Carnevale, feste, tradizioni e lavoro
L'artigiano fanese
Era ed è un artista. Esegue lavori frutto delle sue idee, della sua fantasia e abilità. Non conosce la produzione in serie. Anche quando ripara, ricrea.
Ha l'occhio avvezzo alla misura e all'armonia delle forme. Calcola e intuisce le proporzioni. Conosce alla perfezione gli strumenti e il materiale da usare. Ha genialità di vedute. E' anche maestro: nella sua bottega i giovani imparano il mestiere, affinano i sensi e l'intelligenza seguendo passo passo la nascita di un oggetto. Non conosce la solitudine: trasforma il suo pensiero in opere di cui va orgoglioso.
Soffre e gioisce prima di aver dato forma al suo disegno. E' tenace "e s'affretta e s'adopra". Egli è fiducioso. Si sente un creatore di bellezza e di cose utili. Non c'è artigiano che non canti. "L'artigiano con l'opra in man cantando fassi in su l'uscio". Nelle vie della Ciociaria (Ciuciarìa) e dei Piattelletti (Piatlèt), che ancora portano il nome di qualche mestiere, (Via del Vasaro ecc.) gli artigiani erano fini intenditori di musica; frequentavano il Teatro della Fortuna, conoscevano e cantavano o fischiettavano le opere liriche del nostro Risorgimento.
La "Civiltà", il progresso, la macchina, l'industria hanno spazzato via quasi tutti gli artigiani. Eppure, fra tante difficoltà, egli era un ottimista; aveva fiducia nella vita, in se stesso e nel prossimo dal quale aspettava lavoro e ricompensa.
Egli credeva nella Provvidenza umana e divina.
Oggi è calata la pigrizia mentale: si vuol tutto dallo Stato, poco ma sicuro, purché non ci sia da pensare.
Da AMADUZZI, 1981
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1981
Ultima modifica: 31.01.2005
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