Itinerari
Anfiteatro di Pieia: Tana Baldina, Campo d'Aio e Fondarca (sentieri CAI n.221, 221a e 200)
L’ANFITEATRO DI PIEIA: TANA BALDINA, CAMPO D’AIO E FONDARCA (sentieri CAI n.221, 221a e 200) (Comune di Cagli)
Tempo di percorrenza: h 6.00 (percorso ad anello)
Lunghezza: 14 km
Difficoltà: EE
Ultima verifica dell'itinerario: 2023
L’anfiteatro sud del Monte Nerone si estende a monte del paesino di Pieia ed è caratterizzato da straordinarie forme di carsismo che hanno creato monumenti naturali e una particolare morfologia che obbliga il percorso ad alcuni passaggi su roccia. Tra la parte alta e quella bassa del settore vi è uno stacco netto accedendo ai prati di Cerrato e al Fosso di Campo d’Aio, fino al paesino di Cerreto.
Provenendo da Acqualagna in direzione Roma, all’uscita di Cagli ovest si trova la deviazione per Pianello. Giunti nel paese, passando per il centro si prende la stretta strada per Pieia, dove si parcheggia.
Davanti alla chiesina del paese vi è il punto di partenza e di arrivo di questo percorso lungo, vario e adrenalinico. Partiamo col sentiero che subito sale e torneremo da quello comodo che giunge di fianco al campo da bocce. La salita iniziale è davvero impegnativa, per la pendenza e per il fondo ghiaioso. Occorre solo tenere la destra al primo bivio e poco dopo l’acclività si attenua, un boschetto di carpini neri ci accoglie e ci proietta nella prima prova sulla roccia: un passaggio in cengia per misurare la propria stabilità e imparare ad utilizzare correttamente la postura del corpo. Non bisogna distrarsi e seguire sempre la traccia ufficiale, prendendo sempre più confidenza con la roccia, usando all’occorrenza anche le mani. Stiamo salendo anche se ci si fa poco caso: in qualche impluvio più profondo compaiono anche dei faggi, anche se a pochi metri, sulle pareti di roccia, persistono i lecci. La deviazione per Tana Baldina è poco dopo il nucleo di faggi più consistenti: proprio la Tana deve aver creato un microhabitat favorevole a queste piante così poco amanti del caldo… Tana Baldina è un enorme androne roccioso scavato dalle acque che ancora lo modellano, dove i pastori facevano rifugiare centinaia e centinaia di pecore. Ripreso il sentiero una cengia sottile è il passaggio meno semplice che dobbiamo fare, ma basta restare concentrati e camminare di lato, lentamente, posizionando bene i piedi e usando mani e braccia per restare aderenti alla parete. Di seguito si apre una terrazza panoramica perfetta per le foto: intanto il paesino di Pieia è già diventato piccolissimo. A sorpresa troviamo un prato scosceso che ci fa dimenticare le rocce e ricordare l’ascesa iniziale, poi di nuovo bosco, di nuovo qualche roccia che fa da soffitto e un’ultima rampa che porta all’inizio dei grandi pascoli. Un passaggio a mezza costa ci permette finalmente di camminare e guardare lontano, verso sud, e quando lo sguardo spazia su tutti i prati di Cerreto eccoci arrivati al punto più alto del percorso. I prati sono pascoli ancora in uso: dobbiamo attraversarli in diagonale e puntare in basso, alle vasche dove mucche a cavalli si abbeverano e da lì entrare nel Fosso di Campo d’Aio e superarlo. Sul lato opposto la traccia è anche più visibile e ci proietta sulla lunga cresta che ci avvicina velocemente a Cerreto. Prima del paesino si passa da un tornante della strada e pochi metri dopo ci si rituffa nel sentiero che ora attraversa un tratto colmo di ginestre, tra vecchi muri a secco che non dovevano far disperdere le pecore che salivano ai pascoli loro assegnati. Per raggiungere il paese e trovare acqua occorre deviare sulla sinistra appena fuori dai muretti, dopo di che occorrerà tornare in quel punto e andare dalla parte opposta per iniziare la via del ritorno. In pratica una seconda escursione, che inizia in discesa con ampi tornanti ed una traccia scomoda e non sempre evidente, poi il passaggio su un viottolo ricavato in parete e l’arrivo al fosso che poi è quello di Campo d’Asino ma qui è quasi sempre asciutto. Dopo il guado si risale e la pendenza sembra peggiore di quella che effettivamente è, ma è pomeriggio e le ore di cammino sono già tante. Finalmente un po’ di discesa ma attenzione, c’è ancora una salita a destra su una scarpata spoglia e pietrosa. Il sentiero poi ritrova il bosco e la discesa, poi un passaggio sulle rocce facile e spettacolare, poi si arriva ad un bivio in cui si gira a destra per passare sotto le “pisciarelle” del Giordano: una sorgente che fioriesce dalle rocce, su dei cuscini di muschio, ad oltre trenta metri di altezza. Il sentiero prosegue ancora su una leggera salita e arriva all’ingresso sul retro di Fondarca: una piccola galleria ci proietta nel meraviglioso catino dominato dall’arco naturale famoso in tutta Italia. La magia di questo luogo è messo alla prova da chi lo frequenta senza rispetto alcuno, ma è tale da sovrastare chiasso, falò e scritte. La via d’uscita passa sotto l’arco, scende nel bosco e prende l’ampio e frequentatissimo sentiero che porta in pochi minuti a Pieia.
DA PIEIA a FONDARCA: Tempo di percorrenza (solo andata): h 0.20
Lunghezza: 0,5 km
Difficoltà: E
Ultima verifica: 1996
Da Pieia, in prossimità della fonte, parte un sentiero facilmente percorribile, segnato dal CAI, che ci porta in breve tempo all'arco o ponte naturale di Fondarca (o Fonte d'Arco), a circa 800 m di quota.
Man mano che si risale un ripido ghiaione, l'arco di roccia ci sovrasta in tutta la sua bellezza. Giunti infine ai suoi piedi, ci accorgiamo di poter entrare in quella che un tempo era una vasta caverna, ora col soffitto sfondato. La genesi dell'arco ci appare adesso più chiara: si tratta di ciò che è rimasto di una parete relativamente sottile della caverna stessa, in seguito a crolli e a processi erosivi. Tutta la zona del resto è piena di spaccature, ripari sotto roccia e caverne grandi e piccole, scavate da fenomeni carsici nel Calcare Massiccio (Giurassico Inferiore, Era Mesozoica).
Attraverso il fondo della ex caverna, riempito da una grande massa di frammenti rocciosi, si può uscire per uno stretto passaggio dalla parete opposta in una forra che si estende dall'altra parte. Il panorama anche qui è selvaggio e di notevole bellezza. Di fronte a noi una cascatella cadendo dall'alto bagna uno spesso e verdissimo strato di muschio nel ghiaione sottostante.
Cespugli e piante erbacee si abbarbicano tenacemente nelle fessure delle rocce a picco. Alcune di queste piante sono rare, tanto che qui è stata istituita un'area di tutela floristica. Notevoli tra le varie specie presenti sono il Crespino, il Pero corvino, la Frangola montana, la Dafne olivella e la Clematide retta.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 22.01.2024
Ultima modifica: 25.11.2024
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