Opere specialistiche
La Via Romea della Marca da Sassoferrato (Marche) ad Assisi (Umbria)
Sassoferrato, antico castello medievale, sorge nei pressi delle rovine della città romana di Sentinum scomparsa tra l'ottavo e il decimo secolo per le irruzioni barbariche. Nel 1150 circa il conte Atto del castello di Galla fondò un nuovo maniero cui dette il nome di Sassoferrato. Il paese fu soggetto ai conti Atti fino al 1460, quando diventò libero comune. Subì l'occupazione dei Malatesta di Rimini nel 1349; quella di Braccio Da Montone nel 1417; nel 1433 quella di Francesco Sforza che ne fece strazio con un tremendo saccheggio. Pacificamente l'occupò anche il duca Valentino nel 1500. A Sassoferrato è da visitabile la zona archeologica di Sentinum e il suo museo, la Galleria d'Arte Moderna, il Museo delle Arti e delle Tradizioni popolari, la chiesa di S. Francesco (XIII secolo), Santa Maria del Ponte del Piano (XIV secolo), Santa Maria della Pace (1507), Santa Chiara (XIII secolo) e la Rocca d'Albornoz (XIV secolo).
S. Croce di Tripozzo. Scarse sono i documenti sulle origini di questa abbazia, presumibilmente fondata dai conti Atti di Sassoferrato intorno alla metà del secolo XI. Il termine Tripozzo sta ad indicare la presenza di tre pozzi nel sito. Nel 1244 i monaci di S. Croce ebbero sotto la loro giurisdizione l'ospedale dei Ponticelli di Fabriano, collocato nei pressi di S. Nicolò, e la chiesa di S. Maria del Piangato. Nel 1252 papa Innocenzo IV pose l'abbazia sotto la diretta protezione della Chiesa, concedendo la libera elezione dell'abate. In questo periodo ebbe alle proprie dipendenze 35 chiese dislocate nelle diocesi di Camerino, Nocera e Senigallia tra cui: S. Nicolò di Fabriano, S. Cristoforo di Almatano, S. Maria in Campo, S. Severino di Collegiglioni, S. Lorenzo di Fabriano, S. Biagio e S. Maria di Valentana.
Nel 1310 fu coinvolta in una lite con S. Maria d'Appennino per il trasferimento dell'ospedale di S.Cristoforo dalla collina di Cerchiano al territorio di S. Nicolò di sua pertinenza.
Nel 1448 papa Nicolò V cede l'abbazia con tutte le rendite in commenda a Pandolfo degli Atti. Nel 1611 il cardinale Scipione Borgia, protettore dei camaldolesi, donò il monastero a questi monaci. Nel 1651 con la soppressione Innocenziana, S. Croce rinunciò a diverse chiese tra cui S. Maria di Civita, S. Lorenzo di Trinquelli ed altre. Nel 1781 fu danneggiata da un violento terremoto. Riaprì nel 1821. Nel 1833 avvenne l'unione di S. Croce con Fonte Avellana. L'abbazia di S. Croce ha un impianto tipico benedettino, con la torre campanaria e la chiesa in stile romanico. Il nucleo originario, di modulo quadrato, con una costruzione centrale a croce greca, risale al 1050 circa. L'abside ha tre navate con le volte a crociera sorrette da colonne di granito scuro, corredate di interessanti capitelli ricchi di ornamenti provenienti dalla città di Sentinum.
La chiesa custodiva diverse opere d'arte come il polittico di Giovanni Antonio da Urbino (XV secolo), affreschi attribuibili alla scuola fabrianese del 1300 e tele diverse del 1600.
S. Emiliano in Congiuntoli. A sei chilometri da Sassoferrato, lungo l'antico diverticolo che porta a Scheggia nella congiunzione del torrente Perticano con il fiume Sentino, si erge la badia di S. Emilano e Bartolomeo di Congiuntoli. Questo antico cenobio è stato abbandonato dai monaci dal 1596, anno in cui i Cistercensi non vollero essere più dipendenti dagli abbati accomandatari. La badia, anche se disabitata, possedeva notevoli ricchezze fino al 1860, anno in cui il territorio umbro marchigiano passò sotto il regno d'Italia.
All'origine era una piccola chiesa con un monastero staccato e fu certamente fondata dai monaci benedettini. Fu frequentata tra gli anni 1030 e 1050 da S. Domenico Loricato che visse in una cella isolata in mezzo ai boschi. In seguito si trasferì all'eremo del S. Vicino dove morì nel 1060. Nel 1274 i conti Atti di Sassoferrato donarono ai benedettini i castelli di Liceto, Montelago ed un terzo castello oggi scomparso.
La badia possedeva altre ricchezze a Perticano, Casalvento, Leccia, S. Felice. La chiesa di S. Emilano ha due navate, il presbiterio è sopra una predella e non ha la cripta.
Il corpo della costruzione è in pietre bianche squadrate, ha dei pilastri ottagonali che sorreggono gli archi romanici, corredati da capitelli semplici e lineari. Alcune finestre di stile romanico si amalgamano perfettamente con quelle gotiche trilobate. Nel 1907 furono staccati gli affreschi del 1300, oggi custoditi nella Pinacoteca di Fabriano, attribuiti alla scuola Riminese.
S. Donato. I primi nuclei abitati probabilmente furono fondati nel V secolo dai profughi di Sentinum e nel VII secolo da Desiderio, secondo una lapide inserita nelle mura del castello.
Già in epoca romana fu abitato da gentilizi sentinati che sfruttarono il territorio con le attività agricole, com'è riportato dalle iscrizioni ritrovate nella zona. Nei pressi di S. Donato la presenza della pieve di S. Maria di Ceppete testimonia l'organizzazione civile ed economica dell'area nell'alto Medioevo. Fece parte della contea di Nocera e nel 1203 iniziò la sottomissione a Fabriano. Con un atto del 1222 Peregrino di Girardo vendette al Comune ogni diritto sulle terre comprese tra il monte Cucco, il torrente Marena e il fiume Esino.
Fu poi distrutto e ricostruito a guardia dei confini con il potente castello di Sassoferrato. Divenne l'unico baluardo difensivo dell'area nord est di Fabriano, a protezione delle ville e rocche di Viacce, Chigne, Fontanaldo e Coccore. Nel 1367 Alberghetto e Giovanni Chiavelli furono nominati dal cardinale Albornoz custodi dei castelli di Genga e S. Donato. Dopo la strage dei Chiavelli vi si rifugiarono i ribelli Nolfo e Guido. Il 9 Giugno del 1436 fu più volte assaltato senza successo finché si giunse con Nolfo ad un trattato che permise ai Chiavelli di allontanarsi indenni ma ne seguì una strage dei popolani rimasti e la distruzione del castello. Nel 1443 venne di nuovo assediato con la ribellione agli Sforza e nel 1445 ritornò sotto la giurisdizione di Fabriano.
Fu un castello strategico posto lungo un'antica pista che collegava Fabriano a Sassoferrato, attraverso la via di S. Maria di Flexia. Agli inizi del 1830 la strada detta "Pia" fu riattata per i collegamenti con Fabriano, abbandonata poi in favore del nuovo tratto Genga-Collegiglioni e dell'attuale Arceviese costruita nel 1880.
Coldellanoce. La costruzione del castello sul poggio è attribuita alla famiglia Federici di Collenuccio e risale al 1220 circa. Dal XIII al XV secolo la sua storia è legata ai signori di Collenuccio. Quando Pandolfo, figlio di Guerra di Collenuccio, si dimostra rispettoso verso il papa e si schiera con i guelfi, nel 1376 riprende da papa Gregorio XI il castello perduto antecedentemente da Giovanni che si era schierato con i ghibellini. Dal 1340 al 1376 il castello si era governato con leggi comunali per poi ritornare sotto la signoria dei Collenuccio fino alla conquista di Francesco Sforza avvenuta nel 1433. Dal 1439 al 1460 Coldellanoce rimase sotto la giurisdizione degli Atti e, caduta la loro signoria, diviene libero comune appodiato a Sassoferrato. Verso la fine del 1400 sono ampliate le mura del castello per l'incremento della popolazione. Negli atti consiliari del 1575 e 1615 si hanno notizie sulla manutenzione delle mura e dei torrioni per rendere più efficiente la difesa del castello. Tra il 1600 e il 1770 inizia la sua decadenza per mancanza di restauri e la continua asportazione di pietre.
Coccore. Il toponimo potrebbe derivare da Kukka, geonimo italico inteso come altura tondeggiante o montagna coronata usata come luogo di culto. Antico insediamento al confine tra Fabriano e Sassoferrato, è citato per la prima volta nel 1289 come proprietà dei signori della Rocca d'Appennino.
Fu probabilmente una villa fortificata posta a guardia del vicus situato nei pressi della pieve di S. Maria di Ceppete dove confluivano le vie provenienti da S. Cassiano, Chiaromonte, Fabriano e Sassoferrato.
Bastia. Secondo Filippo Montani, storico fabrianese del '700, il nome di Bastia deriva da Busta Gallorum, il crematoio dei Galli della battaglia di Sentino. L'origine del nome va ricercata nel significato di "baluardo", "bastione" sorto nella prima metà del XV secolo con Tommaso Chiavelli. La costruzione fu continuata nel 1443 da Pietro Brunoro sotto Francesco Sforza e terminata dal comune di Fabriano per concessione di Eugenio IV.
Poche sono le vicende del fortilizio; è ricordato in alcune carte del XVII secolo in cui si parla di un contributo annuo di 109 fiorini al comune. Nella chiesa parrocchiale era custodita una tavola di Bernardino di Mariotto (1498), raffigurante la Madonna col Bambino, in cui appare il castello di Bastia; tale dipinto oggi si può ammirare nella Pinacoteca comunale di Fabriano. Un affresco della scuola di Simone de Magistris, rappresentante la Madonna del Rosario, è visibile in una nicchia all'interno della chiesa.
Cupo. Frazione di Fabriano situata nei pressi di S. Cassiano.
Antica villa dipendente dalla vicina abbazia di S. Cassiano di Valbagnola, in territorio del feudo dei signori di Chiaromonte, è citata in una carta di S. Cassiano nel 1217. Nel 1248 due signori del Cupo diventarono castellani di Fabriano e nel 1278 Tommaso di Fildismido e Bartolo di Rinaldo di Rigozio cedettero al comune il pedaggio della villa.
S. Cassiano di Valbagnola. Il monastero benedettino di S. Cassiano fu fondato intorno al XI secolo, forse dai signori del vicino castello di Chiaroonte.
Situato in una valle ricca di sorgenti d'acqua salutari conosciute sin dal tempo dei Romani, fu un priorato e probabilmente alle dipendenze di un altro monastero (S. Maria d'Appennino?). E' ricordato in alcune donazioni fatte ai monaci nel 1158, 1190 e 1225. Aveva vasti possedimenti in località Cupo, Fontanaldo, Collalto, Chiaromonte, S. Donato, Marischio, Ceresola e Monte Appennino. Nel XV secolo l'abbazia di S. Cassiano fu ceduta in commenda a causa dello scarso numero di monaci; nel 1441 il pontefice Eugenio IV la unì alla collegiata di S. Venanzo e nel 1445 passò alle dipendenze della chiesa di S. Nicolò.
Il complesso odierno appartiene al XIII secolo. La chiesa ha un portale a sesto acuto, l'abside è decorata esternamente con figure d'animali e all'interno la tribuna e la cripta sono collocate in un piccolo spazio con un'originale disposizione architettonica rara per un'abbazia benedettina marchigiana.
Campodiegoli. Frazione di Fabriano poco distante da Cancelli, anticamente era una villa di proprietà dei signori della Rocca d'Appennino. Forse ebbe origine come agglomerato del castello di Colrotone, incendiato da Fabriano nel 1226 durante il conflitto con la Rocca d'Appennino. Colrotone si trovava ai piedi del passo Croce d'Appennino nel sito oggi chiamato il Sasso della Rocca. La prima citazione di Campodiegoli è del 1111, come documenta una carta di S. Maria d'Appennino in cui un certo Veneri vende secondo la legge longobarda una terra "in un loco qui dicitur Campudecoli". Altre menzioni della villa sono fatte nel 1156 e 1178. Il toponimo potrebbe derivare dal gentilizio romano Decius (Degus). Era situato in un importante incrocio di vie che provenivano dall'Umbria (tranne il passo Croce d'Appennino), da Cancelli, S. Cassiano e Fabriano (via Marischio Varano). Sulla sommità del passo Croce d'Appennino intorno alla metà del X secolo fu fondata la prima sede del monastero di S. Maria d'Appennino, trasferita nel XII secolo nei pressi di Cancelli. Nelle vicinanze di Campodiegoli esisteva sin dal secolo XIII un ospedale intitolato a S.Lorenzo, dipendente dai monaci benedettini di S. Maria d'Appennino.
Nel suo territorio esistevano diverse chiese intitolate a S. Pietro (1178), S. Cristoforo di Valargne, S. Gregorio, S. Paterniano di Colrotone e a S. Martino.
Cancelli. Il termine Cancelli deriva dal latino "cancelli - orum" che significa confine, barriera, ad indicare un limite territoriale, uno sbarramento naturale. L'inizio della storia di Cancelli è legata alla Rocca d'Appennino. La fortezza, situata sul monte Vallarga, tra il XI e XII secolo dominava tutta l'alta valle del Giano e del Rio Bono. La sua sottomissione a Fabriano iniziò nel 1226, dopo varie vicende politiche e belliche.
Cancelli è nominato in un atto del 1260 e figura come villaggio situato nelle vicinanze del borgo della Rocca. Nel 1446 è annoverato tra le quattordici ville del quartiere del Poggio. Per proteggere gli abitanti dell'intera vallata e dei nuclei di Campodiegoli, Camporege, Cacciano e Serradica, nel 1552 inizia la fortificazione di Cancelli con la costruzione delle mura e di un fortilizio. Una volta divenuto castello, Cancelli tutelò le sue proprietà in modo autonomo, con una regolamentazione specifica contenuta negli "statuti del danno dato" istituiti verso la fine del '600. Divenne importante nel XVIII secolo per il passaggio della nuova via Clementina proveniente da Nocera e Campodonico. Successivamente, alla fine del 1700, il valico di Fossato fu reso calessabile e il paese ne trasse dei benefici economici aumentando di popolazione. La chiesa parrocchiale è dedicata a S. Maria Assunta.
S. Maria dell'Appennino. Questo cenobio fu fondato nel X secolo probabilmente dai signori della Rocca d'Appennino, nelle vicinanze del passo Croce d'Appennino, forse sulla sede di una rocca longobarda, costruita intorno al VII secolo a guardia dell'antico diverticolo romano Helvillum-Anconam. Oggi nel sito non rimangono che miseri ruderi di quella che fu una delle più antiche abbazie benedettine del nostro Appennino. Agli inizi del XII secolo fu costruita la seconda sede nell'alta valle del Giano alle falde del valico di Fossato, in territorio di Fabriano. L'abbazia ebbe una grande importanza politico-religiosa nel territorio umbro-marchigiano. Aveva alle sue dipendenze molte chiese situate nei territori di Fabriano, Fossato, Gualdo e Purello.
Erano di sua proprietà l'ospedale di S. Lorenzo di Campodiegoli, quello della Rocca d'Appennino, situato vicino alla seconda sede, e l'ospedale di S. Cristoforo di Cerchiano (nei pressi di Fabriano). Nel 1224 passò sotto le dipendenze del Comune di Fabriano e nel 1441 per volere del papa Eugenio IV fu incorporata alla collegiata di S. Venanzo.
Per questa abbazia hanno dipinto diversi artisti della scuola fabrianese del 1300, come il Maestro di Campodonico e Allegretto di Nuzi. Divenuta casa colonica, oggi di lei resta solo un imponente rudere che domina la vallata. Sono ancora visibili la chiesa, due stanze sottostanti e il cenobio con la volte a botte ed alcuni portali in pietra di stile gotico romanico del XIII-XIV secolo.
Cacciano. Castello d'origine longobarda, appartenne alla Contea di Nocera fino al 1214, anno in cui il vassallo Offreduccio si sottomise al comune di Fabriano. Nel 1226 Egidio, Ugolino e Trasmondo, figli di Gualtiero, e Pietro di Simone cedettero le loro proprietà del castello e si fecero abitanti di Fabriano.
Cacciano aveva il compito di controllare la viabilità proveniente dall'Umbria tramite i passi di Valsorda e di Valmare.
Nel 1349 fu distrutto dai Chiavelli. La chiesa parrocchiale, dedicata a S. Paterniano, in origine dipendeva probabilmente da S. Maria d'Appennino e poi nel XIV secolo da S. Benedetto di Gualdo. Il nome di Cacciano deriva da Catius, un gentilizio romano frequente in diverse parti delle Marche.
Serradica. L'origine del castello, opera del conte Rodolfo di Rinaldo di Nocera, risale al secolo XI. Rimarrà autonomo fino al 1214 quando passa parzialmente sotto il comune di Fabriano, di cui seguì le sorti a partire dal 1227.
Nel 1289 partecipò con altri castelli e ville alla guerra che Fabriano indisse contro Gualdo e Sassoferrato per questioni di confine. Nel 1349 il castello fu distrutto per volere dei Chiavelli. La chiesa parrocchiale è intitolata a S. Gregorio I, papa dal 590; fu dipendente da S. Maria d'Appennino, poi da S. Benedetto di Gualdo Tadino ed infine nel 1441 da S. Venanzo di Fabriano.
Belvedere. L'origine del nome deriva dalla sua posizione elevata che domina la valle di Salmaregia. La fondazione del castello risale all'inizio del 1300. Fu edificato in sostituzione del vicino castello d'Orsara sottomessosi a Fabriano nel 1255 e demolito intorno al 1390. Era il più grande castello della valle. Le mura cingevano tutto il villaggio che, come adesso, aveva una perimetro rettangolare. Ad intervalli la cinta si allargava all'esterno per costituire un ampio baluardo. La torre era quadrata e massiccia, simile a quella di Salmaregia e si ergeva sulla estremità settentrionale. Ne resta ancora la base. I lati esterni misuravano metri 7,20. Il palazzo del castellano era annesso alla torre. Fu utilizzato dai fabrianesi sia per scopi difensivi sia offensivi nelle vicende belliche con Guado, Nocera e Camerino. Nel 1379 il castello di Belvedere fu in mano a Perugia e a Camerino e nel 1388 ritornò definitivamente a Fabriano.
Tra la metà del 1300 e gli inizi del 1400 Belvedere godeva di un certo benessere. In questo periodo il castello insieme agli altri 39 dipendenti dal Comune partecipava alla offerta annuale dei ceri per S. Giovanni Battista, nel giorno della festa del Santo protettore della città. Belvedere non aveva statuti scritti e si regolava su quelli di Fabriano; aveva un Castellano che amministrava la fortezza. Fu quasi distrutto dalle truppe dello Sforza e ricostruito solo verso la fine del XV secolo.
La festa del patrono è S. Ilario, che si festeggia il 14 gennaio.
Campodonico è un'antica villa in territorio della contea di Nocera e dipendente dal vicino monastero benedettino di S. Biagio in Caprile. E' citato per la prima volta nel 1034 in una donazione dei conti Bucco e Atto, figli di Rodolfo, all'abbazia di S. Biagio.
Nel 1251 era detto "Caponico", forma corrotta di "campus dominicus" ovvero fondo padronale, libero da prestazioni e tasse feudali. La sua storia è legata ai castelli d'Orsara e di Belvedere. Era situato in un importante nodo viario dove confluivano le strade provenienti dall'alta valle del Potenza, dal trivio di Lentino, da Valsorda di Gualdo e da Cancelli.
Nel 1300 era presente un ospedale per i viandanti e i pellegrini, dipendente da S. Biagio in Caprile. La chiesa parrocchiale di S. Maria della Neve, ricordata dai manoscritti sin dal 1170, dipendeva in parte da S. Benedetto di Gualdo e fino al 1984 apparteneva alla diocesi di Nocera.
S. Biagio in Caprile è un'abbazia fondata intorno al 1030 dai Conti di Nocera e Gualdo che in quel periodo governavano in condominio la valle di Salmaregia. Nel 1060 per mancanza di religiosi passò sotto le dipendenze di S. Maria d'Appennino che provvide ad inviarvi una piccola comunità di religiosi.
Il termine "Caprile" gli fu dato per l'esistenza nei paraggi di stalle di capre. S. Biagio in Caprile già nel 1109, con la donazione dei patroni Oderisi, Atto e Bocco, conti di Nocera, possedeva diverse proprietà nelle località di Cellerano, Torre, Molinaccio e Camportigiano. Intorno al 1198 figura affiliata alla vicina abbazia di S. Michele (poi S. Angelo) d'infra ostia, fondata prima del Mille da un ramo degli Atti di Nocera, conti di Colleoccio. Nel 1300 i monaci ebbero dei possedimenti a Salmaregia, Campodonico, Sasso, Colle, Campottone, Trufigno, Tegulario, Cima Mitula ed esercitarono la loro giurisdizione su numerosi vassalli e chiese. Il cenobio fu protetto da diverse importanti famiglie come i Trinci di Foligno nelle persone di Paolo e Ugolino; i Chiavelli nella persona di Tommaso; i Bartoluccio da Foligno e Rinaldo di Rodolfo, nobile fabrianese. Ebbe monaci d'elevato rango e cultura come Morico, Bartoluccio e Giovanni chiamato Vanne, figlio del nobile Rinaldo. Con l'affrancazione del XIV secolo iniziò la sua decadenza. Ebbe diverse liti per i diritti di pascolo con il vicino castello d'Orsara, i signori di Salmaregia , Belvedere, Gualdo. Nel 1443 fu distrutta da un incendio insieme al suo archivio e, rimasta priva di monaci, passò per volere d'Eugenio IV alla Congregazione Silvestrina. Nel 1665 fu elevata ad abbazia titolare e nel 1810 fu venduta a privati. Dell'antica abbazia rimane la chiesa a pianta rettangolare, internamente ornata dai famosi affreschi dell'anonimo Maestro di S. Biagio in Caprile, oggi conservati ad Urbino. Gli edifici monastici sorti intorno al chiostro sono andati quasi completamente distrutti.
Salmaregia. Castello edificato intorno al secolo XI da Rodolfo di Monaldo III, di nobilissima stirpe longobarda, conte di Nocera, vicario imperiale e valoroso capitano fedele agli imperatori.
Era situato a 606 metri d'altitudine, in un nodo viario importante dove confluivano le vie provenienti dal passo del Termine, degli Scannelli e dal diverticolo di Dubios, dirette verso Fabriano, Sassoferrato ed Esanatoglia. Nel periodo in cui si formarono i comuni, i suoi signori si seppero ben barcamenare tra i conflitti di Nocera, Camerino, Gualdo e Fabriano, conclusi con un trattato di pace stipulato nel 1271. Il nome di "Somaregia" è collegato ad un'antica leggenda che riguarda la morte d'Ottone III; questa leggenda narra che il giovane imperatore mentre viaggiava con le sue truppe alla volta della Germania, percorrendo strade secondarie per maggiore sicurezza, il 23 gennaio 1002 morì improvvisamente nei pressi di Paterno di Fabriano.
Forse l'imperatore, trovandosi nelle vicinanze di Valdicastro, dove doveva arrivare un suo amico, l'anacoreta Romualdo, prese quella via con la speranza di incontrarlo. Faceva parte della scorta Rodolfo di Monaldo III che aveva da poco ultimato la costruzione del castello. Secondo l'uso germanico, gli addetti del seguito imperiale estrassero le viscere e fecero bollire il corpo in un grande caldaio. Separate le carni, pulirono le ossa che riposero in un apposito contenitore per trasportarle nel luogo d'origine, presso la tomba degli avi. Durante la sepoltura, Rodolfo propose agli amici di trasportare le carni nel suo nuovo castello non molto lontano, onorato di ricevere e custodire così importanti spoglie. I baroni accettarono e attraverso Capretta, Lentino e Trufigno giunsero al fortilizio, dove dopo le dovute cerimonie provvidero alla tumulazione. Il castello, che ancora non aveva un nome, cominciò da allora ad essere chiamato dalla popolazione, impressionata dall'evento, "de soma regia" ovvero "del corpo del re". Questa definizione è bene accettata se si considera che "soma" proviene dal greco e significa corpo o parte del corpo. Potrebbe anche significare una parte del territorio privilegiato nell'esenzione di tasse, se si considera che "soma" potrebbe indicare una ben nota misura di peso e di capacità, adoperata in queste regioni fin dal Medioevo, e il suffisso "regia" un certo potere sovrano. Si escluderebbe invece la derivazione del nome del castello dal noto paziente ed umile animale che sicuramente quei feudatari non avrebbero né gradito né accettato.
Orve. Sulla collina d'Orve, situata a sud di Salmaregia, oggi rimangono i ruderi di alcuni edifici che un tempo facevano parte del fortilizio. Il nome d'Orve, in latino "orbis" deriva dalla configurazione rotondeggiante dell'altura. La prima memoria risale al 1240, in una concessione di proprietà a Camerino da parte d'Innocenzo IV. Forse fu di proprietà della signoria dei Bulgarelli. Non sappiamo se il fortilizio è già esistente quando vi giunsero i Bulgarelli-Ranieri, o se lo edificassero essi stessi. Verso il 1258 Orve era in possesso di uno dei Conti dei Baschi, ghibellini. Nel 1362 fu ceduto da Gualtiero di Raniero ai Chiavelli di Fabriano nella persona di Guido Napoletano, figlio d'Alberghetto II. I Chiavelli non mantennero la Rocca per molto tempo. Nel 1408 Antonio era già deceduto in Fabriano. Venti anni dopo l'acquisto Orve non era più dei Chiavelli; infatti, in un trattato di pace del 1383 tra Fabriano e Camerino figura di proprietà di questi ultimi. Verso la metà del '500 passò alla Camera apostolica e più tardi nel Seicento a dei privati.
Nocera Umbra. Anticamente chiamata Nuceria Cammellaria, è stata importante stazione sulla via Flaminia, avendo un rapido sviluppo. Devastata dalle invasioni barbariche, nel VI secolo fu assoggettata al Ducato di Spoleto e divenne una contea longobarda. Nel 1439 fu annessa allo Stato Pontificio.
Da visitare la trecentesca chiesa di S.Francesco, restaurata e adattata a Pinacoteca, il Duomo romanico, quasi interamente rifatto nel '500 e nel '700, e la parrocchia di Boschetto,c on croce processionale del '300 e pitture dei secoli XV e XVI.
Satriano. Ai confini con il territorio di Nocera si trova Satriano, nel territorio montano d'Assisi. Qui una cappella ricorda che nell'estate del 1226 Francesco, che si trovava nel convento di Nocera, pieno di malattie e prossimo alla morte, fu pregato dal popolo d'Assisi di tornare a casa in modo che le sue spoglie mortali fossero custodite nella città natale. Egli fu così scortato lungo il viaggio da Nocera ad Assisi da alcuni cavalieri del Comune d'Assisi. Questo episodio è celebrato ogni anno a settembre con una specie di processione a cavallo che si snoda da Assisi a Nocera e viceversa e percorre le vie della città fino alla Piazza del Comune, capeggiata dal carroccio che reca una reliquia di San Francesco. Riportiamo qui sotto l'episodio narrato da Fra' Tommaso da Celano.
«Avvenne che il beato Francesco, pieno di malattie e già ridotto quasi agli estremi, mentre si trovava nel convento di Nocera, fosse richiesto dal popolo d'Assisi, il quale inviò una solenne ambasciata a prenderlo, per non lasciare ad altri la gloria di possedere il corpo dell'uomo di Dio. I soldati che con riverenza lo scortavano, giunti ad una poverissima borgata di nome Satriano, sentendo, per la fame e l'ora, bisogno di cibo, ma non trovandovi, per quanto cercassero, nulla da comprare, tornarono al beato Francesco e gli dissero: "Occorre che tu ci dia delle tue elemosine, poiché qui non possiamo trovare nulla". Rispose il Santo: "Non trovate nulla, perché confidate più nelle vostre mosche (chiamava mosche i denari), che in Dio. Ma - aggiunse - ritornate indietro per le case che avete già visitato, e offrendo l'amore di Dio invece di denari, domandate umilmente l'elemosina...". I cavalieri, deposta la vergogna, andarono chiedendo l'elemosina, e ottennero per amor di Dio assai più che col denaro, poiché tutti a gara donarono con piacere». (Tommaso da Celano, Vita Seconda, cap. XLVII, 77, traduzione di Fausta Casolini).
Assisi. Fondata dagli Umbri su un'altura ai piedi del monte Subasio, fa parte del mondo romano già dal III secolo a.C. e diventa municipio importante per la sua posizione strategica. In epoca barbarica è spesso saccheggiata finchè entra nel Ducato longobardo di Spoleto. Raggiunge il massimo splendore in epoca comunale, allorchè caccia nel 1198 Corrado di Lutzen, il duca imposto dal Barbarossa e si dà statuti propri. Coinvolta nelle lotte tra Guelfi e Ghibellini, entra nello Stato della Chiesa cui è più volte tolta dai capitani di ventura. Intanto sta vivendo il suo miglior momento artistico con pittori, scultori e architetti chiamati ad illustrare la vicenda di Francesco e dei suoi fratelli. Entra definitivamente nello Stato Pontificio dopo che Cesare Borgia, all'inizio del Cinquecento, l'ha occupata più volte.Da allora inizia la sua decadenza economica, mentre diventa luogo di pellegrinaggio. Francesco, che vi era nato nel 1182, aveva infatti già legato il proprio nome alle successive vicende della città. Durante le guerre napoleoniche i Francesi si impossessarono di gran parte del tesoro francescano. Seguì le vicende dello Stato della Chiesa fino al 1860.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 21.11.2012
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