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Pesaro e dintorni negli aspetti naturali: Flora e vegetazione - I colli: coltivi, incolti erbosi


PESARO E DINTORNI NEGLI ASPETTI NATURALI

Flora e vegetazione - I colli: coltivi, incolti erbosi
I coltivi. Sarebbe qui del tutto fuori di luogo un discorso dedicato alle piante che sono oggetto di coltivazione agraria; queste - per quanto grande possano esserne l’importanza economica e il valore nel contesto del paesaggio rurale - interessano poco o nulla il naturalista, e quindi ritengo siano sufficienti per esse i cenni riportati in alcuni articoli precedenti (v. IL QUOTIDIANO, n. 70, 28.3.1976; n. 81, 10.4.1976). Dirò invece qualche cosa su quelle che - con termine improntato a una visione piuttosto unilaterale dei fenomeni naturali - vengono comunemente dette malerbe, e che costituiscono la cosiddetta vegetazione infestante dei coltivati.

Prescindendo da considerazioni accessibili solo al naturalista specializzato, e che all’orecchio dei più potrebbero suonare astruse, è da notare come le piante (tutte erbacee) che concorrono alla composizione della sopraddetta vegetazione infestante possono suddividersi a grandi linee in due gruppi: 1) quello delle antropofite (la cui esistenza è da noi strettamente influenzata dall’uomo), comprendente per lo più specie presenti in connessione con le colture dei cereali e di altre piante erbacee a ciclo annuale, e un certo numero di piante ruderali e nitrofile (ossia con preferenza per ambienti maceriosi e per terreni ricchi di azoto) insediantisi nei coltivi su suolo pingue e fresco; 2) quello delle apofite (piante indigene, normalmente partecipi delle nostre formazioni vegetali naturali), alle quali i terreni coltivati offrono ampia possibilità di diffusione, e che quindi entrano frequentemente a far parte della vegetazione infestante, pur senza essere - come la maggioranza delle precedenti - componenti esclusive di quest’ultima. Per quanto concerne il nostro territorio, si tratta di un complesso di oltre 300 specie appartenenti alle più svariate Famiglie; poco meno della metà di esse rientra nel primo gruppo, il rimanente nel secondo.

Fa parte delle antropofite un notevole contingente di archeofite, ossia piante introdotte - per lo più da territori orientali - in epoca assai remota (oltre due millenni) in genere assieme alla coltura del frumento: tali sono il Gittaione (Agrostemma githago), lo Spron di cavaliere o Speronella selvatica (Consolida regalis), il Fior d’Adone (Adonis annua), il Ranuncolo campestre (Ranunculus arvensis), il Papavero o Rosolaccio (Papaver rhoeas), lo Spillone o Pettine di Venere (Scandix pecten-veneris), l’Erba cimicina (Bifora testiculata), le Mordigalline (Anagallis arvensis, A. foemina), l’Attaccamani campestre (Galium tricornutum), il Migliarino campestre (Buglossoides arvensis), l’Erba della Madonna (Stachys annua), il Fiordaliso (Centaurea cyanus), la Camomilla (Matricaria chamomilla), la Scagliola bastarda o “Mazzincolla” (Phalaris brachystachys), l’Avena selvatica (Avena fatua), la Zizzania o “Gioj” (Lolium temulentum), e parecchie altre specie sulle quali sorvolo. A queste si aggiungono non poche neofite (altre piante antropofile introdotte in epoca più recente (per lo più dall’America, spesso con la coltura del mais): così vari Bietoloni (Amaranthus sp.), la Coda di lupo (Conyza canadensis), ecc. Va notato come la maggioranza delle archeofite scompare rapidamente con l’abbandono delle colture agrarie e la riconquista del terreno da parte della vegetazione naturale, fatto al quale si accompagnano gli effetti del diserbo chimico ad azione selettiva nelle coltivazioni ancora in atto; ne consegue la rarefazione o la totale sparizione di varie specie la cui fioritura era un tempo uno degli elementi caratterizzanti del nostro paesaggio collinare, e in particolare del Gittaione, del Papavero, e del Fiordaliso. Anche le neofite tendono a scomparire dai campi per i motivi suaccennnati, ma in genere permangono in altri ambienti in veste di piante ruderali. Sempre nel primo gruppo, troviamo alcune piante esotiche introdotte in tempo ormai antico come ornamentali, poi sfuggite alla coltivazione e spontaneizzatesi nei campi; fra queste meritano di essere ricordate - per la vistosità dei fiori - l’Anemone (Anemone coronaria), i Tulipani rossi (Tulipa oculus-solis, T. praecox), il raro Tulipano persianino (T. clusiana), l’ancor più raro Giacinto pendulo (Myogalum nutans), presente da noi - che io sappia - solo nei campi di Sotto Monte presso S. Marina Bassa), il Trombone (Narcissus pseudonarcissus).

Il secondo gruppo, quello delle apofite, è ancor più nutrito del precedente, e molte delle specie che vi rientrano (Code cavalline, Persicarie, Botton d’oro, Rucola bastarda, Capraggine, Consolida minore, Mentastri, Veroniche campestri, Farfaro, Camomille bastarde, Panichi selvatici, Gramigne, Gigaro, ecc.) già le vedemmo nel trattare di altri ambienti (v. IL QUOTIDIANO, n. 64, 21.3.1976; n. 70, 28.3.1976; n. 76, 4.4.1976; n. 102, 7.5.1976). Esse permangono nei coltivi - e anzi spesso vi hanno più ampia diffusione che negli ambienti naturali - in quanto vi si trovano favorite dalla scarsa concorrenza di altre piante, e hanno una distribuzione variabile a seconda delle condizioni ambientali (natura del suolo, esposizione, umidità, ecc.) e del tipo delle colture: in linea di massima le specie annue predominano in quelle a ciclo annuale, le bienni e perenni nelle poliennali. Limitando l’elencazione ad alcune fra le più appariscenti (o per la vistosità della fioritura, o per la statura, od ancora per l’abbondanza), e trascurando la maggior parte di quelle già citate in precedenti occasioni, ricordo il Lapazio (Rumex crispus), il Pié di gallo (Eranthis hyemalis), la Fanciullaccia (Nigella damascena), il Favagello, (Ranunculus ficaria), la Lattona (Cardaria draba), la Senape campestre (Sinapis arvensis), il Rapastrello e i Ramolacci selvatici (Rapistrum rugosum, Raphanus raphanistrum, R. landra), le varie Leguminose (soprattutto dei Generi Vicia, Lathyrus, Trifolium), l’Erba lattaria (Euphorbia helioscopia), il Dolcino (Tordylium apulum), lo Specchio di Venere (Legousia speculum-veneris), il Fiorrancio minore (Calendula arvensis), lo Stoppione (Cirsium arvense), le Spraggini (Picris sp.), le varie Radicchielle (Crepis sp.), la Cicoria selvatica o “Grugno” (Cichorium inthybus), il Tulipano bolognino (Tulipa sylvestris), il Cipollaccio comune e il Cipollaccio col fiocco (Bellevalia romana, Leopoldia comosa), i Pentolini (Muscari sp.), l’Aglione (Allium nigrum), la Giunchiglia (Narcissus tazetta), la Spadacciola o “Spadarél” (Gladiolus segetum); a queste si aggiunge una nutritissima schiera di Graminee (dei Generi Sorghum, Setaria, Digitaria, Phalaris, Alopecurus, Avena, Poa, Bromus, Lolium, ecc.), e una infinità di altre piante che é giocoforza passare sotto silenzio.

Gli incolti erbosi. Con il termine molto generico di “incolti erbosi” si usa designare le piccole e grandi aree ricoperte da vegetazione erbacea più o meno naturale disseminate nelle campagne e inframmezzate ai coltivi, siepi, arbusteti, lembi boschivi, e a tutti gli altri ambienti che, a guisa di multiforme mosaico, tappezzano il nostro territorio. Un tempo - quando si tendeva a coltivare anche il minimo e più disagiato angolo di terreno - gli incolti erano meno frequenti ed estesi di oggi, e consistevano soprattutto in prode e scarpate erbose, pendici ripide e aride, adiacenze di case coloniche, e in qualche modesto lembo prativo utilizzato per lo più come pascolo da ovini; ora (con il parziale abbandono delle colture) essi sono molto più diffusi ed ampi: ai precedenti si sono infatti aggiunti molti ex-coltivi riconquistati da tipi di vegetazione naturale ove le antropofite - ancora abbondanti nei primi anni successivi alla cessazione delle coltivazioni - vengono via via soppiantate dalle apofite.

La flora e la vegetazione variano anche qui a seconda delle condizioni dell’ambiente, e da un luogo all’altro si osservano differenze spesso notevoli, influenzate soprattutto dalla natura del suolo e dalla maggiore o minore umidità o aridità. Si nota ovunque una preponderanza quantitativa di Graminee, non di rado assai interessanti per il naturalista, ma invero non molto appariscenti, e per questo un po’ disdegnate dal comune naturofilo, il quale non vi trova quella varietà di forme e di colori che rendono più attraenti alla vista le specie di altre Famiglie; inoltre nel nostro clima la vegetazione a Graminee verdeggia nei mesi primaverili e primo-estivi, poi ingiallisce e dissecca fino all`autunno o a tutto l’inverno, conferendo al paesaggio una nota di poco gradevole aridità.

Nelle zone asciutte o aride - e segnatamente nei distretti arenaceo-molassici: i rilievi dell’Accio e dell’Ardizio, bacino del Rio delle Geniche, ecc. - la vegetazione degli incolti è dominata da due specie: la Ventolina (Bromus erectus) e il Falasco (Brachypodium pinnatum). La prima caratterizza consorzi quasi stabili (brometi), e si accompagna ad altre Graminee adattate ad ambienti più o meno secchi, mentre la seconda abbonda soprattutto negli ex-coltivi a qualche anno dalla cessazione delle colture, e la sua presenza talora massiccia (brachipodieti), escludente quasi ogni altra specie erbacea, é interpretabile come uno stadio dinamico verso forme più evolute e complesse della vegetazione naturale.

A seconda dell'ambiente, i brometi compaiono con varianti mesofile (mesobrometi) oppure xerofile (xerobrometi); nei primi alla Ventolina si associano la Fienarola (Poa pratensis), la Fusaiola (Festuca rubra), i Capellini (Agrostis stolonifera), nei secondi la Sanguinella (Bothriochloa hischaemum), l’Avena pelosa (Avena barbata), la Segale selvatica (Dasypyrum villosum), la Covetta (Cynosurus echinatus), più di rado il Paleo gracile (Koeleria gracilis). Alle Graminee si accompagnano specie di altre Famiglie, le cui fioriture ravvivano dalla primavera all’autunno l’aspetto altrimenti piuttosto monotono di questi ambienti: così il Pigliamosche (Silene italica), l’Anemone stellato (Anemone hortensis), l’Amorino giallo (Reseda lutea), molte Leguminose (dei Generi Vicia, Lathyrus, Medicago, Trifolium, Melilotus, Lotus, Dorycnium, Coronilla, Hippocrepis, ecc.), le Bozzoline di vari colori (Polygala vulgaris, P. pisaurensis), la Calcatreppola (Eryngium campestre), l’Iperico (Hypericum perforatum), l’Eliantemo (Helianthemum obscurum), le Campanelle rosa (Convolvulus cantabrica), la Querciola (Teucrium chamaedrys), il Polio bianco (T. capitatum), l’Origano (Origanum vulgare), i Serpilli (Thymus sp.), la Moscatella minore (Salvia verbenaca), le Vedovelle (Scabiosa columburia, S. maritima), il Margheritone (Leucanthemum vulgare), l’Occhio di sole (Anthemis tinctoria), l’Erba amara (Centaurea angustifolia), il Lattugaccio (Urospermum dalechampii), i Pentolini (Muscari racemosum, M. botryoides), gli Agli delle bisce (Allium roseum, ecc.), la rara Bellavedova (Hermodactylus tuberosus), ed altre ancora.

Nelle zone fresche o meno asciutte - così nei distretti argillosi, e negli impluvi e versanti settentrionali degli arenaceo-molassici - la Graminea predominante è invece l’Erba mazzolina (Dactylis glomerata); nei terreni prevalentemente sabbiosi le si accompagnano la Bambagiona (Holcus lanatus), l’Avena maggiore (Arrhenatherum elatius, poco comune da noi), il Paleino odoroso (Anthoxanthum odoratum), negli argilloso-sabbiosi il Falascone (Festuca arundinacea) e l’Orzo codone (Hordeum bulbosum), mentre in quelli decisamente argillosi – e soprattutto sui colli e nelle valli in sinistra del Foglia, dal Fosso della Biscia e quello della Genga - compare la Scagliola perenne (Phalaris truncata); un po’ ovunque sono diffuse le diverse sottospecie e varietà della Carice glauca (Carex flacca). Anche qui troviamo piante di altre Famiglie; assieme ad alcune delle specie già citate crescono dei Botton d’oro (Ranunculus velutinus, R. aleae), altre Leguminose, il Geranio tuberoso (Geranium tuberosum), l’Erba tortora e l’Erba tortorella (Cerinthe major, C. minor, ambedue caratteristiche dei terreni argillosi), i Denti di leone (Taraxacum officinale e specie affini), e una moltitudine di altre Composte e di rappresentanti delle più diverse Famiglie.

Un po’ ovunque vegetano specie con esigenze ambientali non ben definite; molte di esse le abbiamo già notate in precedenza, soprattutto nel trattare delle apofite presenti come “infestanti” nei coltivati (v. IL QUOTIDIANO, n. 112, 19.5.1976): così la Fanciullaccia, la Lattona, alcune Leguminose, il Dolcino, l’Erba cipressina ed altre Euforbie, il Cipollaccio dal fiocco, i Latte di gallina, la Spadacciola, ecc.
Ve ne sono tuttavia altre che si trovano esclusivamente negli incolti, come il Raponzolo (Campanula rapunculus), la ben nota Margheritina o Pratolina (Bellis perennis), la Verga d’oro (Solidago virga-aurea), il Millefoglio (Achillea millefolium e specie affini), le Barbe di becco (Tragopogon porrifolius, T. dubius), e almeno una ventina di Orchidee dai fiori spesso vivacemente colorati e di forma inusitata; fra queste ultime mi limito a ricordare i diversi Fior mosca (o Fior ragno, o Vesparie: Ophrys sp.), i vari Gigli caprini o Pan di cuculo (Orchis sp.), le curiose Ballerine (Aceras anthropophora), e il raro profumatissimo Viticcino (Spiranthes spiralis).


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 23.08.2010
    Ultima modifica: 23.08.2010

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