Comuni del bacino
Isola del Piano nel XX secolo
All'inizio del secolo l'assetto urbanistico entro le mura era molto cambiato rispetto al sec. XVIII, ed era più simile a quello di oggi.
Parte delle mura, Porta Maria Teresa e un edificio di fronte (il pozzo), erano stati abbattuti per realizzare un accesso più agevole dalla nuova strada di Ponte degli Alberi. Ormai le comunicazioni si svolgevano su questa via più comoda, privilegiando i contatti con Fossombrone, Fano e Pesaro, a discapito di Urbino.
Nel 1860 era stato realizzato il palazzo "Lucchetti" con interessanti affreschi sui soffitti a volta, decorazioni e rappresentazioni di Isola antica.
Il palazzo "Castiglioni", ora "Bartolini", aveva subito una profonda ristrutturazione, aveva chiuso il portico, abbandonato l'orto ed il "pomario" per far posto alla Piazza Umberto I (Piazza Nova).
La vecchia chiesa matrice di "S. Cristoforo" era crollata sul Rio Maggiore (1897) ed era stata ricostruita al posto di "S. Maria delle Grazie" (1905), accanto al convento, l'attuale scuola elementare. L'ospedale "S. Lucia" e la chiesa annessa, non più sostenute dalle confraternite, già abolite, crollarono e sparirono. Era stato realizzato il cimitero presso la vecchia chiesa del "Crocefisso". La chiesa "Dell'Annunziata" era diventata cappella privata (fraternita) dei "Bartolini" di cui si ricorda un altare barocco in legno dorato.
La scuola era obbligatoria fino alla terza elementare, ma gli isolani sentirono la necessità di proseguire gli studi, alcuni frequentando le scuole di Urbino. Funzionava un ufficio postale; nel 1911 si istituì il posto telefonico pubblico, da Monteguiduccio si trasferì la caserma dei Carabinieri. Esisteva un acquedotto che portava l'acqua dalle Cesane; poche erano le case allacciate, ma molte le fontane. Da ricordare quella della "Piazza Nova", come è stata ritratta dal pittore locale Augusto Macci. La "Piazza" e corso Garibaldi erano state pavimentate. Lo spazzino era impegnato tutto il giorno a mantenere pulite le strade. Esisteva l'illuminazione pubblica, anche se naturalmente a petrolio. Il paese disponeva di una "Sala", specie di locale polivalente, vero punto di incontro di tutta la popolazione. Qui avvenivano apprezzate feste danzanti che attiravano forestieri da tutte le parti (soprattutto per l'elasticità del pavimento che agevolava il ballo). Si facevano "Veglioni" solo per invitati, mentre erano rigorosamente esclusi gli abitanti delle campagne perché puzzavano di stallatico. Sempre in questa "Sala" si facevano rappresentazioni, si esibivano illusionisti e giocolieri. Altri spettacoli erano dati in Piazza; acrobati - equilibristi si esibivano su corde tese dall'alto del campanile. Per queste comodità i forestieri che "passano le acque a Valzangona" preferivano soggiornare nel nostro paese. Questo rendeva orgogliosi gli abitanti di Isola. In questo periodo in paese vi era una sola automobile (quella della famiglia più ricca, i Bartolini) e solo qualche carrozza (landò).
Nel 1911 con il comune "appodiato" (annesso) di Caselgagliardo si raggiungono 1279 abitanti, di cui 382 (69 famiglie) abitavano entro le mura.
Molte sono le attività degli Isolani in quegli anni. Quella prevalente era l'agricoltura. Nel Castello invece l'attività più importante era quella connessa all'estrazione e alla lavorazione della pietra (5 laboratori per la lavorazione per 18 lavoratori, 3 cave in attività, 3 fornaci per il gesso, la scagliola, la calce viva ecc.). Un vagone ferroviario alla settimana, per località purtroppo sconosciute, trasportava lavorati di pietra; secondo uno studio di Bartomeoli - Tomassini su questo argomento specifico, si trattava di pietra bianca macchiata di nero per esterni (gradini, portali, architravi) e pietra bianco-carnacino per interni (camini, stipiti interni). Si tagliavano querce per la Reale Marina e per l'Inghilterra dove sarebbero diventate botti per stagionare whisky. Altra attività stagionale era quella dei trasporti, con cavalli e muli, ma soprattutto con buoi. Vi era una filanda con 15-18 lavoratrici e con essa tutto l'indotto per l'allevamento del baco da seta; non c'era famiglia che in primavera non sacrificasse magari una stanza da letto per montare i famosi telai a castello per bachi. Tutto il circondario veniva a macinare nei due mulini ad acqua (il più vecchio era doppio, sfruttando due salti consecutivi del canale). Famosi erano i fabbri che oltre alla costruzione di utensili provvedevano alla realizzazione di macchine che operavano anche la fusione di pezzi complessi. In molta considerazione erano i falegnami, i muratori, i calzolai, i sarti, i fornai ed i norcini. Non dimentichiamo i "birocciai", i costruttori dei "birocci", cioè di carri agricoli che ancora oggi possono essere ammirati presso appassionati o nei musei, con le caratteristiche decorazioni "naïf", con tanto di scritta "
.FECE IN ISOLA DEL PIANO
".
Perfino gli apicoltori si distinsero con impianti "razionali, alcuni grandiosi", da meritare dei premi a livello regionale.
L'economia era sostenuta poi dal "fai da te": tutti producevano di tutto.
In casa si eseguivano lavori in vimini, si filavano il lino, la canapa, la seta; poi con i filati si realizzavano tessuti, tappeti, coperte, vestiti, lenzuola. In ogni casa vi era un telaio per tessere. Le promesse spose realizzavano e ricamavano la famosa "dote" da sole.
Altro punto forte del bilancio famigliare era l'allevamento degli animali domestici: pecore, capre, conigli, galline (a Isola era permesso solo fuori le mura, per motivi igienici). Il pezzo forte era però il maiale che la povera gente chiamava "salvadanaio" perché funzionava come tale. Durante l'anno impegnava per l'ingrasso ma poi all'inizio dell'inverno quando veniva ucciso restituiva tutto, sotto forma di carne fresca, insaccati e soprattutto strutto e lardo che erano il condimento della famiglia per tutto l'anno. Altra caratteristica straordinaria del maiale era la capacità di riciclare tutto, trasformando i rifiuti in concime, vero e proprio depuratore naturale.
Per la povera gente la miseria non era pressante come nei secoli precedenti, tuttavia nessuno sprecava niente, nemmeno i ricchi, per atavica paura della carestia, per rispetto di chi non aveva e per principi religiosi.
A Isola non vi erano famiglie nobili, ma alcune erano ricche, (imparentate fra di loro). C'erano i benestanti che vivevano amministrando i loro beni, prevalentemente poderi condotti a mezzadria. Diversi erano coloro che erano riusciti a laurearsi, specie in medicina. Alcuni erano atei tanto da non battezzare i loro figli e iscriverli all'anagrafe con nomi di fantasia, in grave contrasto con il clero che non si era rassegnato alla perdita del potere temporale. Erano scomparsi i titoli nobiliari, ma la differenza di appartenenza alle diverse classi sociali era molto sentita. Addirittura i figli davano del "voi" a tutte le persone più grandi e perfino ai propri genitori. Gli Isolani partirono per le guerre coloniali, poi per la Grande Guerra nella quale si persero moltissimi uomini validi, ben 35 su una popolazione di 1200 persone circa. Gravi furono i danni che il paese subì per il terremoto del 1916. Era tornata la fame e la terribile "spagnola" del 1918. Non poteva capitare di peggio. Si comprende perchè nelle processioni si andava ripetendo "a peste fame et bello libera nos Domine, a fulgure tempestatis libera nos Domine, ecc
" parole che tanto impressionavano i bambini.
Era tornato il disordine, l'anarchia. Era iniziata una forte emigrazione delle forze lavorative verso le Americhe. In una situazione così, Isola, come tutta l'Italia, fu costretta ad accettare anche il Fascismo. L'operosità degli Isolani tornò a dare profitti, impulso alla produttività, lotta all'anafabetismo, prevenzione e cura delle malattie; nacque il concetto di sociale e di pensione. Mancava, però, il bene primario dell'uomo, la libertà. Iniziarono, poi, le guerre di colonizzazione "per un posto al sole". I giovani erano in guerra o in servizio di leva. Iniziò l'autarchia, con essa le ristrettezze, la miseria, la discordia.
L'Italia entrò in guerra (seconda guerra mondiale): i giovani erano sui vari fronti di Russia, di Albania, Grecia, o alla macchia. I bombardamenti del passaggio del fronte (1944) lacerarono il paese, le campagne e gli abitanti. Era la catastrofe. Il paese rischiò per ben tre volte l'incendio totale per rappresaglia dei Tedeschi, evitato grazie agli atti eroici dei suoi cittadini, come Giuseppe Capanna che sarà insignito della Medaglia d'oro al valore civile.
Dopo la guerra, la ripresa fu lenta e dolorosa; mancano all'appello 22 giovani su una popolazione di circa 1400 persone, molti emigrano in Svizzera ed in Germania. Furono le donne che, riprendendogli antichi attrezzi, riuscirono a organizzare una vera autosufficienza, producendo incredibilmente di tutto, estraendo perfino il sale dall'acqua della sorgente salata. Interessante è vedere tutti questi strumenti presso il museo "SULLE TRACCE DEI NOSTRI PADRI". Gli anni 50-60 sono stati quelli della ricostruzione selvaggia ed anche Isola ha perso il suo gioiello, il convento dei Gerolamini, per un nuovo palazzo scolastico.
Sono stati realizzati, come dappertutto, opere nuove, acquedotti, strade, sede comunale ecc. Ma il vero sviluppo, l'occupazione, il ripopolamento, si è avuto solo più tardi con la costituzione di varie aziende e cooperative per la coltivazione e la trasformazione dei prodotti biologici, oltre alla realizzazione di una zona artiginale. In anni più recenti è nata una fabbrica di mobili che occupa circa centocinquanta dipendenti, di cui cento dei comuni del circondario. Pertanto, possiamo dire che questo comune è uno dei pochi in Italia che, in questo periodo, non conosce la disoccupazione.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 17.12.2004
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