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Il T. Auro da Parchiule alle sorgenti (itinerari - ESCURS)


Il T. Auro da Parchiule alle sorgenti (Borgo Pace e Provincia di Arezzo)

Tempo di percorrenza (solo andata): h 3.30
Lunghezza: 7 km
Difficoltà: E
Ultima verifica: 2014 (Virgilio Dionisi)

Si può iniziare il percorso a piedi da Parchiule oppure proseguire in auto lungo la strada che porta a Montelabreve e attraversa dopo circa un chilometro il confine tra le Marche e la Toscana (Comune di Badia Tedalda, Provincia di Arezzo).

Sulle alture alla nostra sinistra si scorgono prima la torre di avvistamento di Villa di Parchiule, realizzata presumibilmente nella metà del XIII secolo, e poi l'agglomerato di case di Acquaviva.

Dopo circa due chilometri da Parchiule e dopo aver superato due tornanti, sulla sinistra si incontrano alcune case (Cametrogno) ed una deviazione che ci permette di scendere al torrente Auro. Se siamo giunti in auto occorre parcheggiare qui, dato che la deviazione è una pista disagevole. Sulla scarpata si mostrano con evidenza gli strati grigiastri e giallastri inclinati di arenaria, marna e argilla che caratterizzano tutta la zona, come del resto vasta parte dell'Appennino Umbro - Marchigiano. Si tratta della cosiddetta Formazione Marnoso-Arenacea, depositatasi nel Miocene (Era Terziaria), quando in corrispondenza dell'Appennino si andavano accumulando sedimenti in un bacino marino con dorsali e depressioni orientate in senso N.O.-S.E. Dopo una breve discesa la nostra pista giunge ad un guado, mantenendosi da questo punto in poi sempre in riva destra dell' Auro. Lungo le sponde crescono il Salice rosso e il Salice dell'Appennino.

In corrispondenza del guado si notano resti di costruzioni (un tempo vi esisteva anche un mulino) e il punto di immissione dell'affluente di sinistra, il Fosso Meta. Nell'acqua limpida sono presenti il Gambero di fiume, la Trota, girini di vari Anfibi, larve di Tricotteri e i Gerridi, insetti che si spostano "pattinando" sull'acqua.

Lungo il sentiero che si dirige verso Ovest, man mano si incontrano gli alberi e gli arbusti che caratterizzano questi boschi cedui: Cerro, Roverella, Carpino nero, Acero napoletano, Acero campestre, Orniello, Salice dell'Appennino, Corniolo, Sanguinello, Nocciolo, Ginepro comune, Citiso minore e Biancospino. Seppur nascosto tra la vegetazione, il torrente segnala la sua presenza con il continuo rumore di acqua che scorre tra i sassi e supera una serie di cascatelle. Sul ciglio della scarpata sono assai diffusi gli Equiseti, la Canapa acquatica, la Lisimachia punteggiata, il Farfaraccio e il Farfaro, piante amanti dei terreni umidi.

Dopo un certo tratto si arriva ad una cascata più imponente delle altre, seppure in parte mascherata dagli alberi, con un salto ragguardevole. Ancora più avanti, con il sentiero in costante ma poco impegnativa salita, si incontra una deviazione sulla destra che ci porta ad un guado sul torrente.

Nel fango, qui come in altri tratti, capita di osservare impresse le orme del Cinghiale, del Tasso, della Volpe e di altri mammiferi. Tornati sul sentiero principale, che ora sale maggiormente e si dirige verso S.O. sempre a fianco dell'Auro, notiamo il progressivo aumento del Faggio, in questo tratto comunque ancora sporadico, associato al Cerro e a qualche Sorbo montano e Maggiociondolo alpino.

Gli uccelli che si odono più di frequente durante l'escursione sono la Ghiandaia, il Fringuello, il Luì piccolo, le Cince, la Capinera, lo Scricciolo, il Pettirosso; dove la faggeta si fa prevalente il Ciuffolotto e nelle radure lo Zigolo nero. Tra i rettili il più frequente è la Lucertola muraiola, che predilige le scarpate rocciose e i muretti. Notevole anche la profusione di farfalle dai vivaci colori che si soffermano sui fiori a fianco della strada.

Man mano la pista si fa più dissestata e ad una curva occorre abbandonarla e dirigersi verso Sud e a mezza costa, utilizzando un sentiero mal tracciato che porta a delle radure con due case diroccate in pietre di arenaria (Case Pianeri), a 885 m di quota. Le radure sono disseminate di cespugli di Ginepro comune, Biancospino e Pero selvatico. Oltrepassati questi spiazzi erbosi (ciò che rimane dei campi abbandonati connessi alle case, man mano riconquistati dalla vegetazione spontanea) occorre cercare di nuovo il sentiero verso Sud, da qui affiancato da muretti a secco. Grandi esemplari di Acero montano, Olmo montano, Faggio ed altre latifoglie ombreggiano questo suggestivo tratto di percorso.

Si entra infine nella fitta faggeta che ricopre i fianchi montani che ormai stringono il torrente Auro sino a ridurlo ad un canalone in progressiva salita. L'acqua d'estate rimane solo in piccole pozze, sparse tra i massi e i detriti dell'alveo. Il sentiero prosegue in salita sempre più decisa, col corso d'acqua ormai divenuto uno stretto canalone detritico asciutto. Il fianco montuoso raggiunge sulla cima del Monte Maggiore i 1.384 metri di quota.

Il ritorno avviene lungo lo stesso percorso seguito all'andata.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2000
    Ultima modifica: 28.03.2024

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