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Pane di ghianda


Ricorda l'ex sindaco di Macerata Feltria Mario Martini che suo padre gli raccontava spesso come fossero difficili le condizioni di vita delle popolazioni contadine tra la fine dell'800 e gli inizi del 900. Allora quasi tutte le famiglie mangiavano pane di ghianda o di polenta (pinze). Erano i tempi in cui era molto diffusa la pellagra, una avitaminosi del gruppo B, cioè mancanza di vitamina PP, dovuta al fatto che il regime alimentare era basato prevalentemente sulla polenta, scondita per di più, e le conseguenze potevano essere manifestazioni dermatologiche, intestinali, con il rischio della depressione psichica, pazzia e suicidio.
Allora, dicevamo, si mangiava pane di ghianda e di polenta: un panino a forma di maritozzo più appuntito. In rare occasioni si mangiava pane di farina di grano: roba da signori, roba da città!
Erano i tempi in cui a Isola del Piano - racconta Amelio Balducci - la famiglia Lucchetti, una famiglia di grossi proprietari terrieri del posto, il giorno di Pasqua regalava a tutti gli abitanti del Comune una fetta di pane preparato con farina di grano. Le condizioni economiche delle popolazioni contadine migliorarono negli anni successivi. Lo stesso Balducci racconta che dai primi anni del 1900 fino agli anni venti, un'altra famiglia di proprietari terrieri, quella dei Bartolini, per la festa dei Santi regalava a tutte le famiglie un litro di vino e a quelle più povere un litro di olio d'oliva.
Raccontava il vecchio Martini che lui a quei tempi poteva considerarsi uno dei ragazzi più fortunati in quanto appartenendo ad una famiglia di coltivatori diretti poteva disporre di grano e quindi di pane bianco. Racconta ancora Mario Martini: ogni coltivatore diretto o mezzadro aveva delle pecore alle quali solitamente badavano i figli più piccoli e a lui toccò per molto tempo di fare il guardiano agli ovini di casa. Allora non c'erano i recinti che delimitavano la proprietà e per evitare danni alle coltivazioni altrui i pastorelli erano costretti a correre tutto il giorno. Ebbene - racconta sempre il vecchio Martini - lui faceva correre i ragazzi delle altre famiglie di mezzadri ai quali per ricompensa regalava una fetta di pane di grano che questi, avidamente, mangiavano come companatico con la pinza di ghianda o di polenta.

Le ghiande venivano cotte per un'intera giornata in un grosso bidone con acqua.
Si facevano asciugare e quindi si portavano a sfarinare nei vecchi mulini ad acqua.
Le donne poi le stacciavano e con la parte più fina preparavano (con acqua e sale) le "pinze", che si facevano cuocere nel forno a legna.

A Carignano di Fano e nella campagna circostante - riferisce la signora Enrica Torriani, ultrasettantenne - fino a 50-60 anni fa, si preparava ancora pane con farina di grano "mista" a farina di fava e d'orzo e il "pan de ravgiol" cioè pane fatto con il sottoprodotto che si ottiene setacciando la farina di cereali.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 01.04.2005

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