Itinerari
Da San Lazzaro alla Cesana Alta (sentieri CAI n.342, 337, 341)
DA SAN LAZZARO ALLA CESANA ALTA (sentieri CAI n.342, 337, 341) (Comune di Fossombrone)
Tempo di percorrenza: h 4,00’ (percorso ad anello)
Lunghezza: 12 km
Difficoltà: E
Ultima verifica dell'itinerario: 2023
San Lazzaro è una piccola frazione a est di Fossombrone, con un bar alimentari e una fontana pubblica che sono i nostri riferimenti per dare il via a questa escursione. San Lazzaro è tristemente noto per la frana del 1934 in cui morirono 11 persone: ma oggi molto lo conosco per le Marmitte dei Giganti.
Sulla vecchia strada Flaminia, andando da Fossombrone a Urbino per 3 chilometri, troviamo San Lazzaro adagiata alle pendici delle Cesane e a ridosso del Metauro. Conviene parcheggiare nelle vicinanze dell’incrocio per Bellaguardia e San Gervasio.
Tra le case vicino al bar parte il sentiero 342 e nello stesso punto torneremo compiendo un percorso ad anello quasi completo. Quel quasi è un tratto di circa mezzo chilometro che faremo a ritroso scendendo dal sentiero 341.
Si parte in salita lasciando rapidamente l’abitato e quasi subito prendiamo a solcare la breccia della stradina che si inerpica: un bel riscaldamento per quando, poco prima dell’acquedotto, prendiamo finalmente il sentiero che sale a destra. La presenza di una presa dell’acqua non è cosa di poco conto in un luogo come San Lazzaro. Si chiama sorgente dell’Acquasanta e poco lontano da qui la stessa falda alimenta un mulino in disuso che porta lo stesso nome. Dopo la rampa piuttosto ardita che ci ha allontanato dalla stradina il sentiero si normalizza attraversando in diagonale e poi con degli stretti tornanti lo scosceso versante rivolto a sud. Il bosco entro cui si svolge questa fase è una pineta matura ma abbastanza stentata, forse sofferente per lo scarso spessore del suolo e per l’esposizione non molto gradite da queste piante continentali. Dopo l’ultimo tornante, oltrepassata una deviazione a destra, la pendenza si interrompe quasi del tutto e non a caso gli alberi qui sono più alti. La salita non è ancora finita ma è più tenue e mentre compaiono anche alcune grandi latifoglie troviamo a sinistra delle vecchie recinzioni, a destra dei casottini diroccati. Dietro la rete arrugginita si vedono larghi terrazzamenti e poi anche una vasca colma d’acqua. Siamo praticamente arrivati a Campo d’Asino e questo era il più grande vivaio creato nell’epoca dei rimboschimenti. Un prato divide dalla casa forestale di Campo d’Asino. Uno stretto passaggio di fianco al cancello consente di accedere alla Strada Provinciale dopo di che saliamo sul “Prato dei Daini” e al suo margine alto andiamo a destra per iniziare a camminare nel viale alberato, dopo di che il viottolo diventa sentiero che scende e ne intercetta un altro, allorché andiamo a sinistra. Un boschetto di latifoglie ci accoglie e facciamo una breve salita e siamo in una pineta: qui l’impianto non è molto vecchio ma i suoli, il clima e un recente diradamento artificiale hanno favorito lo sviluppo in altezza. L’ampio sentiero sul quale camminiamo taglia pianeggiante il lieve declivio e ci porta ad un incrocio. Andiamo a sinistra; la salita non è per niente faticosa e poco per volta, mentre aumentano i cipressi, il dislivello sparisce completamente nel frattempo che aumenta la luce. Il bosco si dirada ed ecco una radura, il Praticino, che ci fa guardare a nord-est. Ancora un po' di slalom tra gli alberi e approdiamo in un’ampia strada di ghiaia che utilizziamo andando a sinistra, in discesa, arrivando in pochi minuti a breve distanza dalla Piana Bertinelli. Non è necessario entrarvi perché il nostro sentiero sta a destra e passa di fianco per poi prendere a salire nella pineta. Ci sono tracce di solchi causati dalle moto che tagliano perpendicolare il versante ma il sentiero tiene la destra, gira l’angolo del crinale e poi sale ancora senza particolari acclività. Si esce dalla pineta tra qualche leccio coraggioso che approfitta dello spazio nella scarpata della strada forestale per Campo Abeti. Su questa pista, chiusa dalla sbarra che aggiriamo, ci camminiamo per circa 250 metri finché vediamo sulla sinistra il cartello che ci rispedisce nel bosco. Ma stavolta c’è qualcosa di diverso: a parte che ci sono le latifoglie e non le aghifoglie, il sentiero letteralmente si arrampica costringendoci ad una salita davvero impegnativa, ma breve, che possiamo baipassare con il sentiero alternativo che disegna dei tornanti. Come prima il bosco svanisce in pochi metri e come prima troviamo una strada: questa è la Provinciale 51 ed è d’asfalto. Oltre la strada parte un’altra pista forestale, anche questa sbarrata. La percorriamo e arriviamo velocemente allo slargo di Fonte Picella, il punto più alto che tocchiamo in questo itinerario. Dalla bella spianata erbosa uno stradello scende davanti a noi ed è così che inizia il nostro ritorno. La discesa è piuttosto lunga e all’incrocio occorre andare a sinistra, risalire un piccolo dislivello, passare davanti a Cà Baldani e poco dopo ricominciare a scendere scegliendo lo stradino a destra. L’ampio sentiero compie una curva e prosegue con un rettilineo che piega a destra. Ora aumenta il pietrisco e qualche lastra di roccia ci fa tenere alta la concentrazione. Nel frattempo il sentiero si è ristretto e dopo un altro tornante giunge al limitare dei rimboschimenti, così che ci accorgiamo di essere ancora a mezza costa, affacciati sul Metauro. Poi si infoltiscono le ginestre e il tracciato compie un paio di impreviste rampe in salita in un piccolo giovane bosco di latifoglie. Sbucati sulla strada di breccia si chiude l’anello. Non resta che scendere alle case di San Lazzaro.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 15.03.2024
Ultima modifica: 20.10.2024
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