Comuni del bacino
Cenni storici su Mombaroccio
Anche se si può supporre che il colle di Mombaroccio potesse essere abitato almeno fin dal periodo imperiale dell'età romana, le prime notizie circa la reale esistenza del "castello" si datano agli inizi del 1200.
La tradizione vuole che esso sia stato costruito con i ruderi di cinque castelli già esistenti nelle vicinanze Monte Almerigo, Monte Valerino (ora M. Marino), Monte Arrigo (Monterigo), Monte Calvo e Monte di Pier di Mario. Tale ipotesi sembra peraltro comprovata dai cinque monti che sono rappresentati nello stemma del Comune.
Sin dalle origini Mombaroccio fece parte dei domini della Chiesa. Nel 1285 passò ai Malatesti, Signori di Rimini e poi di Pesaro. Non si hanno notizie certe degli interventi sulle strutture difensive di Mombaroccio da parte dei Malatesta, ma si può pensare che in questo periodo si definì l'assetto urbano con la costruzione della perimetrazione fortificata dell'abitato, ancora oggi in gran parte conservata ed alla quale appartiene il nucleo più antico di Porta Maggiore.
Dopo 160 anni di Signoria malatestiana, avvenne il passaggio alla Signoria degli Sforza. In questo periodo vennero introdotte in loco le prime armi da fuoco che provocarono una radicale trasformazione nelle tecniche difensive. I principali interventi di ristrutturazione delle opere di fortificazione avvennero a Mombaroccio nella seconda metà del secolo XV°, ad opera degli Sforza.
Quasi tutta la cinta muraria, che si configura come un alto muro di contenimento del colle, appartiene alle opere compiute nel corso del Trecento dai Malatesti, e risulta ancora valida ed efficiente nei secoli seguenti. Gli interventi sforzeschi sono molto limitati, ma fondamentali; comprendono un breve tratto di cerchia rivolto verso il Passo del Beato Sante e le due porte d'ingresso al paese, con particolare impegno per la Porta Maggiore, rivolta anch'essa verso il Passo ed il Convento del Beato Sante.
Gli interventi iniziarono sotto la Signoria di Costanzo Sforza (1473-1483) e furono terminati dal figlio Giovanni (1483-1510) alla fine del XV° secolo: le lapidi apposte su un bastione della cerchia e sui torricini di Porta Maggiore recano infatti le iniziali di Costanzo e di Giovanni Sforza.
La Signoria passò successivamente ai Della Rovere: Francesco Maria I (1513), Guidubaldo II (1538), Francesco Maria II (1574), al figlio di questi Federico Ubaldo (1621) e, a causa della sua morte, nuovamente a Francesco Maria II.
Durante la Signoria dei Della Rovere avvennero dei fatti degni di essere menzionati.
Nel 1517, dopo alterne vicende, Francesco Maria I Della Rovere, nel tentativo di riappropriarsi dei territori della provincia, stava salendo da Fano verso Mombaroccio, ritenuta colpevole di intelligenza col nemico, con l'intenzione di distruggerla. I cittadini, pieni di spavento, passarono la notte precedente in preghiere nella chiesa del Beato Sante. All'alba, dopo una Messa Solenne, fecero pubblico voto al Beato Sante che, qualora si fossero salvati dalla distruzione, si sarebbero recati ogni anno in processione al Santuario, la seconda domenica di agosto, per offrire un grosso cero ed una copiosa elemosina al convento. Federico Malatesta, informato del voto, poiché era devotissimo del Beato Sante, risparmiò la vita a tutti quelli che si erano rifugiati a Mombaroccio.
La tradizione del voto al Santuario è ancora oggi rispettata e la seconda domenica di agosto gli abitanti di Mombaroccio ed una delegazione comunale si recano in processione al Santuario per il ringraziamento.
Il 1543 è un anno fondamentale della storia moderna di Mombaroccio: Guidubaldo II della Rovere separa il castello dalla giurisdizione di Pesaro e gli concede un'autonomia amministrativa politica e fiscale. Mombaroccio viene concesso in feudo a Ranieri del Monte Santa Maria ed ai suoi successori maschi primogeniti. Il marchese poteva governare indipendentemente da Pesaro, promulgando nuove leggi ed un nuovo statuto. Il potere giudiziario era affidato al Podestà ed il paese aveva una milizia con a capo il Capitano.
Alla morte di Ranieri divenne conte di Mombaroccio Guidubaldo Del Monte; egli si dedicò agli studi scientifici e matematici e all'epoca godette di fama e autorità presso la comunità scientifica internazionale.
Nel 1644 la Contea torna alla Chiesa, alle dipendenze del Legato Pontificio di Urbino, ma la comunità farà di tutto per tutelare la conseguita autonomia, contro i ripetuti tentativi di sopraffazione economica da parte di Pesaro.
Quando il Generale Napoleone Bonaparte con le truppe repubblicane lombarde si impadronì il 5 febbraio 1797 di Pesaro e quindi di tutta la Marca, impose onerose tasse in denaro, pietre preziose, animali, quadri, manoscritti. Tra le altre cose la Chiesa di S. Vito fu spogliata di una preziosa "Pace" d'argento.
Durante i moti del 1799 i contadini di questa e di altre province, insofferenti del governo repubblicano straniero ed aspiranti alla restaurazione di quello Pontificio, si abbandonarono a vandalismi di ogni genere. A Mombaroccio venne bruciato il vecchio Archivio Comunale dove si conservavano documenti preziosi per la storia e per gli interessi particolari dei cittadini.
Nel 1805, incoronato Napoleone Re d'Italia, fu ordinato il trasporto dell'Archivio Notarile ad Ancona da cui ritornò molto ridimensionato.
Testimonianza del Principe Eugenio di Beauharnais, Vicerè del Regno Italico istituito il 26 maggio del 1805 con l'incoronazione di Napoleone Bonaparte, è rappresentata da uno stemma su una parete esterna del centro storico (1). Al Vicerè Eugenio venne assegnato un appannaggio costituito da una parte dei beni immobili ecclesiastici confiscati alla Chiesa per volere di Napoleone; tali beni vennero intestati per voltura catastale come: "APPANNAGGIO DI S.A. IL PRINCIPE VICERE' D'ITALIA EUGENIO NAPOLEONE".
La fine del potere napoleonico trovò Mombaroccio occupata dalle truppe di Gioacchino Murat e il paese fu teatro di una battaglia tra queste e gli austriaci.
La proclamazione della Repubblica Romana del 1849 fu un altro momento di mobilitazione per il paese, dove si misero in luce alcuni giovani dalle idee liberali. Il ritorno dei pontifici, grazie all'impegno degli eserciti francese ed austriaco, non portò grosse conseguenze per i giovani appartenenti al ceto possidente che si erano precedentemente impegnati nelle istituzioni repubblicane. A Mombaroccio comunque venne un piccolo distaccamento austriaco, segno dell'importanza strategica del paese per il Passo del Beato Sante, che metteva in collegamento la valle del Metauro con la valle del Foglia; inoltre il paese era tenuto d'occhio per la partecipazione di alcuni suoi giovani alla Repubblica Romana.
L'occupazione piemontese dello Stato Pontificio e l'annessione delle Marche al Regno d'Italia riportarono al governo della comunità mombaroccese quei liberali che nel periodo della Repubblica Romana si erano distinti per la loro attività patriottica.
NOTE
(1) Lo stemma è stato posto nel muro esterno dopo un recente restauro della casa; il proprietario afferma di averlo trovato all'interno dell'edificio (GIANGOLINI, com. pers.).
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 23.11.2012
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