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Il pozzaiolo


Fino a non molti anni fa, cioè prima che si iniziasse ad usare la trivella meccanica, il pozzo si costruiva con la forza delle braccia.
“El pusarol” tracciava sul terreno prescelto un cerchio e poi iniziava a scavare usando vanga, piccone, badile, secchio.
Il lavoro di escavazione del pozzo era eseguito almeno da due persone: una dentro e una fuori; ogni tanto si davano il cambio, perché all’interno il lavoro era molto più faticoso, anche per l’insufficiente aerazione. All’esterno venivano montate due coppie di pali incrociati, l’una opposta all’altra; sull’incrocio era fissata l’asta metallica infilata dentro “el nasp” (argano), il quale girando in un senso o in quello opposto avvolgeva o svolgeva la fune che portava all’esterno il secchio con il terriccio scavato sul fondo.
Ad una profondità stabilita dai “pusarol”, variabile a seconda della natura del terreno, smettevano di scavare, “un pusarol” diventava muratore, per costruire la “camicia” del pozzo con mattoni murati “per curtel” attorno allo scavo, che approfondendo andava progressivamente restringendosi.
Poi riprendevano a scavare e ad un certo punto costruivano un altro tratto di “camicia” e così fino a trovare l’acqua.
Verso il fondo, fra un mattone ed un altro, lasciavano uno spazio vuoto per fare entrare l’acqua delle vene meno profonde.
Il lavoro più difficile e faticoso era quello che si doveva sostenere in presenza dell’acqua. Non c’erano allora le idrovore, ma solo i secchi e l’argano.
Quando constatavano di avere trovato delle buone “vene” d’acqua il pozzo si poteva dire finito. All’esterno costruivano un piccolo casotto in muratura poco più ampio del pozzo lasciando lo spazio per uno sportello all’altezza di un metro dal suolo. Al centro, fissata ad una trave, ponevano la carrucola sulla quale doveva scorrere la fune per attingere acqua con il secchio.

Da: "La vecchia Fano", AMADUZZI, 1981


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 30.01.2005
    Ultima modifica: 31.01.2005

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