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Organi storici nella bassa e media valle del Metauro


Risale al 1939, con la legge 1089, l'introduzione del concetto di tutela dei Beni Culturali anche in Italia. Anche se in un primo periodo l'interesse è stato rivolto principalmente alle Arti figurative ed architettoniche, nel corso degli ultimi decenni si sono visti intensificare gli interventi dell'amministrazione statale anche verso la tutela degli organi storici presenti in grande misura nel nostro Paese.

Contemporaneamente la nascita e l'evoluzione di una corretta metodologia d'indagine storico-filologica, condotta sul patrimonio organario – che prende appunto il nome di organaria – ha favorito la credibilità e la valenza degli interventi di restauro che, nel considerare necessariamente l'organo quale strumento – cioè mezzo - musicale, non di rado impongono scelte rischiose per l'integrità dello strumento stesso, se non condotte con adeguata competenza.

Tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli anni '80 le tematiche della ricerca organaria si sono sviluppate anche nella Regione Marche. All'istituzione di una Associazione Organistica Marchigiana e successivamente di un Istituto Marchigiano di Studi Organari è coinciso l'interesse ad un sistematico inventario del patrimonio organario del territorio da parte dell'Amministrazione regionale. Nel 1985 ha dunque preso avvio la ricerca denominata "Individuazione, inventariazione e documentazione degli organi antichi delle Marche sino ai primi del 1900", finanziata dalla Regione Marche che, a tutt'oggi, non trova corrispondenza in nessuna altra Regione italiana. Ben prossima alla conclusione, l'indagine ha riportato alla luce l'entità e il pregio di un enorme patrimonio, stimato con buona approssimazione intorno ai 750 strumenti storici.

Di un approfondito studio analitico di tutto il materiale dell'inventario è prematuro parlare, ma i dati che si evincono già da una lettura superficiale parlano di informazioni estremamente interessanti ed inedite. Colpisce innanzitutto la generalizzata integrità degli strumenti, specie nei paesi dell'entroterra, dove non di rado gli strumenti non sono più stati modificati dopo la loro costruzione. Altro dato di particolare interesse è quello che ha consentito di annotare tra gli autori di buona parte degli strumenti superstiti, molti artigiani locali, tanto da poter parlare con fondatezza di una scuola organaria marchigiana, tesi che contrasta le precedenti teorie che vedevano le Marche "invase" da strumenti di scuola veneta o romana.

Accanto a questi ed altri dati di carattere tecnico, la ricerca ha consentito di verificare in ogni paese, anche e soprattutto nelle più piccole frazioni del nostro territorio, l'interesse, il rispetto ed anzi l'orgoglio che la popolazione prova verso i preziosi strumenti ospitati nelle loro chiese.

Tali comportamenti, oltre ad aver in più casi garantito l'integrità degli strumenti, ne costituiscono il migliore presupposto al loro recupero filologico.

Molti sono dunque gli strumenti restaurati. Va riconosciuto ancora alla Regione Marche il continuo impegno economico nel finanziare una buona percentuale delle spese di restauro. Grazie a questo contributo negli ultimi 20 anni sono stati restaurati circa 70 strumenti, molti dei quali utilizzati, oltre che per la liturgia, per meritoria attività concertistica.

Si è pertanto ritenuto opportuno contemplare anche gli organi storici tra i Beni Culturali di questo territorio.

E' dunque possibile consultare l'elenco dei 43 strumenti dei 16 comuni con le indicazioni sull'autore e l'eventuale restauro ed un dettagliato elenco delle pubblicazioni sull'argomento.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2000
    Ultima modifica: 16.08.2005

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