Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

Il fabbro e il maniscalco

Il canapino ed il cordaio

Il bottaio o bottacchiaro


A Fano c’erano diversi bottacchiari, uno famoso abitava a Villa Tombari. Costruiva botti di ogni dimensione, tini, mastelli, bigonce. Usava generalmente legno di quercia e di gelso, legnami adatti a conservare e maturare il vino nelle botti; per le altre opere erano di comune uso il pioppo, il salice e l’abete. Con la sega a mano sagomava le “doghe”, che disponeva in cataste, all’aperto, a stagionare. Poi con la pialla, a mano, faceva combaciare una doga all’altra entro i cerchi, che le avrebbero tenute obbligate insieme. Costruiva da solo anche i cerchi, curvando la piattina di ferro e unendo le due estremità con apposite “brocche” ribattute, dal diametro richiesto dal committente per la botte. Mediante “el spianoss” dal piano ricurvo, e un’accetta a forma di zappa, levigava l’interno delle botti. Predisposte le scanalature sulle doghe, a tre o quattro centimetri dalle estremità, metteva in opera i fondi, in uno dei quali aveva praticato l’apertura grande, detta “usciol” e in questo un foro più piccolo per applicarci “la canela”. Affinché “l’usciol” chiudesse alla perfezione, l’artigiano doveva avere speciali abilità ed esperienza nel mestiere. Infine, a colpi di martello, regolava la pressione e il tiraggio dei cerchi, per rendere perfettamente “stagna “ la botte. Una volta il bottacchiaro di Villa Tombari tenne esposta, davanti alla bottega, al margine della strada, una botte gigantesca del diametro di oltre due metri.

(Da: "La vecchia Fano", AMADUZZI 1981)


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2000
    Ultima modifica: 27.01.2005

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