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I Monti della Cesana (itinerari - ESCURS)


Fossombrone e i Monti della Cesana

A chi, provenendo dalla costa fanese, giunge ai primi contrafforti del subappennino marchigiano, si rivela una grande gibbosità ricoperta di boschi con ai piedi una cittadina dal gradevole aspetto: Fossombrone.

Questa città, ricca di testimonianze storiche, ha origini romane. Fu denominata anticamente Forum Sempronii, probabilmente dal nome del tribuno Caio Sempronio Gracco, il quale venne nel 133 a.C. per verificare l'attuazione della Legge Agraria che, in seguito, fu causa di lotte politiche e della morte del patrizio romano.
La civitas sorgeva alle porte dell'attuale abitato, in località S. Martino del Piano, sul percorso della via Flaminia; ebbe la dignità di Municipio romano. Un pregevolissimo avanzo del selciato è visibile presso la chiesa della borgata. Fossombrone conobbe nell'epoca imperiale il massimo periodo di splendore, come testimoniano i reperti archeologici conservati nel Museo cittadino.
Con la caduta di Roma e le successive ondate di invasioni, inizia per queste contrade, come per l'Italia intera, un lungo, tremendo succedersi di guerre, carestie, distruzioni.
Conquistata e saccheggiata dai Goti nel V secolo, la città passò sotto la giurisdizione dell'Esarca di Ravenna, poi fece parte della Pentapoli Annonaria con Urbino, Cagli, Gubbio e Jesi. Di nuovo distrutta dai Longobardi di Liutprando nel secolo VIII, venne ricostruita sul colle della Cittadella che domina l'attuale abitato. Nel 999 passò sotto il potere della Chiesa, con il Papa Silvestro II.
Nei primi anni del XIII sec. la Famiglia d'Este ne fece un proprio feudo con Azzo VI e suo figlio Azzo VII. Quest'ultimo molto opportunamente decise di subaffittare al Vescovo locale le proprietà marchigiane, per poterle tutelare dalle mire espansionistiche di altre famiglie nobili della zona. Era, però, destino della città subire altre dominazioni.
Il Cardinale Albornoz assegnò per investitura l'intero territorio alla casata Malatesta con l'intenzione di ricondurre all'ubbidienza, nei confronti della Sede Apostolica Romana, il turbolento e scarsamente affidabile popolo delle Marche.
I Malatesta imposero nelle zone di loro influenza il proprio vigoroso, duro governo e provvidero, in particolare nel territorio forsempronese, a far edificare notevoli ed importanti fortificazioni. Nel 1444 la città fu venduta da Galeazzo Malatesta, signore di Pesaro, al Conte Federico da Montefeltro; iniziò un periodo di prosperità, promosso dall'illuminato Urbinate, con grande impulso all'attività dell'arte della lana, della carta e della seta. Quest'ultima durerà addirittura fino agli anni successivi alla seconda guerra mondiale, rivestendo un importante ruolo nell'economia del posto. Fossombrone conobbe anche un notevole ampliamento edilizio (Corte Alta, Corte Bassa, Palazzo ducale) e fu elevata a stabile dimora della Signoria di Guidobaldo, figlio di Federico. Con i Duchi Della Rovere si conobbero ancora anni di pace e prosperosa industriosità.
Nel 1631 con l'estinzione della casata, il ducato passò in toto a far parte dello Stato della Chiesa, seguendo le vicende comuni a tante altre città e contrade dell'Italia centrale fino all'annessione al Regno d'Italia nel 1861.

L'attività del luogo, prevalentemente agricola, si svolgeva nei fondovalle, tuttavia anche su colli e alture esistevano operosi insediamenti che traevano sostentamento da colture e pascoli. In particolar modo sulle Cesane, con l'andar del tempo, lo sfruttamento operato dall'uomo determinò l'impoverimento del terreno, già abbastanza difficile da lavorare e di fragile costituzione. A ciò si unirono le mutate condizioni climatiche, specie nel XIX secolo, con il conseguente abbandono dei campi e il degrado del territorio. Per ovviare a tale situazione, si decise nel 1915 di rimboschire il comprensorio delle Cesane; a causa della guerra, nel frattempo estesasi anche in Italia, si procedette forzatamente per le spicce. Furono utilizzate per l'impianto specie resinose di rapida crescita, non tipiche del posto, e per manodopera si impiegò quella a basso costo e discretamente abbondante fornita dai prigionieri di guerra austro-ungarici. Tale primo intervento, condotto da alcune centinaia di uomini che fino a poco prima erano stati costretti a distruggere ed uccidere, fu ripetuto in successive volte tra le due guerre e nei primi anni Cinquanta. Ancor oggi continua l'opera del Corpo Forestale, questa volta impegnata anche nella parziale conversione delle resinose usate nei rimboschimenti precedenti, con specie autoctone.
In definitiva questo bosco dall'aspetto e dalla genesi singolari, con l'attraente alternarsi di pini, abeti, carpini, aceri, roverelle e faggi, merita di essere visitato per vivere alcune ore di pace e serenità.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.1999
    Ultima modifica: 22.01.2008

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