Opere specialistiche
Cap. 5: La viabilità (Il popolamento antico nella media valle dell'Arzilla)
PREMESSA
La romanizzazione dell'ager Pisaurensis creò diversi collegamenti stradali, per consentire rapide comunicazioni con i territori interni, e le zone costiere, già da tempo appartenenti allo Stato Romano.
Nel 220 a. C. vi fu l'apertura della via Flaminia che, portò alla creazione di un'ampia rete viaria.
La strutturazione in senso gerarchico viene evidenziata da Siculo Flacco, che pone, una ben precisa suddivisione delle competenze per il mantenimento delle singole categorie viarie: le viae publicae, mantenute dallo Stato; le viae vicinales, mantenute dalle singole comunità; le viae communes, a carico dei proprietari dei terreni; e le viae privatae (Sic. Flacco, De Condit. agr., pp.146-147).
La viabilità romana nell'ager Pisaurensis (Dall'Aglio 1998) era caratterizzata da due direttrici principali, sulle quali convergeva la restante viabilità del territorio, secondo il modello di strutturazione gerarchica sopra citato.
I collegamenti con l'area padana da una parte, e l'Italia centrale dall'altra, fino a Roma erano assicurati dalla Flaminia, una fra le vie più antiche.
La comunicazione verso l'area appenninica avveniva attraverso due strade di grande rilievo: la Pisaurum-Urvinum Mataurense e la Pisaurum-Sestin; poste rispettivamente a destra e a sinistra del fiume Foglia.
Quest'ultime, erano una sorta di vie principali ante litteram, che consentivano un rapido e veloce spostamento fra Pisaurum e il restante territorio pesarese.
La città di Pesaro sorta fra questi assi stradali, divenne sia per la presenza del porto fluviale, sia per la sua posizione geografica, un'importante centro commerciale.
Il fatto che queste direttrici principali si siano mantenute inalterate fino al secondo dopoguerra dimostra la funzionalità e la vitalità della rete viaria creata dai Romani nel pesarese.
Una viabilità minore, per mancanza di tracce, é di difficile ricostruzione. Si può solamente affermare che, andò sviluppandosi nei settori collinari, seguendo percorsi di crinale, mentre, nelle piane di fondovalle (fiume Conca e Foglia), tale viabilità coincideva con gli assi centuriali, tutto ciò seguendo una ben precisa distribuzione geografica degli insediamenti.
Fra la valle del Foglia e quella dell'Arzilla i collegamenti fra ager Pisaurensis e ager Fanestris erano assicurati da sistemi di paleosuperfici che, risalendo da entrambi i versanti, si raccordavano al lungo crinale spartiacque che passava da est ad ovest per Monte Billa, Trebbio, Rondello, Monte Fuga e Novilara (Campagnoli 1999).
Questa viabilità si andava raccordando, con le principali direttrici, consentendo un collegamento con il territorio delle varie colonie interne (viae communes).
LA VIA FLAMINIA
Intorno al 220 a. C. fu aperta dai Romani, nella regione delle Marche, la via consolare Flaminia, ad opera di C. Flaminius, per collegare la pianura Padana e l'ager Gallicus con Roma, attraverso le vallate dei fiumi Metauro, Nera e Tevere (Luni 1995).
Questo asse viario doveva esistere, come percorso locale di una certa importanza, già da alcuni decenni, sicuramente almeno per il tratto costiero da Ariminum (268 a. C.) al Mataurus e fino a Sena Gallica (290-288), (Ortolani, Alfieri 1953 e 1978; Stefanini 1991; Luni 1995).
Esso doveva far parte di tutta una serie di tracciati viari, esistenti nella regione in punti obbligati, fin da epoca preromana, quali la via costiera e le vie che, lungo le valli fluviali, conducevano ai passi appenninici e alla vallata del Tevere.
La fascia costiera dellager Pisaurensis era totalmente attraversata, in senso sud-est e nord-ovest, dall'ultimo tratto della via Flaminia, a nord il suo capolinea era situato ad Ariminum, dove si univa alla più recente via Aemilia aperta nel 187 a. C. (Livio, XXXIX, 2, 10).
La via Flaminia e Pisaurum sono unite da un forte legame, sottolineato dal fatto che tale strada costituisce l'asse generatore del regolare impianto della città e che lungo i suoi tratti extraurbani si svilupparono le necropoli cittadine.
Probabilmente il percorso che si sviluppa lungo la costa, fra Fanum Fortunae ed Ariminum, ricalca un'antica direttrice, frequentata in epoca protostorica, e mantenutasi attiva tuttora; il tracciato della Statale Adriatica, infatti, riprende in sostanza quello della consolare.
Interessante é anche notare, come nel pesarese, esista una sorprendente identità tra la situazione stradale in epoca antica e quell'attuale, e che, in generale, si é verificata una continuità d'utilizzazione dell'antica rete stradale fino ai nostri giorni (Luni 1995).
Nel tratto pesarese, diversi elementi geomorfologici, storici, topografici ed archeologici permettono poi di ricostruire l'originario percorso della via Flaminia, nei punti in cui esso si discosta dalla strada moderna (Campagnoli 1999).
Pisaurum-Fanum Fortunae
Tutti gli Itineraria (Itin. Antonini, 126, 3; Itin. Burdigalense, 615, 3; Itin. Gaditanum, 94) sono concordi nell'indicare una distanza di VIII m. p. fra Pisaurum e Fanum Fortunae. Nella Tabula Peutingeriana (segmento IV, 2) risulta che la città di Pesaro, non contrassegnata da alcuna vignetta, é situata tra i fiumi Rustunum a nord, e Nelurum a sud, che corrispondono rispettivamente agli attuali Conca (Crustumium) e Arzilla (Campagnoli 1999).
La distanza indicata con otto miglia trova conferma grazie alla scoperta di due cippi miliari risalenti al IV secolo.
Il primo é un cippo stradale scoperto nel 1612, a circa due miglia a sud di Pesaro, che conferma il passaggio della Flaminia nella vallecola del Fosso Genica.
Tale cippo é un miliario in marmo, ora conservato nel Museo Archeologico di Pesaro, con la dedica all'imperatore Costanzo II, databile dal novembre 352 al novembre 361, e indica, sull'iscrizione A, una distanza di 187 m. p. da Roma.
Nell'iscrizione B é stata inserita successivamente una dedica agli imperatori Valentiniano I e Valente (Herzig 1970, C.I.L., XI, 6627), databile tra il marzo 364 e l'agosto 367.
L'altro miliario é stato rinvenuto a Rosciano, due miglia ad ovest di Fano; esso porta i nomi degli imperatori Valentiniano I, Valente e Graziano (367-375 d. C.) e reca l'indicazione di 179 m. p. da Roma (Herzig 1970, Luni 1992, C.I.L., XI, 6627).
La via consolare usciva da Pisaurum all'estremità meridionale del cardo maximus, dall'attuale porta "Fano" e poco dopo raggiungeva il Rio Genica.
Elementi di tipo geomorfologico e storico fanno pensare che, in età romana, questo corso d'acqua passasse a non molta distanza dal lato meridionale delle mura e sfociasse in mare nella zona dove, in età rinascimentale, verrà edificata la Rocca Costanza (Campagnoli 1999).
La Flaminia attraversava il torrente Genica con un ponte. A tale ponte è attribuita un'iscrizione, rinvenuta nel 1738 vicino al corso d'acqua (Braccesi 1969, De Sanctis 1987, Luni 1995, Cresci Marrone 1995).
Si tratta di un'epigrafe, riutilizzata in una sepoltura tarda, che, ricorda il restauro del ponte "pontem vetustate corruptum", avvenuto, tra l'agosto 378 d. C. e il gennaio 379 d. C., ad opera degli imperatori Graziano e Valentiniano II (C.I.L., XI, 6328; G. Cresci Marrone e G. Mennella 1984).
Non abbiamo elementi per affermare con sicurezza che tale epigrafe sia da riferirsi al ponte sul Genica e il suo ritrovamento vicino al corso d'acqua non é una prova di attribuzione sicura (Campagnoli 1999).
Essendo tale epigrafe un materiale di reimpiego, é probabile che essa sia stata trovata anche, in un'area più lontana.
Infatti é necessario considerare il fatto, che, in età tardoantica e altomedievale, i materiali di spoglio potevano essere spostati dal loro luogo originario per essere riutilizzati in località anche molto distanti.
In base a questa considerazione ed osservando in particolare, la dimensione delle lettere e il tipo d'iscrizione, di recente, Pier Luigi Dall'Aglio ha avanzato l'ipotesi di attribuire tale epigrafe non al ponte sul Genica, ma, a quello sul Foglia (Dall'Aglio 1998).
Lungo il percorso della via Flaminia, a poche centinaia di metri oltre il ponte Genica, sono stati segnalati, nei secoli scorsi, rinvenimenti di materiale archeologico da riferire ad un antico sepolcreto, scoperto in connessione con la chiesa di San Decenzio (Russo 1989, Simi Varanelli 1996) ubicata lungo la via consolare.
Fin dal XV sec. a tale chiesa furono attestati importanti reperti funerari, d'età romana.
Tra cui, si ricorda, il famoso sarcofago di M. Aufidius Fronto, riutilizzato come mensa d'altare, e un frammento marmoreo, con breve iscrizione, andato disperso (C.I.L., XI, 6475; Cresci Marrone, Mennella 1984).
Nel 1784, durante i lavori presso le fondamenta della chiesa, fu rinvenuto un frammento di stele calcarea a forma di tempietto (C.I.L., XI, 6407; Cresci Marrone, Mennella 1984). Tale ritrovamento fa supporre che, in età romana, fosse qui collocata un'importante area di sepoltura e che i materiali reimpiegati nella chiesa siano riferibili a tale area.
La via consolare Flaminia, proseguendo per Fanum Fortunae, seguiva un tracciato differente da quello dell'attuale Statale Adriatica.
Quest'ultima si dirige verso il mare e scorre in piano nella stretta fascia costiera, posta fra il mare e l'alta falesia di Colle Ardizio e Monte Granaro. Tale percorso non poteva essere seguito in età romana, poiché questa striscia di terra si é formata solo recentemente, in seguito all'accumulo di materiali franati dalla costa alta per effetto dell'erosione marina e, in conseguenza, della ridistribuzione degli apporti solidi del Metauro (Buli, Ortolani 1947; Gori 1978; Veggiani 1991).
Per questo la Flaminia seguiva un tracciato interno, sfruttando una via naturale, che é quella della vallecola del Fosso Genica.
Tale tracciato é documentato da ritrovamenti di tipo funerario, effettuati, anche recentemente, fra le località Carmine Vecchio e Muraglia (Martinelli 1995).
La via consolare proseguiva, mantenendo la destra del Fosso Genica e mantenendosi ai margini dei versanti interni di Colle Ardizio e Monte Granaro.
Giunta al passo di Trebbiantico il tracciato della Flaminia, nel corso del tempo, sembra essere cambiato.
Luni avanza l'ipotesi che durante l'età repubblicana esistesse un tracciato più interno rispetto a quello d'età imperiale; in modo che si potesse evitare il passaggio della piana di foce dell'Arzilla, passaggio che creava dei problemi a causa della presenza d'acquitrini (Luni 1987).
Arrivata al passo di Trebbiantico, la via Flaminia avrebbe proseguito verso sud-est, passando per la zona in cui ora si trovano le località di Trebbiantico e Roncosambaccio.
Tenendo la sinistra del Rio di Brettino la strada sarebbe poi scesa fino a Fenile, immettendosi nella valle del torrente Arzilla, il quale veniva costeggiato per un breve tratto prima di essere scavalcato nella zona di Madonna della Trave.
Da qui la via consolare avrebbe poi raggiunto la zona attualmente occupata dalla località Forcole, dove sono stati effettuati alcuni ritrovamenti archeologici: resti di strutture murarie, numerose tombe, un tesoretto di monete d'età repubblicana ed imperiale (Vullo 1992), un'iscrizione funeraria di un magister vici datata al II sec. d. C. (C.I.L., XI, 6237; Vullo 1992); quest'ultima ha fatto supporre che qui potesse essere collocato un centro di aggregazione del popolamento.
Mario Luni ipotizza che questo tracciato d'età repubblicana coincida con la strada che, in età medievale, portava alla pieve di Sant'Anastasio di Roncosambaccio (Lombardi 1979).
Quando poi Fanum Fortunae avesse assunto una certa importanza, la via Flaminia avrebbe cambiato il suo percorso, spostandosi verso il litorale adriatico, proprio per raggiungere ed attraversare il nuovo centro urbano; arrivata a Trebbiantico, la via consolare avrebbe piegato a nord-est, risalendo la vallecola del Fosso Genica, posta tra Monte Granaro e il Colle dell'Inferno, per dirigersi verso la costa, che qui si presenta alta e a strapiombo sul mare, fino al Fosso Seiore.
Secondo Luni, la strada proseguiva poi verso Fanum Fortunae per circa tre km, con un percorso rettilineo, ma sempre posto sulla cresta delle colline (Luni 1995).
Tale percorso pare essere confermato dal rinvenimento d'alcuni basoli stradali in trachite laziale, ritrovati presso una casa colonica situata a monte del fosso Sejore (Luni 1987).
Anche ha proposto una ricostruzione della via Flaminia.
Lo studioso ritiene che essa abbia cambiato il tracciato nel corso del tempo (De Sanctis 1987).
Per il tracciato d'età repubblicana proposto da Luni, De Sanctis é d'accordo, mentre diversa é l'ipotesi da lui avanzata, per il tracciato d'età imperiale.
Provenendo da Pisaurum, la via avrebbe mantenuto inalterato l'antico tracciato fino alla zona di Roncosambaccio.
Da qui la via Flaminia sarebbe poi passata nella zona di Col delle Cave, Monte Giorgi, San Biagio e Villa Castellani, per poi scendere in prossimità dell'attuale chiesa del Carmine (allora Santa Maria di Marano), e raggiungere Fano attraverso il rettifilo di strada Paleotta.
In tale percorso De Sanctis parla del ritrovamento di resti archeologici che confermerebbero quest'itinerario.
Sulla base dei dati raccolti da De Sanctis, nel 1992 Mario Luni avanza una nuova ipotesi: per il tratto Fanum-Pisaurum, ci sarebbero tre percorsi cronologicamente diversi.
Il tracciato più antico, riferibile al momento d'apertura della strada, non subiva alcuna variazione, mentre il percorso d'età imperiale, proposto da De Sanctis, risalirebbe all'età augustea; in età imperiale, invece, la strada avrebbe subito il definitivo spostamento lungo la cresta delle colline litoranee (Luni 1992).
Secondo Paolo Campagnoli, a causa della scarsità della documentazione archeologica, non si possono riconoscere tre distinti percorsi nel tratto Fanum-Pisaurum (Campagnoli 1999).
Campagnoli ritiene possibile, sulla base di considerazioni storiche e geomorfologiche, un cambiamento del tracciato fra l'età repubblicana e il momento in cui Fano si affermò come centro urbano.
Secondo Paolo Campagnoli, al momento dell'apertura della via Flaminia, neppure l'eventuale presenza di un primo nucleo di coloni romani nell'area avrebbe giustificato la scelta di un percorso costiero, a scapito di un tracciato più interno, lungo gli agevoli crinali e i solchi vallivi posti fra la valle dell'Arzilla e quella del Foglia, che avrebbe permesso di evitare i problemi connessi ai possibili impaludamenti della piana di foce dell'Arzilla (Campagnoli 1999).
Solo in una fase più recente la crescita di Fanum Fortunae ed il suo affermarsi come centro autonomo dal punto di vista amministrativo, nonché la bonifica della piana di foce del Metauro, con la conseguente creazione di un'efficiente rete scolante e la possibilità di attuare un efficace controllo dei vari corsi d'acqua, permisero alla strada consolare di spingersi fino alla costa, per diventare l'impianto generatore dell'assetto urbano e della centuriazione fanestre (Campagnoli 1999).
Tale mutamento del tratto Fanum-Pisaur si sarebbe verificato durante il I secolo a. C..
E' probabile che il tracciato più antico sia rimasto come strada secondaria, mentre la via principale sia diventata quella costiera.
Per ciò che concerne il percorso d'età repubblicana Paolo Campagnoli ritiene che vi siano pochi elementi a disposizione per identificare un tracciato certo. I pochi dati archeologici si riferiscono al tratto compreso fra Pisaurum e Roncosambaccio; oltre tale località l'analisi geomorfologica consente solo di avanzare delle ipotesi (Campagnoli 1999).
Probabile é, secondo Campagnoli, che la via Flaminia proseguisse verso la valle del Metauro seguendo una direttrice di crinale; per questo Campagnoli non concorda con l'ipotesi di Mario Luni che la Flaminia scendesse verso Fenile, seguendo il fondovalle di sinistra del Rio di Brettino (Campagnoli 1999).
Al contrario Campagnoli avanza l'ipotesi che la strada si mantenesse sul crinale di destra del Rio di Brettino, passando per Casa Morelli e Casa Orsini, oppure che da Roncosambaccio seguisse il crinale di Monte Giorgi-Villa Castellani (é in parte lo stesso percorso ipotizzato da De Sanctis per l'età imperiale).
La funzionalità di queste direttrici é dimostrata dal fatto che, ancora oggi, sono utilizzate dalla viabilità locale.
Sempre secondo Campagnoli, bisogna rifarsi ai dati fornitici dall'analisi geomorfologica, per ricostruire il percorso costiero d'età tardorepubblicana ed imperiale. Dal Fosso Seiore a Fano é possibile che la strada seguisse il margine delle colline, mantenendosi in una posizione leggermente rilevata rispetto al litorale costiero (Campagnoli 1999).
Campagnoli, riferendosi alla toponomastica indicata nella cartografia I.G.M. (per Fano I.G.M. F.110 IV S.O.), ritiene possibile un passaggio della strada consolare in prossimità di Tomba Donati, Le Fontanelle, Case Ferri, chiesa del Carmine per poi raggiungere Fano percorrendo il rettifilo di via Paleotta.
Lungo questa direttrice sono situate strade bianche e carraie, che in qualche tratto, potrebbero aver ripreso il tracciato della Flaminia. Queste strade secondarie assecondano la morfologia dell'area, attraversando paleosuperfici che consentono di mantenere il tracciato in quota e in posizione rilevata rispetto alla costa (Campagnoli 1999).
Nel complesso la lunghezza di questo percorso costiero da Pisaur a Fan Fortunae, é di 12 km circa, equivalenti alle otto miglia riportate in tutte le fonti itinerarie e confermate dai miliari di Saiano e Rosciano (Campagnoli 1999).
Pisaurum-Ariminum
L'Itinerarium Gaditanum (93), l'Itinerarium Antonini (100,5), e l'Itinerarium Burdigalense (615,4-5) indicano una distanza di XXIV m. p. fra Pisaurum ed Ariminum; solo la Tabula Peutingeriana (segmento IV, 2) riporta XXIII m. p..
La via Flaminia usciva dalla città da Porta Rimini, poi piegava verso sud-ovest per raggiungere ed oltrepassare il Pisaurus (fig. 41).
In età imperiale la Flaminia attraversava il Pisaurus mediante un ponte, il cosiddetto "Ponte Vecchio" (figg. 42-43-44).
In origine il ponte doveva presentare quattro o cinque arcate, riconoscibili ancora parzialmente nell'architettura superstite (Luni 1995).
Sono attualmente visibili resti di tre piloni d'epoca romana, costituiti da grossi blocchi di pietra; una quarta pila é individuabile, in periodo di magra, al centro del letto fluviale (Luni 1995). Sembra che queste strutture siano datate alla prima età imperiale.
Nel Settecento fu rinvenuta, nella muratura del ponte, un'iscrizione frammentaria (C.I.L., XI, 6384), in base alla quale si é ritenuto che un personaggio avesse personalmente finanziato la costruzione della struttura; più probabilmente si tratta di materiale di recupero (Luni 1995).
Il ponte é lungo 50 metri e presenta una carreggiata larga m. 5,80; l'arcata maggiore é fatta risalire alla ricostruzione dell'opera, forse avvenuta a seguito delle distruzioni verificatesi nella guerra gotico-bizantina (Luni 1995).
Ritornando al percorso della consolare, nel tratto compreso fra le mura e il Foglia, la strada disegnava un'ampia curva per potersi raccordare con il ponte, che, rispetto alla Porta Ravegnana, risultava spostato più a monte (Campagnoli 1999).
Superato il fiume Pisaurus la via proseguiva, con tutta probabilità, in piano per circa 2-3 km, correndo alla base del pendio del colle San Bartolo, e seguendo un percorso di poco sopraelevato rispetto alla pianura alluvionale. Lungo questo tratto, di circa 2-3 km, si sviluppava la necropoli settentrionale di Pisaurum; qui sono venuti alla luce in periodi diversi numerose sepolture, iscrizioni funerarie, tombe; sepolture si sono scoperte in periodi recenti, in occasione di lavori effettuati nel pendio di Villa Caprile e in seguito all'ampliamento della Statale Adriatica (Martinelli 1995).
Sorpassata S. Maria delle Fabbrecce, la Flaminia si incanalava nella piccola valle solcata dal Rio della Badia e dal Fosso della Ranocchia, proseguendo lungo il versante sinistro, con un tracciato che coincideva con quello dell'attuale Statale Adriatica.
La strada si manteneva nella fascia di raccordo fra il ripiano di fondovalle e il pendio poco acclive del San Bartolo.
Proseguendo verso Ariminum, la consolare si spostava sul versante opposto della vallecola, a sud del Fosso della Ranocchia, differenziando il proprio percorso da quello dell'attuale Statale. Tale passaggio è dettato da motivazioni di carattere morfologico: fra il Fosso I Ronchi e il fosso della Ranocchia si trova una lunga paleosuperficie di versante, orientata parallelamente all'asse della vallecola, che consente di salire in modo graduale e rettilineo verso il passo della Siligata (Luni 1995).
Il passaggio della Flaminia, sulla paleosuperficie situata a sud di questo corso d'acqua, è testimoniato dal rinvenimento, in seguito a lavori d'aratura, di basoli nel campo ad est e ad ovest di Strada dei Ronchi (Furiassi 1996).
Nel 1975 all'interno del giardino di una villa situata in località il Coppo, si rinvennero un basolo ancora in posto, e i resti di probabili sostruzioni stradali. Altri basoli provenienti da tale campo si trovano nelle case, numero civico 9 di strada dei Ronchi e in località La Palazzina. Riccardo Furiassi ritiene che i basoli, conservati presso tali abitazioni, siano la conferma di un percorso più interno della Flaminia, che, passando nei pressi di Monte Bacchino raggiungeva l'area dove poi sorgerà la pieve di San Lorenzo in Strada e di qui attraversava il Foglia. Così la via consolare avrebbe evitato la zona di foce del Foglia, che, secondo Furiassi, presentava diversi problemi di transitabilità, a causa della presenza d'acquitrini (Furiassi 1996).
Secondo Campagnoli, tale ipotesi si basa sul fatto che, tutti i basoli siano stati rinvenuti nelle immediate vicinanze dei luoghi ove ora sono custoditi.
Per Campagnoli, inoltre, Furiassi, non tiene conto del quadro storico in cui avvenne la romanizzazione di questo settore dellager Gallicus, che, nel III sec. a. C., assistette alla probabile nascita, presso la foce del Foglia di un conciliabulum civium Romanorum, e della frequentazione del lucus Pisaurensis da parte dei coloni Viritani. Poi l'ipotesi che, l'area di foce del fiume non fosse così impraticabile, come sostiene Furiassi, é attestata dalla presenza dell'abitato di età picena in via delle Galligarie, nell'angolo sud-occidentale del futuro insediamento romano.
Anche l'ipotesi di una strada che collegava la pieve di San Cristoforo "ad Aquilam" con quella di San Lorenzo in Strada, attraverso una direttrice interna nord/ovest-sud/est che permetteva di raggiungere la valle del Foglia senza passare per Pesaro; non può essere ritenuta parte del tracciato dell'antica via consolare, ma forse un diverticolo di questa, come sostiene Lombardi (Lombardi 1983).
Oltrepassata la paleosuperficie, la strada proseguiva diritta con direzione sud-est, nord-ovest verso la Siligata, mantenendosi a mezzacosta.
Appena poco prima del passo della Siligata, nei pressi di una vecchia carraia, oggi in disuso, grazie a delle ricognizioni, si è potuto notare la presenza di materiale franato come ad esempio basoli stradali, frammenti di tegole e ciottoli.
Tale materiale era disposto lungo una striscia, che aveva una lunghezza di circa 80 m ed una larghezza di 2-3 m, ed era disposta in posizione parallela rispetto al tracciato, ora non più in uso (Campagnoli 1999).
Tali ritrovamenti fanno avanzare l'ipotesi che, questi resti potessero riferirsi al piano stradale della via Flaminia, il cui "iter" doveva coincidere con quello della vecchia carraia (Campagnoli 1999).
Nel 1975, a circa 50-55 m ad ovest di tali ritrovamenti, si fecero altre scoperte (grazie ad arature più profonde) di basoli di trachite che indicavano il punto preciso del transito della consolare sul Passo della Siligata (Campagnoli 1999).
Il nome Siligata deriva da "silice strata", ovvero strada lastricata in pietra.
Tale nome ricorda il passaggio di una strada lastricata. Alla Siligata, la consolare si manteneva sullo stesso versante, poi seguito dalla Flaminia Vecchia, ma, ad una quota più rilevata.
Dopo la Siligata, la Flaminia iniziava a scendere verso la piana di Colombarone nei pressi di Cattolica. Fra il passo della Siligata e Colombarone la strada si manteneva sulla destra del Fosso S. Carlo, con un percorso posto in posizione intermedia fra quello seguito dall'attuale Statale Adriatica e quello, più basso, della Flaminia ottocentesca. Oltrepassata la zona di Colombarone, la via consolare proseguiva per Cattolica, seguendo un tracciato che coincideva con l'attuale Statale Adriatica.
Qui la via Flaminia si manteneva al margine del rilievo collinare, in una fascia pianeggiante, ma rilevata sul fondovalle, per porsi al sicuro da eventuali esondazioni della Fossa Taviolo. Nella parte alta del centro storico di Cattolica è documentata la presenza di un abitato d'epoca romana (I-IV secolo d. C.), di cui recentemente sono stati scavati due complessi edilizi, orientati secondo la via consolare (Luni 1995).
L'insediamento è sorto con ogni probabilità in connessione con una statio o mutatio ubicata lungo la Flaminia, esattamente a metà strada tra Pisaur e Arimin. Cattolica dista infatti 17-18 km. da ambedue le città, ma di essa non si fa cenno alcuno negli antichi Itineraria (Graziosi 1967, Luni 1995, Maioli 1995).
Pisaurum-Urvinum Metaurense
All'estremità occidentale del cosiddetto decumanus maximus della città (via Branca) iniziava la strada che conduceva verso l'interno del territorio. Nel 1953, presso via della Maternità, ad un metro di profondità, si rinvennero una base di colonna e strutture che sono state ritenute i resti della porta romana. Nello stesso luogo fu messo in luce anche un tratto del basolato stradale (Martinelli 1995).
Secondo Mario Luni, fuori dalle mura, la via procedeva con andamento rettilineo per circa 2-3 km nella piana alluvionale del Pisaurus fino ai primi contrafforti collinari.
Essa costituisce la prosecuzione del decumanus maximus, di cui conserva lo stesso andamento, e ha continuato ad esistere con ugual tracciato fino ai nostri giorni (Luni 1995).
Tale strada é già presente nel Catasto Pontificio. Simili indicazioni si possono trarre da una delle tre mappe del XVIII secolo, chiamate "Molino sul Foglia" (Tarca 1997), (dal nome della cartella che le contiene) conservate presso l'Archivio di Stato di Roma, dove si nota che il Vallato Albani é fiancheggiato da una strada rettilinea, che pare giungere fino all'altezza dell'odierna Villa San Martino.
Anche la tavola raffigurante il "territorio di Pesaro", realizzata da Francesco Mingucci nel 1626, raffigura una strada che da Porta Collina arriva fino all'abitato di S. Martino (Campagnoli 1999). Non si conoscono altri documenti per definire cronologicamente questo rettifilo, però, delle considerazioni di carattere topografico e geomorfologico, ci fanno ipotizzare che almeno una parte di questa strada, cioè il tratto Miralfiore-Fornace Badioli, possa essere stata costruita in età post-romana (Campagnoli 1999).
Prima di tutto si deve notare che il rettifilo, che dalle mura della città porta nella zona di Fornace Badioli, é in verità composto da due segmenti non perfettamente allineati che si congiungono all'ingresso della tenuta di Miralfiore; in questo punto si stacca la strada che, con un percorso sinuoso, si dirige verso l'abitato di S. Veneranda, per poi risalire il fondovalle del Rio Genica (Campagnoli 1999).
Tale strada segue la traccia di uno dei paleoalvei del Rio Genica; la sua percorribilità, in età romana, sembra confermata ed avvalorata da una scoperta archeologica. Quest'ultima è stata effettuata a circa 200-250 m a nord della strada che va a Candelara; si tratta di una piccola necropoli rinvenuta in occasione di lavori edilizi per la costruzione di un palazzo (Campagnoli 1999).
Altro elemento per escludere una presenza di tutto il "rettilineo del Fornacione" già in età romana, é dato dal fatto che tutta l'area, situata a sud-ovest della città, era (e lo é ancora) morfologicamente depressa rispetto ai settori circostanti e pertanto fortemente esposta ad allagamenti in caso di piene del Foglia (Campagnoli 1999).
La scelta di attraversarla sarebbe stata rischiosa; più economico e logico sarebbe stato tracciare la strada in una zona più sicura, al piede dei rilievi collinari e distante dal fiume Foglia (Campagnoli 1999).
In base a quanto argomentato non si può escludere che solo la parte iniziale del lungo rettifilo, cioè quella in asse con il cardo maximus, sia d'età romana.
Giunta all'altezza di Miralfiore la via Pisaurum-Urvin piegava verso sud per raggiungere le pendici del Colle di Salute (Campagnoli 1999), dove si trovava il lucus Pisaurensis (Di Luca 1995).
La strada poi si manteneva nel punto di raccordo fra il terrazzo fluviale più antico e i rilievi collinari, e diventava un importante asse d'attrazione del popolamento.
I recenti ritrovamenti nella zona di San Pietro e Villa S. Martino confermano la presenza in loco di numerosi insediamenti; in sostanza l'attuale tracciato ricalca quello d'età romana (Campagnoli 1999).
Giunta nei pressi dell'Abbazia di S. Tommaso in Foglia (12 km da Pesaro), la strada entrava nel territorio di Urvinum Metaurense. Tale territorio era raggiunto con un percorso che si snodava sulla sommità delle colline, toccando alcune chiese d'origine medievale e la pieve di Montefabbri (Sella 1950), e che è decaduto solo con l'apertura della strada di fondovalle, in sinistra del torrente Apsa (Campagnoli 1999).
Pisaurum-Sestinum
Tale via risaliva la valle del Pisaurus fino alle sorgenti, lungo la sponda sinistra del fiume e al margine della vallata. Si distaccava dalla Flaminia presso Santa Maria delle Fabbrecce, e collegava la costa con i municipi dell'interno di Pitinum Pisaurense e Sestinum (Sestino 1989) con il passo appenninico di Viamaggio (m. 983).
Rispetto alla precedente strada tale valico forniva collegamenti a largo raggio: metteva in comunicazione l'alta valle del Tevere, sia con la valle del Marecchia, che con quella del Metauro, attraverso il passo della Spugna (757 m s.l.m.) e, da qui, mediante il passo di Bocca Trabaria, si metteva in comunicazione con la valle Tiberina (Campagnoli 1999).
Il primo tratto di questa direttrice coincideva con il tracciato extraurbano della via Flaminia, in direzione di Ariminum. La strada per Sestinum si staccava dalla via consolare, all'altezza dell'attuale abitato di S. Maria delle Fabbrecce, per poi proseguire in una posizione sopraelevata rispetto alla piana fluviale (Campagnoli 1999). Quindi risaliva la valle, passando per il quartiere fieristico, zona dove si sono rinvenuti resti di un grande complesso (Campagnoli 1999).
Giunta alla confluenza fra il torrente Apsa e il Foglia, la Pisaurum-Sestinum strada si manteneva alla sinistra del Foglia, seguendo il tracciato attuale e toccando le attuali località di Rio Salso, Borgo Massano, Borgo Cà Gallo, Casinina, Mercatale, Lunano, fino ad arrivare a Sestinum, da dove iniziava l'ultima salita verso i passi appenninici, che portavano nella valle Tiberina. A Mercatale la strada di fondovalle incrociava il diverticolo, che conduceva, dopo circa 6 km, a Pitinum Pisaurense (Campagnoli 1999).
Tale strada, fra Borgo Massano e Borgo Cà Gallo, s'intersecava con una via importante, che collegava la Flaminia ad Ariminum. Quindi, con andamento sud-nord, si staccava dalla via Flaminia ad Acqualagna, passava per Urvinum Mataurense e per le odierne località di Schieti, Tavoleto, Montefiore Conca, Croce, Coriano e Marano, fino ad arrivare a Rimini (Alfieri 1941-42).
Questa via assume importanza in età tardoantica ed altomedievale come alternativa all'ultimo tratto della via consolare. Permetteva, infatti, collegamenti rapidi fra il medio Appennino marchigiano e il settore orientale dell'area padana, senza passare per la Gola del Furlo e senza dover attraversare il fiume Metauro e il Foglia (Campagnoli 1999).
A tale riguardo le fonti letterarie ci danno svariate notizie. Agazia, nel suo racconto, narra che questa é forse la direttrice seguita dai Franchi per raggiungere l'area padana, senza passare lungo il litorale, quando, dopo la sconfitta nei pressi di Pesaro, abbandonarono la città di Fano.
Per evitare i Bizantini i Franchi scelsero di seguire un percorso interno, marciarono così lungo il piede dell'Appennino giungendo al Po, dopo aver attraversato l'Emilia e le "Alpi Cozie" (Agat., II, 3, 1 Dall'Aglio 1987).
Procopio ricorda che questa strada fu percorsa più di una volta dai Goti e dai Bizantini, nel corso del conflitto del IV sec. d. C..
Nel 998, secondo la cronologia proposta dall'Olivieri, sembra che l'abbazia di S. Tommaso in Foglia sia sorta proprio lungo questa direttrice, in prossimità di un punto di facile guado del Foglia (Olivieri Giordani 1778).
Ancora nella seconda metà del XV secolo questa strada manteneva tutta la sua importanza, se era l'unica, insieme alla strada costiera Rimini-Pesaro-Ancona, ad essere dotata di stazioni di "posta" con corrieri a cavallo (Fedele 1987).
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 12.10.2004
Ultima modifica: 12.10.2004




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