogo bassissimo e per ogni verso attorniato da Monti, l'aria infetta e guasta dalle putrefazioni delle acque stagnanti nella state entro le risaie non avendo campo da purificarsi per la troppa ristrettezza del luogo va così infetta a riccadere a danno degli infelici abitanti. Che poi un tanto disastro venga originato dai risi, è più che chiaro, perché prima che si piantassero appena si aveva qui notizia della febbre terzana, tanta era la sua rarità. E per quanto può, dagli effetti ravisarsi la febbre che sin qui è stata terzana incomincia a prendere il carattere di maligna atteso che nell'anno scorso è stata micidiale di molto e tanto che non vi è memoria esserci stata in questa Parocchia tanti morti in ciascun anno adietro quanti stati ve ne sono nel 1809 e per giudizio dei medici, se quella prossima ventura estate anderà che Dio nol voglia, la stagione come quella dell'anno scorso vi sarà sicuramente a danno incalcolabile di questo comune, una micidilissima epidemia di febbri maligne. Per iscansare intanto un guaio si disastroso e si desolante, da questa Popolazione, il medesimo Parroco premuroso ch'egli è della salute de' suoi Parrocchiani, dessidera ed implora la provida vigilanza di Lei Viceprefetto acciò degnandosi di fare un serio riflesso su quanto il medesimo espone, colla più grande sincerità sulla situazione di questa Comune voglia efficacemente e del tutto interdire la piantagione dei Risi e tanto più che questa s'intendesi un sordo ma general malcontento e mormorio di questa Popolazione, potrebbe la ripiantagione dei risi essere la funesta cagione di qualche tumultuoso e funesto emergente in questa Parrocchia stata sempre sin qui tranquilla e pacifica ( ).
S.A.S.Fa., A.C., Tit. II, 1810, lettera prot. n.1262 del 14 marzo 1810
Dettaglio scheda
-
Data di redazione: 01.01.2001
Ultima modifica: 15.09.2012
Nessun documento correlato.