Itinerari
Da Santa Maria delle Selve alla Baita (sentiero di Monte Scopo, sentieri CAI n. 331, 335, sentiero fosso della Tazza, sentieri CAI n. 337 e 331)
DA SANTA MARIA DELLE SELVE ALLA BAITA (sentiero di Monte Scopo, sentieri CAI n. 331, 335, sentiero fosso della Tazza, sentieri CAI n. 337 e 331) (Comuni di Urbino e Fossombrone)
Tempo di percorrenza: h 4,00 (percorso ad anello)
Lunghezza: 12 km
Difficoltà: T
Ultima verifica dell'itinerario: 2023
Dalla piccola chiesa di Santa Maria delle Selve, questo itinerario attraversa i monti delle Cesane in direzione ovest-est-ovest mantenendosi per tutta la sua durata nei dintorni della sommità del rilievo, a volte affacciandosi nel versante nord, a volte in quello meridionale.
Il lato urbinate della Foresta Demaniale delle Cesane è stato interessato nel 2017 da un grande incendio che ha distrutto quasi 200 ettari di bosco. Questo itinerario permette di attraversare quest’area in cui si assiste al lento ma progressivo ritorno della natura.
Approfittando del sentierino che dal boschetto di fianco la chiesa scende sull’asfalto, vi camminiamo stando sulla banchina, passiamo davanti alla Casa Nuova del Pianello, ci portiamo all’altezza della prima curva che volge a sinistra, attraversiamo la strada e appena oltre uno slargo di fianco la carreggiata accediamo allo stradello che punta diritto nel bosco. C’è una sbarra, un primo bivio e andiamo a destra, un secondo bivio e andiamo ancora a destra scegliendo quindi il sentiero che si sviluppa sul bordo esterno della pineta, con tanto di palizzata in cemento. Quando il panorama si apre e vediamo in lontananza il massiccio del Monte Nerone, il sentiero curva a sinistra e nella pineta ora ci entra. Si sbuca su una pista forestale all’altezza di un incrocio: la nostra via va a destra e poi iniziare a scendere in un primo piccolo fosso dove puntualmente troviamo le latifoglie, dopo di che dal terreno emergono stratificazioni di roccia e il fondo del sentiero corrisponde a pezzi di lastricato naturale. Ci sono attorno a noi i segni dell’incendio dell’estate 2017. La discesa poi si fa più decisa e tra la vegetazione varia e bassa si perde un discreto dislivello giungendo su una nuova strada forestale. Giriamo a sinistra e su questa ampia pista ci staremo fino a tornare nei pressi della Strada Provinciale in località Madonna Rossa, dove c’è una staccionata e dove prendiamo il sentiero tra l’asfalto e la pineta incendiata: è deprimente ma anche istruttivo osservare da vicino i danni del fuoco per poi scoprire che la natura è già ripartita e ci sono tante piccole piante nate dalle ceneri e sono le latifoglie che un giorno ricostituiranno un bosco indigeno che qui, in questa distesa pianeggiante, manca da quasi 3 secoli. L’evoluzione naturale rimetterà tutto a posto, ma ci vorrà tempo. Continuando a seguire da vicino la Strada Provinciale si arriva ad una deviazione a destra evidenziata dalla comparsa dei segnavia bianco-rossi. Il sentiero ora si allontana un po’ dall’asfalto e supera un piccolo dosso prima di ritrovarlo. Si prosegue sulla strada, si passa davanti ai ruderi del Casino delle Cesane, che vediamo sulla sinistra, mentre sulla destra, nascosta sotto la scarpata, una cava di pietra rosa a quanto pare molto antica, utilizzata secondo alcuni sin dai tempi del Duca Federico. Poco più di trecento metri sulla strada e finalmente lasciamo il duro nero catrame entrando a destra su una strada bianca. Il primo tornante lo possiamo tagliare per poi superare la carreggiata e inforcare il sentiero che sale sulla collinetta della Colla Romana. Un ampio tornante e poco dopo siamo già sulla sommità che dobbiamo solo superare per scendere, sullo stesso sentiero, nel versante opposto. Anche questo presenta un tornante ma il contesto è decisamente diverso: anche se l’incendio che distrusse questo pezzo di pineta è datato una ventina di anni non si è ancora ricostituito il bosco. Quando lo ritroviamo è sempre quello delle aghifoglie e dopo che il sentiero incrocia l’ennesima pista, il dislivello dall’asfalto di poco fa è belle che esaurito. La Provinciale la vediamo ma non dobbiamo arrivarci; il sentiero scende una rampa e si infila nel bosco umido e dominato da grossi pini. Ma ecco che si risale: stavolta il rilievo che emerge dal crinale è quello di Cà Crescentini, poco più alto del precedente, ma per arrivarci occorre compiere un percorso molto simile. Una volta iniziata la salita si incrocia quasi subito una pista forestale, da attraversare per continuare oltre, tagliando il versante obliquamente, fino al tornante che preannuncia la radura sommitale dove si incrociano uno stradello e il nostro sentiero. Si rientra nel bosco restando sul pianoro ancora un poco prima di iniziare a scendere. Anche questa discesa porta nelle vicinanze della Strada Provinciale. Anche questa volta si tratta di un attimo e anzi all’asfalto neanche ci avviciniamo. Il sentiero resta da questa parte e si snoda per circa un chilometro con piccoli sali e scendi a poche decine di metri da dove di tanto in tanto si sentono passare le auto. L’arrivo alla Baita (già Casino Rondini) permette di trovare ampi prati. Si riparte attraversando la strada che corre di fianco l’area attrezzata andando a destra, direzione Fossombrone. All’altezza dello spigolo della recinzione, appena oltre la strada, c’è un varco e un sentiero che scende: lo prendiamo e dopo pochi metri occorre svoltare a sinistra. Si cammina in leggera discesa nella pineta, un impianto piuttosto giovane a giudicare dalla ricrescita di alberi autoctoni sotto le rade chiome e dalla quantità di ginepri e ginestre ai bordi del viottolo. Poi la discesa aumenta, arrivano le latifoglie e puntualmente ecco il fosso, storicamente conosciuto col curioso nome di Fosso della Marmotta. Ora il sentiero è pianeggiante e ricompaiono alcuni pini neri e arbusti mentre si apre il paesaggio e si vede la costa adriatica. Si arriva al limitare della piccola valle boscosa appena attraversata e ci accoglie il bosco di querce nel quale rimaniamo alcuni minuti compiendo una curva a gomito, un po’ di salita, e poco dopo un tornante che gira a destra. Dopo una pausa si sale ancora ma la pendenza è scarsa, tutto attorno sono mischiate latifoglie e aghifoglie e nel sottobosco vegetano cespugli di pungitopo. D’un tratto il sentiero si allarga e diventa uno stradello, ma fatti pochi metri giriamo a destra infilandoci in una sorta di viale rinaturalizzato dall’erba mentre la traccia del sentiero è stretta e si sviluppa per lo più in modo rettilineo se non fosse per alcuni alberi caduti e altri ostacoli che costringono a deviare. Anche questa pineta è fatta di alberi apparentemente giovani e la luce che filtra è sufficiente per far crescere una gran quantità di arbusti. Inizia la discesa, in principio tenue, per poi diventare ripida e insidiosa quando incrociamo uno stradello che arriva dall’alto e giriamo a destra. Compaiono i segnavia: questo è un sentiero ufficiale. Profondi solchi richiedono la nostra attenzione, fino al Fosso della Tazza. Fatto il guado si riprende quota tra abeti greci stranamente concentrati in questo settore: non ci sono particolari difficoltà se non un fondo roccioso con utili gradini naturali. Quando il sentiero spiana, tra la vegetazione si aprono finestre da cui si ammira il bosco dall’alto. Pini neri e ginepri ci accompagnano all’inizio di una lieve discesa che ci porta allo scoperto in una zona parzialmente calanchiva. Davanti appare il pastificio Girolomoni e scorgiamo la strada asfaltata per Isola del Piano. Poco prima, anticipando anche il cartello con la segnaletica dei sentieri, dobbiamo girare a sinistra e incominciare a risalire per un sentierino che ci mantiene in questa zona di bassi cespugli e argille. Abbiamo la strada sulla destra ad una ventina di metri, poi sfioriamo un campo coltivato e occorre piegare a sinistra, passare vicino a pozze dei cinghiali, superare una fascia di ginepri e raggiungere un boschetto di pini nel quale si intravede il casottino dell’acquedotto verso il quale dobbiamo andare e ritrovarci all’esterno di una curva della Strada Provinciale 51 delle Cesane. La salita non è terminata: di là della strada c’è una sbarra e una pista forestale che penetra la vasta pineta di Cà Crescentini. Percorriamo l’ampia carreggiata di questa strada di servizio e all’incrocio successivo andiamo a destra. Una curva e raggiungiamo la sommità del rilievo superato il quale ci troviamo di fatto nella valle del Metauro. Pochi metri e sulla destra palo e cartelli della sentieristica sono il punto di riferimento per deviare a destra e scendere in direzione Colla Romana. Siamo già passati di qui e tutto il tratto che percorriamo da qui fino alla Strada Provinciale è il medesimo del percorso di andata. Prima avevamo camminato sull’asfalto. Ora lo attraversiamo e andiamo in direzione del rudere che in precedenza avevamo visto da lontano, conosciuto col nome di Casino delle Cesane. Ci giriamo dietro e poi uno stradello ci riconduce sulla strada e ripassiamo dall’altra parte, rifacciamo il sentiero che sale e poi scende tagliando la curva e ritrovata per l’ennesima volta la Provinciale cambiamo di nuovo lato. Eravamo arrivati da sinistra, adesso andiamo a destra. Il sentiero del ritorno è il 331 e passa di là della carreggiata, entra nel bosco, supera una zona di ginestre bruciate, scende fino ad incrociare una stradina, prosegue tra le latifoglie, supera un fosso, risale e ritrova le conifere e infine esce di fianco alla solita strada di crinale. Il sentiero segnato scende ancora ma noi oltrepassiamo l’asfalto per l’ultima volta e prendiamo il sentiero che lo costeggia appena sopra. Riecco le Case Nuove del Pianello e camminando sul bordo stradale siamo tornati alla chiesetta, il nostro punto di partenza.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 15.03.2024
Ultima modifica: 20.10.2024
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