Itinerari
Il cristianesimo a Fano (itinerari storici)
Parlare del cristianesimo a Fano significa riprendere la tradizione e la leggenda, tramandata principalmente dai due storici fanesi Vincenzo Nolfi e Pier Maria Amiani, rispettivamente del XVII e XVIII secolo. Entrambi sostengono che lo stesso San Pietro si fermò nella città, dove più tardi avrebbe predicato anche Sant'Apollinare.
Al primo periodo del cristianesimo i due autori riferiscono, inoltre, della consacrazione di una chiesa dedicata al Salvatore, tale chiesa era in effetti tra le più antiche presenti a Fano, situata nel luogo dell'odierna Santa Maria Nuova. La dedicazione al Salvatore, diffusa nel periodo Paleocristiano, soprattutto per le chiese cattedrali, ci pone subito il problema dell'ubicazione dell'originaria cattedrale rispetto alla quale si sono fatte più ipotesi, di cui si ritornerà a parlare.
Secondo la tradizione il primo vescovo della città fu San Paterniano (275-360 circa), tuttavia il primo ad essere documentato rimane Vitale, presente nel 499 al sinodo romano di Papa Simmaco, mentre a due altri successivi sinodi partecipò il vescovo Eusebio (VI sec.). Tra i primi vescovi della diocesi si ricordano anche Fortunato (VI sec.) ed Orso (VII sec.), essi con Paterniano ed Eusebio furono i quattro Santi Protettori della città fino al 1643, quando il Consiglio Generale decretò principale Protettore Paterniano.
Dopo i brevi cenni iniziali, nel tratteggiare la storia del cristianesimo della città, si propongono al lettore alcuni dei luoghi più emblematici, secondo un percorso che ci condurrà dalla grotta di San Paterniano alla cappellina di San Paternianino, dalla chiesa di San Pietro in Episcopio alla chiesa cattedrale.
Grotta di S. Paterniano
La grotta di San Paterniano presso Sant'Angelo di Caminate, al di là del fiume Metauro e a circa cinque chilometri da Fano, è un luogo che rievoca la storia antica della città, legato com'è alla figura del Santo Patrono, che secondo la tradizione vi trovò rifugio durante la persecuzione di Diocleziano e Massimiano (295-305).
Un'ipotesi sostiene fosse una catacomba usata dalle prime comunità cristiane, ancor prima l'arrivo di San Paterniano, come parte di un complesso di edifici d'abitazione e di culto utilizzati nei periodi di maggior recrudescenza delle persecuzioni. Ma più verosimilmente si tratta di un deposito di granaglie o di una cisterna di una villa rustica romana, essendo case e ville in epoca romana notevolmente disseminate nel territorio coltivato a vigneti, olivi e cereali; questo non esclude che nel periodo Tardo Antico il luogo sia stato abitato da una comunità cristiana.
La vita di San Paterniano ci è stata tramandata da numerosi manoscritti, uno dei principali è quello Nonantolano conservato presso l'archivio capitololare di Fano e proveniente dall'abbazia di Nonantola, nei pressi di Modena. Il codice del XII sec., trascritto da un originale perduto dell'VIII, è la testimonianza principale alla quale è necessario attenersi per delineare la vita del Santo, nonostante il carattere leggendario.
Il racconto narra come nel periodo della persecuzione egli riuscisse a trarsi in salvo grazie all'annuncio di un messo Divino, che gli indicò come luogo di rifugio per sé e i suoi monaci una località chiamata "l'Egitto di Fano", probabilmente così denominata perchè isolata e ricoperta da selve, tale da consentire ai cristiani di sottrarsi alle violenze degli editti. Gli storici locali l'hanno identificato con colle Sant'Angelo, dove il Santo sarebbe rimasto fino alla sua elezione episcopale, avvenuta dopo l'editto di Costantino del 313.
Il sotterraneo a forma di 'T' ha i due corridoi della lunghezza circa di diciotto e quindici metri, l'altezza di tre e la larghezza di due, con pareti in pietra intonacata e in origine due lucernai aperti sulla volta. Dall'ingresso moderno si accede al corridoio principale in cui si legge una lapide del 1921 voluta dal Branchini, dove oltre San Paterniano sono ricordati i suoi monaci Maurenzio, Avito, Urbano, Martiniano, Vincenzo.
La grotta, dimenticata per lungo tempo, fu riscoperta casualmente da tre cacciatori che richiamati dai latrati del loro cane caduto nel sotterraneo, scesero all'interno dove trovarono alcuni oggetti d'arte, ricordati in una memoria ottocentesca della parrocchia di Caminate. Due di queste opere, il crocifisso ligneo datato al XV secolo e il dipinto su tavola con la Madonna e Bambino, sono conservate nella chiesa collegiata di San Costanzo, mentre di un secondo dipinto trovato, raffigurante San Paterniano con i suoi monaci, esiste una copia nella chiesa di Caminate.
Oratorio di San Paternianino
Dopo "l'Egitto di Fano" ci spostiamo idealmente poco fuori il centro storico in via dell'Abbazia dove si trova l'oratorio cinquecentesco (o cappella) di San Paternianino.
Secondo la Vita Sancti Paterniani, egli governata la chiesa per 42 anni al momento della morte (360 circa) si sarebbe recato presso l'oratorio del Vicus Tanarum, luogo identificato con l'attuale via dell'Abbazia. Il Vicus Tanarum deve comunque ritenersi, come ha individuato lo storico Deli, un'errata trascrizione del copista del XII secolo di "Vicus Cristianorum":" qui... potevano esserci la chiesa e il cimitero dei cristiani "(Deli, 1992, p.526), ciò concorderebbe con i ritrovamenti archeologici della via Flaminia sulla quale si affaccia l'area della cappella. Infatti oltre alle necropoli di epoca romana sono state scoperte numerose tombe del periodo cristiano e proprio dal luogo dell'antica abbazia proviene l'unica lapide funeraria con simboli cristiani. Se poi l'oratorio dell'antica leggenda debba considerarsi anche la sede della prima cattedrale, o se questa sia stata ubicata fin dall'origine della chiesa fanese all'interno delle mura cittadine, è questione non risolvibile in mancanza di effettive fonti storiche.
La tradizione vuole che all'antico oratorio si sostituisse un'importante basilica grazie anche al concorso dell'imperatrice Galla Placidia, reggente l'impero dal 425 al 450, in nome del figlio. Oltre questa edificazione seguirono altre ricostruzioni, si ricorda quella dell'VIII secolo, epoca a cui risale la fondazione dell'abbazia benedettina, e quella del 1251, consacrata dal pontefice Innocenzo IV.
Il monastero, successivamente abbandonato dai monaci benedettini, passò in commenda ai chierici secolari e nel 1479 ai Canonici Regolari del Santissimo Salvatore, i quali a causa dei frequenti passaggi degli eserciti, con conseguenti saccheggi e distruzioni, ottennero dal Consiglio di poter edificare il nuovo complesso monastico all'interno della città dove nel 1551 trasferirono il sepolcro del Santo.
Oggi la piccola cappella esagonale, edificata nel 1566, ricorda l'ubicazione del distrutto monastero. All'interno durante i recenti lavori di restauro, sotto uno spesso strato di cemento, è stato riportato alla luce un affresco del XVI secolo rappresentante Cristo Crocifisso e San Paterniano vegliato da due angeli.
Chiesa di San Pietro in Episcopio
La piccola chiesa di San Pietro in Episcopio è particolarmente cara agli abitanti, probabilmente perchè è ricordata come una delle più antiche della città. Suscita interesse anche la sua collocazione inaspettata nel vicoletto di via Rinalducci, che da via Arco d'Augusto conduce alla piazzetta antistante la chiesa, per poi proseguire lungo il lato sinistro animato dal piccolo campanile a vela.
Secondo la tradizione avrebbe svolto la funzione di cattedrale, prima che tale ruolo fosse assunto dall'attuale. Gli storici Nolfi ed Amiani attribuiscono la costruzione dell'edificio al volere di Sant'Apollinare, presente a Fano secondo l'Amiani nell'anno 78.
Rispetto alla denominazione "in Episcopio" quest'ultimo scrive: dicesi S. Pietro Vescovile o Vescovino con termine corrotto dal volgo dovendosi dire S. Pietro in Episcopio, il qual termine denota che l'abitazione del Vescovo fu presso detta chiesa (Amiani, 1751, p.34). Sarebbe stato poi il vescovo Eusebio nel V sec. a restaurarla e ad istituirvi un collegio di canonici, da cui ebbe origine il capitolo della cattedrale. Nonostante la supposta origine paleocristiana, riferita dai due autori, il documento più antico relativo alla chiesa risale solo al XII secolo.
L'edificio è costituito da un semplice paramento in conci di pietra arenaria privo di elementi decorativi, con un secondo ingresso laterale in corrispondenza del campaniletto. L'interno, dopo gli interventi di restauro, presenta un nuovo soffitto a capriate e un pavimento in cotto realizzato secondo il modello di frammenti originali del XVI secolo, posti ai lati dell'ingresso.
Nel piano pavimentale si aprono due cripte dove sono state ritrovate diverse salme, tra le quali le spoglie dell'Arcidiacono Girolamo Rinalducci, quest'ultime ricollocate nella cripta segnalata dalla lapide del 1602.
A fianco del portale laterale sono visibili i gradini che conducevano al sottostante piano pavimentale di epoca Medievale. Sull'altare il Crocifisso ligneo, copia dallo scultore barocco Alessandro Algardi, proviene dalla vicina chiesa di Sant'Arcangelo.
Sulla parete della controfacciata tre lapidi ricordano eventi importanti per l'edificio: la centrale rievoca la leggenda che vuole qui sepolto il capitano Bartolagi da Fano, morto nel 452 ad Aquileia nel tentativo di difendere la città dall'assedio di Attila; la lapide di destra, del 1994, fu collocata in occasione della traslazione, dalla chiesa di San Domenico, delle ossa di Jacopo del Cassero, personaggio ricordato da Dante nel V canto del Purgatorio per la tragica morte. Il Marchese Azzo d'Este, lo fece uccidere ad Oriago nel viaggio che conduceva l'illustre fanese da Venezia a Milano per assumere il titolo podestarile (1298); nella lapide di sinistra è infine ricordata la consacrazione del 1984, seguita ai lavori di restauro.
Cattedrale
La Cattedrale consacrata nel 1140 e dedicata all'Assunta, fu edificata in sostituzione del precedente edificio distrutto nell'incendio del 1111, com'è testimoniato dall'epigrafe posta a destra del presbiterio in cui si ricorda anche Magister Rainerius per la sua attività di scultore. A lui si devono probabilmente il portale della facciata e le tre lastre ad altorilievo rappresentanti L'Annunciazione e visitazione, l' Adorazione dei Magi, La Fuga in Egitto, assemblate nel 1941 per la realizzazione del pulpito. I tre altorilievi insieme ad un quarto con I Pastori, ora schienale della cattedra vescovile, dovevano costituire una tribuna per separare la zona presbiteriale dalla navata centrale. Due di questi pannelli sono lastre romane reimpiegate in epoca Medievale, una reca sul retro una decorazione ad altorilievo con festone, bucranio e pàtera, la seconda una iscrizione dedicatoria agli Dei Mani: entrambe dovevano essere pertinenti ad un'ara votiva di epoca imperiale.
Altro materiale di reimpiego è la lastra raffigurante nella parte anteriore un nobile personaggio di epoca Medievale e in quella posteriore due maschere romane.
La presenza di queste sculture, insieme ad altre rappresentanti divinità, rinvenute nell'area sottostante l'edificio dell'Episcopio, fanno ritenere il luogo destinato già in epoca romana ad una funzione sacra, quindi occupato da un tempio pagano. L'area infatti, anche se non situata nel centro della città romana, era comunque importante, perchè collocata appena oltre la monumentale Porta d'Augusto lungo l'antico decumano massimo.
Qui è probabile s'innalzasse la cattedrale almeno dalla metà dell'VIII secolo, a questo periodo risale infatti la notizia della traslazione del corpo di San Fortunato dalla chiesa a lui intitolata, sita lungo la via Flaminia, episodio fatto risalire dall'Amiani al 744. Le reliquie traslate nella chiesa cattedrale sono tuttora conservate nell'originario sarcofago utilizzato come altare maggiore.
A conclusione dell'argomento esaminiamo brevemente la struttura dell'edificio, unico esempio di architettura Romanica a Fano insieme all' absidiola di San Mauro. L'interno, a tre navate divise da pilastri (in origine compositi) sui quali insistono le volte a crociera, ha perduto dal XVI secolo le tre absidi, demolite e sostituite dalle due cappelle laterali e dal coro centrale. A testimoniare l'antica cripta rimane una piccola parte superstite a destra del presbiterio. Le cappelle laterali estranee all'impianto primitivo furono aperte a partire dal XIV secolo dalle nobili famiglie fanesi, si ricorda la cappella Nolfi in cui eseguì un ciclo d'affreschi, rappresentanti le Storie della Vergine, Domenico Zampieri detto il Domenichino e la cappella dei Santi Protettori, dove si conservano le reliquie dei Santi Orso ed Eusebio e, ad ornamento dell'altare, il dipinto di Ludovico Carracci rappresentante La vergine con i Santi Orso ed Eusebio.
La facciata tripartita, realizzata a struttura mista di laterizi e arenaria, è stata riportata alle sue forme originali Romaniche dopo il restauro del 1928. Il campanile, sul lato sinistro dell'edificio, fu costruito in luogo dell'originaria torre campanaria cilindrica, probabilmente coeva alla chiesa, distrutta dalle mine dei tedeschi in ritirata nell'agosto del 1944.
Dettaglio scheda
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Data di redazione: 01.01.1999
Ultima modifica: 12.01.2010
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