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M. Pietralata, Sent. CAI n.151, Pelingo - M. Bregno

Monte Pietralata, da Pagino alla vetta (sentieri CAI n....

Monte Pietralata, Diga - Testa del Duce (sentieri CAI n.449, 449a, 440 e 440b)


MONTE PIETRALATA, DIGA - TESTA DEL DUCE (sentieri CAI n.449, 449a, 440 e 440b) (Comune di Fermignano)

Tempo di percorrenza: h 4 00’ (percorso a palloncino)
Lunghezza: 8 km

Dislivello: 550 m
Difficoltà: E
Ultima verifica dell'itinerario: 2023

Ci troviamo nella costa orientale del Monte Pietralata, quella più calda e soleggiata, caratterizzata da una parte di vegetazione xerofita e termofila, dove predomina la pseudo-macchia mediterranea, e altri settori con rimboschimento a pino nero.

La partenza del sentiero è nel parcheggio posto lungo la Flaminia, tra l’abitato di Villa Furlo e la Diga. Un parcheggio utilizzato anche da chi desidera camminare comodamente dentro la Gola e da chi condivide con noi i primi minuti del percorso per andare alla palestra di roccia del Sassolino.

Al principio il sentiero è piuttosto stretto col fondo pietroso e un contorno di lecci, ornielli e tante altre specie accessorie. I tornanti si susseguono e ingannano la pendenza del versante, poi il fondo diviene più sconnesso e raggiunge la sommità di un poggio dal quale ci possiamo affacciare e godere di uno dei punti panoramici che caratterizzano questo percorso. Ora il sentiero resta a lungo sul bordo alto del Fosso del Rì, talvolta stringendosi e costringendo a mantenere lequilibrio nei punti più disagiati e a volte scivolosi. Occorre anche aiutarsi con le mani quando il fondo diventa roccioso e un popiù ripido, poi il fosso (quasi sempre in secca) va oltrepassato e altri zig zag improvvisi ci portano al bivio più importante di questo itinerario. Si tratta del punto in cui chiuderemo lanello nella fase di rientro. Questo punto è contraddistinto da una rampa su una lastra di roccia, superabile grazie a dei gradini artificiali, o, in alternativa, da uno scalino naturale nel fosso. Una sorta di piazzola è il bivio: andiamo a destra, passiamo di fianco ad alcuni massi e poco dopo usciamo allo scoperto su un pendio arido con lecci radi e contorti e tante piantine di santoreggia e elicriso. Ecco a sorpresa una tenue discesa in una boscaglia inizialmente bassa e densa che poi cambia forma proponendo un gruppo di lecci ad alto fusto appena prima di un impluvio dominato da una balza verticale di scaglia bianca, stratificata in modo spettacolare ma anche piuttosto friabile. Il sentiero passa alla base della Balza Bianca, supera il ghiaione e disegna una cengia sottile nella quale occorre fare attenzione, finché un paio di gradoni di roccia ci riporta nel bosco. Bosco di pini neri con un sottobosco popolato da specie autoctone e una volta superati un paio di impluvi la mulattiera, tornata ad essere comoda e pianeggiante, ci conduce al secondo incrocio di giornata, quello col sentiero 440 che arriva da Cà Peci. Giriamo a sinistra e ci apprestiamo allunica vera salita in programma: siamo costretti a muoverci sul pietrisco disomogeneo e su alcune lastre scagliose rovinate dal passaggio illegale delle moto da cross e da trial. Quando la pendenza si attenua, negli scorci panoramici verso valle troviamo la prova del dislivello già superato. Ora la salita quasi scompare e troviamo un altro tratto di bosco e poi una piccola caverna; non resta che lultimo sforzo per il viottolo che sale gli ultimi metri con una ampia curva e ci porta al terzo bivio a breve distanza da una sbarra. Dobbiamo immetterci nel sentiero che svolta a sinistra facendo di fatto una curva a gomito. La traccia si stringe ma resta ben visibile, soprattutto quando troviamo un ampio rettilineo tra i pini, che poi dun tratto scompaiono, si vedono delle radure sulla destra, dei grossi cespugli di leccio lungo la via e poi, una volta nel bosco di latifoglie, una inaspettata rampa che ci catapulta su un poggio in cui tra alberi sempre più contorti e sempre più bassi troviamo il sentiero che sfonda appena sopra la Testa del Duce. Attenzione al ripido accesso che dobbiamo affrontare scendendo: preso di fretta può essere insidioso, come la successiva discesa che passa accanto alla muraglia che vediamo già dallalto allungarsi in direzione della Gola sempre più grande e sempre più spettacolare vista da quassù. Non conviene fermarsi qui per la sosta contemplativa o il pranzo al sacco: c’è poco spazio, si rischia di cadere e si rischia di essere troppo in vista per le aquile che potremmo anche veder volare. Per raggiungere la terrazza bassa restiamo sul sentiero. Lo stradino è ampio anche se ciottoloso. Poco dopo un grosso cedro si arriva allaltezza del Rifugio Furlo: passandoci davanti, o stando poco più bassi, in un bellissimo bosco di alte conifere ci si immette nello stretto sentiero che sfrutta uno dei gradoni di cemento e permette di godere di una vista spettacolare su Furlo, il Candigliano, la Gola e in lontananza Acqualagna e poi più a ovest gli Appennini. Qualche altro passo ed ecco la postazione per osservare il canyon e la zona dei nidi dellaquila. Trenta metri più avanti la terrazza ha la forma di un semicerchio e c’è tutto il posto, in sicurezza, per godersi questo luogo veramente unico.

Inizia il rientro in direzione del punto di partenza. Le difficoltà che si presentano nella discesa allinterno del bosco consigliano di raccogliere le forze e ritrovare la concentrazione, e di valutare il ritorno dal medesimo percorso dellandata se il terreno è bagnato. Se scivoloso il sentiero del ritorno può diventare molto impegnativo.

Sopra la terrazza, sulla destra, poco dopo un piccolo pianoro ci si tuffa subito nella boscaglia. Ci accoglie una leccetta densa, talvolta bancate di calcare che ci sovrastano, talvolta pietrisco sotto i piedi, un paio di terrazzini panoramici e una lastra di roccia che si evita camminando sul margine sinitro. Dove la pendenza è maggiore, la mulattiera compie ripidi tornanti agevolati da dei gradini artificiali.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 11.03.2024
    Ultima modifica: 09.08.2024

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