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Monte Pietralata, da Pian delle Allodole alle Terre Ros...

M. Paganuccio, Sent. CAI n.153, Rifugio La Pradella - c...

Monte Pietralata, dalla Chiesa di Pietralata ai prati (sentieri CAI n. 441, 446, 441, 441b, 440 e 446a)


MONTE PIETRALATA/ DALLA CHIESA DI PIETRALATA AI PRATI (sentieri CAI n. 441, 446, 441, 441b, 440 e 446a) (Comune di Acqualagna)

Tempo di percorrenza: h 4 30’ (percorso ad anello)
Lunghezza: 12 km

Dislivello: 400 m
Difficoltà: E
Ultima verifica dell'itinerario: 2023

Siamo nell’ampio versante del Monte Pietralata che guarda la valle del Candigliano e l’abitato di Acqualagna. Al di sopra della chiesa di Pietralata si alternano prevalentemente pinete, arbusteti, prati e boschi decidui. Tanti ambienti diversi in pochissimo spazio: una concentrazione di biodiversità.

La partenza del sentiero è nei pressi della chiesa di Pietralata, in corrispondenza del Chiosco delle Aquile. Per raggiungere questa località vi è una strada stretta ma in discreto stato che parte dal Santuario del Pelingo e sale per circa 4 chilometri.

Si inizia inforcando la strada di breccia che sale sulla destra: dopo duecento metri il sentiero entra nel bosco sulla destra e ci porta su un crinale ripido e pietroso con vegetazione rada. Mentre il panorama si apre sempre più ci ritroviamo tra i fusti colonnari di una imponente pineta sotto la quale si intravedono ancora i terrazzamenti artificiali del rimboschimento. La piantagione è densa, il sottobosco praticamente privo di altre piante. Ne usciamo per ritrovare le latifoglie, ma dura poco perché siamo ora in un prato cespugliato con ogni tipo di arbusto e di alberelli pionieri. Altri pini nella sponda a monte ed ecco che il sentiero gira decisamente a destra passando dentro unaltra pineta, però più giovane, per uscire su una strada di breccia, vicino ad un bivio, nel quale ci teniamo a sinistra. La strada spiana. Su un piccolo promontorio sulla destra una croce ricorda la presenza di una chiesetta ormai distrutta e dimenticata. Verso valle si profila un prato: è giunto il momento di lasciare la strada e riprendere la via del bosco. Lo facciamo con uno stradello quasi erboso che gira a destra e sale lievemente nella pineta che ora è grande ma tuttaltro che fitta; poco prima di uscire nei pascoli la nostra via svolta ancora a destra e di salite non ne fa più per un po. Quello dove camminiamo è tornato ad essere un sentiero agevole di mezza costa che esce dalla pineta, attraversa un impluvio, rivede le conifere in basso e scopre una sponda erbosa nel lato a monte. Un nuovo passaggio nel cuore di una boscaglia e ritroviamo la salita, ma è poca cosa e soprattutto dura poco. Gli alberi sono tutti contorti, alcuni caduti a terra o spezzati. Siamo arrivati ai prati sommitali e ci ritroviamo in una inaspettata conca erbosa che ci difende dal vento privandoci del panorama che però è distante solo un centinaio di metri, quelli che facciamo andando avanti, così da affacciarci sulla valle del Metauro. Il percorso continua a destra, in direzione della vetta, che poi è solo il punto più alto del grande pascolo che nella bella stagione è solcato da un branco di cavalli allevati allo stato brado. Giunti alla sommità prendiamo il crinale andando a sinistra per seguire il profilo del monte che ci proietta a est. Profilo che degrada sempre più e noi, restando sul bordo del prato, approdiamo nella strada. Dobbiamo semplicemente oltrepassarla e continuare per la stessa direzione che abbiamo seguito da che si scende. Il declivio aumenta e occorre fare attenzione o allargarsi sul prato e fare uno o due tornanti per arrivare, dovunque si passi, alla sella di Pian di Maglie. Questo è un punto cruciale: si cambia versante, esposizione, panorami. Andiamo a destra, pochi metri e i cambiamenti sono più chiari: siamo sul tetto della costa orientale e non vediamo più la valle del Metauro ma quella del Candigliano. Ora il sentiero scende con gradualità, spesso il fondo è irregolare e a farla da padrona è una lecceta densa e asciutta.

Il passaggio sopra la Balza di Cùdin è schermato dagli alberi ma è meglio prestare attenzione. Poi si rivedono i pini, ma sono radi e molti sono crollati col nevone del 2012. Il sentiero ora compie alcuni tornanti e arriva sulla strada, ma la interseca solo per un attimo perché poi prosegue dalla parte opposta rituffandosi nel bosco. Un paio di minuti e ci troviamo in un altro incrocio: in questo possiamo considerare la possibilità di sommare al nostro itinerario una divagazione fino alla Testa del Duce, da qui distante meno di mezzora. Il nostro percorso va a destra, sotto gli alti pini che ci fanno trovare lennesimo ecosistema. Dimprovviso niente più conifere ma tanti lecci e tanto pietrisco sotto i piedi quando entriamo nellimpluvio che precede una scomoda rampa in salita.

Gli ultimi passaggi affatto comodi ci fanno sorprendere del viottolo ampio e pianeggiante nel quale ci ritroviamo e che percorriamo andando a sinistra. Il sentiero è rettilineo e pianeggiante e quando incontra uno slargo non bisogna sbagliare la deviazione da prendere: la prima a destra sale e ci riporterebbe nei prati sommitali; la seconda a destra è quella giusta, che scende. Il bosco è misto, il sentiero resta abbastanza ampio ma la discesa si sente.

Solo una piccola tregua in un fosso asciutto, ancora pochi metri e siamo nella strada forestale di servizio che attraversa a mezza costa tutta questa valle, la valle del Rio Secco. Teniamo la destra, possiamo rilassarci e godere della vista ravvicinata di stratificazioni rocciose spettacolari. Allaltezza della sbarra che difende questo versante troviamo anche un ripetitore dal quale invece il monte non è riuscito a difendersi.

Siamo su unaltra strada e andando a sinistra ci porterà fino alla chiesa di Pietralata, il nostro punto di partenza.


Dettaglio scheda
  • Data di redazione: 11.03.2024
    Ultima modifica: 09.08.2024

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