Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

Vaso da notte di ceramica

Ferro di cavallo

La stalla - generalità e sommario degli strumenti di lavoro e oggetti d'uso


La stalla occupava generalmente il lato più soleggiato al piano terreno della casa colonica; la parte opposta, quella più fresca, era occupata dalla cantina.
Nelle sere fredde d'inverno la stalla veniva usata anche come luogo d’incontro per le veglie, perché era l'unico ambiente della casa riscaldato uniformemente.
Nella stalla si trovava la greppia, la mangiatoia, una specie di canale in muratura per deporvi il foraggio, elevato rispetto al pavimento e addossato ad una parete. Era delimitata anteriormente da un tavolone di quercia alquanto spesso, tenuto fermo da traverse fissate al muro; il tavolone recava dei fori intervallati per legarvi le bestie.
La lettiera era il pavimento ricoperto da uno strato di strame per rendere più comodo il riposo delle bestie. Dalla parte opposta alla mangiatoia era situato él curiòl, il canale di scolo per le orine, che comunicava con l’esterno e in certi casi immetteva in una cisterna.
A fianco del canale di scolo si trovava un corridoio di passaggio.
L'angolo all'inizio della lettiera, in certe realtà, era recintato per tenervi il maiale o per ospitare uno o due vitelli; questi erano legati per il collo ad un guinzaglio che si fissava con un legnetto in un foro della mangiatoia. Nei poderi grandi la stalla aveva due lettiere e due mangiatoie, separate da un corridoio centrale delimitato da due corriòli. Questa infatti doveva ospitare fino a una quarantina di capi bovini disposti su due file: da una parte mucche e buoi da lavoro, dall’altra vitelle e vitelloni, più i vitellini da latte confinati nel mandriòl, un apposito recinto. Talvolta vi trovava posto anche un toro da monta.
Per il ricovero dei suini vi era una costruzione a parte, la porcilaia; in essa, a seconda dell’ampiezza del fondo, erano ospitati una o due scrofe, i maialini, i maiali da ingrasso, e certe volte anche un verro.

Gli attrezzi della stalla

Lungo il corridoio che solitamente si allargava in corrispondenza del sottoscala si trovavano gli attrezzi necessari al governo degli animali e l'occorrente per aggiogare le bestie da lavoro: i mastelli di legno, i secchi zincati per l'abbeverata, le forche di legno e i forconi di ferro per lo spostamento del foraggio e per la raccolta del letame, la carriola di legno col piano piatto per il trasporto del letame alla concimaia, i canestri a due manichi per il trasporto del foraggio prelevato dai pagliai o fresco dal campo durante l’estate, una granata di rami di sanguinello e una di mèliga per la pulizia del corridoio, il trinciaforaggi per preparare la trita, cioè il foraggio misto a paglia tagliato a pezzi, da versare nella mangiatoia con la crinella. Il volano della trinciaforaggi era munito di due manâr, lame o mannaie, ed era azionato a mano o per mezzo di un motore a scoppio.
Alla parete, appesi a dei chiodi o posti su delle mensole, erano sistemati i gioghi, le muraj, matasse di corda per le briglie, munite di morsi di ferro da fissare alle narici dei bovini da lavoro, la frusta, la scopa, lo spazzolone, e la stréa, la striglia, con lamine di ferro lisce e dentate alternate. La luma, la lanterna a petrolio, era appesa a una trave.

La rigovernatura

I lavori di rigovernatura del bestiame consistevano nella somministrazione della trita o del foraggio intero, costituito da fieno di lupinella, di erba medica e di trifoglio; durante la cimatura del granoturco si distribuiva questa parte dei gambi; quando il foraggio scarseggiava si utilizzava anche lo strame.
Mentre gli animali mangiavano, si procedeva alla loro igiene, strigliandoli accuratamente e spazzolandoli. Dopo la somministrazione del foraggio si procedeva all'abbeverata, che avveniva tramite secchi e mastelli, oppure conducendo gli animali direttamente alla sorgente o al mastello del pozzo.
Mentre gli animali mangiavano, l’addetto alla stalla si dedicava al rifacimento della lettiera con paglia nuova. El stabi, il letame, (v. latino stabulum) veniva caricato sulla carriola e trasportato sulla banchina, la concimaia, dove restava per almeno un anno a maturare.
Durante la rigovernatura i vitelli da latte venivano fatti uscire dai loro stalli per la poppata.

Il parto

Quando una mucca lanciava lunghi muggiti o tentava di ingropparne un'altra, per il contadino significava che essa era in calore (la bunì s'armòv) (1) ed era giunto il momento di accoppiarla col toro.
La data dell'evento veniva annotata con un carbone sopra la mangiatoia, in modo che all'approssimarsi del parto, nove mesi dopo, la mucca gravida potesse essere sorvegliata giorno e notte.
Al nono mese, dopo la rottura delle acque, all'esterno della natura, la vagina, comparivano gli zampetti anteriori del vitello. Il contadino introduceva il braccio all'interno della vagina per accertarsi che il vitello si trovasse nella giusta posizione; in caso contrario occorreva l’intervento del veterinario. Al comparire delle zampe queste erano legate insieme con una corda per estrarre il nascituro ed aiutare la madre durante le contrazioni.
Il momento più difficile era l'uscita della testa; poi il resto del corpo scivolava fuori senza problemi. Appena fuori, si procedeva al taglio del cordone ombelicale e si rinvigoriva il vitellino con spruzzi d'aceto sul muso; quindi il neonato veniva lasciato alle cure della madre che lo asciugava leccandolo a lungo. Dopo alcune ore la vacca espelleva completamente la placenta che veniva interrata per evitare che la mangiassero i cani.
Indi il neonato, che tentava di alzarsi sulle zampe malferme, veniva aiutato ad accostarsi alle mammelle della madre per la prima poppata di colostro. Dopo qualche giorno il latte era ormai candido e commestibile per tutti: tiepido, spumoso e fragrante lo si poteva mungere per farlo assaggiare ai ragazzi (v. Dante: "soave come latte appena munto").
Il vitello, ormai sicuro sulle zampe, cominciava a stimolare la lattazione con colpi di testa alla mammella, mentre la madre lo leccava amorevolmente. Se la mucca aveva tanto latte, con una parte si poteva preparare una gustosa zuppa col pane per i bambini o per una persona ammalata, oppure ricavarne del buon formaggio.

Il lavoro

Le mucche e i buoi per il lavoro di trazione erano aggiogati e bardati con le redini.
Per i viaggi al mulino e in generale per l'uscita sulla strada maestra agli animali veniva fatta indossare la coperta, un telo bianco con un occhiello per farvi passare la coda e due fettucce da legare sotto il collo; fra i trefoli delle corde venivano inseriti fili o fettucce rossi contro l'invidia.

Il mercato

Quando erano condotti al mercato per la vendita, i capi di bestiame erano sottoposti ad accurati preparativi. Erano innanzitutto sottoposti ad un’accurata lavatura, si tagliavano loro le unghie e si ungevano zoccoli e corna con grascia. Attorno alle corna venivano annodati i fiocchi, grossi e lunghi cordoni rossi e blu fatti con fili di lana inseriti in una corda centrale, in maniera che l'acquirente fosse maggiormente invogliato all’acquisto.
A un esperto bastava un colpo d'occhio per stabilire l'età dell’animale: se il bianco, partendo dalla base del corno, era arrivato vicino alla cima, era segno che la bestia aveva dieci o quindici anni di età. In ogni caso, prima della chiusura del contratto, l'acquirente apriva la bocca all'animale per osservare la sua dentatura e stabilirne l'età con maggiore precisione. Veniva anche valutato l'aspetto complessivo e, particolarmente, i quarti posteriori, la giogaia e le corna che dovevano presentare la curvatura e la simmetria caratteristiche della razza romagnola.
Le trattative per la vendita e per l'acquisto venivano condotte dal fattore del podere o da un sansâl, un sensale, che suggellava il contratto allacciando le destre dei due contraenti, quasi sempre restii e titubanti fino all’ultimo.
E non era ancora detta l'ultima parola: l'animale veniva fatto camminare, e se l'andatura non era perfetta, il compratore poteva armagnâ quaìcò in tla caminata (pretendere una detrazione sul prezzo convenuto).
Per gli animali adulti il contratto diventava esecutivo solo dopo che erano trascorsi gli “otto giorni della salute": se il soggetto in questo periodo manifestava qualche segnale di malattia, il compratore poteva chiedere I'annullamento dell’accordo.
L’esposizione del bestiame in vendita avveniva nei centri urbani in un luogo destinato allo scambio, il foro boario. In esso si contrattava la vendita dei bovini, suini, ovini e animali di bassa corte.
Ai cavalli e agli asini erano riservati mercati a parte; rinomate erano le fiere degli asini di Urbania e di Cingoli.
A Fano, come in ogni altro centro di una certa importanza, oltre alle fiere distribuite in determinati giorni dell’anno, ogni sabato si effettuava il mercato di merci e bestiame, dove si potevano acquistare i vari prodotti per l'agricoltura.

NOTE
(1) Bunì era il nome dato alla vacca aggiogata alla destra del timone del carro; l’altra era chiamata biò.

SOMMARIO DEGLI STRUMENTI DI LAVORO E OGGETTI D'USO NELLA STALLA
Ferro di cavallo
Giogo
Immagine di S. Antonio Abate
Morso per buoi
Museruola per buoi
Raschiatoio per cavalli
Tenaglia da maniscalco
Trincia barbabietole
Trincia foraggio


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2001
    Ultima modifica: 28.02.2012

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