Opere specialistiche
I metodi di misurazione dei terremoti
Gli eventi sismici, in quanto fenomeni fisici, possono essere descritti sia qualitativamente che quantitativamente. La descrizione quantitativa, quindi la misurazione, di un terremoto è di fondamentale importanza sia nel campo delle scienze sismologiche che nei campi applicativi, quali l'ingegneria sismica.
In generale, esistono due gruppi di metodologie per la misurazione di un terremoto: le metodologie strumentali e quelle macrosismiche.
Le prime misurano direttamente, con opportuni strumenti, gli effetti fisici prodotti dal sisma, primo fra tutti lo scuotimento del terreno provocato dalla propagazione delle onde sismiche. Le seconde si basano sulla verifica e classificazione degli effetti del sisma sul territorio e sulle opere dell'uomo nelle zone colpite dall'evento calamitoso.
I metodi strumentali: la magnitudo
I metodi strumentali di misurazione di un terremoto consistono essenzialmente nelle seguenti operazioni. Si colloca sul territorio una serie di strumenti atti a misurare il movimento del terreno attraversato dalle onde sismiche (sismometri, accelerometri). Tali strumenti vengono spesso collegati in reti di varia estensione areale. Si attende il verificarsi di un evento sismico. A causa del terremoto, le onde sismiche si irradiano dalla faglia sismogenetica e si propagano attraverso la Terra fino a riemergere in superficie. Gli strumenti collocati nelle zone investite da queste onde entrano automaticamente in funzione e registrano lo spostamento ondulatorio del terreno, la sua velocità ed accelerazione per tutta la durata del sisma.
Le registrazioni così ottenute da più strumenti contemporaneamente (sismogrammi, accelerogrammi) vengono elaborate con apposite procedure matematiche e da esse si ottiene una serie di parametri derivati che definiscono la grandezza del sisma verificatosi ed altre sue caratteristiche fisiche di notevole interesse per scopi scientifici ed applicativi. Esempi di parametri che si ricavano da queste registrazioni sono: lenergia rilasciata dalla sorgente sismica; il momento sismico del movimento di faglia; la posizione spaziale e lorientamento del piano di faglia che ha generato il sisma; lo spettro delle frequenze delle onde sismiche rilasciate; le proprietà dinamiche dei terreni superficiali; ecc..
Comunque, il parametro strumentale più conosciuto, nonché quello che meglio esprime lentità di un sisma, è la magnitudo. La magnitudo è una grandezza continua adimensionale e può essere immaginata come una stima logaritmica della quantità di energia rilasciata dal sisma. Essa può in teoria assumere qualsiasi valore negativo o positivo; comunque, nei casi reali, i terremoti hanno magnitudo comprese circa tra 1,0 e 10,0. Un terremoto inizia a produrre seri danni alle attività umane quando supera (approssimativamente) il valore 5,0. I terremoti distruttivi hanno generalmente magnitudo superiori a 6,0.
A magnitudo crescenti corrispondono terremoti di energia crescente in senso esponenziale. Una formula empirica molto approssimata permette di ricavare, data una certa magnitudo, lenergia sismica corrispondente e viceversa (Gutenberg & Richter, 1956):
Da tale formula si può notare come ad ogni unità di magnitudo in più corrisponde una quantità di energia circa 30 volte maggiore.
La magnitudo di un terremoto può essere ricavata dalle registrazioni strumentali in vari modi, ognuno dei quali va utilizzato in base ad un preciso contesto (distanza dallepicentro, valore della magnitudo, qualità e quantità dei dati registrati, ecc.). Potendo utilizzare metodologie diverse, è quindi possibile che si descriva uno stesso terremoto con valori di magnitudo sensibilmente differenti. Per questo motivo è indispensabile indicare sempre la scala di magnitudo utilizzata per esprimere un dato. La scala di magnitudo più conosciuta è la Magnitudo locale (Ml), o Magnitudo di Richter (i cui valori vengono spesso impropriamente detti gradi della scala Richter). Essa viene definita come il logaritmo del rapporto tra la massima ampiezza della traccia di uno specifico sismografo per un certo terremoto e quella relativa ad un terremoto campione, pari a 1 mm alla distanza di 100 km su un sismografo del tipo Wood-Anderson (Richter, 1958).
Tra i molti altri tipi di scale di magnitudo si ricordano: la magnitudo da onde di volume (mb), basata sulla registrazione dellampiezza delle onde P ed S; la magnitudo da onde di superficie (Ms), basata sulla registrazione dellampiezza delle onde che si propagano negli strati di terreno più superficiali; la magnitudo da momento sismico (Mw) basata sulla misura del momento del terremoto generato dalla dislocazione della faglia sismica; la magnitudo di durata (Md), basata sulla durata della registrazione di un sismogramma; la magnitudo da onde di coda (Mc), basata sulle caratteristiche delle onde registrate alla fine di un sismogramma.
I metodi macrosismici: l'intensità
I metodi macrosismici si basano essenzialmente sullosservazione e catalogazione degli effetti di un terremoto sul territorio e sulle opere dellUomo. Mentre i metodi strumentali possono essere applicati solo sui terremoti di questi ultimi decenni (da quando esistono gli strumenti di registrazione), i metodi macrosismici possono essere applicati sia agli eventi recenti che a quelli del passato, storici e, addirittura, preistorici. La collocazione temporale dellevento determina la metodologia di indagine macrosismica da adottare, mentre i parametri che si ricavano alla fine dellindagine sono identici indipendentemente dallepoca del sisma.
Per studiare un terremoto attuale, immediatamente dopo levento viene fatta unindagine a tappeto su tutti i centri abitati nella zona epicentrale e nelle zone limitrofe. Si constata la tipologia e la diffusione dei danni ai manufatti in ogni località colpita; si rileva la percentuale di edifici danneggiati in varia misura; si annotano eventuali effetti sul territorio, quali frane, cedimenti del terreno, variazioni dellassetto idrogeologico; si intervistano gli abitanti e si chiede loro di descrivere levento.
Per studiare un terremoto avvenuto in epoca storica si compiono delle ricerche sia archeologiche che sulla documentazione scritta e iconografica che ci perviene dal passato. Quindi, tale documentazione viene interpretata da storici e sismologi che individuano, in un determinato contesto temporale, geografico e culturale, un evento sismico (sismologia storica). A questo punto, sempre sulla base della documentazione reperita, si tenta di caratterizzare levento in termini di collocazione temporale, posizione dellepicentro, grandezza del sisma e tipologia dei suoi effetti, vastità dellarea colpita, ecc..
Per studiare un terremoto avvenuto in epoca preistorica vengono prevalentemente utilizzate metodologie di tipo geologico (paleosismologia). Con esse si possono individuare tracce fossili di terremoti avvenuti nel passato, quali faglie che dislocano terreni geologicamente recenti, grosse paleo-frane inspiegabili senza un innesco sismico, suoli che evidenziano strutture di cedimento o fenomeni di liquefazione avvenuti nel passato.
Il prodotto finale di ciascuna di queste metodologie è la ricostruzione del campo macrosismico di un terremoto, ovvero la suddivisione dellarea colpita dal sisma in sotto-aree (generalmente concentriche, comunque irregolari) entro le quale si sono manifestati effetti sismici simili come tipologia ed entità. Tali sotto-aree sono delimitate da linee dette isosisme.
Al fine di ordinare in maniera congruente gli effetti sismici rilevati con i metodi macrosismici sono state create varie scale macrosismiche, ovvero tabelle in cui, ad ogni gruppo di effetti sismici osservati viene assegnato un grado di severità o intensità macrosismica. In genere, queste scale vengono ordinate dal grado di effetti più blandi a quello con gli effetti più disastrosi. Ovviamente, allinterno di un campo macrosismico, lintensità varia da zona a zona e risulta, generalmente, massima allepicentro e diminuisce gradualmente allontanandosi da esso.
Una delle scale macrosismiche più note ed utilizzate in Italia è la Scala MCS (Mercalli - Cancani - Sieberg), la quale è suddivisa in 12 gradi di intensità crescente (Sieberg, 1930).
Grado I) Impercettibile. Rilevato soltanto dai sismografi.
Grado II) Molto leggero. Sentito soltanto da persone estremamente sensibili o nervose, in perfetta quiete e quasi sempre nei piani superiori dei caseggiati.
Grado III) Leggero. Anche in zone densamente abitate viene percepito come terremoto soltanto da una piccola parte degli abitanti nell'interno delle case, come nel caso del passaggio di un pesante mezzo. Da alcuni viene riconosciuto come terremoto soltanto dopo averne parlato con altri.
Grado IV) Moderato. All'aperto il terremoto è percepito da pochi. Nelle case è notato da numerose persone ma non da tutti, a seguito del tremolio o di oscillazioni leggere di mobili. Cristalleria e vasellame, posti a breve distanza, urtano come al passaggio di un pesante autocarro su strada dissestata. Finestre tintinnano, porte, travi e assi in legno scricchiolano, cricchiano i soffitti. In recipienti aperti, i liquidi vengono leggermente mossi. Si ha la sensazione che in casa si sia rovesciato un oggetto pesante, si oscilla con tutta la sedia o il letto come su una barca. In generale questi movimenti non provocano paura a meno che le persone non si siano innervosite o spaventate a causa di terremoti precedenti. In rari casi i dormienti si svegliano.
Grado V) Abbastanza forte. Nel pieno delle attività giornaliere, il sisma viene percepito da numerose persone nelle strade e, se sensibili, anche in campo aperto. In casa si avverte in seguito allo scuotere dell'intero edificio. Piante e piccoli rami di cespugli ed alberi si muovono con evidenza, come se ci fosse un vento moderato. Oggetti pendenti come lampade, tendaggi, lampadari non troppo pesanti entrano in oscillazione, campanelle suonano. Gli orologi a pendolo si fermano od oscillano con maggiore periodo, a seconda della direzione della scossa se perpendicolare o normale al moto di oscillazione. A volte orologi a pendolo fermi riprendono il movimento. La luce elettrica guizza o viene a mancare in seguito a movimenti della linea. I quadri urtano, battono contro le pareti oppure si spostano, da recipienti colmi e aperti vengono versate piccole quantità di liquido, ninnoli ed oggetti del genere possono cadere come pure gli oggetti addossati alle pareti, arredi leggeri possono essere spostati di poco, mobili rintronano, porte ed imposte sbattono, vetri delle finestre si infrangono. Quasi tutti i dormienti si svegliano. Sporadici gruppi di persone fuggono all'aperto.
Grado VI) Forte. Il terremoto viene notato da tutti con paura, molti fuggono all'aperto, alcuni hanno la sensazione d'instabilità. Liquidi si muovono fortemente, quadri, libri e cose simili cadono dalle pareti e dagli scaffali, porcellane si frantumano, suppellettili assai stabili e perfino pezzi d'arredo vengono spostati se non rovesciati, piccole campane in cappelle e chiese, e orologi di campanili battono. Case isolate, solidamente costruite subiscono danni leggeri, spaccature all'intonaco, caduta del rinzaffo di soffitti e di pareti. Danni più forti, ma non ancora pericolosi, si hanno sugli edifici mal costruiti. Qualche tegola e pietra di camino cade.
Grado VII) Molto forte. Notevoli danni vengono provocati ad oggetti di arredamento anche di grande peso. Grandi campane rintoccano. Corsi d'acqua, stagni e laghi si agitano e s'intorbidiscono a causa della melma mossa. Qua e là, parte delle sponde di sabbia e ghiaia scivolano via. Varia la portata delle sorgenti. Danni moderati a numerosi edifici costruiti solidamente: piccole spaccature nei muri, caduta di toppe piuttosto grandi dell'incalcinatura e dello stucco, a volte anche di mattoni. Caduta generale di tegole. Molti fumaioli vengono lesi da incrinature. Camini già danneggiati si rovesciano sopra il tetto danneggiandolo. Da torri e costruzioni alte cadono decorazioni mal fissate. Quando la casa è a pareti intelaiate, i danni all'incalcinatura e all'intelaiatura sono più gravi. In casi isolati distruzione di case mal costruite oppure riattate.
Grado VIII) Rovinoso. Interi rami d'albero pendono rotti e perfino si staccano. Anche i mobili più pesanti vengono spostati lontano e a volte rovesciati. Statue, monumenti in chiese, in cimiteri e parchi pubblici, ruotano sul proprio piedistallo oppure si rovesciano. Solidi muri di cinta in pietra si rompono e crollano. Circa il 25% delle case è gravemente leso, alcune crollano, molte diventano inabitabili, gran parte di queste cadono. Negli edifici intelaiati cade gran parte della tamponatura. Case in legno vengono schiacciate o rovesciate. Spesso campanili di chiese e di fabbriche con la loro caduta causano danni agli edifici vicini più di quanto non avrebbe fatto da solo il terremoto. In pendii e terreni acquitrinosi si formano crepe. In terreni bagnati si ha l'espulsione di sabbia e melma.
Grado IX) Distruttivo. Circa il 50% delle case in pietra sono distrutte, molte crollano, la maggior parte diviene inabitabile. Case ad intelaiature sono divelte dalle proprie fondamenta e crollano, travi strappate a seconda delle circostanze contribuiscono alla rovina.
Grado X) Completamente distruttivo. Gravissima distruzione di circa il 75% degli edifici, la maggior parte crolla. Perfino costruzioni solide di legno e ponti subiscono gravi lesioni, alcuni vengono distrutti. Argini e dighe ecc., chi più, chi meno, sono danneggiati notevolmente, binari leggermente piegati e tubature (gas, acqua e scarichi) vengono troncate, rotte e schiacciate. Nelle strade lastricate e asfaltate si formano crepe e per pressione sporgono larghe pieghe ondose. In terreni meno densi e più umidi si creano spaccature fino alla larghezza di più decimetri, si notano parallelamente ai corsi d'acqua spaccature che raggiungono larghezze fino a un metro. Non solo pezzi di terreno scivolano dai pendii, ma interi macigni rotolano a valle. Grossi massi si staccano dagli argini dei fiumi e da coste scoscese, riviere basse subiscono spostamenti di masse sabbiose e fangose, per cui il livello del terreno viene notevolmente variato. Le sorgenti subiscono frequenti cambiamenti di livello dell'acqua. Da fiumi, canali e laghi ecc., le acque vengono gettate contro le sponde.
Grado XI) Catastrofico. Crollo di tutti gli edifici in muratura, resistono soltanto le capanne di legno e le costruzioni ad incastro di grande elasticità. Anche i ponti più sicuri crollano a causa della caduta di pilastri in pietra o del cedimento di quelli in ferro. Binari si piegano fortemente e si spezzano. Tubature interrate vengono spaccate e rese irreparabili. Nel terreno si manifestano vari mutamenti di notevole estensione, a seconda della natura del suolo, si aprono grandi crepe e spaccature. Soprattutto in terreni morbidi e acquitrinosi il dissesto è considerevole sia orizzontalmente che verticalmente. Ne segue il trabocco di sabbia e melma con diverse manifestazioni. Sono frequenti lo sfaldamento di terreni e la caduta di massi.
Grado XII) Grandemente catastrofico. Non regge alcuna opera dell'Uomo. Lo sconvolgimento del paesaggio assume aspetti grandiosi. Corsi d'acqua sia superficiali che sotterranei subiscono mutamenti vari, si formano cascate, scompaiono laghi, fiumi deviano.
(Da La scala macrosismica MCS (Mercalli - Cancani - Sieberg)).
Altre scale macrosismiche attualmente in uso sono: la scala MSK (Medvedev - Sponheuer - Karnik), la quale utilizza informazioni di tipo ingegneristico sugli edifici e sui danni ad essi associati; la scala EMS (European Macroseismic Scale), definita con criteri comuni a livello europeo e basata sulla scala MSK; la scala MMS (Modified Mercalli Scale), basata sulla scala Mercalli con aggiornamenti, utilizzata prevalentemente negli U.S.A.; la scala JMA (Japanese Meteorological Agency), scala macrosismica giapponese basata su meno classi di danno rispetto a quelle derivate dalla Mercalli.
Correlazione tra magnitudo e intensità
Nonostante la magnitudo e lintensità epicentrale esprimano, con criteri diversi, la grandezza di un terremoto, e nonostante sia evidente una certa correlazione diretta tra queste due grandezze (ad elevate magnitudo corrispondono spesso elevate intensità e viceversa) non è altrettanto chiaro né quale sia la loro corretta correlazione né, addirittura, se ne esista una fisicamente accettabile.
Daltro canto, è spesso indispensabile poter ricavare una delle due grandezze, nota laltra. Ad esempio, per far scattare un piano di emergenza ci si basa sul rilevamento in tempo reale di un terremoto mediante una rete sismica. Lanalisi dei dati registrati dalla rete permette di localizzare levento e di stimarne la magnitudo, ma, per ottenere una stima dello scenario dei danni provocati dal sisma (al fine di calibrare gli interventi di soccorso), occorre convertire il dato di magnitudo in un dato di intensità macrosismica. In tal modo si può stimare approssimativamente che percentuale di case possono essere crollate o quanti senzatetto bisogna prepararsi a soccorrere.
Come secondo esempio si ricordano gli studi di sismologia storica, i quali permettono di ricostruire lo scenario dei danni (campo macrosismico) di terremoti avvenuti anche secoli fa. Da tali studi si ottiene quindi un dato primario di intensità dellevento. Ma, al fine di caratterizzare anche dal punto di vista fisico questi terremoti, occorre convertire il dato (misurato) di intensità macrosismica in un dato (stimato) di magnitudo. Questultima verrà allora detta magnitudo macrosismica perché non misurata direttamente con strumenti, ma ricavata da dati macrosismici.
Vi sono vari motivi per i quali non è possibile disporre di una metodologia universale e precisa per convertire un valore di magnitudo in intensità e viceversa. Innanzitutto, la magnitudo è una grandezza fisica continua, esprimibile con un numero reale, mentre lintensità macrosismica è espressa come un valore ordinale, un indice di classe di appartenenza. In teoria, quindi, esse non sarebbero matematicamente confrontabili mediante funzioni del tipo M=m(I) ed I=i(M), almeno non senza forzature metodologiche. Inoltre, lentità, la vastità e la distribuzione dei danni in superficie (espressi col dato di intensità) non dipendono solo dalla magnitudo del sisma, ma anche dalla sua profondità, dalla geometria della faglia sismica, dallirradiamento delle onde sismiche e dalle condizioni geologiche-geomorfologiche dei terreni superficiali che amplificano il moto sismico.
E per questi motivi che i sismologi utilizzano oggigiorno molteplici metodologie per ricavare questi due parametri uno dallaltro. Ogni metodologia risulterà accettabile solo se utilizzata in un preciso contesto temporale, geografico e sismotettonico e sarà comunque sempre affetta da un errore statistico più o meno elevato. Le varie metodologie oggi esistenti si raggruppano in tre filoni distinti:
- Le metodologie che, a partire da insiemi di eventi registrati di cui è stata misurata direttamente sia lintensità che la magnitudo, utilizzano tecniche statistiche di regressione per ottenere funzioni empiriche del tipo M=m(I) ed I=i(M); tali metodologie forzano il dato di intensità a comportarsi come una grandezza fisica continua.
- Le metodologie che, rispettando la natura ordinale del dato di intensità, elaborano statisticamente i dati ottenendo distribuzioni di probabilità di magnitudo per ogni classe di intensità.
- Le metodologie multiparametriche, le quali si basano sui criteri delle prime due, ma considerano anche ulteriori parametri sismologici per raffinare la stima probabilistica di M od I; tra questi parametri aggiuntivi si ricordano la profondità dellipocentro, la geometria del campo macrosismico, il contesto sismotettonico, le proprietà geologiche del suolo.
Si menzionano di seguito a titolo desempio alcune formule di conversione tra intensità e magnitudo. Ulteriori esempi di metodologie simili possono essere reperiti consultando le seguenti fonti bibliografiche: Peronaci (1973); ING-SGA (1997); Albarello et al. (1990); Albarello et al. (1995); Sibol et al. (1987); Di Maro e Tertulliani (1990); Tinti et al. (1986); Cavallini e Rebez (1996).
Magnitudo di Karnik (1969)
Karnik (1969), considerando i terremoti dellarea italiana, propose la seguente relazione empirica tra intensità epicentrale e magnitudo:
dove Mk è la magnitudo macrosismica di Karnik, I lintensità macrosismica epicentrale (gradi MCS), a, b e c sono tre parametri che, in base alla profondità ipocentrale H (km) e alla latitudine epicentrale LatEp, assumono i seguenti valori:
Caso 1) H nota: a = 0.350 b= log H c = 0.510
Caso 2) H sconosciuta, LatEp > 44°: a = 0.950 - b = 0.000 - c = 0.531
Caso 3) H sconosciuta, LatEp < 44°: a = 1.000 - b = 0.000 - c = 0.511
Magnitudo di Galanopoulos (1961)
Galanopoulos (1961) definì un metodo per il calcolo della magnitudo macrosismica Mg a partire dall'area Ai (espressa in kmq) delle isosisme di grado i-esimo (gradi MCS):
dove:
Magnitudo macrosismica da Albarello e Mucciarelli (1989)
Sulla base di un approccio statistico non-parametrico, Albarello e Mucciarelli (1989) hanno ricavato per i terremoti di area italiana alcune tabelle probabilistiche di correlazione tra magnitudo ed intensità massima e viceversa. Nelle due tabelle seguenti si riassume il contenuto delle correlazioni ricavate dagli Autori (vedi Tabella 1 a lato).
Magnitudo macrosismica da Castenetto et al. (1991)
Eseguendo analisi di regressione sui dati dei più forti terremoti del XX secolo, Castenetto et al. (1991) hanno ottenuto le seguenti relazioni empiriche, valide per larea italiana (Ml è la magnitudo locale, mentre Ms è la magnitudo da onde di superficie; h è la profondità dellipocentro del sisma; Io è lintensità massima del sisma in gradi MCS).
Per tutti i terremoti: | Ml = 2,19 0,33 Io 0,37 log h |
terremoti con profondità h compresa tra 5 e 30 km: | Ml = 2,48 0,35 Io |
Per terremoti con Ms>=5,5 senza considerare la profondità h: | Ms = 2,02 0,42 Io |
Per terremoti con Ms>=5,5 considerando anche la profondità h: | Ms = 1,82 0,43 Io 0,17 log h |
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 17.11.2005
Ultima modifica: 17.10.2011
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