Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

Il vetturino

Lo stagnino

Lo spranghino


Quando si viveva senza fretta, mangiando si faceva “a cica”, e si metteva in pratica il proverbio che dice: “la roba vecchia se buta dop un an che pusa”, vale a dire si teneva tutto un po’ più (dacont) di conto, non c’era il desiderio (e la possibilità) di comperare spesso il nuovo e buttare l’usato, i vestiti “s’arcunciaven e ce se metteva le pes”; “le pignat, ‘j’orc de tera cotta roti se spranghèven; in ti bug del calder ce se meteva le broch”, insomma tutti gli oggetti si riparavano più volte (almeno per la stragrande maggioranza della popolazione) fino a quando era possibile.
Tutti gli artigiani lavoravano più a riparare che a costruire oggetti nuovi. Lo spranghino era un artigiano ambulante “tuttofare” che passava periodicamente per le strade con il suo carretto a mano fornito degli attrezzi del mestiere. Sprangava orci, pignatte, vasi; riparava i caldai, gli ombrelli, gli scaldini di coccio, i lumi a petrolio, ecc.
Si annunciava da solo. Lo si udiva lontano “Spranghino…!!!” era anche l’uomo delle notizie: sapeva “vita e miracoli” delle famiglie che frequentava; ascoltava e ripeteva, arricchendo con la sua fantasia, aggiustava tutto anche le notizie meno belle. Era contento di far contenti gli altri.
Il suo passaggio portava e lasciava buonumore e allegria.
La roba vecchia, gli attrezzi per ripararla e il carrettino costituivano il mondo dei suoi interessi; senza forse anche lui avrà sognato cose belle e meravigliose, ma senza farsi accorgere, né il suo lento andare sollevava la polvere che infastidisce la gente.

(Da: "La vecchia Fano", AMADUZZI 1981)


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 05.02.2005
    Ultima modifica: 06.02.2005

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