Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

Ciclo del grano

Ciclo dei foraggi

Ciclo del granoturco o mais


Concimazione

La parte della stoppia destinata alla semina del granturco veniva concimata col letame della stalla.

Il letame, trasportato col biroccio, veniva scaricato in file di mucchi e poi sparso coi forconi.

Aratura

L'aratura veniva eseguita fra luglio e agosto con l'aratro di ferro trainato da due paia di vacche.

Dopo le piogge autunnali il maggese poteva essere usato per la semina dei foraggi invernali o (da poco prima della seconda guerra) per la coltivazione del cavolfiore.

Semina

In aprile il granoturco, scelto dal raccolto dell'anno precedente, veniva seminato in solchi tracciati con l'aratro di legno e poi ricoperto col terreno prelevato a zappate ai lati dei solchi, lasciando una cresta di terreno fra un solco e l'altro.

A intervalli, unitamente ai semi di granoturco, si seminavano "poste" di fagioli o di ceci e, a maggiore distanza, semi di zucche gialle, da cuocere gratinate, verdi o mature, e da conservare per l'inverno come cibo per il maiale (i semi si mangiavano salati e abbrustoliti o si vendevano allo straccivendolo). Qualche solco veniva riservato al granoturchetto da foraggio, alla meliga per le granate, alla canapa per il filo e le corde.

Nascosta in un campo di granoturco non mancava mai una radura coltivata a meloni e ad angurie.

Sarchiatura

La zappatura, eseguita quando le piantine avevano già le prime foglioline, serviva per eliminare le erbe infestanti, per demolire le creste dei solchi, per diradare le piantine e rincalzarle.

Un secondo rincalzo veniva eseguito più tardi mediante un aratro di legno a due versoi (la "rata").

Cimatura

In estate, a maturazione delle pannocchie avviata, prima si tagliavano i "pennacchi" in alto, poi si tagliavano o si rompevano le "cime" al primo nodo sopra le pannocchie.

Pennacchi, cime e, per ultime, le foglie del gambo strappate a mano, servivano da foraggio fresco o secco.

Raccolta

Per primi venivano raccolte le piante dei fagioli (gialli), e dei ceci e le zucche.

Verso la fine di agosto venivano raccolte le pannocchie secche che poi venivano trasportate sull'aia col biroccio per scartocciarle ("scanafujâ").

Le bratee ("scanafòj") servivano da foraggio secco.

Le pannocchie più grosse e sane (non rose dalle larve della piralide) venivano lasciate per il seme (due brattee, fatte attorcigliare ruotando la pannocchia, venivano legate in modo da lasciare un occhiello entro il quale veniva fatto passare un filo di ferro per formare una "rocciata" da appendere ed essiccare sotto una tettoia).

Sgranatura

La sgranatura poteva essere eseguita a mano col forello o con l'apposita trebbiatrice a motore che passava di podere in podere; il granoturco veniva misurato in copponi che venivano versati sull'aia ad essiccare (al termine della trebbiatura si contavano i monticelli per calcolare quanti copponi spettavano al trebbiatore).

I tutoli venivano essiccati al sole o nel forno dopo la sfornatura del pane, per essere bruciati d'inverno o macinati al mulino (quelli non completamente sgranati), per allungare il pastone del maiale e dei polli.

Gli scarti della macinatura costituiti dal midollo dei tutoli con frammenti di chicchi venivano raccolti e portati a casa per farli ripassare ai polli (la mistura era detta "tutlina", cioè tutolina).

Celso Mei
La sgranatura delle pannocchie

La raccolta del granoturco si effettua tuttora, quando il grano è già riposto nel granaio. Anche questa “faccenda” , prima dell’entrata in uso della macchina, si svolgeva a mano.
Nel campo,uomini e donne raccoglievano le pannocchie staccandole dal gambo “canabucc” e le gettavano in cesti, che vuotavano nel “biroc” predisposto appositamente con le sponde alte e quindi erano trasportate ed ammucchiate sull’aia.
Quando le foglie erano asciutte e secche si iniziava a “scanafujè”, cioè a liberare le pannocchie da tutte le foglie che le incartocciavano. Mediante una stecca di legno appuntita si allargavano le foglie nella parte superiore più piccola e con entrambe le mani si staccavano dal fondo.
Le pannocchie per alcuni giorni si tenevano sull’aia ad essiccare al sole.
Le foglie si selezionavano: le più bianche erano destinate a sostituire quelle vecchie nei “materassi” dei letti, specie quelli dei ragazzi e ad intessere il fondo delle sedie; le altre si mescolavano ai foraggi freschi o secchi nella “trita” e così mescolate costituivano un mangime per il bestiame; gli scarti erano gettati sul giaciglio delle bestie.
Le pannocchie venivano sgranate con una specie di coltello “el furèl”, montato verticalmente su un trespolo. Durante la “scanafojatura”, cui partecipavano persone di altre famiglie del vicinato. Gli anziani raccontavano ai nipoti i fatti del loro bel tempo; i giovani scherzavano e cantavano stornelli ai quali sovente rispondevano, improvvisando, anche i vecchi.
A sera, su qualche aia “el capoccia” intonava il rosario in latino “macheronico”, spesso interrotto dal richiamo ai ragazzi irrequieti.
Alla fine della “faccenda”, che sovente assumeva il tono di una festa campagnola, sull’aia, con o senza musica, si dava inizio alle danze durante le quali nascevano, fra i giovani, idilli armoniosi e si combinavano matrimoni.

(Da: "La vecchia Fano", AMADUZZI 1981)

Gambi

I cannabucci, dopo le prime piogge, venivano sradicati scavando solchi con l'aratro di legno; poi si raccoglievano e si legavano in fascine con rocci d'olmo, per essere bruciati d'inverno sotto il caldaro o nel forno o per sostituire le canne nella costruzione delle siepi.

L'obbligo di bruciare i gambi prima di aprile per evitare che lo sfarfallamento delle piralidi infestasse il nuovo raccolto non veniva osservato né controllato.

Polenta

La parte del raccolto spettante al mezzadro veniva utilizzata interamente in casa.

Il granoturco intero serviva da becchime per il pollame o veniva macinata per ottenere la farina gialla ("polenta") che, miscelata con crusca o semola ("rembla") di grano, serviva per preparare il pastone per il maiale e per i polli.

La farina gialla serviva anche per preparare la polenta da versare e far scorrere sul tagliere ("panara"), dove veniva condita con fagioli e cotechino o stoccafisso in umido o brodetto di triglie ("roscioj"); oppure per preparare il polentone duro, da tagliare a fette.

La farina, da sola o unita con farina di grano, veniva anche usata per preparare le "cresce tagliate" ("cristajât") condite sulla panara con soffritto e formaggio di vacca in dadi.

Più raramente ci si faceva la crescia o il pane (un filone o due in un'infornata di pane, per accontentare i ragazzi).

L'uso del pane di granoturco era stato abbandonato durante il primo dopoguerra.

Celso Mei


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2001
    Ultima modifica: 06.02.2005

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