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I pesci fossili del Cretacico nel bacino del Metauro

Malacofauna pliocenica, sito del F. Metauro a Bellocchi...

I pesci fossili del Messiniano nel bacino del Metauro


Sei milioni di anni fa, nel Messiniano (Miocene), una catastrofe geologica dovuta alla collisione continentale tra la zolla europea e quella africana chiuse l'accesso all'Atlantico. Il livello del mare si abbassò progressivamente e il Mediterraneo si trasformò dapprima in una costellazione di piccoli mari interni, che divennero laghi sempre più salati man mano che l'acqua evaporava; infine il Mediterraneo si prosciugò. I sali precipitarono e divennero roccia evaporitica. Gli animali marini che riuscirono a raggiungere l'oceano si salvarono, tutti gli altri si estinsero.

Prima della catastrofe messiniana il Mediterraneo era più caldo di quanto non lo sia oggi e ospitava specie marine simili per aspetto e forma a quelle dei mari tropicali attuali: dalle foche ai cetacei, dai grandi pesci come il Procarcarodon megalodon, cinque volte più grosso dello squalo bianco ai coloratissimi piccoli pesci che vivono attualmente lungo le barriere coralline.

Quando il Mediterraneo si prosciugò, in un'arida valle di oltre due miloni e mezzo di chilometri quadrati, in un paesaggio molto simile alla savana subsahariana attuale, con tratti di foresta lungo i fiumi, elefanti, rinoceronti, ippopotami, facoceri e scimmie presero il posto dei pesci e delle balene primitive. Il Mediterraneo rimase allo stato di savana per non più di 500 mila anni. Poi, nel Pliocene, lo stretto di Gibilterra si riaprì e immense cascate riempirono la valla di acqua salata, come un rubinetto aperto su una gigantesca vasca. Gli animali terrestri si ritirano sulle piattaforme continentali e la fauna marina tornò. Meno diversificata, ma adatta a un ambiente più freddo. Secondo gli studiosi a riempire di nuovo il bacino furono sufficienti pochi secoli, forse uno solo, con l'acqua che saliva nel bacino al ritmo di circa un metro all'anno.

Le tracce della catastrofe messiniana sono registrate nei sedimenti e nella ricca ittiofauna fossile che essi contengono insieme a larve di insetti (per lo più libellule), foglie e rari resti di uccelli.

Nel bacino del Metauro sono particolarmente importanti i giacimenti fossiliferi di Isola di Fano e di Monte San Angelo (Fossombrone).
Caratteristica è la presenza di generi meso e batipelagici (per esempio Myctophum, Paralepis, Maurolicus) associati a forme tipicamente litorali (Fistularia, Gobius, Syngnathus) e pelagiche (Euthynnus, Trachurus). Sono presenti diverse forme eurialine, in grado cioè di sopportare forti variazioni di salinità (Aphanius, Alosa, Gobius, Atherina, Microchirus, Spratelloides) oltre a rarissime forme di mare (Scorpaena).

Ove la successione stratigrafica è completa, i livelli inferiori contengono una ricca fauna esclusivamente marina. Improvvisamente l'ittiofauna fossile si impoverisce fino a contare un numero sparuto di specie: diventa dominante una sola forma, l'Aphanius crassicaudatus (Agassiz), un pesce di pochi centimetri che ancora oggi ha la particolarità di sopravvivere in tutte le condizioni di salinità. Ciò siginifica che questa forma riuscì a resistere nelle pozze di acqua molto salata che rappresentavano i resti in via di evaporazione del Mediterraneo.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 26.12.2004

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