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La strada preistorica di Molleone e i bronzi di Coltone


La strada preistorica di Molleone e i bronzi di Coltone (o Coltona) (1)

(Da scheda pdf pubblicata in www.italianostra.org) (....) La strada di Molleone è l’antica via che collegava Fossombrone a Cagli in età preistorica e protostorica, prima che i Romani rendessero praticabile il Passo del Furlo lungo il tracciato della via Flaminia nel 220 avanti Cristo, e prima del “forulum” che secondo altri studiosi era stato praticato dagli Umbri.
Ne sono una testimonianza tangibile i reperti bronzei del Tarugo e di Coltone (VI e IV secolo a.C.) rinvenuti lungo questo tratturo che passava per la valletta dove ora c’è Isola di Fano e poi saliva per Molleone e quindi a Cagli si innestava alla ramificata pista protostorica (Francesco Vittorio Lombardi, Origine e significato del nome Catria, Urbania, 2003, p. 6).
Siamo in presenza di un lembo di territorio di eccezionale valore storico-ambientale, preservato da interventi antropici e tuttora individuabile nell’assetto e con la facies con cui era visibile dalle popolazioni protostoriche picene e umbre, e prima ancora da quelle preistoriche che hanno lasciato gran numero di selci lavorate.
Secondo Lombardi è proprio in questo tratto che ricompare più ravvicinata la doppia catena sinuosa del Catria con la caratteristica forma a sella (etra - edra), da cui discende il suo nome, indicante la parte più alta della montagna, cioè la Cathedra, trasformatasi gradatamente in Cathrida e quindi in Catria, secondo l’uso dei popoli antichi di dare i nomi ai luoghi per similitudine con una caratteristica molto pronunciata dell’ambiente naturale.
Questo arcaico passaggio fu per secoli di straordinaria importanza, perché percorrendo la valletta del Tarugo e risalendo verso Molleone era possibile aggirare lo sbarramento naturale del Furlo, e certamente lo usarono i Bizantini durante la guerra greco-gotica, quando i Goti presidiavano Petra Pertusa, rendendo inaccessibile il passo lungo la Flaminia. (....)
In coerenza con il carattere essenzialmente non urbano della civiltà picena i luoghi di culto si trovavano spesso al di fuori dagli abitati e dai sepolcreti , spesso posti sulle sponde di fiumi o torrenti come a Isola di Fano, o in corrispondenza di sorgenti come a Coltone (o Coltona), a breve distanza dalla Chiesa di Sant’Angelo in Maiano, dove nel 1885 furono rinvenute nove statuette in bronzo umbro-picene e quattro pezzi di tipo etrusco-ellenizzante, due dei quali purtroppo perduti, databili fra il VI e il IV secolo a.C. e conservati nel Museo Archeologico Nazionale di Ancona.

I bronzetti di Coltone sono stati esposti alla mostra "I Piceni, Popolo d’Europa", che ha evidenziato i rapporti insospettabili fra le popolazioni dell’area del Meno e quelle della fascia adriatica, grazie al ritrovamento del “Principe di Glauberg”, vicino a Francoforte, assimilabile ai manufatti piceni del VI secolo a.C., in particolare al “guerriero di Capestrano”.
Il deposito votivo di Coltone che comprende nove bronzetti raffiguranti Marte in assetto di guerra e una divinità combattente dal corpo longilineo e acconciatura etrusca, risentono, come quelli del Tarugo, della forte spinta colonizzatrice umbra in tutta l’area che poi sarebbe divenuto l’Ager Gallicus e degli intensi contatti con l’Etruria, soprattutto volsiniese e chiusina, e per questo sono riconducibili ad ambito umbro-piceno (Franchi Dell’Orto, Piceni. Popolo d’Europa, Roma, 1999, pp. 86-90 e 233-238) forgiati in una fonderia locale. La serie dei bronzi di Coltone si conclude con due splendide teste galeate, una di Minerva (Testa di Cagli) e l’altra di guerriero, che Gabriele Baldelli ritiene o bottino di guerra o frutto di una committenza raffinata, forse modellate in ateliers etruschi fra Perugia e Falerii nel IV secolo a.C. (G. Baldelli, L’arte pre-protostorica, in Arte e cultura nella provincia di Pesaro e Urbino, Vicenza, 1987, p. 10). La stipe votiva di Coltona era localizzata probabilmente nel punto di passaggio obbligato fra abitato e necropoli come fanno supporre i dati archeologici di altri più noti centri piceni nelle Marche, e riferibile ad un abitato che sorgeva secondo la tipologia degli insediamenti preromani e romani posti sui terrazzi fluviali di fondovalle o lungo le strade che risalivano le vallate, mentre sui crinali vi erano, al più, fattorie isolate o piccoli villaggi.

Furono le vicende della guerra greco-gotica (535-553) a determinare nel VI secolo d.C. lo spostamento dei centri abitati sulla cima di alture, poste lungo i crinali, più facilmente difendibili dagli assalti degli eserciti nemici. (Dall’Aglio, La scoperta di Suasa, in Archeologia Viva, Anno X, n. 21, luglio-Agosto 1991, p. 52).
Con il sistema feudale, introdotto dai Franchi che avevano donato alla Chiesa, dopo averli conquistati, i territori già occupati da Goti e Longobardi, sorgono nelle campagne intorno a Cagli oltre novanta castelli, edificati dalle famiglie dei feudatari locali, tra cui Castel Doglione o Dulione che darà il nome alla località di Molleone. Edificato nel 1200, è ora ridotto a pochi ruderi. Un documento dell’archivio capitolare cagliese (Perg. 22) attesta la sottomissione e il giuramento di fedeltà al Comune di Cagli nel 1235 di Armoleo di Sassone, conte di Doglione, Serra Lata e Monte Aiate. Fra le carte avellanite sono conservati circa cento documenti riguardanti il castello di Molleone, che attendono una lettura completa. (Carlo Arseni, Cagli nella sua storia, Milano, 1968, p. 54 e Immagine di Cagli, Cortona 1989, p. 39; Giuseppe Palazzini, Pievi e parrocchie del cagliese, Roma, 1968, pp. 9-11).

Come si è detto siamo in presenza del più antico territorio abitato dei comuni di Cagli, Pergola e Frontone. (....)
La diversa tipologia e datazione dei reperti bronzei della stipe di Coltone, nei pressi della Chiesa di Sant’Angelo in Maiano, attesta una continuità del luogo di culto e una sedimentazione di manufatti dal VI al IV secolo a.C., dalle stilizzate figure di Marte combattente di impronta umbro-picena, alla splendida testa galeata di probabile provenienza etrusca. In pratica si è continuato per almeno due secoli a portare offerte votive ed è accertato che esistesse una fonderia in loco, dunque anche un nucleo abitato che sorgeva secondo la tipologia degli insediamenti preromani e romani sui terrazzi fluviali di fondovalle o lungo le strade che risalivano le vallate, mentre sui crinali vi erano, al più, fattorie isolate o piccoli villaggi.
Furono le vicende della guerra greco-gotica (535-553) a determinare nel VI secolo d.C. lo spostamento dei centri abitati sulla cima di alture, poste lungo i crinali, più facilmente difendibili dagli assalti degli eserciti nemici. La presenza bizantina è peraltro testimoniata da alcune chiese con i nomi dei più celebri santi ravennati: Sant’Apollinare cui era dedicata la Pieve di Molleone; San Vitale, San Severo e San Martino nel territorio cagliese e verso Frontone, quando anche Cagli faceva parte della decapoli che includeva oltre alle città costiere della pentapoli i centri dell’entroterra Cagli, Iesi, Fossombrone e Urbino, costituiti sotto la protezione dell’Esarcato di Ravenna dipendente da Bisanzio.
Queste straordinarie emergenze storico ambientali sono potenziate da altri caratteri di unitarietà che sono tuttora leggibili sul territorio: l’integrazione nel sistema difensivo del ducato di Urbino con tre manufatti, di cui due superstiti, riconducibili a Francesco di Giorgio Martini che intervenne su incarico di Federico da Montefeltro sulla rocca di Fenigli, di cui oggi restano solo i ruderi di bianche pareti e fondamenta affioranti qua e là, sulla Torre di Acquaviva, che fu completamente ricostruita più alta sull’antico impianto medievale, e sul castello di Frontone che l’architetto ducale fortificò con un puntale triangolare verso Nord, analogo al corpo allungato e proteso sulla roccia della fortificazione martiniana di San Leo.
Altro carattere unitario l’influenza dell’Abbazia di S. Croce di Fonte Avellana che ebbe il dominio diretto sul castello di Frontone fino al XIII secolo, sulla Chiesa di S. Maria Assunta, sulla Pieve di San Savino e sul castello di Fenigli di cui nel 1085 fu confermata la donazione di Ranuzio all’abbazia Avellanita.
Questo territorio nella sua combinazione di fattori naturali e culturali sembra conservare l’assetto della società precomunale con le numerose “curtes” che si estendevano nelle valli, in continuità con gli abitati piceni e umbri e poi romani, in aperta campagna, e in seguito alla guerra greco-gotica, raggruppate in piccoli nuclei attorno ai castelli che si ergevano in punti strategici e in posizione dominante; e con le pievi, le abbazie, le chiese parrocchiali e gli oratori, ma anche le colline, i corsi d’acqua, i torrenti e le numerose sorgenti, sovrastati dalla maestosa catena del monte Catria, con l’Acuto il Nerone, il Petrano e i monti della Strega, disposti come a difesa di queste valli, costituisce una unità storico-ambientale di straordinaria omogeneità ed espressività che la presenza umana ha fino ad ora arricchito, rendendo leggibile l’evoluzione del suo percorso storico. E che merita pertanto di essere salvaguardata, non ingessata certo, ma protetta da insediamenti industriali, sbancamenti di terreni e alterazioni irreversibili del paesaggio, mentre vanno invece favorite le attività agricole che hanno fino ad oggi consentito la conservazione dell’assetto di questo straordinario territorio.

NOTE del curatore della scheda
(1) i bronzi hanno preso il nome da C. Coltona, presso S. Angelo in Maiano (Cagli).


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 19.02.2012
    Ultima modifica: 05.11.2012

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