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Pesaro e dintorni negli aspetti naturali: Flora e vegetazione - La valle del Foglia


PESARO E DINTORNI NEGLI ASPETTI NATURALI

Flora e vegetazione - La valle del Foglia
La pianura. Se c`è una parte del nostro territorio ove l’azione umana si è esercitata al punto da cancellare quasi ogni traccia dell`antico manto vegetale, questa è la pianura del Foglia. E’ trascorso qualche millennio da quando si insediarono nel Pesarese i primi nuclei di una civiltà preistorica non più basata solo sulla caccia, la pesca, l'utilizzazione dei prodotti vegetali naturali, ma dedita soprattutto alla pastorizia e all’agricoltura, una ben lunga serie di secoli, durante la quale l’uomo ha così profondamente modificato l’ambiente - sovrapponendo le sue attività alla lenta opera dell’evoluzione naturale - che sarebbe oggi pressoché vano il tentare di ricostruire sia pur teoricamente l'originario aspetto vegetazionale della zona. Certamente la pianura fu soggiogata solo in un secondo tempo (dopo che in un primo lo era stata parte dei settori collinari), ché doveva essere piuttosto inospitale, ricca non solo di foreste, ma anche di vaste aree paludose non facilmente utilizzabili: ma, una volta iniziata la conquista, questa - favorita dalle stesse forme del territorio - fu rapida, profonda, e irreversibile. Ne consegue che oggi essa possiede una copertura vegetale in massima parte artificiale, e che, là dove ancora si conserva qualche cosa di naturale, la vegetazione è costituita per lo più da piante banali e ubiquiste, in genere di scarso interesse per il naturalista.

Dal punto di vista vegetazionale la valle del Foglia rientra - come del resto tutto il territorio pesarese, ad eccezione della cimosa litoranea - nell’orizzonte submediterraneo del piano basale, ed il suo climax (ossia lo stadio finale di equilibrio rispetto all'ambiente che la vegetazione raggiungerebbe se potesse evolversi indisturbata) è quello del Querceto caducifoglio di Roverella.
Nell’iniziare la trattazione degli aspetti floristici e vegetazionali del Pesarese (v. IL QUOTIDIANO, n. 50, 3.3.1976) accennai al come essa poteva presentarsi antichissimamente, allorché il suo climax era invece presumibilmente rappresentato da un Querceto caducifoglio di Farnia; oggi vi osserviamo un paesaggio rurale in via di costante e alquanto rapida urbanizzazione, nel quale i residui della vegetazione naturale sono confinati (fatta eccezione per l’alveo del Foglia, che sarà oggetto di un discorso a parte) nei fossati di scolo, nelle prode erbose incolte, nelle scarpate stradali, nelle siepi, e in pochi altri luoghi non direttamente utilizzati dall’uomo. Tutto il resto dell’area è occupato da coltivi (con colture erbacee ed arboree, e vegetazione infestante), e da altri elementi derivanti dall`attività umana (abitazioni sparse o accentrate, insediamenti industriali, strade ed altre infrastrutture), i quali ultimi hanno in molti luoghi completamente soppiantato i primi.

I coltivi si compendiano in colture di cereali (Frumento, Orzo, ecc.), in erbai annuali e poliennali (Erba medica, Sulla, Trifogli, ecc.), in culture sarchiate (Granoturco, Barbabietola, Leguminose da granella, Girasole, ecc.), e in colture ortensi (Cavolfiore, Pomodoro, Patata, ortaggi diversi). Numerose anche le colture arboree promiscue o specializzate, interessanti sia la Vite e vari alberi fruttiferi (Pero, Melo, Pesco, Susino, Ciliegio, ecc.), sia altre piante di diretta o indiretta utilità, quali il Gelso, l’Olmo campestre, l’Acero campestre od “oppio”, il Pioppo nero, i Pioppi ibridi esotici (cosiddetti “canadesi”), alcuni Salici, ecc.

Le aree incolte possiedono invece una vegetazione arborea almeno in gran parte naturale, essenzialmente rappresentate dalle Roverelle (Quercus pubescens) e altre specie di incerta identificazione), dall’Olmo selvatico od “olmo bisciaro” (Ulmus minor), dal già citato Pioppo nero (Populus nigra), dal Salicone (Salix alba), e da poche altre specie fra le quali si inseriscono alcune esotiche spontaneizzate, come l'Ailanto (Ailanthus altissima). Alle piante arboree si accompagnano - soprattutto nelle siepi confinarie, nelle scarpate delle strade e dei fossati - molte arbustive, comprendenti anche specie che già trovammo sulle falesie: il Biancospino, il Prugnolo spinoso, la Robinia, la Marruca, o “marughin” (Paliurus spina-christi), la Vitalba e la rara Viticella (Clematis viticella), i Rovi, le Rose selvatiche, ed altre ancora; a queste si associano erbe e suffrutici, quali la semispontaneizzata Canna comune (Arundo donax), lo sporadico Luppolo (Humulus lupulus), la Candellaria (Althea cannabina), la Cicutaria (Chaerophyllum temulentum), i Vilucchioni (Calystegia sepium, C. sylvatica), la Melissa romana (Melissa altissima), il Canapaccio (Artemisia vulgaris).

Un discorso molto lungo richiederebbe la vegetazione delle prode e degli incolti erbosi, nonché quella infestante dei coltivati, ma essa è in definitiva la stessa che troveremo più avanti nei settori collinari, e ne tratteremo quando ci sposteremo in questi ultimi, od anche nel dedicare qualche parola a singoli gruppi della Flora. Basterà qui ricordare le bianche fioriture della Rucola falsa (Diplotaxis erucoides), delle Camomille bastarde (Anthemis sp.), del Cipollaccio (Bellevalia romana), dei Latte di gallina (Ornithogalum umbellatum, O. pyramidale), le gialle del Piè di gallo (Eranthis hyemalis), dei numerosi Botton d’oro (Ranunculus sp.) delle molte Composte a fioritura primaverile del Bolognino (Tulipa sylvestris), del Trombone e della Giunchiglia (Narcissus pseudo-narcissus, N. tazetta), le rosse o porporine del Papavero o Rosolaccio (Papaver rhoeas), dei Tulipani (Tulipa oculus-solis, T. praecox) della Spadacciola (Gladiolus segentum), le azzurre o violacee della Speronella (Consolida regalis), della Buglossa e della Boragine (Anchusa azurea, Borago oficinalis), di alcune minute Veroniche (Veronica persica, ecc.), dello Specchio di Venere (Legousia speculum-veneris), della Cicoria selvatica o “grugno” (Cichorium intybus), del Fiordaliso (Centaurea cyanus).

Un breve cenno va anche dedicato alla vegetazione igrofitica e idrofitica che popola gli ambienti umidi della pianura: pozze, fossati, e depressioni più o meno acquitrinose. In linea di massima vi troviamo molte delle specie già citate trattando di tali ambienti nel litorale e nelle falesie (v. IL QUOTlDlANO, n. 61, 17.3.1976 e n. 64. 2l.3.1976): gli Equiseti o Code di cavallo, i Mentastri, la Canapa acquatica, le Piantaggini d’acqua, vari Giunchi, la Cannuccia palustre, il raro Biodo, le Mazzorde, ecc., ad esse se ne aggiungono parecchie altre, quali il Botton d’oro dei fossi (Ranunculus repens), il Crescione d’acqua (Nasturtium officinale), la Salcerella (Lythrum salicaria), la Podagraria o Sambuchella (Aegopodium podagraria), il Sedano d’acqua (Apium nodiflorum), l'Angelica bastarda (Angelica sylvestris). Queste, e molte altre specie sulle quali sorvolo, ritroveremo poi nell’esaminare la vegetazione alveale del Foglia. Una particolare menzione va riservata a una pianta assai rara nel Pesarese e in tutte le Marche, forse oggi estinta da noi: il Tortomaglio palustre (Euphorbia palustris), ancora presente nel 1940 in qualche fosso della “piana” in sinistra del Foglia all’altezza di “Case bruciate”, e divenuto introvabile dopo gli sconquassi ambientali apportati in quei luoghi dall’ultima guerra.

L’alveo del Foglia. Già accennai (v. Il Quotidiano, n. 70, 28/3/1976) al fatto che la vegetazione alveale del nostro maggior corso d’acqua conserva ancora caratteri abbastanza naturali; ciò perché – almeno sino a non molti anni addietro e fatta esclusione per il tratto a valle del ponte ferroviario – l’azione umana non è stata qui così pressante come nel resto della pianura. Non si può tuttavia negare che da certe attività – costruzione di argini e altre opere di regolazione, escavazioni per prelievo di materiali litoidi, scarico di rifiuti di ogni genere (con conseguente inquinamento del suolo e dell’acqua), e altri fatti non propriamente positivi – sono derivate trasformazioni ambientali generali e locali tali da provocare modificazioni floristiche e vegetazionali, forse non sempre immediatamente individuabili dal profano, ma ben evidenti all’occhio del naturalista. Lo stesso affluire nel fiume – per trasporto idrico- di semi e propagoli di quasi tutte le specie di piante esistenti nel suo bacino comporta l’introduzione nell’alveo di specie esotiche coltivate o naturalizzate nel bacino medesimo, con conseguente snaturamento della flora e vegetazione originali, mentre gli inquinamenti – con l’apporto di sostanze nocive alla vita di certe piante, o favorevoli a quella di altre – provocano la scomparsa o la proliferazione di alcune specie; ne sono prova la quasi sparizione delle idrofite, e di contro l’esplosione delle piante nitrofile (ossia con preferenza per terreni ricchi di azoto), verificatesi negli ultimi decenni.

La diversità degli ambienti che si trovano lungo l’alveo del Foglia – determinata la differente ubicazione (letto, sponde, ecc.), natura del suolo ( limoso, sabbioso, ghiaioso, ecc.), umidità (settori perennemente inondati, oppure solo temporaneamente o genericamente umidi, oppure ancora asciutti o aridi), esposizione e altri fattori – fa sì, in unione al già accennato fluire di elementi riproduttivi dal territorio circostante, che la flora sia genericamente ricca, e la copertura vegetale varia, e spesso relativamente abbondante. Esaminando il profilo trasversale dell’alveo si può constatare come – partendo dal letto di magra per giungere alla sommità delle sponde – la vegetazione si distribuisce in fasce pressoché parallele, caratterizzate da differenti associazioni via via che dalle zone più depresse e perennemente inondate si passa alle genericamente umide, alle asciutte, alle aride; nelle prime troviamo piante idrofile e igrofile (ossia viventi immerse o galleggianti sull’acqua, oppure con preferenza per ambienti fortemente umidi), mentre nelle altre sono mesofile o xerofile, vale a dire amanti di terreni mediamente umidi, oppure asciutti o aridi.

Nelle gore, nelle pozze, e in genere nelle acque ferme o lentamente scorrenti, vivono la Lingua d’acqua e la Lattuga delle rane (Potamogeton natans, P. crispus), l’Alga di fiume (Zannichellia palustris), la Lenticchia d’acqua (Lemna minor), i Capelli d’acqua (Ranunculus trichophyllus), più raramente le Erbe ranine (Callitriche sp.), e poco d’altro. Nella vegetazione igrofila del letto di magra e di piena la specie predominante è la più volte ricordata Cannuccia palustre, dalle morbide pannocchie bruno-dorate o bruno-violacee, principale elemento di quell’associazione (Phragmitetum) che in dialetto vien detta “caniciaia d’acqua”: ad essa si riuniscono numerose altre piante – molte delle quali le abbiamo già viste in occasioni precedenti (v. Il Quotidiano, n. 61, 17/3/1976; n. 64, 21/3/1976; n. 70, 28/3/1976) – spesso costituenti consorzi a sé stanti, intercalati al fragmiteto nei differenti ambienti umidi: Code di cavallo, Scirpo, Giunchi di ogni genere e specie (Holoschoenus vulgaris, Schoenoplectus sp., Heleocharis palustris, Juncus sp.), Mazzasorde, Ciperone o “quadrel” (Cyperus longus), numerose Carici, Piantaggini d’acqua, Gramigna d’acqua (Glyceria plicata), Miglio di palude (Agrostis semiverticillata), l’invadente Pàspalo esotico (Paspalum digitaria), Crescione d’acqua, Botton d’oro dei fossi, Malvavischio (Althaea officinalis), Salcerella, Sedano d’acqua, Angelica bastarda, Lino d’acqua (Samolus valerandi), Piè di lupo (Lycopus europaeus), Mentastri, Veroniche acquatiche (Veronica beccabunga, V. anagallis-aquatica), Petasite o “fanfanàcc” (Petasites hybridus), e altre ancora che è impossibile citare.

Le golene fangose, sabbiose, o ghiaiose, ospitano una vegetazione ora relativamente stabile (con piante in genere perenni: Romici (Rumex sp.), Saponaria (Saponaria officinalis), Erba di S. Barbara (Barbarea vulgaris), Vetturine bianche e gialle (Melilotus sp.), Capraggine, Epilobi (Epilobium hirsutum, ecc.), Viperine (Echium sp.), Puleggio (Mentha pulegium), Cepittone o “taurìn” (Capularia viscosa), Mentastro falso (Pulicaria dysentherica), ecc., ora stagionale ed effimera, costituita da piante in gran parte annue o bienni, spesso ruderali e nitrofile: Persicarie ed Erbe pepe (Polygonum sp.), Farinacci (Atriplex sp., Chenopodium sp.), Amaranti (Amaranthus retroflexus ecc.), Guadarella (Reseda luteola), Morelle (Solanum nigrum e specie affini), Fulicchio (Cupularia graveolens), Forbicine (Bidens sp.), Panìchi selvatici (Setaria sp., Echinochloa crus-galli, Digitaria sp.), ecc.

Con l’innalzarsi del suolo verso le parti marginali del letto e le sponde, la vegetazione volge verso tipi mesofitici e xerofitici: alla Cannuccia palustre si sostituisce la Cannuccia di Plinio (che già vedemmo abbondante nelle falesie), non di rado associata alla Canna comune, mentre nelle parti meno depresse del letto (ossia nel letto di piena) e nelle più basse delle sponde troviamo il Botton d’oro vellutato (Ranunculus velutinus), e altre specie affini, il Pìgamo (Thalictrum mediterraneum), l’Eupatoria (Agrimonia eupatoria), numerose Leguminose (soprattutto Vicia, Lathyrus, Trifolium, Medicago, Lotus, Coronilla), i Lini selvatici (Linum bienne, ecc), l’altissimo Sellerone (Peucedanum verticillare), l’Ortica morta (Stachys sylvatica), l’Ebbio (Sambucus ebulus), varie Centauree e numerose altre Composte, il Falascone (Festuca arundinacea), la Meliga selvatica (Molinia litoralis), e parecchie altre Graminee.

Sull’alto degli argini e delle sponde naturali la vegetazione è di norma xerofitica, con prevalenza di Graminee: Piè di gallo (Bothriochloa ischaenum), Falasco (Brachypodium pinnatum), Gramigna (Cynodon dactylon), Dente di cane, alle quali si associano i Legabue (Dorycnium sp.), l’Erba cipressina (Euphorbia cyparissias), l’Iperico (Hypericum perforatum), la Calcatreppola (Eryngium campestre), la Mentuccia (Calamintha nepeta), l’Origano (Origanum vulgare), i Serpilli (Thymus sp.), il Rincio (Scolymus hispanicus), ecc.

Abbiamo visto sinora solo piante erbacee o suffruticose, ma esiste anche una vegetazione legnosa, con arbusti ed anche alberi. Nei luoghi più umidi sono soprattutto Salici, Salicone, Salice rosso, Vetrica (Salix alba, S. purpurea, S. triandra), meno frequentemente S. nero e S. caprino (S. nigricans, S. caprea), talvolta l’appenninica S. elaeagnos o S. ripaiolo, Pioppi neri e bianchi, raramente l’Ontano nero o “antèn” (Alnus glutinosa) e poche altre specie; nei meno umidi subentrano il Sambuco (Sambucus nigra), i Rovi, il Sanguinello (Cornus sanguinea), il Ligustro (Ligustrum vulgare), un tempo anche l’ora scomparso Olivello spinoso (Hippophae rhamnoides); negli asciutti e aride le Rose selvatiche, il Biancospino, il Prugnolo spinoso, sino alla Ginestra e ad altre specie arbustive xerofile. Alti Pioppi e sempre più rade maestose Roverelle coronano qua e là la sommità delle sponde, ultimi testimoni di un glorioso passato ormai relegato nel regno dei ricordi.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 23.08.2010
    Ultima modifica: 12.09.2010

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