Carnevale, feste, tradizioni e lavoroCarnevale, feste, tradizioni e lavoro

Il bottaio o bottacchiaro

Il calzolaio

Il canapino ed il cordaio


Il canapino

Nelle nostre campagne, fin verso il 1930-1940, si coltivava la canapa, per ricavarne la fibra usata nella confezione dei tessuti, corde di vario genere, imballaggi. La pianta, alta oltre due metri, seminata a marzo veniva tagliata in luglio, e poi messa a macerare in acqua. Durante i giorni della macerazione la canapa emanava un odore fortemente sgradevole. Dopo l'essicazione all'aria subiva la stigliatura, che consiste nello spezzettare il nucleo legnoso e poi la scotolatura e cioè la separazione delle fibre utili dai pezzetti di legno attaccati ad esse. A questo punto incominciava il lavoro del "canapin". Egli lavorava su pettini fissi ad un tavolo, con lunga dentatura metallica. I pettini avevano i denti più o meno fitti per le diverse fasi della pettinatura: dalla prima sgrossatura all'ultima rifinitura.

Egli passava e ripassava tirando dolcemente la canapa fra i denti del pettine, tenendola con la destra, e sentendo con la sinistra la morbidezza della fibra; così continuava a pettinare fino a raggiungere la giusta raffinatura.

Metteva poi le mannele (o manne) di fibre pettinate in pacchi per destinarle a vari usi. Le fibre migliori venivano inviate alla filatura e tessitura, le altre al cordame vario. Con lo scarto, la stoppa, la povera gente confezionava le imbottite per il letto.

A Fano c'era un "canapin" in via Fanella che lavorava tutto l’anno a pettinare la canapa per i diversi cordai che fabbricavano, anch'essi a mano, le corde usate dai pescherecci del nostro porto.

Le fibre sintetiche hanno oggi sostituito quasi del tutto la canapa nella fabbricazione delle corde; il mestiere del "canapin", cioè il pettinatore manuale della canapa, non esiste più, nè i tanti cordai che si vedevano, fino a pochi anni fa, lungo le strade di Fano, specie ai lati del porto canale dopo la Liscia.

Il cordaio

Il cordaio è uno di quei vecchi mestieri, esercitati a mano, con l’ausilio di pochissimi e semplici strumenti, in via di estinzione come tante altre attività artigianali, che non riescono a trovare un adeguato inserimento nella società industriale, nella quale molti e nuovi materiali sintetici hanno sostituito quelli naturali normalmente usati nelle botteghe artigiane.

In Italia, specie nell’Emilia-Romagna, in minore misura nella nostra provincia, la coltivazione delle canapa era molto diffusa. Durante il ventennio fascista, nel periodo dell’autarchia, la fibra della canapa era ancora molto usata nella tessitura delle lenzuola, per il corredo da sposa delle ragazze da marito, per le camicie ed altri capi di vestiario e, ovviamente, per fare le corde.

A Fano molti erano i cordai che esercitavano la loro attività lungo i margini delle strade, oltre che ai lati del porto canale. Essi fornivano le corde ai marinai per i loro pescherecci, ai contadini ed agli artigiani.

Il cordaio, o funaiolo, come si è detto,era un mestiere molto antico,stagionale e in certo modo ambulante in alcuni paesi, come lo spranghino, l’arrotino e qualche altro che ha conservato, fino a non molto tempo fa, gli stessi modi ed i medesimi strumenti di lavoro di una volta.

Qualche anno fa lavorava ancora un cordaio in via della Costituzione. Egli teneva avvolto alla cintura un grosso ciuffo di canapa. Dopo aver agganciato il capo dei filamenti all’anello di una piccola puleggia messa in movimento da una grande ruota a questa collegata con una specie di cinghia di trasmissione, formava il filo tenendo con la sinistra il pennacchio della canapa e con la destra manovrando le fibre e indietreggiando lentamente.

Il movimento rotatorio della puleggia faceva attorcigliare continuamente le fibre che diventavano filo, il quale giunto ad una certa lunghezza veniva tirato e poi mantenuto in tiro; poi si univano più fili a formare il trefolo.

L’abile cordaio dava a ciascun filo una giusta torsione,uguale e costante spessore.

Infine formava le corde, di diversa grossezza e lunghezza, mettendo insieme più trefoli con i capi agganciati alle pulegge in continuo movimento.

In questa fase del lavoro si serviva della “pigna” un legno dalla forma tronco-conica con diverse scanalature nelle quali scorrevano i trefoli stessi guidati con le mani.

Tratto da "La vecchia Fano", 1981

A Orciano di Pesaro nel 2009 è stato aperto un museo sul mestiere dei cordai.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 01.01.2000
    Ultima modifica: 20.03.2010

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