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Pesaro e dintorni negli aspetti naturali: Geologia – Minerali e rocce


PESARO E DINTORNI NEGLI ASPETTI NATURALI

Geologia – Minerali e rocce
I minerali. Sia innanzitutto chiaro che, parlando di minerali, intendo riferirmi solo a quelli che vengono considerati tali nella più comune accezione del termine, prescindendo da quegli altri (e sono molti) che nel nostro territorio si trovano esclusivamente quali componenti essenziali od accessori delle varie rocce. Le Marche, si sa, sono una regione mineralogicamente povera, e questa carenza è ancor più accentuata nel settore esterno; il circondario pesarese - che su tale settore insiste per intero - non costituisce certamente un’eccezione alla regola. Aggiungo che le mie conoscenze sui minerali del Pesarese si limitano a quanto ho potuto raccogliere e osservare nel corso degli anni, e poiché parte dei miei materiali si è perduta durante l’ultima guerra, mentre il rimanente - passato in collezioni di istituti d’Oltralpe - non è più a mia disposizione immediata, può darsi che di alcuni io abbia perso memoria. Comunque riporto qui quanto, sulla base dei ricordi e con l’aiuto di un po’ di vecchi appunti, credo di poter riferire con una certa sicurezza, chiedendo anticipatamente scusa al Lettore per eventuali omissioni o dimenticanze.

Seguendo l’articolazione di una delle più comuni classificazioni, i minerali del Pesarese si ripartono - in base alla loro composizione chimica - in sei classi: Elementi nativi, Solfuri, Alogenuri, Ossidi e Idrossidi, Carbonati, Solfati.

Della prima classe è presente da noi solo un metalloide: lo zolfo (o solfo, come sarebbe forse più proprio dire); si trova in piccole quantità in alcuni orizzonti della Formazione gessoso-solfifera (basso versante Nordest del M. Castellaro, dintorni di S. Colomba), ora nella forma cristallina (ma con cristalli in genere assai piccoli e anche piuttosto brutti), ora allo stato amorfo (zolfo saponaceo).

Meglio rappresentata è la classe dei Solfuri, che ci offre la pirite e la marcasite. La prima (bisolfuro di ferro cristallizzato nel sistema monometrico) si trova raramente in noduli - il più spesso molto alterati (limonitizzati) - nelle marne argillose del Messiniano medio e superiore (versante a mare del rilievo del M. Accio), e talora nelle argille del Pliocene inferiore e medio (bacino del Fosso della Genga, dintorni del Trebbio della Sconfitta); la forma cristallina è cubica, talvolta pentagonododecaedrica. La seconda (bisolfuro di ferro cristallizzato nel sistema rombico) è sporadicamente presente in forma di noduli a struttura raggiata - anche questi in genere assai alterati - nelle marne e nei calcari evaporitici (“colombacci”) del Messiniano medio e superiore (rilievo del M. Accio, dintorni di Novilara e di Candelara).

Della classe degli Alogenuri abbiamo solo il salgemma (cloruro di sodio), a me noto del Pesarese per un unico campione raccolto molti anni addietro in un orizzonte marnoso-calcareo-gessoso (Formazione gessoso-solfifera) presso S. Colomba, presentante una cristallizzazione fibrosa nella parte inferiore, minutamente granulare nella mediana, a piccoli cubi nella superficiale.

Alla classe degli Ossidi e Idrossidi vanno riferite la selce piromaca, la diatomite, la limonite e la manganite. La selce (biossido di silicio in abito finemente cristallino o quasi amorfo) è assai comune nelle ghiaie litoranee (assai più rara nelle fluviali), con provenienza appenninica per trasporto fluviale, e si presenta in pressoché infinita gamma di colori: dal bianco al bruno o nero, rosso, verde, azzurrognolo, ecc. La diatomite (ovvero tripoli o farina fossile; biossido di silicio organogeno, in abito amorfo, farinoso) si rinviene in alcuni orizzonti marnosi della Formazione gessoso-solfifera nel versante a mare del M. Castellaro, più raramente presso S. Colomba. La limonite (idrossido di ferro) è più o meno comune in tutto il nostro territorio, soprattutto in rocce marnose, arenacee e molassiche; ora in masserelle anche compatte (da alterazione di noduli di pirite e marcasite), ora in straterelli terrosi di origine diagenetica, varia nel colore dal giallastro al rossiccio, al bruno. Infine la manganite (idrossido di manganese): si presenta in patine amorfe (o talvolta in graziose dendriti) bruno-scure o nerastre sui ciottoli dell`alveo del Foglia e nei depositi ghiaiosi litoranei, con provenienza il più delle volte dalle formazioni caotiche (“argille scagliose”) del Montefeltro. Dendriti di manganite ne ho però anche trovate in orizzonti marnoso-calcarei sul rilievo del M. Accio e nei dintorni di Novilara.

Due rappresentanti ciascuna hanno da noi le classi dei Carbonati e dei Solfati: calcite (carbonato di calcio cristallizzato nel sistema trigonale), aragonite (carbonato di calcio cristallizzato nel sistema rombico), celestina (solfato di stronzio), gesso (solfato di calcio idrato). La calcite, non rara nel Pesarese, si presenta il più delle volte in abito microcristallino o quasi amorfa; discretamente cristallizzata l’ho trovata solo nei “colombacci” (calcari evaporitici) sul Colle di S. Bartolo, e in qualche orizzonte marnoso-calcareo sul M. Castellaro e nella valle del Fosso della Ranocchia. L’aragonite - a mio avviso rarissima da noi - mi è nota per un campione raccolto in un orizzonte marnoso-calcareo nel versante Nordest del M. Castellaro (sottilissimi cristalli aciculari, fascicolati, incolori), e per un altro trovato in calcari gessosi presso S. Colomba (minuti cristalli prismatici, giallastri). Altrettanto rara, se non ancor più, è la celestina, da me incontrata una sola volta nei dintorni di S. Colomba (associata all’aragonite prima detta), in abito a piccoli cristalli prismatici, bianchi. Di gesso se ne trova negli orizzonti della Formazione gessoso-solfifera presso S. Colomba e nel versante a mare del M. Castellaro, ora amorfo o quasi, ora in cristalli non grandi, ma abbastanza ben determinati e con discreta sfaldatura (selenite) ora con abito fibroso-sericeo (sericolite).

A puro titolo di curiosità, aggiungo un elenco sia pure incompleto di minerali veramente fuori dell’ordinario per la nostra regione, ritrovati - il più delle volte in esemplari unici - in quei depositi di ciottoli alloctoni ai quali accennai trattando del Pliocene nella serie dei terreni, soprattutto negli affioramenti di Monteluro, ma anche nei pressi di S. Veneranda, Madonna dei Mazza, ed in qualche altro luogo: quarzo (sia in cristalli determinati che microcristallino), calcedonio, diaspro, calcite azzurra, dolomite, ortoclasio, albite, anortite, augite, fassaite, graniti heulandite, mordenite (o arduinite), analcime, muscovite, biotite, titanica, apatite, spinello.

Le rocce. Il termine “roccia” richiama alla nostra mente un qualche cosa di assai duro e compatto, quindi sembrerebbe quasi fuor di luogo l’usarlo in riferimento alle formazioni presenti nel nostro territorio, ove con simili caratteristiche non si trova certamente granché; ma in geologia e petrografia il termine stesso si applica, in senso lato, a qualsiasi aggregato di sostanze minerali costituente parte integrale della litosfera: così sono rocce i durissimi graniti e le tenere argille, i compattissimi porfidi e le ghiaie e sabbie incoerenti. Ciò premesso, e dopo averne tante volte citato i nomi trattando i precedenti argomenti geologici, passiamo ad un sommario esame di quanto in questo campo si può osservare nel Pesarese.

Come già ebbi occasione di accennare (v. Il Quotidiano, n. 21, 28.1.1976), le nostre rocce sono tutte sedimentarie, per lo più clastiche (vale a dire originate da deposito di detriti derivanti dalla denudazione superficiale della litosfera), più di rado chemiogene e organogene (ossia prodotte rispettivamente da precipitazione chimica dei componenti e da deposizione di parti dure di organismi morti). Fra le clastiche abbiamo ruditi o psefiti (costituite da detriti grossolani, come le ghiaie), areniti o psanimiti risultanti da deposito di detriti fini, sabbiosi), lutiti o peliti (originate da sedimentazione di detriti finissimi, misti a sostanze colloidali); fra le chemiogene o organogene abbiamo invece evaporiti o ritmiti evaporitiche, da precipitazione di sali minerali per evaporazione delle acque solventi, o ritmiti organogene, da deposito di resti organici.

Ruditi sciolte sono le ghiaie (nella maggior parte calcaree) presenti sia lungo il litorale che nelle alluvioni recenti ed attuali del Foglia, nonché nei terreni pleistocenici dei terrazzi di III e IV ordine dei quali già si disse trattando del Quaternario. Rientrano nelle ruditi anche i depositi di ghiaie e ciottoli che si trovano nelle formazioni plioceniche, ed ai quali accennai in precedenza scrivendo sulla serie dei terreni del Pliocene e sui minerali; ghiaie e ciottoli che si presentano ora sciolti, ora - come a Monteluro e M. Peloso – più o meno cementati in paraconglomerati (o talvolta in veri conglomerati con matrice arenacea.

Nelle areniti, largamente distribuite nel Pesarese, si comprendono: le sabbie incoerenti litoranee e fluvali, nonché quelle dei depositi pleistocenici, e le altre, in genere di caratteristico colore giallastro, che si trovano, quasi sciolte o assai debolmente cementate, nelle formazioni del Pliocene in facies sabbioso-molassica (rilievi dell’Ardizio e del bacino del Rio delle Geniche, Casa di Salute, Monteluro, ecc.); le molasse (rocce arenacee a debole cementazione, e quindi assai friabili), delle quali troviamo gran copia sia nelle già dette formazioni plioceniche, sia nei livelli più alti del Messiniano superiore (rilievo del M. Accio, dorsale Boncio-Roncaglia, M. della Badia, M. Ballante, ecc.); le arenarie (rocce arenacee a cementazione più o meno forte, quindi non friabili), ora giallastre o brunicce, ora grigiastre, presenti nel Messiniano medio e nei livelli inferiori e mediani del superiore, ben visibili soprattutto nel versante a mare del rilievo dell’Accio (M. Castellaro, Punta degli Schiavi, ecc.). Tutte le nostre areniti hanno un’elevata percentuale di componenti micacei, quarzosi, e silicei in genere. Esiste poi tutta una serie di transizioni tra sabbie, molasse e arenarie, e numerosi termini di passaggio si notano anche tra le arenarie e marne (arenarie marnose, marne arenacee), e tra sabbie e molasse da un lato, ed argille dall’altro (sabbie e molasse argillose, argille sabbiose, ecc.).

Nelle arenarie mioceniche (più raramente nelle molasse plioceniche) si trovano strati o blocchi di varia dimensione e forma (dalla subtabulare all’ovoidale o subsferica) a grana finissima e con forte cementazione a seguito di particolari processi diagenetici; noti comunemente con il nome di “cogoli”, hanno trovato impiego per secoli - e sino ai giorni nostri - soprattutto nella preparazione delle selci squadrate usate per la pavimentazione delle strade.

Fra le lutiti sono da prendere in considerazione sia i fanghi, i limi e le melme esistenti lungo il litorale e nelle alluvioni dei vari corsi d’acqua (soprattutto nel Foglia), nonché nei depositi pleistocenici e olenici dei terrazzi di III e IV ordine e dei colluvi, sia le argille e le marne delle formazioni mioceniche e plioceniche. Le argille plioceniche sono molto diffuse nel Pesarese, soprattutto nelle aree in sinistra della valle del Foglia; di colore grigiastro od azzurrognolo, più di rado giallastro o verdastro, sono in genere più o meno siltose (ossia con notevole percentuale di elementi relativamente grandi, superiori a 1/256 di mm), talora un po’ sabbiose (specialmente quelle del Pliocene superiore e spesso tendono, per l’elevata percentuale del componente calcareo, a passare alle marne (argille marnose). Nei complessi miocenici sono meno diffuse: si osservano bene, alternate alle marne, nel versante a mare del rilievo dell’Accio, ove, nella Formazione dei ghioli di letto (Messiniano inferiore), si trovano anche orizzonti bruno-scuri o nerastri di argille e marne argillose bituminose. Le marne - rocce calcareo-argillose - presentano nel territorio la maggior distribuzione nelle formazioni della serie miocenica, e particolarmente in quelle dell’Elveziano-Tortoniano e del Messiniano inferiore e medio (versante Nordest del rilievo dell’Accio, valle del Fosso della Ranocchia, ecc.), ove si osservano tutti i termini di passaggio alle argille da un lato, ai calcari e alle arenarie dall’altro (marne argillose, bituminose, calcaree, tripolacee, arenacee, calcari marnosi, ecc.); molto variabile, a seconda del tipo, è anche il colore: grigio, azzurrognolo, biancastro, giallastro, verdognolo, bruno-scuro o nerastro (nelle bituminose), ecc.

Le evaporiti sono rappresentate da noi dai colombacci (calcari evaporitici biancastri) del Messiniano superiore (rilievo del M. Accio, dorsale Boncio-Roncaglia dintorni di Novilara e Candelara, M. Ballante), e dai calcari, calcari solfiferi, calcari gessiferi e gessi (tutti di tinta dal biancastro al grigiastro o giallastro) costituenti gran parte della Formazione gessoso-solfifera affiorante nel versante Nordest del M. Castellaro e presso S. Colomba.

Infine le ritmiti organogene: possono almeno in parte essere qualificati come tali gli strati tripolacei grigio-biancastri esistenti alla base della Formazione gessoso-solfifera nei luoghi appena detti sopra, sebbene il più delle volte non si tratti di veri e propri tripoli, ma piuttosto di marne tripolacee.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 23.08.2010
    Ultima modifica: 23.08.2010

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