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Isola del Piano: origini

Isola del Piano: Interdizione della biblioteca dei Gero...

Isola del Piano nel sec. XVIII


Verso la metà del XV sec. Isola era stata fornitrice di materiali da costruzione per il Palazzo Ducale d'Urbino. Avvenne così il disboscamento delle Cesane, che hanno fornito querce per travi e per mobili oltre al legname per le fornaci di mattoni. Inoltre, continuò lo sfruttamento delle cave di pietra, particolarmente per gli interni del Palazzo ducale. Così descrive la nostra pietra Bernardini Baldi nel suo "Encomio per la Patria": "....parimenti bianchissima.....La natura di questa pietra è delicatissima, e pare di spezie di marmo...Queste non sono atte a resistere alle ingiurie de' tempi, e particolarmente de' ghiacci; e perciò s'adoprano solamente nell'opera che devono stare al coperto... cammini, finestre, porte ed altri ornamenti simili..."

I contatti con quel "crogiolo" di cultura che all'epoca era la corte d'Urbino (vedi "Il Cortegiano" di Baldassarre Castiglione), portarono il risveglio delle arti e dei mestieri di ogni tipo, in particolare degli scalpellini.

Il Rinascimento arrivò, così, anche nel nostro paese.

Nel 1547 arrivarono da Mantova i Conti (poi marchesi) Castiglione. Notevole fu l'importanza che i conti seppero dare al nostro castello. Il feudo aveva una compagnia di ben 80 fanti. Un piccolo esercito che non voleva sottostare al controllo del Governatore dello Stato pontificio, fino a quando gli fu tolto il privilegio militare. Migliorarono le condizioni del castello, s'istituirono fiere (29 luglio e 14 settembre) e mercati che attiravano gente dai paesi vicini. Di seguito, però, i successori della famiglia Castiglioni si trasferirono a Mantova e non curarono più il feudo ma si preoccuparono solo di riscuotere le tasse, che gli isolani non vollero più pagare. Il clero, compresi i frati Gerolamini, non ne pagarono mai e vinsero una causa contro l'ill.maSig.ra Marchesa Castiglioni, che ne reclamava i diritti, presso la Congregazione del Buon Governo (1777).

La Marchesa lamentava il basso reddito del feudo, solo 200 scudi. Nel1794 Isola aveva 617 abitanti, a quei tempi circa 100 famiglie, che avrebbero dovuto pagare di media due scudi. Considerando che lo stipendio annuo di un maestro era allora di 16 scudi, due scudi a famiglia, oltre tutte le altre tasse, non ci sembra poco. Il Comune, amministrato dai Massari, era sempre pieno di debiti. Per uscirne adottava la tecnica finanziaria "del buco", ovvero contraeva debiti per estinguere quelli vecchi. Il colmo è che erano proprio i frati e le monache a prestare i soldi. Possiamo capire e giustificare il tentativo dei nostri nonni di ribellarsi a queste pressioni.

Isola raggiunse, tuttavia, la massima espansione verso la fine del XVIII sec. Con l'aiuto di un' antica carta (1816) e della descrizione del catasto piano detto Calindri del 1771, possiamo descrivere il castello così:

Abitato del Castello

Completamente cinto da mura in pietra, aveva due porte:
- "Baldassarra" (1613) verso le Cesane, Urbino e Fossombrone;
- "Maria Teresa" Castiglione, ripidissima, all'ingresso dell'attuale piazza Roma; apriva verso Pesaro e Fano. Resta qualche traccia sotto la casa Ravagli.

Quattro Chiese:
-"Dell'Annunziata" o "Fraternita" (XV sec.), a circa metà via Garibaldi è l'unica che ci resta pressoché intatta, attualmente adibita ad "auditorium".
-"Santa Maria delle Grazie" (1613) sulla piazza Umberto I, annessa al monastero dei Gerolamini.
- "S. Cristoforo" Chiesa Matrice (risulta dal 1291, ricostruita nel 1613) in corso Garibaldi, adiacente alla torre civica, dove attualmente c'è il bar Centrale. Franata nel 1879 nel Rio Maggiore. Sono state ritrovate le fondamenta e un ossario.
- "Santa Lucia" (1372-1872): non vi sono resti, ma era la Cappella dell'ospedale della fraternita di S. Lucia, poi congregazione di Carità.

Un ospedale ed un monastero:
- "Ospedale S. Lucia" (1372 -1862), adiacente alla chiesa.
- "Monastero dei Gerolamini"(del 1597), tipico convento con chiostro interno, il più grande edificio di Isola. Era fornito di cisterna, due portici e un orto, distrutto per far posto all'attuale palazzo scolastico, nel 1967.

Un Palazzo Baronale:
- "Palazzo Baldassarre Castiglioni" (XVI), attuale Palazzo Battistoni, edificato sopra un vecchio Castello fortificato. Aveva un cortile con due portici ed un altro con una cisterna per l'acqua, un pomario ed un orto (nell'attuale Piazza Umberto I o" Piazza Nova").

50 case, 37 orti, un pozzo:
- Cinquanta case, non certamente magnifiche, ma non certo meno interessanti per noi che siamo curiosi di sapere come vivevano i nostri nonni. L'attento osservatore vede ancora diversi portali tra cui quello "Orcioni" di fronte al Palazzo Luccetti, di un certo interesse.
- Quasi ogni casa aveva il suo orto annesso (trentasette per la precisione).

- Un pozzo per l'acqua (ancora esistente, sotto il selciato della via Garibaldi).

Territorio circostante

E' diviso in cinque frazioni:
CASTELLO, S. ANGELO, MONTE BELLO, S. MARTINO, SCOTANETO.

Comprende cinque chiese:
- "Crocefisso"
- Non identificata;
- "SS. Trinità", attuale Montebello;
- "S.Martino"
- "S. Andrea", la pieve di Scotaneto.

Due mulini:
- "Mulino della Casetta" detto poi di "Poldo", oggi un rudere; aveva due edifici, con rispettivi "roteggi", in cascata successiva.
- "Mulino di Mezzo" diventerà "Mulino Ragni", uno dei meglio conservati.

Un Convento:
- "Convento dei Gerolamini" di Montebello, un tempo molto importante, nel quale tutti i Gerolamini trascorrevano un periodo di noviziato; ne si può ancora ammirare la mole grazie alla ricostruzione operata dalla cooperativa "Alce Nero".

- 76 case sparse su tutto il territorio, oggi per lo più dei ruderi, quasi tutte in pietra locale.

Confraternite

A quei tempi vi erano diverse confraternite:
- Fraternita S. Cristoforo (1496)
- Fraternita dell'Annunziata (1495)
- Compagnia del SS. Sacramento (1609)
- Compagnia del Rosario (1729)
- Compagnia del Gonfalone (1615)
- Compagnia di S. Giuseppe (1791)
- Fraternita di S. Lucia (1372 ?).

Il numero di confraternite e di chiese non ci deve sorprendere. In una società il cui grado di istruzione era nullo è spiegabile un ricorso alla fede-superstizione per togliersi l'angoscia provocata da fenomeni inspiegabili. La partecipazione alle congregazioni era, per "l'uomo di campagna", l'unica occasione per socializzare, scambiare idee, incontrare parenti edamici. Il contadino, altrimenti, viveva fuori le mura, "extramoenia", non aveva gli stessi diritti del castellano, non usufruiva dei servizi. Si approfittava delle feste, dei matrimoni per vestire, per mangiare e bere in abbondanza e spesso per fare sbornie. Tutto questo nonostante il controllo dei preti e dei padroni: la lista di coloro che non santificavano le feste con la comunione veniva esposta sulla porta della chiesa.

Condizioni di vita

Il problema principale per quei secoli era la "fame", il frumento era insufficiente, per il pane si aggiungeva la veccia, l'orzo, la farina di polenta, quella di fava e perfino quella di ghiande. Erbe di campagna, formaggi, uova, lardo, insaccati, completavano la scarsa alimentazione. La carne si mangiava solo nelle grandi occasioni. Per i braccianti era ancora più dura, vivevano in case (tuguri) a nolo, spesso senza pavimentazione e senza vetri. Durante l'inverno andavano per boschi a racimolare legna secca, erba, ghiande, di tutto. Durante l'estate, dopo qualche giornata lavorativa presso i vari poderi, dormendo nelle stalle, andavano a spigolare per i campi. Si viveva con addosso pidocchi e pulci. Le malattie e le epidemie selezionavano la popolazione.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 17.09.2007

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