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Pesaro e dintorni negli aspetti naturali: Geologia – La serie dei terreni: Miocene, Pliocene, Quaternario


PESARO E DINTORNI NEGLI ASPETTI NATURALI

Geologia: la serie dei terreni
Miocene. Già fu dato qualche cenno generico sui periodi, epoche ed età rappresentati nei complessi sedimentari affioranti nei dintorni di Pesaro; vediamo ora di approfondire un poco più la questione, iniziando l’esame della serie corrispondente all’epoca più antica fra le quattro delle quali ci è consentito osservare le testimonianze nel nostro circondario.

Le formazioni riferibili alla serie miocenica sono distribuite abbastanza largamente nel Pesarese, ma localizzate esclusivamente nei settori nordoccidentale e sudorientale del territorio, e limitatamente ai complessi rappresentanti l’Elveziano e Tortoniano (Miocene Medio), ed il Messiniano (Miocene Superiore), mancano affioramenti di rocce rapportabili al Miocene Inferiore (Aquitaniano e Langhiano).

Le formazioni più antiche – riferibili appunto all’Elveziano (od almeno alla sua porzione superiore) ed al Tortoniano – sono visibili in sia pur limitata misura nel basso versante nordorientale del M. Castellaro, alla Siligata, in sinistra del Fosso della Ranocchia, e nei pressi di S. Colomba. Sono alternanze di marne in grigio-azzurrognole (talora argillose, talora calcaree), più raramente di calcari marnosi grigio-biancastri, costituenti la cosiddetta Formazione dello Schlier, termine un po’ esotico ormai entrato stabilmente nella nomenclatura geologica italiana, ma forse usato un po’ impropriamente, in quanto spetterebbe in senso stretto solo a certe rocce mioceniche del bacino di Vienna. La potenza di tale formazione – che in altre parti della nostra Provincia raggiunge e supera i 300 m – non è ben valutabile nel Pesarese poiché la formazione medesima affiora incompletamente od imperfettamente, tuttavia sembra essere di non poco inferiore a quella sopraccennata.

Allo Schlier, elveziano-tortoniano, succede verso l’alto – talvolta preceduto da qualche strato molassico di età forse ancora tortoniana – un poco potente complesso (1 o pochi m) di marne argillose di colore dal grigiastro o giallo-ocraceo al bruno-scuro o nerastro (per impregnazioni bituminose), ben riconoscibile nel basso versante Nordest del M. Castellaro, e costituente la Formazione dei ghioli di letto (ossia la formazione di letto dei successivi orizzonti gessoso-solfiferi), corrispondente per età al livello più basso del Messiniano Inferiore.

Ai livelli superiori del Messiniano Inferiore ed al Messiniano Medio appartiene invece la successiva Formazione gessoso-solfifera, affiorante con netta evidenza nel basso versante a mare del M. Castellaro e presso S. Colomba, ma con potenza piuttosto limitata (20 – 30 m). E’ costituita da una successione ed alternanza di strati marnosi, marnoso-tripolacei, argillosi, gessosi, più raramente calcarei od arenaceo-gessosi, con qualche orizzonte riccamente fossilifero.

Distribuzione territoriale ben più vasta, e potenza assai superiore (dell’ordine anche di qualche centinaio di m), ha invece il complesso rappresentante la porzione superiore del Messiniano Medio ed il Messiniano Superiore; sono arenarie più o meno cementate, molasse e sabbie, con intercalazioni argillose o marnoso-argillose, talora calcaree (Formazione a colombacci). Tale formazione interessa l’intero rilievo del M. Accio, il contrafforte Boncio–M.Bacchino– Roncaglia, il M. della Badia ed i dossi di S. Colomba e della Torraccia nel settore nordoccidentale del territorio, mentre nel sudorientale la troviamo in tutta la zona del M. Ballante e di S. Croce tra S.Pietro in Calibano e l’alto corso del Rio delle Geniche, nei colli dello spartiacque Arzilla–Genica del M. della Fuga sino ai pressi del Trebbio della Sconfitta, ed in alcuni loro contrafforti verso il Rio delle Geniche (Puglia, Valle, M. del Castagneto).

Con questo abbiamo praticamente esaurito la serie miocenica, poiché gli orizzonti superiori della Formazione a colombacci sfumano già in quella serie pliocenica che esamineremo nella prossima occasione.

In tutte le sopraccennate formazioni mioceniche i macrofossili sono rari, salvo che in qualche isolato orizzonte dello Schlier, della Formazione dei ghioli di letto, e, come già accennato, della gessoso-solfifera, ove si rinvengono (talvolta in abbondanza) resti di vegetali ed animali marini e terrestri; notizie più particolareggiate in proposito possono trovarsi in un recentissimo lavoro di B. BEDOSTI (Il Miocene di M. Castellaro (Pesaro), in Natura, 66: 79-84. Milano, 1975). Per quanto invece concerne i microfossili (rappresentati essenzialmente da Foraminiferi), essi abbondano nella Formazione dello Schlier (con varie specie dei Generi Bolivina, Cassidulina, Globoquadrina, Globorotaria, Orbulina, Urigerina, ecc.) per poi divenire progressivamente più rari nei complessi superiori, sino a scomparire completamente o quasi; indice questo di modificazioni dell’ambiente marino nel quale si verificarono le sedimentazioni donde si originarono le attuali rocce.


Pliocene. Si esaminò ultimamente la serie miocenica; diamo ora uno sguardo alle formazioni della successiva serie pliocenica, formazioni che nel circondario pesarese presentano una distribuzione territoriale ed una potenza nel complesso ben superiori a quelle delle precedenti. Si può ben dire che di esse sono costituiti, come vedremo più avanti, tutti i rilievi dei settori occidentali ed orientali del territorio, nonché di buona parte del meridionale e sudorientale.

Si usa generalmente dividere il Pliocene in due piani: uno inferiore (Piacenziano), ed uno superiore (Astiano); tuttavia, per svariati motivi sui quali non ci si può qui soffermare (ed a proposito dei quali si veda fra l’altro: R. Selli e G. Ruggieri, Il Pliocene ed il Postpliocene dell’Emilia, in Int. Geol. Congr., XVIII Sess., Great Britain 1948, Rep. part IX, 85-93. 1950), per la nostra regione occorre seguire un differente criterio di divisione, distinguendo tre piani: Pliocene Inferiore, Medio, e Superiore.

Il Pliocene lnferiore, che nei suoi livelli più bassi è ben difficilmente separabile dal sottostante Messiniano Superiore (la distinzione tra i due piani è possibile solo sulla base dello studio dei microfossili), si presenta nel Pesarese con due diverse facies litologiche, ossia con due tipi di formazioni rocciose: una argillosa-marnosa, ed una sabbioso-arenacea. Nella prima, ben visibile nei colli del bacino del Fosso della Genga, e nella zona compresa tra il Trebbio della Sconfitta a Sudest ed il medio corso del Fosso di Falcineto a Nordovest, troviamo argille marnose azzurre, talvolta un po’ sabbiose; nella seconda, che si mostra nella maggior parte dei rilievi compresi nel bacino del Rio delle Geniche (M. Ardizio-M. Delle Commende; M. della Zaccona-M. Sisto-S.Nicola-Bregnana; Madonna dei Mazza-Angelo Custode-Villa Baratoff; M. del Castagneto; ecc.), e nel tratto della dorsale spartiacque Foglia-Genica compreso tra S. Croce e Casa di Salute, si osservano invece sabbie e molasse, talora arenarie più o meno cementate e qualche intercalazione argilloso-marnosa. La potenza di questi complessi è difficilmente valutabile, ma rientra certamente nell’ordine delle centinaia di metri.

Il Pliocene Medio è rappresentato nel nostro territorio pressocché esclusivamente della facies argillosa: argille marnose azzurre, talora un po’ sabbiose, non o poco differenziate (salvo le diverse microfaune fossili) da quelle del piano precedente; rare le intercalazioni sabbioso-molassiche. Troviamo questa formazione nei rilievi dei bacini dei Fossi della Selva Grossa e della Biscia, nel tratto della dorsale spartiacque Foglia-Arzilla dai pressi del Trebbio della Sconfitta al Palazzaccio (Querciabella, M. della Blilla), e nei suoi contrafforti verso la valle del Foglia (alti bacini dei Fossi di Torcivia e di Falcineto). Anche in questo caso la potenza del complesso è difficilmente valutabile, ma tuttavia notevole.

Ben poco rappresentato è invece nei dintorni di Pesaro il Pliocene Superiore, che ci si mostra con una certa evidenza - e con una potenza di qualche diecina di metri - solo nel tratto dello spartiacque Foglia-Tavollo da Monteluro a M. Peloso. Anche questo piano si presenta con due facies: quella dei livelli inferiori, essenzialmente argillosa (argille marnose azzurre, più o meno sabbiose, con qualche intercalazione decisamente sabbiosa), e quella dei livelli superiori (sommità di Monteluro e M. Peloso), sabbioso-molassica od arenacea.

Anche nei complessi della serie pliocenica i macrofossili sono assai rari; solo alla sua sommità (a Monteluro ed a M. Peloso) si notano orizzonti fossiliferi con ricche faune costituite soprattutto da Molluschi marini in genere caratteristici di mare poco profondo. Contrariamente a quanto invece si disse a proposito del Miocene, sono presenti in tutta la serie le microfaune fossili a Foraminiferi, con rappresentanti dei Generi Cibicides, Globigerina, Globorotalia, Orthomorphina, Quinquelobulina, Uvigerina, Virgulina, ecc.

Un interessante fenomeno osservabile nelle formazioni plioceniche ed anche in alcune che sembrerebbero riferibili al Miocene Superiore - è costituito dalla presenza entro i depositi sabbioso-molassici di lenti o strati di ciottoli sciolti o talora debolmente cementati in paraconglomerati; ciottoli appartenenti a tipi litologici (graniti, sieniti, gneiss, porfidi ed arenarie porfidiche, porforiti, micascisti, dolomie, calcari anche metamorfici, ecc.) non presenti in posto né nella nostra regione, né per amplissimo raggio nelle contermini. Sull’origine di tali ciottoli - che si rinvengono in varie località del territorio (Monteluro, M. Peloso, Madonna dei Mazza ed altri dintorni di Novilara, S. Veneranda, ecc.), ed anche al di fuori del territorio stesso - molto si è discusso e scritto ed i pareri in proposito sono discordi e contrastanti; avremo forse occasione di tornare successivamente sull’argomento.


Quaternario o Neozoico. Siamo ormai giunti alla parte più alta e recente della serie dei terreni. Alla fine del Pliocene – o al più tardi nei primi tempi del Pleistocene (Quaternario inferiore) - ebbe termine nel nostro territorio il regime marino, e si verificò quindi la totale emersione dell’area pesarese. E` assai probabile che qualche digitazione marina, sia pure non molto estesa, sia persistita durante le prime età pleistoceniche nelle zone più basse del circondario (valle del Foglia, valli del bacino delle Geniche, ecc.), e di ciò sembra trovarsi testimonianza in alcuni modesti affioramenti ghiaiosi o sabbiosi (contenenti qualche avanzo fossile di animali pelagici) che si notano occasionalmente in alcune delle valli inserite tra i primi rilievi collinari, o in altri consimili depositi non affioranti - che talora si incontrano a profondità più o meno limitata durante perforazioni del suolo. D'altra parte va tenuto presente che l’emersione non fu repentina, ma graduale e protratta nel tempo; quindi il mare non abbandonò subitaneamente tutto il territorio, ma lasciò dapprima scoperte quelle che sono oggi le zone più elevate, e poi le più depresse. Certo però si è che la massima parte dei terreni quaternari affioranti nel Pesarese (così come nelle aree limitrofe) è di deposito continentale, conseguente all’azione disgregatrice esercitata sulle terre emerse dagli agenti atmosferici, e a quella di erosione e trasporto operata dalle acque correnti superficiali.

Come già accennai trattando delle pianure pesaresi (v. Il Quotidiano n. 7. 11/l/76), al Pleistocene - ma non certamente alla sua porzione più antica - sono da riferire i sedimenti largamente visibili nella valle del Foglia e lungo il basso e medio corso dei suoi affluenti, nonché nel bacino del Rio delle Geniche. Sono ghiaie, sabbie, sabbie argillose e argille sabbiose (spesso ricoperte da una più o meno spessa coltre di terra argillosa o argilloso-sabbiosa di origine colluviale), accumulate in corrispondenza di terrazzi alluvionali di III, o assai più frequentemente di IV ordine, si tratta cioè di depositi fluvio-alluvionali, forse (almeno nella pianura circondante la città di Pesaro, e nella parte inferiore della valle del Foglia) con il concorso di depositi litoranei, reincisi per successivi abbassamenti del letto dei corsi d’acqua, così da assumere un caratteristico profilo a terrazzi via via più bassi con il procedere dalle parti laterali del fondovalle verso l`attuale alveo fluviale.

Depositi corrispondenti al III ordine dei terrazzi non ne esistono in grande quantità nei dintorni di Pesaro; se ne vedono in sinistra del Foglia lungo la Strada Statale Urbinate tra Borgo S. Maria ed il Ponte della Selva Grossa, e, poco più a valle, attorno a Case Bruciate; in destra del Foglia sono invece presenti a S. Fabiano e presso S. Giorgio lungo la strada S. Pietro in Calibano-Montelabbate. Qualche altro lo troviamo nei bacini degli affluenti del nostro fiume (così in quello del Fosso della Badia, e più precisamente lungo la Strada Statale Adriatica da poco oltre S. Maria delle Fabbrecce sino alle Logge ai piedi della Siligata), mentre nel bacino del Rio delle Geniche ve ne sono ai piedi del rilievo dell’Ardizio da sotto la Villa Ninchi sino alla media Val di Sajano, tra S. Veneranda e la Villa Baratoff, e, in lembi minori, in pochi altri luoghi.

Al IV ordine dei terrazzi corrispondono invece i depositi che ricoprono la maggior parte della pianura del Foglia dall`altezza di Borgo S. Maria sino a tutta la zona in sinistra della foce del fiume: Soria e Piazza d`Armi (quest`ultima oggi designata da un neotoponimo sofisticato e del tutto improprio: Baia Flaminia) e del Genica, nonché i fondovalle inferiori e medi dei vari affluenti del primo, e delle diramazioni del secondo.

All'Olocene (Quaternario superiore) vanno riferiti i recenti ed attuali depositi fluvio-alluvionali presenti nell’alveo del Foglia (ghiaie, sabbie, sedimenti argilloso-sabbiosi, ecc.), nonché le sabbie e ghiaie che ricoprono la stretta cimosa litoranea del territorio; rientra in quest`ultima anche quella parte della città di Pesaro che si estende attualmente ad Est, Nordest e Nord dell`antica cinta murata roveresca, ossia tutta la zona-mare della città stessa, ed il settore compreso tra il Borgo e il Foglia.

Di non facile attribuzione in fatto di tempi geologici - perlomeno se si vuol scendere ai particolari - sono i depositi colluviali distribuiti un po’ in tutto il territorio, ma soprattutto al piede dei rilievi che fiancheggiano la valle del Foglia (ove i limiti tra tali depositi e quelli alluvionali sono spesso piuttosto incerti, e si ha presenza di intercalazioni e sovrapposizioni), e nei tratti superiori e testate delle valli secondarie e minori. Questi depositi sono in genere costituiti da fine terra argillosa, sabbiosa, o argillosa-sabbiosa, spesso di colore rossiccio, brunastro o giallastro, e sono stati originati dalla degradazione e dilavamento delle superfici dei rilievi, e successiva discesa per gravità ed accumulo alla base dei pendii; di epoca olocenica nei livelli superiori, essi sono sicuramente da riferire al Pleistocene negli inferiori.

Non si può certamente affermare che nei terreni quaternari del Pesarese abbondino i fossili; tuttavia si trova qualche Mollusco nei depositi ghiaiosi e subbiosi prima accennati (forse riferibili al Calabriano o all'Emiliano), e molti resti di Molluschi terrestri sono presenti un po’ ovunque, così come residui ossei di Mammiferi (ossa di Cervidi, e anche di animali appartenenti ad altre famiglie, furono rinvenuti in un orizzonte archeologico a Monteluro), più raramente di Uccelli, Anfibi e Rettili. Rari o rarissimi invece, almeno per quanto a me consta, sono i resti vegetali.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 23.08.2010
    Ultima modifica: 23.08.2010

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