ItinerariItinerari

Fano: un percorso in difesa (itinerari storici)

Chiese minori e chiese scomparse a Fano (itinerari stor...

Fano: testimonianze di solidarietà (itinerari storici)


Un insolito titolo, un nuovo modo per conoscere la città attraversando le strette vie del centro, retaggio di una Fano urbanisticamente strutturata dai nostri avi romani e modificata in parte dalle esigenze dei tempi successivi.

Quartieri con caratteristici vicoli medioevali, come quello dei Piattelletti, con piccole case che si sviluppano in altezza o androni di palazzi sette-ottocenteschi con miniaturali cortili interni, simbolo di una benestante borghesia, o resti di chiese incastonate in strutture più recenti.

È proprio a noi visitatori distratti, abituati a non alzare mai lo sguardo, che dedichiamo questo breve scritto per non dimenticare il gusto di andar per vie fantasticando sul passato della nostra tranquilla cittadina di provincia. Perchè non provare ad offrir qualche suggerimento! E allora, senza timore di essere tacciati di superficialità, incamminiamoci insieme in una semivirtuale ricostruzione di Fano attraverso le curiosità: un percorso orientato nel polveroso mondo delle Confraternite, degli Istituti di Carità e dei loro luoghi pii.

Seguendo alcuni segni, tracce, ancor oggi visibili, ci piacerebbe rammendare e rammentare un po' di storia minore, scomparsa fra le righe dei grandi eventi, ma che, recuperata, dona nuova vitalità e colore a figure e scene di vita offuscate dal tempo.

Cornice in ceramica a Palazzo Billi e dipinto Madonna della Consolazione nella Chiesa di S. Giovanni Apostolo a Marotta

Una cornice di ceramica, per esempio, peraltro malconservata, oggi inserita sul lato di un palazzo fanese, quello della famiglia Billi, già del convento di San Girolamo, posto fra via Montevecchio e via Da Carignano, è il ricordo di un dipinto miracoloso e di una chiesa scomparsa, che sorgeva a poca distanza dal palazzo: San Giovanni Filiorum Ugonis.
L'edificio, situato nell'isolato fra via Montevecchio, corso Matteotti e via Nuti, era stato realizzato all'inizio del XII secolo per volere del nobile fanese Ugone del Cassero il quale, tornato dalle crociate, aveva fatto erigere in Fano tre chiese: San Giovanni Filiorum Ugonis, Santa Maria de Tribuna (sorgeva nell'area dei giardini di Piazza Amiani, all'incrocio con via De Amicis) e quella dedicata al Salvatore (che pare fosse ubicata sul luogo dell'attuale chiesa di Santa Maria del Suffragio).

Il dipinto, un'opera settecentesca attribuita a Ceccarini - probabilmente Giuseppe - era posto esternamente sul lato del portale d'ingresso, entro una nicchia ornata di rozza pietra. La pittura rappresentante la Madonna della Consolazione era anche detta Madonna che batte gli occhi, in memoria di un miracoloso prodigio al quale assistettero molti fanesi; e per tale evento numerose furono le testimonianze raccolte: ".. La sacra immagine, con universal gioia ed ammirazione, il giorno 7 del mese di luglio all'ore 22 circa aprì gli occhi suoi purissimi del che ne fui io stesso spettatore e restai tanto sorpreso del prodigio e mi fece tanta impressione, che non fui capace di dire un'Ave Maria..." Era il 1796 e questo è quanto affermò don Matteo Bicciaglia, curato della cattedrale.
In seguito ai fatti miracolosi l'opera tu traslata, con solenne processione, in un oratorio appositamente costruito nell'area occupata dalla sacrestia della chiesa e, dal 1920, anno di distruzione dell'edificio, fu trasferita nella nuova chiesa di Sant' Elena di Marotta che da allora mutò la sua denominazione in San Giovanni Apostolo. La grande venerazione per la sacra immagine ha fatto sì che nel 1992 all'edificio fosse riconosciuto il titolo di santuario della Beata Vergine della Consolazione.
Ma continuando a narrar della chiesa di San Giovanni Filiorum Ugonis dovremmo ricordare che era sede della Confraternita del Buon Gesù o della "Buona Morte", la quale si occupava dell'assistenza materiale e spirituale dei carcerati. La Compagnia, grazie all'intercessione di Galeotto Uffreducci, prelato domestico del papa, aveva ottenuto nel 1610 dal Pontefice Paolo V il permesso di liberare un condannato a morte, precisamente il giorno di San Giovanni Decollato. Gli sventurati che non godevano di tale privilegio venivano poi giustiziati nel campo retrostante l'attuale cimitero, da qui il nome dato alla strada che conduce a quel luogo: via della Giustizia.

Targhe in maiolica della Madonna di Ponte Metauro

Proseguiamo il nostro cammino alla ricerca di nuove testimonianze e ci fermiamo lungo corso Matteotti ad osservare tre targhe in ceramica murate sulle facciate delle abitazioni corrispondenti ai numeri civici 163-165 e poi 171-173.

Altre mattonelle, identiche a quelle, si trovano in vari punti della città; ancora oggi se ne può notare una malridotta inserita all'esterno di una casa in Via Tommassini, nel quartiere dei Piattelletti, una seconda è posta sulla parete dello scalone della Biblioteca Federiciana. Queste ventotto Madonne di terra cotta realizzate nel 1643 dal ceramista urbinate Ippolito Grossi, erano targhe che segnalavano l'appartenenza delle case all'Opera Pia di Santa Maria del Ponte Metauro.

Nel 1644 fu stilato un elenco topografico di tutte le case di proprietà del Ponte; da esso ci vengono curiosamente restituiti perfino i nomi degli inquilini che vi abitavano. Le abitazioni erano quasi tutte dislocate nel centro storico e ognuna era contrassegnata dalle maioliche numerate progressivamente.

Le piastrelle policrome, di forma rettangolare, recano l'immagine della Madonna con il Bambino circondata da nuvole geometrizzanti. Un pontile in legno, in ricordo dell'originaria struttura del Ponte Metauro, separa in due parti l'insieme decorativo; la parte inferiore mostra lo stemma della Comunità fanese con l'umbraculo e le chiavi Pontificie, posto in mezzo a quelli della famiglia De' Pili e Brizi che svolgevano, rispettivamente, l'attività di pontinieri e di conservatori del Santuario.

L'Opera Pia di Santa Maria del Ponte Metauro o Opera del Ponte era un'istituzione che oltre ad occuparsi della sorveglianza del ponte, dell'adiacente chiesa-santuario e della gestione di un ospizio, finanziava la pubblica beneficenza, offrendo ai bisognosi elemosine, pane, vestiario, doti per le nubili e per le monacande.
Il suo capitale, costituito da lasciti, legati e beni immobili era sufficiente altresì per sovvenzionare la costruzione di luoghi pii in collaborazione con il Comune; spettava poi al Consiglio Generale della Comunità rilasciare l'autorizzazione per le eventuali elargizioni fatte in denaro o in natura, generalmente in grano.

Il sorgere di numerose Istituzioni di Carità che operavano per sovvenire almeno in parte, ai principali bisogni dei poveri era scaturito nei secoli scorsi dal rilevante stato di indigenza della popolazione.

Nel 1632 a Fano si contavano ben quindici Confraternite - come ricorda lo storico ; altre erano operanti in parrocchie di campagna e in castelli del contado. Per citarne soltanto alcune ricordiamo: la Confraternita del Gonfalone, (con sede presso la chiesa omonima in via Rinalducci, oggi adattata a cinema), impegnata nell'istruzione religiosa dei fanciulli, la Compagnia di San Rocco (con sede nella chiesetta dedicata al Santo, posta lungo via Montevecchio) che nel 1618 aveva aperto un ospedale per l'assistenza ai poveri pellegrini e ancora, quella del Santissimo Sacramento (con sede nella chiesa di San Silvestro) che si adoperava per ospitare, presso le case di sua proprietà, anziane donne rimaste sole.

Le Confraternite, di origine medioevale, sono composte solitamente da laici animati da principi religiosi, di assistenza e devozione. La loro diffusione si é intensificata in epoca tridentina e alcune sono tuttora attive.
La possibilità di poter attuare attraverso attività filantropiche i principi religiosi aveva fatto sì che queste istituzioni riscuotessero ampio successo soprattutto fra i ceti socialmente elevati; per quanto, poi, tutta la cittadinanza mostrava la sua piena solidarietà riguardo l'attività di questi sodalizi.

Urna in pietra nell'Arco d'Augusto

Un segno di solidarietà cittadina e nuova traccia del nostro percorso, è l'iscrizione: ELEEMOSYNIS EXPOSITORUM posta proprio sotto l'imponente porta di Augusto, a sinistra di chi volge lo sguardo verso la via Flaminia; indicava l'urna in pietra incassata nella parete della Porta, dove i fanesi ponevano le loro offerte per l'assistenza dell'infanzia abbandonata.

Nella seconda metà del Quattrocento infatti la Schola o Congregazione di San Michele, si era trasferita all'interno delle mura cittadine e, nei pressi della Porta romana, aveva fatto erigere la sua chiesa con gli annessi edifici. Un tempo la gestione dell'istituto era stata affidata ad un Consiglio Speciale, successivamente passò alla Confraternita di San Michele, una fratellanza composta perlopiù da nobili e benestanti, tanto da essere definita un secondo consiglio cittadino (Borgarucci).

Gli esposti, a volte nominati anche putti, venivano generalmente abbandonati notte tempo alla rota, collocata proprio sopra la buca delle elemosine. Alcuni erano figli illegittimi, altri, figli di povera gente che li abbandonava con la speranza di poter un giorno tornare a riprenderli, tanto che alcuni recavano un cartellino con il proprio nome e qualche segno di riconoscimento: "...non son Battezzato, ma il mio nome deve essere Crisante, son di Senigallia, e mio padre mi rivuole" (Registro degli ammessi del 17 novembre 1697).
Una volta cresciuti i ragazzi venivano mandati a lavorare presso famiglie di artigiani, contadini e marinai, mentre le ragazze si occupavano dei lavori domestici nell'istituto o in casa di nobili.
Quando per alcune giungeva il momento di maritarsi, il cosiddetto Conservatorio degli esposti, finanziariamente agiato rispetto ad altri istituti, provvedeva anche alla loro dote.

La Confraternita di San Michele, come altre compagnie operanti in città, partecipava a momenti di vita religiosa comune. Le processioni erano un motivo d'incontro per tutte le fratellanze che inviavano i loro rappresentanti vestiti con l'abito della Compagnia e con lo stendardo sul quale campeggiava il loro simbolo. Durante le processioni gli stessi sodalizi facevano mostra di sè e fra loro gareggiavano per ottenere i primi posti nel corteo. Nel corso del '600 la questione a Fano fu risolta ordinando la disposizione per anzianità di fondazione: prima fra tutte, la compagnia più giovane.

Calandoci così in un'atmosfera d'altri tempi immaginiamo questi cortei passare per le vie cittadine, ascoltiamo i canti, udiamo le preghiere ritmicamente scandite dall'incedere lento dei fedeli muniti di ceri, crocifissi, stendardi; alcuni fra loro sono incappucciati e non vi è differenza fra uomini o donne, vestono abiti di color bianco, nero o scoroccio come quello che indossavano i confratelli dell'Hospedale di Santa Croce, forse per questo detto Hospedale degli Scoriggiati o per la tunica senza correggia, cioè cinghia ai fianchi.

Spesso l'abito, che soltanto alcuni confratelli potevano indossare, veniva minuziosamente descritto negli statuti delle compagnie, come è riportato nello Statuto della Compagnia di Santa Maria del Suffragio contenuto nelle Memorie scritte dal cappellano della Compagnia Antonio Maria Pantaleoni.

Chiesa di S. Maria del Suffragio

Come tutte le confraternite anche quella di Santa Maria del Suffragio aveva una propria sede, presso la chiesa del Santissimo Crocifisso che dal 1618, anno della sua fondazione, cambiò la denominazione in Chiesa di Santa Maria del Suffragio come le era stato imposto dall'Arciconfraternita del Suffragio di Roma alla quale la fratellanza fanese era aggregata.

A poca distanza della sede della Compagnia di San Michele si trovava quindi quest'altra fratellanza la cui chiesa, ancora esistente e restaurata di recente, si raggiunge proprio costeggiando il lato destro della chiesa di San Michele, lungo via Martino da Fano.

Nell'angusto spazio di piazza Cleofilo si affaccia il prospetto della chiesa privo di ogni rivestimento esterno, dove, in contrasto con il colore dei mattoncini a vista, risalta uno stemma in marmo bianco con il simbolo della Basilica di San Giovanni in Laterano di Roma, proprietaria del suolo su cui fu costruita la chiesa.

Fin dal 1513 il Capitolo della Basilica di San Giovanni in Laterano aveva concesso alle monache agostiniane che lì dimoravano, il giuspatronato sulla chiesa, ma in seguito al trasferimento delle religiose e al mancato rispetto degli obblighi, nel 1825 passò alla stessa Confraternita.

Lo storico Pier Maria Amiani asserisce che nel sito in cui sorge la chiesa di Santa Maria del Suffragio fin dal XII secolo era stata edificata una chiesa in onore del Salvatore, per volere del nobile fanese Ugone del Cassero. Ora in riferimento a questa affermazione è importante far notare che una chiesa con la stessa dedicazione si trovava nel luogo dove è oggi la chiesa di Santa Maria Nuova. La breve distanza che intercorre fra i due edifici e la dedicazione di entrambi al Salvatore appare quindi piuttosto anomala, tanto da far sorgere dubbi (vista l'assenza di sicuri riscontri) sulla veridicità della notizia data dall'Amiani.

La struttura della chiesa attuale risale al 1592. In origine era ad aula unica, fu poi modificata con l'aggiunta di due cappelle sul lato destro: una costruita nel 1619 per volere della Compagnia e l'altra realizzata nel 1643 dai nobili Leonardi sul suolo di loro proprietà.

La Confraternita, che in passato viveva agiatamente, si prodigò notevolmente per abbellire la chiesa di apparati preziosi, ornandola di stucchi e dipinti di pregio che ancor oggi, a distanza di secoli, tenta di salvaguardare con ammirevole cura.

Peraltro la chiesa era assai frequentata dai Fanesi che vi si recavano per venerare un'immagine del Crocifisso ritenuta miracolosa, in quanto più volte si credeva avesse salvato il popolo dalla diffusione della peste. Si tratta di un affresco staccato, posto sull'altare maggiore, rappresentante la Crocifissione, raro, se non unico, esempio di pittura trecentesca presente nella città.

La Confraternita, composta soprattutto da nobili, assolveva l'obbligo dei legati cioè rispetta le richieste di coloro che donavano alla Compagnia case, terreni, denari, in cambio della celebrazione di un determinato numero di messe in suffragio della propria anima (una volta passati a miglior vita) o di quella dei parenti defunti; in alcuni casi si trattava di legati perpetui.

In occasione di particolari ricorrenze, come l'Ottavario dei Morti, la Compagnia allestiva la chiesa con drappi di velluto nero e viola e poneva al centro della navata un catafalco in legno e tela, oggi purtroppo distrutto. Le immagini rappresentate erano tutte legate al tema della morte, peraltro visibile sulla sommità del catafalco, nelle sembianze di uno scheletro con la falce in mano seduto sopra una clessidra, come ad indicare l'incedere del tempo e l'approssimarsi della fine.

Ciò che a noi può apparire come un anomalo gusto per il macabro allora era cosa normale, in quanto il rapporto con la morte era diverso, e i documenti lo dimostrano; in ogni incipit testamentario e nella stessa stesura dell'atto spesso venivano lasciate disposizioni sul proprio funerale: ... il mio corpo divenuto che sarà Cadavere, voglio che vestito di Cappa della Compagnia del SS.mo Suffragio, coll'accompagnamento dei Confratelli della medesima venga trasportato in questa Chiesa del SS. mo Suffragio, con quattro Torcie del peso di libbre due, e quattro falcole da una libra l'una che dovranno attorniare il mio Feretro.. (Testamento di Luigi Vampa, rogato nel 1841).

Questa singolare atmosfera, apparentemente così lontana dalla nostra quotidianità, sembra poter riprender forma, acquistare colore solo attraverso impolverate carte d'archivio, ma così non è! Perchè, come in un quadro d'altri tempi, la Compagnia del Suffragio ancor oggi, seppur eccezionalmente, si presenta alla città con i confratelli abbigliati dei vestiti tradizionali, in momenti di devozione cristiana e continua a far celebrare messe per assolvere gli obblighi dei legati e promuovere valide iniziative di intervento sociale e culturale.

Ecco quindi uno spaccato di storia cittadina ancora vivente. Così termina il nostro cammino e sappiate che il nostro intento era quello di recuperare con voi il gusto di passeggiar curiosando, narrandovi piccoli spunti di un passato non del tutto perduto!

BIBLIOGRAFIA
AMIANI 1751, AMADUZZI e LAMEDICA 1984, AA.VV. 1996, BOJANI 1984, BLACK 1992, BORGOGELLI OTTAVIANI 1929, DELI 1989, PELOSI 1991, VARGAS 1913

MANOSCRITTI
Archivio della Curia Vescovile di Fano:
- Faldone: Prodigio della Miracolosa immagine della Beata Vergine esistente in San Giovanni Filiorum Ugonis di Fano, 1796.
Archivio della Confraternita del Suffragio:
- Cartella dei legati: copia del testamento di Luigi Vampa rogato il 26 novembre 1841
- Cartella carte varie Busta 11, c.4: Antonio Maria Pantaleoni, Memorie spettanti alla Venerabile Confraternita di Santa Maria del Suffragio di Fano


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 12.01.2010

Nessun documento correlato.


Fano: un percorso in difesa (itinerari storici)

Chiese minori e chiese scomparse a Fano (itinerari stor...