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Pesca con il cogollo o bertovello

Pesca con il ferro per calcinelli

Pesca con la vongolara


La vongolara attuale è un'imbarcazione provvista di un attrezzo detto draga idraulica o turbosoffiante il quale, durante il suo avanzamento, penetra nel fondo marino (sabbioso o fangoso) per poi raccogliere tutti gli organismi presenti nel substrato. L'attrezzo si presenta come un parallelepipedo di ferro provvisto di una griglia metallica con una distanza tra i tondini non inferiore a 12 mm, per trattenere i molluschi catturati. La struttura è dotata di una pompa idraulica che invia un getto forzato d'acqua mediante un tubo sino al sistema di cattura: verranno così espulsi sabbia e fango raccolti durante l'avanzamento, mentre rimarranno intrappolati nella griglia solo i molluschi.
La draga idraulica è attualmente (2007) l'attrezzo più diffuso per la pesca dei molluschi (vongole e specie simili), in particolare nell'alto e medio Adriatico; per questa pesca si utilizzano barche con tonnellaggio variabile tra le 10 e le 15 tonnellate di stazza lorda.

Nel passato la pesca delle vongole veniva effettuata sempre usando l'imbarcazione detta vongolara (in dialetto fanese "purasara", italianizzato in porazzara), ma con un attrezzo e un metodo diverso da quello attuale; una descrizione di questo tipo di pesca si può leggere in uno scritto del 1911 (1).
" Le porazze, dette còncole o còcciole in una parte del litorale del medio adriatico, sono comuni nei fondi della marina fanese, e se ne fa una pesca abbastanza abbondante, perché, oltre la ricerca presso la riva, è in uso a Fano un modo speciale di pesca, che si esercita alla profondità di circa 10-12 metri, con apposito istrumento e coll'ausilio di barche.
L'arnese che serve alla pesca delle porazze, denominato in dialetto porazzara, pure riavvicinandosi al ferro dei calcinelli, per la funzione che deve compiere, cioè di agire come un enorme cucchiaio, per raccogliere l'arena sul fondo marino, se ne differenzia però nella sua conformazione e nelle dimensioni.
Il fondo di questo istrumento ha anche esso una forma quasi semicircolare, la quale si svolge con più regolarità, essendo limitato, invece che da rozzi bastoni ricurvi, da una solida verga di ferro, sulla quale si inseriscono 5 regoli, pure di ferro, che servono per dargli maggiore consistenza.
L'armatura è formata di tre robuste travi quadrate, di circa 10 cm di lato, delle quali le anteriori, disposte a triangolo isoscele, vanno ad unirsi alle estremità della sbarra di ferro, che forma la circonferenza del fondo, delimitando in avanti lo spazio in cui deve essere collegato il coltello, destinato a tagliare l'arena, il quale ha la lunghezza di circa m 1.80 e la larghezza di quasi 15 cm e, come quello del ferro dei calcinelli, è disposto con una inclinazione di circa 15°.
Le due travi suddette sono riunite al fondo anche da due pertiche di legno, che si staccano da esse verso la loro metà.
Il terzo trave, che forma l'armatura della porazzara, si unisce inferiormente alla circonferenza del fondo, nel punto di inserzione del regolo centrale, e superiormente si attacca ad una forte antenna, della lunghezza di circa 12 metri, la quale va ad inserirsi, per mezzo di avvitatura a dado, ad una quarta trave, disposta in senso trasversale, in corrispondenza del terzo dell'altezza delle due travi anteriori, alle quali è unita in modo permanente, con due grossi chiodi per parte, fortemente ribaditi. Questa trave serve inoltre a rendere più omogenea la resistenza della parte anteriore del fondo (quella che durante la pesca deve esercitare il maggiore sforzo), essendo ad essa congiunta da cinque regoli di ferro, che vanno ad unirsi al fondo, in corrispondenza degli altri cinque su menzionati.
L'antenna serve per calare l'istrumento alla profondità necessaria, durante la pesca, e per poterlo manovrare.
Il fondo della porazzara, come quello del ferro dei calcinelli, è provveduto di una robustissima rete di cordicella ritorta, le cui maglie hanno una superficie di 11-12 mm, e ad essa fa seguito una rete sussidiaria, dell'altezza di 35-40 cm, che è attaccata ad un regolo di ferro, il quale ha una disposizione omologa a quella della circonferenza del fondo, ed è fermato ai tre travi principali della armatura.
[…]
La superficie complessiva del fondo dell'istrumento è di circa 2 metri quadrati, od il peso totale, senza l'antenna, che ha lunghezze variabili da 10 a 14 metri, è di circa 4-5 quintali. Anche esso porta alle estremità delle travi, che delimitano la lunghezza del coltello, due robuste funi di lunghezza variabile, le quali, nell'esercizio della pesca, hanno, come vedremo in appresso, lo stesso ufficio delle funi del ferro dei calcinelli.
La pesca delle porazze, pure essendo basata sullo stesso principio praticato per prendere i calcinelli, ne differenzia però per il modo con il quale si esercita.
Premettendo che è necessario il sussidio di una barca, dirò che questa, caricato l'istrumento completo ed apposito corredo di funi, si reca al largo, fino che non raggiunge la profondità voluta. Trovato il luogo adatto gitta l'ancora, alla quale è unita una fune che si dispone in senso verticale, per effetto di una piccola boa, che rimane a segnare il punto in cui l'ancora stessa è affondata. La barca, dalla via di poppa, è unita all'ancora con una fune del diametro di 25-30 fino a 40 mm e della lunghezza da metri 120 a 200. Questa fune è mollata per mezzo di un martinetto che trovasi a poppa.
Quando la fune ha raggiunto un certo grado di tensione, allora dalla barca viene calato a mare l'istrumento per mezzo della sua antenna, mollando lentamente le funi che lo riuniscono a poppa. L'azione, esercitata dall'istrumento, di tagliare il fondo marino, per caricare il fondo dell'istrurnento di arena, nella quale si trovano le porazze, è corrispondente a quella che compie il pescatore di calcinelli, quando dà il colpo, tirandosi bruscamente indietro.
Qui l'operazione si effettua per mezzo di due paranchi, situati a prua e riuniti all'istrumento, i quali fanno l'ufficio della cinghia che porta l'uomo nella pesca dei calcinelli.
[…]
Allo scopo di evitare che l'istrumento possa ripetere i colpi nello stesso luogo, il che succederebbe facilmente, massime di notte, si ricorre all'opera della fune e dell'ancora fissata con apposito segnale, pescando alla distanza di tutta la corda e facendo seguire, ad ogni colpo dell'istrumento, uno spostamento della barca verso destra o sinistra, in modo da percorrere tutta la circonferenza di cui la fune, che unisce la barca all'ancora, rappresenta il raggio.
Compiuto un intero giro la barca salpa l'ancora e le funi e, se ha fatto buona presa, torna a riva, se no, sceglie un'altra località per ripetere le operazioni su accennate.
Come sopra ho detto, questa pesca si esercita anche di notte, durante il plenilunio.
Essa ha luogo da novembre a maggio, e la barca porta fino a 6 uomini di equipaggio, il che è richiesto dalle manovre del martinetto e dei paranchi.
Se le condizioni sono favorevoli, si possono prendere fino a 5 quintali al giorno di porazze.
Nella marina di Fano sono 10 gli strumenti per esercitare questo genere di pesca, con 10 barche ed un equipaggio complessivo di poco più che 50 uomini.
La pesca è, in genere, abbastanza abbondante, ma il prezzo esiguo che se ne ricava, riduce il guadagno di coloro che vi si dedicano alla media di quelli che derivano dall'esercizio degli altri sistemi di pesca; tanto più che, insieme alle porazze, vengono spesso presi anche garagoli e grancelle, di cui i primi hanno un valore assai basso e le seconde non ne hanno alcuno, poichè, in genere, vengono dai pescatori rigettate in mare.
Il prodotto viene esitato per l'intermediario del pescivendolo: e le porazze che si vendono direttamente sono quelle che si pescano col ferro dei calcinelli, le quali però si riducono a ben poca cose.
Le porazze hanno, sul mercato locale, il prezzo di vendita di circa 20 centesimi al chilogrammo, ma per i pescatori esse rappresentano un profittto di L. 1-15 il quintale. Quindi calcolando che i 10 battelli, nei mesi di esercizio possano pescare proficuamente 160 giornate (il che risponde alla media generale, che limita a Fano la durata del lavoro pescareccio a circa 240 giorni all'anno), ottenendo un prodotto giornaliero di circa 15 quintali complessivamente, si avrebbe , come risultato totale di questa pesca, una produzione media annuale di quintali 24000 circa per il valore di quasi L. 35.000; il che si può ritenere corrispondente al vero."

NOTE
(1) FERRETTI U., 1911 - L'industria della pesca nella marina di Fano.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2001
    Ultima modifica: 04.01.2012

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